Una sobria costruzione, con piano terra e primo piano, si distingueva
dalle solite masserie sparse sui declivi seminati a grano. Questo
armonioso caseggiato, denominato il "Palazzetto", era abitato dal
Massaro con la sua famiglia al piano superiore, dove altre due stanze
erano disponibili per ospitare il Principe ogni volta che veniva da Roma
per esigere dai fittavoli il pagamento annuale. Al piano terra magazzini
e stalle per tutti i bisogni dell'azienda. In una di queste stalle un
raggio di bianchissima luce filtrava nel buio dalla porta sconnessa,
illuminando appena la comoda mangiatoia dove Francesco, avvolto dalle
caldissime pelli di pecora (anche se un po' maleodoranti per via della
concia mal riuscita) e adagiato su un soffice materasso fatto di
magnifica paglia pulita, toccava l'apice della felicità. Ai piedi della
mangiatoia il cavallino nato una decina di giorni prima, se la dormiva
beato ancora pieno dell'ultima poppata fatta nella stalla della mamma.
Fuori c'era troppo silenzio, forse c'è la neve, pensò Francesco e
infatti, tanto i piccoli rumori quanto l'abbaiare dei cani, giungevano
da fuori attutiti e sordi. Ma il nitrito della cavalla del Massaro a cui
facevano eco i balbettii del cavallino ed il canto del gallo erano
quelli di sempre. Tuttavia nessuno del "Palazzetto" quella mattina s'era
levato, neanche il mulattiere si dava cura di portare la biada alla
cavalla che con insistenza continuava a nitrire nella stalla accanto.
"Se il Massaro s'accorge che il mulattiere non le va a dare la biada nel
momento giusto, farà stare digiuno anche lui. Ma a me che importa?"
pensava Francesco, "io devo governare soltanto le galline ed i maialini
che dovranno ingrassare per quando viene il Principe da Roma che li
mangia arrostiti. L'ultima volta che questo venne da Roma a prendere i
soldi dal Massaro, mangiò un gallo ed un porcellino e a me, che in ogni
momento gli servivo vino spillato fresco dalla botte, mi fece spolpare
un mezzo cosciotto del porcellino rimasto nel piatto. Il Principe ha un
pancione che è un po' più piccolo della botte dove prendo il vino. Però
ha i bottoni tutti d'oro: quelli della giacca di velluto azzurro e
quelli del panciotto ed ha il cappello che è un po' come quello di San
Rocco di Tolve. Sul panciotto ha due taschini ai quali è attaccata una
grossa catena d'oro con tante medaglie che pendono e si muovono quando
cammina ed anche quando mangia. Una notizia di qua, un'altra di là,
Francesco, con orecchi e occhi aperti, sapeva quasi tutto sul Principe,
persino che nel viaggio da Roma e ritorno c'è sempre a disposizione per
lui una carrozza speciale tirata da quattro magnifici cavalli. Ma
ignorava Francesco che questo è un falso Principe, è un "Alter ego" di
quello vero che sta a Roma e questo lo sa solo il Massaro. "Come mai,
"notava Francesco," quando il Principe scende dalla carrozza tutti lo
aiutano a scendere, tutti s'inchinano, tranne che il Massaro? E come mai
il Massaro ha nella sua stanza il ritratto del Principe tra Gesù e la
Madonna?" Fin qua arrivava l'indagine istintiva di Francesco e non
poteva andare oltre, poiché ignorava che quello era il ritratto del
Principe vero che sta sempre a Roma, che conosce il Massaro e stabilisce
i prezzi dell'affitto, che volta per volta questo deve versare nelle
mani del mangia-porcellini che va su e giù per l'Italia Meridionale,
facendo l'esattore mascherato da principe. Questo lo sa soltanto il
Massaro e nessun'altro, anche nelle aziende circostanti. Infatti quando
il principe-pagliaccio riceve i soldi dell'affitto, s'inchina con fare
servile al Massaro, il quale lo guarda sprezzante e con occhi severi.
Antonio il massaro sa bene che se comandasse questo principe-mangione, si
porterebbe a Roma, assieme ai ducati dell'affitto, anche la moglie e le
figlie... compresi i porcellini che farebbe cucinare anche durante il
suo lungo viaggio. Alla consegna dei pesanti ducati d'argento il
Gabellotto diffidente, li conta due o tre volte prima di metterli nella
sua borsa di cuoio. "Questi sono i soldi per dieci mesi d'affitto" dice
solenne il Massaro, il quale non ha mai saputo quanti soldi gli desse il
Principe di Roma per quest'incarico e né sa quanto gli frutta la farsa
delle medaglie dorate e del largo cappello. Per questa farsa l'onesto
Massaro ha i nervi a pezzi, poiché alla presenza di tutti deve fingere
di trovarsi di fronte al Principe vero. "Il Massaro non è come il
Principe" pensava Francesco, non guarda i soldi con gli occhi rossi come
il pancione che viene da Roma, egli è buono e quando dà una cosa agli
altri la dona con tutto il cuore. Infatti, quando il padre del piccolo
Francesco, quasi due anni prima lo condusse qui al Palazzetto disse al
Massaro che è anche suo compare: "Cumpa Antonio ti porto mio figlio
perché..." il Massaro capendo a volo il dramma del suo amico e compare
Michele, ridotto al lastrico per via degli scarsi raccolti degli ultimi
anni, subito di rincalzo, per non vedere umiliato l'amico costretto a
raccontare i suoi insuccessi, rispose: "Cumpa Michele, lasciami il
ragazzo perché ho proprio bisogno di un garzone per governare il pollaio
e i maialetti, pulire la stalla e mettere la paglia pulita per terra. Al
nostro Francesco non mancherà una bella mangiatoia che, con la paglia è
più comoda e morbida di un letto, sopra tutto non gli mancherà una buona
zuppa di fagioli o di pancotto a sazietà e uova quante ne vuole. Non per
dirlo, cumpa Michele, la Domenica cuciniamo anche la pecora e le galline
che non fanno le uova, perciò stai tranquillo, certo qui non morirà di
fame". Il padre di Francesco, preso da tanta generosità e finezza
d'animo, stava quasi per abbracciarlo, ma non c'era bisogno poiché da
giovani s'erano sempre voluti bene per cui si guardarono negli occhi e
si capirono continuando a stimarsi più di prima. "Cumpa Michele"
aggiunse il Massaro, "prima di tornare in paese, resta con noi a
prenderti un boccone, mia figlia ha cucinato una pecora a "cutturiedde"
(carne di pecora lessata con aggiunta di sale e verdura e talvolta un
po' di olio). "Grazie cumpa Antonio, ho lasciato mia moglie sola, tu sai
che tutti i miei figli sono partiti per l'America, grazie di tutto cumpa
Antonio, ti saluto". Il padre di Francesco fu subito sulla mula ed il
piccolo lo seguì con lo sguardo fino a quando scomparve dietro la
collinetta. A proposito, pensava Francesco, è da allora che non vedo mio
padre, la mamma e le sorelle, per quanto riguarda i fratelli, per quello
che hanno da fare in America, non credo proprio che si possono ricordare
di me. Così assorto nei ricordi, Francesco non s'accorse che una forte
folata di vento era giunta fino alla mangiatoia dopo aver completamente
staccata un'assicella della già sconnessa porta della stalla. "Che
freddo", disse Francesco, si alzò, aprì il portellino posto in alto
sulla porta e ... Oh, meraviglia, la neve, dappertutto neve, stormi di
uccelli e colombi si spostavano da un punto ad un altro senza una meta,
i covoni di paglia nell'aia erano enormi monumenti bianchi così pure il
pollaio accanto alla stalla. Con ritardo Francesco si ricordò che quello
era il giorno di Natale. Infatti, pochi giorni prima il Massaro aveva
detto che si avvicinava il giorno di Natale, che doveva essere una festa
speciale per tutti, che la mattina si poteva dormire fino a tarda ora e
che a mezzogiorno sarebbe venuto il Prete con il baroccio dalla masseria
d'Alicchio per celebrare la Santa Messa al Palazzetto. Disse anche che
dopo la Messa il Prete doveva mangiare con noi i maccheroni col
formaggio e in più il "viccio" (tacchino) arrostito. Ma c'è la neve,
pensò Francesco, mentre uno sbuffo di neve e vento gli fece chiudere
meccanicamente il portellino facendolo ritornare così nella mangiatoia.
C'è la neve e quindi il Prete non può venire a dire la Messa, ma anche
se non viene io mi ricordo quello che disse l'anno passato. Disse che
Gesù, il Figlio di DIO nacque povero in una stalla, anche io sono povero
e dormo in una stalla... disse che la Madonna aveva messo Gesù in una
mangiatoia dove giungeva il respiro caldo di un bue e di un asino...
anche io sono stato messo dal Massaro in una mangiatoia e grazie a lui
oggi io sono più importante di Gesù Bambino, per ché oltre all'asino e
alla vacca, ho accanto a me il cavallino ed i porcellini. Questi
innocenti pensieri di Francesco gravitavano intorno alle sue prime
esperienze, talvolta anche dolorose e intorno al suo piccolo mondo fatto
di semplici avvenimenti, di animali e di persone dai caratteri diversi.
Aveva messo a fuoco la generosità e la serietà del Massaro, del Principe
aveva intuito che dietro quella facciata gonfia e dorata c'era qualcosa
che a lui non piaceva, amava il cavallino, le galline ed i porcellini i
quali, ben nutriti e ben curati nella paglia pulita e fresca sono così
bianchi da essere più graziosi di qualsiasi animaletto. Di questo suo
piccolo mondo Francesco era felice e nella sua innocenza non si dava
conto della mancanza del mondo autentico della famiglia, della sua
famiglia dalla quale era lontano per ragioni che ancora non poteva
comprendere a pieno. Intanto nelle stanze del piano superiore del
Palazzetto si viveva un mondo ben diverso da quello di Francesco con i
suoi animaletti ed i suoi pensieri. Sopra c'era una strana aria di festa
pur nella semplicità di una modesta famiglia. Il Massaro e la moglie si
erano levati di buon'ora, quest'ultima, vista la neve, ritenne inutile
apparecchiare il tacchino arrosto per Don Nicola che certamente non
sarebbe andato a celebrare Messa per via del maltempo. Il massaro,
accortosi che il mulattiere era ancora sprofondato nel sonno e
ricordandosi che questo aveva lavorato oltre la mezzanotte, scese lui a
governare la cavalla. Passando davanti alla stalla del cavallino notò
che Francesco dormiva ancora e pensò che era bene farlo dormire fino a
mezzogiorno, oggi è Natale e si mangerà tutti insieme. I figli del
Massaro, felici per il Natale cantavano: "Tu scendi dalle Stelle". "Sì,
Tu scendi dalle stelle" disse Lucia, " ma senza il Bambino e senza
Presepio a che serve tutto questo?" "Giusto" rispose Maria "a cosa
serve?"
Giovanni, il primogenito, alquanto intraprendente, disse scherzosamente:
"ti sbagli Lucia, il Bambino lo abbiamo in mezzo a noi". Benedetto, il
più piccolo, sicuro di non sbagliare aggiunse: "volete vedere che il
Bambino sono io perché sono il più piccolo?" "No", replicò Giovanni,
"qui c'è un bambino che è ancora più piccolo di te ed è Francesco che
dorme nella stalla e dato che oggi è Natale gli andremo a fare festa
proprio nella mangiatoia, perché sono sicuro che è ancora là a
sonnecchiare". Fratelli e sorelle, presi da un sincero entusiasmo
gridarono in coro: "Sì, sì, tutti da Francesco, tutti da Francesco".
Quel baccano richiamò l'attenzione del Massaro e della moglie i quali,
una volta informati di quanto avevano programmato i figli, trovarono
assai bella l'idea di andare da Francesco poiché in tutti c'era uno
schietto desiderio di far sentire al piccolo garzone il calore della
famiglia di cui Francesco sentiva la mancanza, specie nel giorno di
Natale.
Intanto Francesco, ignaro della causa dei rumori che giungevano dalle
stanze del Massaro, s'era alzato per recarsi nel porcile a prendere i
due piccoli maialetti che lui curava con tanto amore. Fece fatica a
togliere la neve mentre soffiava un vento gelido, ma poi fu subito nella
mangiatoia a godersi la vicinanza dei porcellini che da qualche giorno
lo consideravano una seconda mamma... alquanto secca. Li mise accanto a
sé onde fargli godere il tepore delle pelli d'agnello, mentre quelli
volevano approfittare per una buona succhiata di latte da Francesco.
Il cavallino, sentendo i simpatici grugniti dei maialetti, s'era alzato
sulle sue esili gambe, poggiando il suo bel musetto sul bordo della
mangiatoia sperando che Francesco facesse da mamma anche a lui. Ma
Francesco, al colmo della gioia, mentre carezzava ora i maialini, ora il
cavallino, sussurrando loro le dolci parole della gioia e
dell'innocenza, sentiva giungere dagli appartamenti del Massaro il
canto: Tu scendi dalle stelle, o re del Cielo... il canto si faceva
sempre più vicino e si sentivano dei passi felpati che avanzavano verso
la stalla. Ma che succede, pensò Francesco, sicuramente è venuto il
Prete a dire la Messa come l'anno passato, se è così voglio andare
anch'io a vedere Don Nicola con quei vestiti bianchi e verdi che dice
tante belle parole. Ma a questo punto si apre la porta della stalla e
fra la meraviglia e lo stupore di Francesco, vede il Massaro, la moglie
e tutti i figli col mulattiere che gridano in coro: "evviva Francesco,
evviva Francesco", poi cantano di nuovo: "Tu scendi dalle stelle, o Re
del Cielo e vieni in una stalla al freddo e al gelo". Lucia e Maria
prendono i porcellini in braccio tra mille effusioni, i fratelli,
divertiti e felici, prendono di peso il cavallino e lo portano alla
cavalla per la prima colazione del mattino; il Massaro e la moglie,
abbracciando il piccolo Francesco lo invitano a mangiare e ad essere
felice con loro ed i loro figli.
Chiaramente la gioia di vivere a tavola in fraterna compagnia con
qualunque nostro simile, è un po' come celebrare la Fratellanza di tutta
l'Umanità e ciò concretizza il Messaggio dell'Amore e della Carità
esteso a tutti, al di là di ogni barriera. Il piccolo Francesco è stato
la scintilla che ha acceso l'anima, prima dei giovani, poi degli anziani
genitori. Questa piccola "favilla" della Carità latente nei loro cuori,
s'è fatta fiamma con l'accettare e festeggiare l'ultimo tra di loro: un
bambino indifeso, estraneo alla loro famiglia.
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