Anna e Giovanni, da poco sposati e felici per aver coronato il loro
sogno d'amore dopo lunghi anni di fidanzamento, sembrano vivere in una
dimensione eterea. A vederli, mancano loro solo le ali per essere
autentici colombi che tubano, si cibano e costruiscono il loro nido con
rametti, paglia e pennucce cementati con fango e pietruzze. Purtroppo,
questi giovanissimi possono imitare i colombi nell'amarsi scambiandosi
mille attenzioni, ma per il cibo e la costruzione del loro nido proprio
no. Qui finisce la fiaba e finirebbe anche il loro amore, se la loro
buona volontà non li spronasse a darsi da fare nell'inventare come
aggredire il presente, onde poter superare qualsiasi eventuali crisi
anche, e perché no, quelle per la sopravvivenza che potrebbero
minacciare il loro equilibrio armonico raggiunto nella loro amorevole
simbiosi.
Ecco allora Anna impegnata a lavorare durante la vendemmia presso le
masserie dei proprietari e di tutti i produttori del posto che la
chiamano per essere aiutati nella lavorazione dell'uva fino alla
vinificazione nelle cantine. Nella stessa misura Anna è sulla breccia
del lavoro nelle campagne dei tanti olivicoltori per la sua valente mano
d'opera nella raccolta delle olive. Nelle fredde mattine d'autunno è lei
che va a svegliare le compagne di giornata per trovarsi per tempo ad
iniziare il lavoro nei campi e quando nella tarda mattinata il sole si
fa tiepido è lei ad intonare le canzoni d'amore in un coro silenzioso,
ma vibrante di passione. Quando poi s'accorge che le amiche cominciano
ad essere stanche, fa da animatrice incoraggiandole con qualche battuta
frizzante o con qualche insinuazione piccante circa i loro presunti
spasimanti... e allora ecco riprendere il lavoro con più entusiasmo.
Tutti chiamano Anna per le più svariate prestazioni perché è svelta,
pulita e precisa nell'espletamento del suo lavoro e soprattutto perché è
sempre allegra per cui la sua presenza è una gioia per tutti. Nel
periodo invernale un altro genere di lavoro la vede impegnata per lunghe
settimane per la macellazione dei maiali e l'opera di Anna è assai
preziosa perché, dopo una consumata esperienza, conosce i segreti per
una buona preparazione del salame, dedicando una particolare attenzione
alle soppressate ed ai prosciutti da salare prima della loro
conservazione nelle cantine semiumide. La giovane sposa, quindi, è
sempre disponibile per qualsiasi lavoro e così esorcizza la paura e lo
spettro di vedersi disoccupata.
E l'altro piccione cosa fa nel tempo che Anna s'ammazza di lavoro? Va
anche lui a lavorare come giornaliero? Oppure se ne sta in piazza ad
oziare? Ma neanche per sogno. - Giovanni, da bravo piccione casereccio,
forse un "turchiato" che, emettendo una sorta di lamento e capace di
mille sacrifici pur di far felice la sua compagna, è intento a
raccogliere fili di paglia e pennucce dappertutto, cercando di riattare
alla meglio la sua vecchia casa, avuta in eredità dai suoi genitori, che
ha bisogno di varie riparazioni. Infatti, verso la fine dell'estate,
tutto solo, giorno dopo giorno, avendo acquistato con pochi soldi
materiali di recupero come travetti, assicelle, vecchie tegole ed
embrici, ha eseguito una valida copertura su tutta la casa, rinforzando
il pianerottolo del balcone, mettendo l'inferriata alle scale d'ingresso
dando infine un bel bianco neve al prospetto dell'abitazione, facendola
diventare un nido tutto particolare.
Di questo lavoro è fiera la moglie come se l'avesse eseguito lei ed in
ogni occasione, con parenti ed amici, vanta suo marito per le sue
eccezionali doti: "mio marito è capace di costruire una casa, ma che
dico, un palazzo, un ponte su un fiume". E non è tutto, poiché Giovanni,
dopo la casa, possiede un pezzetto di bosco, dove tutti i giorni si reca
per curare le piantine di quercia da poco piantate, fa le provviste per
l'inverno utilizzando la legna di potatura delle querce adulte e un po'
secche, evitando di abbattere quelle sane e giovani. Ama svisceratamente
i cani, ma rifugge dal tenerli al guinzaglio e così, liberi nel suo
boschetto, stanno insieme ad altri randagi e cuccioli d'ogni razza che
vengono abbandonati dalle mamme senza padrone. Anzi, per i cucciolotti
Giovanni si procura il latte mungendo le capre dei suoi amici pecorai ai
quali, in compenso, va a tagliare la legna con la sua affilatissima
"zappaccetta", accatastandola poi con maestria davanti alle loro stalle.
Insomma Anna e Giovanni col poco che hanno sono contenti, in special
modo poi, quando lavorano. Certamente, se Giovanni avesse i soldi,
comprerebbe quella terra vicino al bosco per piantarvi un oliveto con
piante selezionate o quel pezzetto di pascolo, per allevare pecore e
capre per vendere il latte e fare la lana. Ma i desideri di volere
questo o quello non sono però in cima ai pensieri degli sposini i quali,
senza accorgersi, pur nella loro corsa ad ostacoli, vivono quasi
inconsciamente una sorta di felicità da sogno dal quale vengono
bruscamente svegliati da una lettera inaspettata che giunge loro
dall'America da parte degli zii residenti in Canada dal testo molto
conciso ma significativo: "Carissimo Giovanni, abbiamo saputo che hai
sposato quella bella ragazza che tu volevi bene fin da piccolo, ma
ugualmente sappiamo che siete senza lavoro fisso e sicuro. Qui c'è una
grande richiesta di muratori e carpentieri che vengono pagati anche bene
e se ti fa piacere, puoi venire con tua moglie e noi vi accoglieremo a
braccia aperte. Mentre vi aspettiamo ti saluto assieme a tua moglie. Un
abbraccio dai tuoi zii." Muratore, carpentiere, proprio i mestieri di
Giovanni... buona paga, lavoro fisso, sicuro. Cosa si poteva desiderare
di meglio?
Finiva così la loro resistenza e nere giornate di solitudine che
prendevano una brutta china che, scivolavano talvolta, nell'angoscia. Un
po' come rinati ad una nuova gioia, parteciparono ai parenti ed agli
amici la loro contentezza. Ma questa fu brevissima per tutti e due
poiché, in un certo qual modo, sentendosi attaccati alla loro Terra
natia, sembrava loro un tradimento abbandonarla quasi con gioia nella
prospettiva di un domani migliore in una Terra straniera. Nei passati
duri anni di sacrifici avevano capito che nella vita basta poco per
vivere e che l'essenziale alla base di tutto è "il volersi bene".
Tuttavia questa crisi emergente fu presto superata proprio pensando che
questo loro volersi bene, provato da sacrifici, poteva essere ancora più
grande là dove il lavoro è sicuro e senza interruzione. La notte che
precedette la partenza, Giovanni pianse in silenzio pensando al paese,
agli amici, al boschetto, alla casa di recente restaurata con tanto
amore, ai suoi randagi ed ai suoi cuccioli. Continuerà a piangere la
mattina dopo davanti al Bar nell'attesa della corriera e cercando,
invano, di vincere l'angoscia del momento, si accascia sul suo bagaglio
col viso fra le mani. Quanti pensieri sotto quella vecchia "coppola":
non sentirà più le campane del Convento, non sarà più svegliato dal
canto del gallo o dal raglio dell'asino, nella sera della fiaccolata di
Sant'Antonio non verranno più a chiamarlo per cantare le Storie dei
Santi. Chi sa come sarà quella gente sconosciuta con la quale dovrà
vivere, con la quale dovrà parlare una lingua senz'altro strana e
difficile, proprio lui che ama tanto il suo dialetto coi cadenzati
accenti di dolore e di felicità... e la mattina non andrà a lavorare nel
bosco col suo "zappaccetta" sempre affilato per rompere qualsiasi tronco
o ceppaia. Ora che non ci sarà più, abbatteranno le sue querce secolari,
uccideranno i suoi randagi ed i cuccioli moriranno di fame. Chissà fino
a quando Giovanni avrebbe continuato a pensare ed a piangere, sempre col
viso fra le mani, credendo così di ecclissarsi dagli altri con lo stesso
risultato però di chi si nasconde dietro ad un dito.
Dirimpetto a lui, infatti, un po' distante, un gruppo di persone (gli
amici ed i parenti non erano ancora giunti per salutarlo) solo suoi
conoscenti, lo stavano commiserando pesantemente: "avete visto? parte il
giovanotto, perché non stava bene nel suo paese? Teneva la casa, il
boschetto, una moglie lavoratrice, cos'altro andava trovando?" "Ma
quello non ha voglia di lavorare", aggiunge un altro "ed ha trovato il
rifugio nell'America dove andrà a fare il signore, anche perché abbiamo
saputo che l'hanno mandato a chiamare due vecchi zii i quali,
sicuramente, gli lasceranno pure la loro eredità". "Fortuna sfacciata",
interviene un terzo anonimo: "la fortuna a chi va a trovare a me o a te
che lavoriamo dalla mattina alla sera? Porca miseria, la fortuna va a
trovare a chi? Agli sfaticati". Nel frattempo giunge Anna e scuote
subito il marito da quella posizione angosciante, ricordandogli di non
dare spettacolo a tanti malignetti che, senza salutarli, sono venuti a
godersi la loro partenza... miserie umane. Giungono anche molti parenti
ed amici cui realmente dispiace la loro partenza. "Alzati" gli dice
imperiosa la moglie che, nell'amorevole comando, tradisce un tremito che
riflette il suo dramma interiore che anche lei sta vivendo in silenzio.
"Alzati", e fai vedere a tutti che tu sei coraggioso e che sei capace di
lasciare il tuo paese sorridente e poi, pensa che se piangi tu, io, cosa
devo fare?"
A queste parole Giovanni si alza sembrandogli la voce della moglie un
giusto monito, sommesso, ma accorato.
Giungono intanto altri amici per salutarli e i tanti datori di lavoro di
Anna che sanno di perdere un'eccezionale lavoratrice, giunge anche la
corriera. Con gli occhi appannati di lacrime Giovanni cerca di ostentare
un debole sorriso ai parenti ed agli amici che lo salutano
abbracciandolo calorosamente. Anna, abitualmente allegra, ha perduto in
questo momento lo scatto dell'animatrice nei lavori e sente un groppo
alla gola, un maledetto groppo che le impedisce di parlare per cui
saluta tutti solo con gli occhi, anch'essi arrossati, li saluta con mani
nervose che stringono, che abbracciano e che vorrebbero portarsi con
loro le persone più care. Una robusta accelerata del motore della
corriera copre le voci degli amici che, anch'essi piangendo, salutano:
"addio Anna, addio Giovanni".
Salutando ancora con le mani e con gli occhi dai finestrini, dopo le prime
curve si trovano seduti uno accanto all'altro nel fondo della corriera e
più che commossi cercano di evitare i loro sguardi che sembrano vagare
sperduti oltre i finestrini per vedere, onde fissarli nella mente per
l'ultima volta, luoghi e paesaggi a loro cari. Uno alla volta lasciano
alle spalle i ricordi della loro fanciullezza e giovinezza. Ecco, il
monte Moltone si potrà vedere ancora una volta oltre quella curva e dopo
quella collina. Il paese ormai non si vede più, ma dall'altro lato della
corriera sta sparendo anche il Monte di Belvedere con la sua Chiesetta
che, ormai lontanissima; appare sempre più piccola... più piccola...
piccola, come una lumachina bianca.
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