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Raffaella Brindisi Setari - Le Chiese di Trivigno
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LA FESTA Dl SAN PIETRO APOSTOLO (110)

La festa di San Pietro Apostolo, patrono del paese, cade il 29 giugno; anticamente nel giorno di vigilia, intorno alle ore 21.00 aveva luogo, con grande compostezza e devozione da parte dei fedeli, una cerimonia preparatoria; si accendevano tutte le candele all'Altare Maggiore e, esposto il SS. Sacramento, si compivano i riti religiosi e si cantavano le litanie laurentane. 
Il mattino successivo, celebrata la Messa solenne, il Clero predisponeva l'uscita della processione dalla chiesa, i portatori, vestiti con camice e mozzettina, effettuavano, senza alcun cambio, tutto il percorso processionale. Il Santo, accompagnato dai fedeli, partiva dalla Chiesa Madre, arrivava al cosiddetto "chiazzillo" e, passando al di sotto dell'arco, percorreva la strada davanti al carcere, giungendo a "Porta della Terra"; attraversava quindi la contrada Casale e, alla villa comunale (cioè all'estremità del paese) dopo avere festeggiato con lo sparo di mortaretti, rientrava in chiesa, accompagnato da tutto il popolo. 
Con la legge post-unitaria del 7 luglio 1866 ogni ordinamento fu mutato: l'organizzazione della festa infatti non fu più curata dal Comune ma da una Commissione formata da quei cittadini che, disposti ad assolvere questo incarico, dovevano avere ricevuto l'approvazione del Sindaco; questi inoltre li autorizzò a raccogliere le offerte fatte dai fedeli, anche con la questua in chiesa. L'aspetto laico fu privilegiato, non si badò a spese, si abbondò sia nelle luminarie che nei fuochi artificiali, in paese si fece giungere anche la banda musicale. Il Clero successivamente fu costretto ad acconsentire che i portatori delle statue, vestiti solo di camice, fossero scelti tra i maggiori oblatori; in seguito tollerò che il loro abbigliamento tradizionale fosse del tutto abolito e che i contendenti, con la statua del Santo sulle spalle, eseguissero la gara fino sulla soglia della chiesa. I Procuratori delle feste inoltre decisero che durante tutto il percorso processionale i portatori potevano essere sostituiti varie volte e, ad ogni cambio, fosse effettuata una nuova gara; ciò però provocava grande schiamazzo, sfociando talvolta in disordini; lo spirito religioso che avrebbe dovuto animare la processione ne risultò turbato e svilito. Non sempre la Commissione dava conto delle offerte raccolte e delle spese sopportate, ciò creava sospetti e tensioni tra i fedeli, i Procuratori e il Clero; quest'ultimo non notava più nel popolo raccoglimento e devozione ma piuttosto ribellione e atti non del tutto ispirati alla fede e alla morale. 
Il 28 giugno del 1883 il parroco Don Ferdinando Abbate, per ovviare agli inconvenienti derivanti da una condotta non consona né ai riti che si celebravano, né al luogo, decise di anticipare al Vespero (alle 17.00 circa) la funzione serale; venne quindi esposto il SS. Sacramento e furono cantate le litanie laurentane. I Deputati delle feste però non gradirono questo mutamento, in quanto ritenevano che la funzione dovesse essere ricelebrata alla solita ora (cioè alle 21.00); per tale motivo forzarono la porta della Chiesa e scassinarono quella del campanile per suonare le campane al fine di fare raccogliere in chiesa quanta più gente possibile. 
Accese tutte le candele all'Altare Maggiore furono cantate le litanie con l'accompagnamento della banda musicale che aveva preso posto nel coro, creando grande confusione e disordine. 
Il mattino seguente, dopo avere celebrato la Messa solenne, i sacerdoti prepararono in chiesa la processione; la statua di San Pietro uscì per prima, seguita da quella di Sant'Antonio; i più facinorosi richiesero a gran voce che quest'ultima fosse ornata con gli oggetti votivi in oro. I Procuratori e i più scalmanati si recarono a casa del parroco e, tra schiamazzi e minacce, costrinsero il fratello dell'Arciprete a consegnare quanto richiesto; solo così alla fine gli animi si placarono. Il parroco informò dell'accaduto le autorità religiose e civili, denunciando all'autorità giudiziaria gli autori dei disordini. 
Nel 1884, a causa dell'epidemia di vaiolo, per evitare assembramento di gente, furono celebrate in tono minore solo le feste di Sant'Antonio di Padova del 13 giugno e quella di San Pietro il 29 giugno. In seguito i Procuratori nel 1885 allestirono grandi festeggiamenti con luminarie, fuochi etc., ma corrisposero la metà di quanto dovuto ai sacerdoti. 
Nell'anno successivo il parroco tentò di ripristinare il rispetto della tradizione, vietando che il 13 giugno la gara fosse eseguita durante tutto il percorso processionale; tale decisione fu approvata dal Prefetto ma non condivisa dal Sindaco né dai Procuratori in paese circolò la voce che l'Arciprete non voleva che si celebrassero più le feste religiose, pertanto non si formarono più le Procure per le feste. Il parroco, non volendo privare i cittadini di questa espressione di religiosità, sotto la sua responsabilità costituì con amici e familiari una Commissione che organizzò le feste nel rispetto delle regole, senza sprechi ed eccessi; alla fine dopo avere soddisfatto tutte le spese, compreso il compenso per la banda musicale, che aveva suonato in onore di San Pietro, con le 250 lire rimaste in cassa fu acquistato un altare in marmo da dedicare a San Giovanni e collocare nella chiesa di Sant'Antonio di Padova. Il dissidio tra il Clero e i Procuratori si acuì ulteriormente per cui nel 1887, per disciplinare l'andamento delle feste e sopratutto le gare per il trasporto delle statue dei Santi il Prefetto, su istanza del parroco e dopo avere informato il Sindaco, ordinò che la gara fosse effettuata un'ora prima della processione e che i Deputati delle feste fossero scelti fra i cittadini più probi. La Procura allora decise, per ritorsione, di riportare la processione di San Pietro all'antico percorso, escludendo la contrada Tempone, non ottemperando a quanto i fedeli di questo rione avevano ottenuto dal Clero. Le processioni del 13 giugno e 3 settembre dovevano percorrere anche la loro contrada, previo compenso straordinario di 50 lire; in seguito questa somma fu dimezzata e il pagamento venne addebitato alla Procura delle feste, che dichiarò sia di non avere a disposizione tale somma sia che la processione con i Santi, le Congreghe e i fedeli, si poteva effettuare anche senza la presenza del Clero. A questo punto i sacerdoti per evitare contestazioni si ritirarono in chiesa; prevalse però lo spirito religioso e, pur di non fare venire meno la solennità delle processioni, si decise di effettuare tutto il percorso, celebrare le funzioni senza alcun compenso e con grande solennità. 
La Curia di Acerenza aveva cercato di risolvere la controversia, fornendo delle indicazioni per la celebrazione delle feste nei Decreti Visitali del 1888 (111); i dissapori però tra il clero, i procuratori delle feste e il popolo rimasero sopiti nel tempo, ma non eliminati e ciò fece si che la festa di San Pietro fosse celebrata in seguito in tono minore, prevalendo nelle parti l'ostinazione a difendere ognuno la propria posizione. Attualmente i riti della vigilia sono stati aboliti, il 29 giugno dopo la Messa Solenne il Santo in processione percorre le vie del paese con l'accompagnamento della banda musicale e lo sparo di fuochi d'artificio.

 

 

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