CAPPELLA DEL MONTE DEI
MORTI "UN ATTO Dl FEDE" (103)
"In Die Nomine Amen.
Il giorno 19 del mese di marzo si sono costituiti dinanzi al Notaio
Vincenzo Fanelli Padre Antonio di Tito, dell'Ordine dei Minori
Osservanti, in qualità di predicatore evangelico di questa Terra, Don
Francesco Antonio Adone, Arciprete e Vicario Foraneo, il Magnifico
Francesco Sbassano Luogotenente della Curia Regis di detta Terra e il
Notaio Francesco Spasiano, Deputato alla salute pubblica; spontaneamente
hanno dichiarato di avere sentito che ieri 18 marzo 1691, era giunto in
paese dai luoghi infetti della provincia di Bari Giovanni Vignola e
hanno riferito ciò al Sig. Auditore Don Nicola Mascolo, Deputato alla
salute pubblica per la Provincia di Basilicata e della Terra di
Trivigno.
Il Vignola, così come riferito dalle guardie, si era rinchiuso nella
Cappella del Monte dei Morti, posta fuori l'abitato ed era "angustiato
da febbre alta".
I dichiaranti affermano di essersi portati presso la Cappella e, fattala
aprire, poiché il Vignola teneva chiusa la porta giorno e notte,
constatarono che stava malissimo, tanto da non reggersi in piedi e
impossibilitato a mangiare da tre giorni perché non riusciva a
inghiottire. Il padre predicatore Don Antonio di Tito tastatogli il
polso si accorse che aveva febbre alta, affanno tanto da non potere
quasi parlare; Giovanni Vignola volle confessarsi e il Padre Antonio lo
fece.
Andati via l'Auditore e i rappresentanti della salute pubblica
dell'Università, Giovanni Vignola si richiuse nella Cappella.
Il mattino seguente l'Auditore fu avvisato che Giovanni Vignola non si
sentiva nella Cappella nè, chiamato, rispondeva.
Le autorità si recarono sul posto e trovarono la porta chiusa, le
finestre puntellate dal di dentro, per cui fu necessario scoperchiare il
tetto e fare calare con una fune un soldato.
Aperta la porta fu trovato Giovanni Vignola morto, disteso su di un
lettuccio con un Crocifisso accanto, con un libro spirituale aperto e su
una carta scritta a lettere di sangue le parole "V. B. Madre di Dio".
Costatata la morte, I'Auditore, per salvaguardare la salute pubblica
fece sotterrare il cadavere con ogni cautela, in un fosso profondo e con
la Croce sopra difronte alle mura della Cappella di Sant'Antonio Abate,
posta fuori dell'abitato. Per documentare tutto ciò è stato fatto un
pubblico atto e giuramento da Padre Antonio di Tito, Predicatore
evangelico, da Don Francesco Antonio Adone, Arciprete, dal Magnifico
Francesco Sassano, dal notaio Francesco Spasiano.
Presenti: Angelo Antonio Garzonetto Giudice ad contractus, testimoni
Giovanni Filitto, Domenico Casella, Giovanni Maria Allegretto, Angelo
Trivigno e Francesco la Raja".
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