A. M. Cervellino - Gente lucana contro luce
 

Un revival

tutto da rivivere

Un bel giorno vecchi, donne ed accattoni, tutti personaggi modellati con tanto amore fra le LUCI E I SOGNI IN UNO SCANTINATO da uno strano Autore, decisero di lasciare questa specie di sottoscala per una nuova luce, nuovi sogni e, naturalmente, nuovi approdi. Intuendo l'indecisione del loro Autore, che non gli permetteva una buona gestione né di sé e né delle sue cose, lo costrinsero a fare con essi il "giramondo" e, onde penalizzarlo per la sua pigrizia, venne subito messo al loro servizio come autista della sua vecchia OPEL. Questa iniziativa fu presa all'unanimità dai suddetti personaggi, ma chi per prima prese a parlare fu Fra' Guglielmo, un frate cercatore il quale, oltre al dono dell'amicizia, aveva quello di chiedere con una faccia tosta tutto quello che desiderava. Pancrazio e Don Matteo, due ex-giramondo reduci dalla Francia, furono subito d'accordo senza fiatare. Il Pastore Lucano, senza uscire dal suo mantello disse: "dove vanno i miei amici vado anch'io." Il più felice di tutti era Lillino, che finalmente si allontanava da tanta gente abituata a vedere pagliuzze negli occhi degli altri ignorando le travi nei propri. Antonio il Sagrestano, facendo una smorfia inedita fino a quel momento, disse che non movendosi da Oppido dalla Guerra 15-18, era felice di fare una girata per il Mondo. Gli emigranti Anna e Giovanni, consenzienti, annuirono senza parlare. I componenti la Banda Musicale si aggregarono con dignità e distinzione. All'ultimo minuto si autoinvitò la Nike del Sogno la quale, benché affascinante e bella nel suo eterno slancio d'amore, risultava assai ingombrante e non potendo dire di no ad una innocente creatura tutta aria e movimento, fu necessario sistemarla sul tetto della vecchia macchina già pesantemente provata col trasporto di pietre, cemento e arena per restaurare un'antica Villa della "VALLE DELL'ORTO". Ma quando i suonatori videro così ben sistemata sul tetto della macchina la Nike dall'eterno salto in avanti, anch'essi vollero andare sull'imperiale della macchina per farsi notare ed ammirare. Il rimanente della compagnia si sistemò nel portabagagli volendo viaggiare in incognita. Il viaggio fin dall'inizio fu stupendo se non meraviglioso e la macchina più che a benzina andava " a musica" con le vecchie cassette stereotto che da Bach a Beethoven suggerivano il cambio delle marce a secondo i tempi musicali. Sembrava che tutte le follie di questo Mondo si fossero dato convegno sul tetto di quella strana vecchia OPEL, dove i suonatori impazziti, al colmo della gioia, suonavano brillanti danze ed allegri rondò per una donna che saltava. Ma questa scena, dagli improvvisi scoppi di gioia, non poteva essere subito capita dagli autisti di altre macchine che s'incontravano sulla strada. Questi, per guardare la Nike e i musicanti che facevano festa sul tetto della macchina, correvano il rischio di sbandare, per cui alquanto stizziti si chiedevano chi poteva essere l'autore di simili follie... ma chi poteva essere?... un pronipote di Erasmo, quello da Oppido Lucano... ma no, lasciamo stare, per il momento è meglio non conoscerlo, si avrebbe tutto da perdere. Si giunse finalmente a Napoli ed il primo approdo avvenne presso la "Saletta Cariati", dove gli studenti dell'Istituto con il Prof. Nino d'Antonio, assieme ad altri docenti attendevano lo strano convoglio al quale fecero subito festa. 
I primi ad essere festeggiati furono i bandisti che, nell'euforia di quell'incontro così felice, suonarono i più bei pezzi che avevano in repertorio. Mentre questi suonavano, uscirono dal portabagagli gli altri personaggi e dopo le presentazioni di prassi e un'immediata intesa tra studenti, professori e i personaggi, ci fu un tale dialogo da far dimenticare a tutti che non si era sulla Terra ma bensì... "fra le nuvole hai la testa" disse il custode del parcheggio al padrone della vecchia OPEL parcheggiata di traverso. Giusto. Hai ragione. Pace fatta. Dopo una settimana trascorsa nella "Saletta Cariati" fra la gioia e la cordialità di tutti, visitatori compresi, dopo una settimana che studenti, professori e personaggi s'erano confidati i loro segreti, affanni e speranze, giunse il momento del commiato e i bandisti suonarono col pianto gli occhi "l'addio", un'inedita composizione del loro Maestro-Autista. 
A questa commovente scena erano presenti oltre ai suddetti anche la moglie dell'Autore-capoclan, il loro figlioletto Davide ed un amico. Ma durante la permanenza nella saletta "Cariati", Fra' Guglielmo, il frate cercatore, recandosi a questuare nei pressi di Santa Maria La Nova, entrò nella Chiesa e così pregò il miracoloso San Giacomo della Marca: "Oh, grande Santo, fa che per un'altra settimana io e i miei amici possiamo essere ospitati da qualche altra anima buona". Il Santo, vista tanta semplicità e fiducia, rispose: "Ma certamente, la grazia è fatta, andate all'Accademia Giulio Rodinò e lì troverete ad attendervi il Prof. e critico Gugliemo Ara il quale ha delle buone iniziative per il vostro pigro e distratto Autore". 
Dopo l'addio, quindi, e dopo tutte le effusioni d'affetto coi professori e visitatori della saletta "Cariati", tutti i personaggi salgono in macchina come prima. L'unico, Fra' Guglielmo rimasto fuori, dice all'autista: "non si torna a casa poiché saremo ospitati dall'Accademia Giulio Rodinò dove siamo attesi da una persona importante". Povero Autore-autista, era bene avvertirlo per tempo, così vestito com'è e con le maniche della camicia tagliate a sghimbescio lo scambieranno per un facchino. Ma ciò non interessava al frate intraprendente. Intanto davanti al salone di Santa Maria La Nova erano in corso i preparativi per la Rassegna d'Arte 1980 da parte di molti artisti italiani e stranieri. Qui l'autista-artista incontrò il Dottore e amico Padre Renato Basilio il quale si congratulò con lui per la sua partecipazione alla Rassegna. Comunque all'ingresso di detto salone avvenne ciò che l'autista-facchino temeva. 
Un signore molto distinto, vedendolo così vestito nonché intento a scaricare i bronzi che portava nel salone della mostra gli disse: "pardon mounsieur, voulez vous... insomma mi volete portare i bagagli nella sala della Mostra?" L'interpellato, abituato a non deludere mai nessuno e ad accettare tutte le situazioni, come dice sua moglie, come un imbambolato risponde di sì. Prende i due valigioni più pesanti del Bambino di San Cristoforo e li porta nel salone della Rassegna. Il signore ringraziandolo gli porge dei soldi. "Ma no, signore, grazie, ma ditemi piuttosto, cosa portate nelle valige?" "Ah, io ogni volta venire Napoli, portare con me pietre di Vesuvio a Parigi". Finalmente un altro pazzo, (più pazzo dello scultore-autista) che era un noto critico d'Arte, invitato dal Prof. Ara per la premiazione degli artisti partecipanti alla Rassegna. Alle venti precise il salone della Rassegna d'Arte contemporanea apre i battenti ai visitatori. I vari artisti, per la maggior parte pittori ed incisori, hanno ben distribuiti i loro quadri sulle pareti ben illuminate per gli occhi degli assetati visitatori. Al centro della sala, ben visibili in tutto tondo, si sono sistemati i "giramondo" con la Nike al centro che la fa da padrona, mentre sotto di lei la banda suona in sordina Marechiaro e Funiculì-funiculà. Intanto il critico d'Arte venuto da Parigi, guarda contemporaneamente una persona ben vestita, del tutto somigliante ad un facchino, conosciuto poco prima e le sue valige piene di pietre di Vesuvio... roba da matti, o, roba da non credere. 
Tuttavia il successo dei "giramondo" fu strepitoso ed in una settimana ci furono migliaia di visitatori che si congratularono con Fra' Guglielmo, con Don Matteo e con tutti gli altri i quali, avendo improvvisamente perduto la testa, si recarono dal Prof. Ara e gli fecero l'infame proposta di rimanere sempre lì per non più tornare fra le LUCI E I SOGNI DELLO SCANTINATO. 
Non vogliono più tornare perché il loro padrone-autore è sempre scontento per cui sono stufi di vederlo inquieto o di sentirlo ridere, piangere, pregare, declamare versi, buttare attrezzi per aria quando sbaglia e, soprattutto, correre con una vecchia macchina reumatizzata come lui, 
ascoltando musiche di grandi Autori ed esaltandosi come se fosse stato lui ad averle composte. In una parola, i piccoli "Giramondo" parlarono male del loro autore per il quale, invece, era giusto che fosse stata rotta una lancia, anche piccola se si vuole, in quanto li ha raccolti accattoni e diseredati dalla strada, li ha vezzeggiati, amati ed ora lo tradiscono mettendolo in cattiva luce con il Prof. Ara. Un sant'uomo il quale, ancora sulla breccia all'età di 85 anni (nell'80) continuava a dare il meglio di se stesso al servizio dell'Arte con la sua penna, il suo impegno, la sua onestà. Dopo circa otto giorni di rassegna, si giunge al momento della premiazione e a questo punto l'avvenimento è così importante che merita di essere presentato al lettore in prima persona dimenticando per un po' i simpatici "giramondo". 
*** 
La sala è gremita di persone giunte da tutte le parti d'Italia e di Siviglia a cui allora era affiliata l'Associazione G. Rodinò. Appena entrai nella sala, vidi su un tavolo i trofei destinati ai vincitori: 
stupende coppe argentate di tutte le dimensioni. Vedendo la più grande pensai: quella gliela darei alla memoria di Antonio il Sagrestano, attore e musicista. Tuttavia, prevedendo discorsi, encomi e cerimonie di facciata, pregai mia moglie di andarci a sedere nell'ultima fila della sala. "No e poi no" disse lei che mi aveva agghindato come un puledrone da portare alla fiera del 24 Agosto col fiocco rosso sulla fronte, equivalente alla cravatta sgargiante che lei mi aveva regalato per l'occasione. "Ma no "insistette "è bene che ti fai vedere e conoscere da qualcuno... altrimenti non ti lamentare perché vieni trascurato". Fu lei a vincere, e ci sedemmo all'estremità della decima fila in corrispondenza di una uscita di sicurezza. Tuttavia i discorsi furono brevi e pieni di promesse: parlò uno spagnolo, il critico francese cui avevo portato le valigie e infine parlò il Prof. Ara il quale si scagliò contro i mistificatori dell'Arte che intendono incantare il pubblico con gli artifizi, con la linea pura e con il ferro filato. In una parola ebbe parole dure con chi fa Arte solo da smerciare e non da amare. 
"E per concludere" - disse - "qui stasera abbiamo in mezzo a noi due artisti che meritano encomi e menzioni: un pittore ed un incisore i quali al Mondo danno precisi messaggi culturali e spirituali". Si fermò, il discorso sembrava finito, meno male non ha parlato di me, ma si fermò per bere un mezzo bicchiere d'acqua. Con la voce schiarita e con tono asciutto e deciso disse parole che commossero tutti, mentre la moglie accanto (80 anni) lo guardava come si guarda un profeta. Concluse: "Carissimi, io sto per scendere dal treno, mentre voi continuate a viaggiare ammirando le bellezze che il Signore ha creato per tutti, ma prima di scendere voglio presentarvi un mostro che abbiamo in mezzo a noi e che non potete non conoscere. È venuto con una carretta dal profondo di una Terra di cui non si parla spesso o non si parla affatto, un solitario (a questo punto sicuro che si trattasse di me, stavo per varcare la porta di servizio, ma mia moglie, decisa, mi trattenne) che soffre poiché intende dare un'identità ai suoi personaggi e i miei colleghi sono d'accordo con me di trattenere per il momento le sculture nell'attesa che vengano collocate in un nuovo Museo da destinare solo alle sculture di artisti contemporanei. I fondi saranno erogati dal M.P.I., dal Comune di Napoli e dalla Fondazione "Giulio Rodinò". Per il momento è mio dovere farvi conoscere questo solitario che certamente si è nascosto e non vuole uscire all'aperto". Io, con le lacrime agli occhi per aver trovato un'anima gemella nel Prof. Ara, mi sentii confuso e deciso a non alzarmi, ma mia moglie ed altri vicini che si erano accorti della presenza del "mostro", mi costrinsero a recarmi al tavolo della Giuria per ritirare il trofeo: la coppa più grande, quella destinata ad Antonio il Sagrestano, attore e musicista. Fu un momento che non si può descrivere: più di mille persone tutte in piedi, come prese da una commozione collettiva, applaudirono per più di dieci minuti. Tutti mi stringevano la mano dicendomi bravo, bravissimo, qualcuno piangendo mi abbracciava, molti si proponevano di volermi meglio conoscere... Mi sembrava di sognare e tale è rimasto questo avvenimento nel mio cuore: un sogno, quello di volerci bene tutti di amarci ed abbracciarci nel segno dell'ARTE. È questo, in fondo, il Suo messaggio. Ma scendendo dalle nubi di questa effimera apoteosi termino la mia cronaca cercando di sapere che ne pensano di questo i miei "Giramondo" ai quali la notizia del successo giunse loro con la velocità della luce e iniziò presto tra loro un chiasso tale, che sarebbe degenerato in orgia se Don Matteo non avesse detto: "divertiamoci quanto vogliamo, ma ognuno nel suo ruolo". Tutti furono d'accordo. per primo Antonio il Sagrestano mise la coppa-trofeo a terra e iniziò a suonare l'organetto in mancanza dell'organo col quale avrebbe suonato fughe e passacaglie al posto di mazurke e tarantelle. Pancrazio e Lillino si sfrenarono a ballare con le donne lucane, Giovanni ed Anna si esibirono in un'audace tarantella. Don Matteo ed il Pastore Lucano finirono di sgranocchiare tutti i panini e tramezzini rimasti, mentre la Nike del sogno faceva salti mortali più lunghi di due metri e, dulcis in fundo, la Banda suonava "Quella pazza, pazza sera d'estate" diretta dal suo compositore. Purtroppo, quella baldoria senza fine per la gioia di rimanere a Napoli in un Museo-Galleria, ebbe uno squallido risvolto: dopo pochi mesi il prof. e critico Guglielmo Ara scese dal treno (che il Signore lo tenga in gloria) e quelli che erano rimasti dentro, distratti dai paesaggi, si dimenticarono di continuare l'opera da lui iniziata, quella di aprire appunto un nuovo Museo a Napoli, esclusivo per gli scultori e pittori contemporanei. La ferale notizia giunse inaspettata ai "giramondo" i quali, decisi a non tornare indietro, proseguirono per Milano con destinazione l'Accademia "La Bytta", sita sul naviglio dell'Antica Milano. Il gruppo così affiatato, pur nella sua eterogeneità, fu subito simpatico ai critici della Bytta ed in seguito furono invitati a partecipare ad una mostra itinerante da effettuarsi a Regensburg ed a Norimberga. È chiaro che Don Matteo e Pancrazio protestarono perché volevano andare in Francia conoscendo la lingua, ma i bandisti furono felici di andare nella patria della musica classica e la Nike altrettanto. L'artista-mostro, felice per il successo di Napoli, ma deluso per la scomparsa del valentissimo Prof. Ara, una volta giunto a Norimberga, cercò di distrarsi visitando la città, ma alla fine s'imbatté in una cucina tipica denominata: "Il cuoco grasso" dove mangiò un buon pollo arrosto con quelle patate e piselli che solo in Germania sanno cucinare. Ma dopo seguirono certe litigate con la moglie che solo uno storico potrebbe raccontare. Una sera la Nike, che da sola fu esposta nell'atrio del Palazzo Comunale di Regensburg (l'antica Ratisbona) volle proprio vedere da vicino che razza di uomo fosse il suo padre-padrone. Ecco cosa dice di lui: "Una sera venne invitato al Palazzo assieme alla moglie, donna precisa ed ordinata, dal Borgomastro della città assieme alla sua signora. Nel ristorante c'erano presenti tutti gli artisti che facevano parte della mostra-tournèe e tutti, chi più, chi meno, portavano all'estero oltre l'Arte, anche l'immagine di una Italia composta almeno in ristorante. Ma lui no, cominciò col mangiare tutti gli antipasti, quello della moglie compreso, due bistecche di cervo con le pere cotte e la marmellata. 
L'attenzione degli altri tavoli era diretta a lui che, tra l'altro, gridava e diceva che la cucina tedesca era la migliore del Mondo, intanto mesceva e beveva tre qualità di vino, dopo di che disse che in Germania si coltivava la quercia-rovere per fare botti per la conservazione del vino. 
Infine cantò con una voce da cornacchia lo scherzo finale della Va di Beethoven e l'adagio della Patetica dello stesso autore col quale si sentiva gemello da prima della creazione del Mondo e che per un errore celeste furono separati. 
La moglie del Borgomastro, così educata e gentile che appena capiva qualche cosa diceva sempre: "Si, Tac, Si" e a nulla valsero le occhiatacce della moglie che per protesta aveva smesso finanche di mangiare. E lui, niente, da capo. Poi cominciò a disprezzare pure me e disse che con una donna come lei avrebbe modellato una nuova Nike dai mille sogni da incantare tutto il Mondo. Alla fine, quando tutti gli artisti ricevettero una sorta di riconoscimento artistico, consegnato appunto dalle gentili mani della moglie del Borgomastro, al suo turno volle baciare la mano della signora, ma non contento di come aveva preso la mano, ben tre volte fece la prova del baciamano col fotografo seccato, mentre tutti i presenti scoppiavano dalle risate, che mai tante ne avevano fatte in vita loro. Ecco chi è il "Mostro solitario", impastato con la stessa creta che lui lavora, ma chi veramente egli sia non l'ho capito ancora, poiché nel giro di pochi minuti cambia non so quanti umori. Mi stupisco come abbia fatto ad attirare l'attenzione dei critici sui suoi personaggi, durante questa mostra itinerante e quali arti zingaresche abbia usato perché venisse subito segnalato dall'Accademia "La Bytta" di Milano ad una galleria di New York e di Rochester. Se va in America io certamente non andrò con lui anche se mi dovesse esporre nelle halls dei più grandi grattacieli d'America"... 
È proprio vero, con la gelosia delle donne non si scherza. Ma la gelosia della Nike non intralciò i sogni di Fra' Guglielmo e né quelli di Don Matteo e i suoi compagni i quali già sapevano che critici e giornalisti della Bytta avevano pubblicato i loro successi e che, quindi, dopo Napoli, Milano, Regensburg e Norimberga, era giunta finalmente la volta dell'America. Attendendo da questa un primo segno di adesione, ecco invece giungere improvvisamente l'invito per una mostra d'Arte presso il Nazareth College di Rochester. Questa notizia fu gentilmente resa nota dal giornalista e amico Dottor Oreste Lopomo della RAI di Potenza nel Corriere della Basilicata. Fra i salti di gioia i piccoli ed incoscienti "giramondo" non si curarono per nulla della preoccupazione del loro artista-genitore che doveva sostenere spese salate per il viaggio dei suoi personaggi... piccoli sì... ma pesanti. Ma remore ed amarezze furono subito messe in fuga quando dalla sala d'imbarco dell'aeroporto di Roma ci ritrovammo tutti sull'Atlantico con le nubi ai nostri piedi assieme a gente sorridente, mai prima conosciuta. Tuttavia rimpiansi l'assenza della Nike del Sogno che spesso durante il viaggio vedevo davanti alle ali dell'aereo che le precedeva di un passo, mentre ai suoi piedi c'era il mio "Siamese Rokko" che, travestito da Pastore Lucano, era felice come una Pasqua. Ma questo fugace ricordo cedette all'incanto e faceva mostra di sé con i suoi grattacieli dalle miriadi di luci che festose si accodavano alle stelle. Autore e personaggi, lungi dal sentirsi gli oscuri ed ignoti di sempre, ebbri di luce e di emozioni, vissero momenti di gioia inusitata senza pari e benché confusi da questi intensi momenti non dimenticarono le "LUCI ED I SOGNI DELLO SCANTINATO" là dove erano nati e dove avevano lungamente atteso questo viaggio meraviglioso. Ma perché essi vivessero questi giorni fastosi, altri personaggi, questa volta però di chiara fama, avevano collaborato per il loro approdo in America: il Dottor Anthony Lioy e gentile consorte Mildreda per la loro gentile ospitalità, il giornalista Mario Albertazzi del "Progresso" della Lyttle Italy di New York, il cardiochirurgo Dottor Ugo Tesler, il compianto dottor Gino Gullace, corrispondente di "Oggi" a New York, il Dottor Prof. Thomas Fabiano e gentile consorte signora Lena. Per merito di questi generosi collaboratori i piccoli "giramondo" col loro alquanto sprovveduto autore-genitore, sempre tenuto stretto per mano per non perderlo tra la folla, si accreditarono gratifiche e consensi al Nazareth College di Rochester, a Monticello (N.Y.) ed in molte altre Università di Rochester.
Nello spostarsi da un posto all'altro colsero anche l'occasione di effettuare visite turistiche: alle Mille Isole di San Lorenzo ad esempio, nella più grande delle quali, il Pastore Lucano avrebbe pascolato pecore a migliaia a patto di tornare una volta l'anno in Italia e rivedere il suo cane Falcotto e il suo monte Moltone. In visita alle Cascate del Niagara, Lillino il gobbo capellone declamava ad alta voce poesie di Foscolo e di Leopardi, mentre Don Matteo piangeva per tanta felicità, ammirando gli spumeggianti vapori assieme all'incessante rombo delle Cascate che, nella loro mistica, infinita sinfonia, catturava il cuore di ogni visitatore che, avveduto o sprovveduto che fosse, sarebbe stato ugualmente rapito e così ammaliato, difficile tornare nella sua terra natia. Anche Fra' Guglielmo non voleva più tornare in Italia, ma per ben altra ragione. Aggirandosi nel questuare fra i ristoranti aerei di fronte alle Cascate, salendo e scendendo dai cento ascensori, aveva riempito di dollari la cassetta delle offerte a Sant'Antonio. Lusingato da quest'ultimo e inaspettato successo, disse con una certa grinta al suo autore-autista: "dimenticati di vedermi tornare in Italia". 
Ma questi non gli rispose neanche poiché alla fine di questa stupenda avventura, l'ultima parola spettava al critico d'Arte che doveva giudicare il bronzo vincente tra tutti quelli degli artisti concorrenti nella mostra effettuata nella hall di un grande albergo di Rochester. Dopo il parere e le discussioni della giuria fu scelto quale bronzo vincente quello del Gruppo delle donne "LUCANIA 70". Tanto per cominciare, ognuno di essi voleva essere il vincitore, per cui alla fine, col veleno ai denti gli dissero: "ebbene sì, noi abbiamo il veleno ai denti, poiché tu, miserabile manipolatore di creta, ci avevi promesso dopo il successo di Napoli, di farci tutti vincitori. Intanto di chi è il merito se sei venuto qui a cogliere onori e applausi? Di chi il merito se hai avuto i fiori americani all'occhiello? Nel giorno della "Colombus Dei" abbiamo parlato con tutti così bene di te poiché ti credevamo un santo, invece ora ci hai abbandonato facendoci tornare in Italia dove non ci cura nessuno". 
Lillino disse: "io sono disposto ad abbandonare le mie ricchezze e divento un accattone sulle rive del Niagara pur di non tornare in paese fatto per lo più da gente indifferente o senza entusiasmo". 
"Ed io" aggiunse Don Matteo" "sono disposto ad aggiustare ombrelli anche per un pezzo di pane duro pur di rimanere quì". Anna e Giovanni, Pancrazio, Antonio il sagrestano, il Pastore Lucano non sembravano del tutto desiderosi di rimanere lontani dalla loro Terra natia. Il fascino subìto dalla grandiosità delle cascate, pur avendo fatto obliare loro tante amare remore del passato, non aveva per nulla sradicato dai loro cuori quella striscia argentata del Bradano, anche se talvolta secco negli anni di siccità e quel lembo di Cielo che anche di notte illumina il "Sacro monte di Belvedere". 
Il più accanito fra i "giramondo" fu Fra' Guglielmo, il quale si vendicò dicendo al suo autore, autista e facchino: "non mi hai voluto lasciare qui a fare la questua per Sant'Antonio per il Quale avrei fatto i miliardi, ma ricordati che ci vedremo alla dogana di Roma quando l'import-export finirà nelle mani della Banca d'Italia con tutti i suoi conti ed i suoi ispettori, ed allora vedrai quanto ti costerà l'averci fatto ritornare in Italia". Il papà-facchino capiva bene che Fra' Guglielmo diceva la verità e che quei quattro soldi guadagnati in America sarebbero appena bastati per sdoganare i testardi "giramondo" che tornavano a casa. 
In fondo, anche se ha pagato di tasca sua, era questo il desiderio dell'autore e finanziatore dei suoi viaggi in Italia, in Germania ed in America dove ha inteso portare, attraverso l'Arte, un messaggio d'amore e di fraternità da parte sua e dalla Lucania, anche se in Questa è stato ignorato da persone e da qualificate rappresentanze che non potevano e né dovevano ignorarlo. Quasi come un cane bastonato, il papà-autore si stava ritirando in una sorta di camerino privato per riordinare le sue idee, quando un facente parte l'Associazione FIGLI D'ITALIA (cui va il merito per avere accolto il mio messaggio di Arte e di Amore) lo chiama per congratularsi del suo successo e con lui tanti altri: "bravo, bravo, una bella statua molto significativa", e ancora: "bravo, avete sviluppato nella vostra creazione artistica una tematica veramente eccellente, quella delle donne che, testimoniando il cammino della Lucania nel tempo, stringono a sé un bambino, simbolo del futuro, difendendolo dai mali e dalle insidie che la vita comporta". Dopo questa ed altre congratulazioni avvenne il collocamento della statua il 23 Agosto 1985 nel grande padiglione del Riverside di Rochester alla presenza di Autorità Civili e Religiose tra gli applausi e la commozione di tutti i presenti, tra i quali il Prof. Thomas Fabiano e gentile consorte signora Lena, molte personalità politiche della Contea di N.Y. tra cui l'onorevole d'Amato e l'Arcivescovo Klark. Tutti si commossero e con essi, anche io e mia moglie ci sentimmo coinvolti doppiamente dalle loro emozioni. Una struggente nostalgia solidificò anche i nostri sentimenti in quel medesimo bronzo che oggi, tra due colonne Ioniche e lo scorrere lento del fiume Genesis, è lì a testimoniare la presenza della nostra TERRA LUCANA amata e per nulla ignorata anche al di là dell'ATLANTICO. 

Antonio Maria Cervellino 1997

 

 

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