LA FESTA Dl SAN PIETRO
APOSTOLO (110)
La
festa di San Pietro Apostolo, patrono del paese, cade il 29 giugno;
anticamente nel giorno di vigilia, intorno alle ore 21.00 aveva luogo,
con grande compostezza e devozione da parte dei fedeli, una cerimonia
preparatoria; si accendevano tutte le candele all'Altare Maggiore e,
esposto il SS. Sacramento, si compivano i riti religiosi e si cantavano
le litanie laurentane.
Il mattino successivo, celebrata la Messa solenne, il Clero predisponeva
l'uscita della processione dalla chiesa, i portatori, vestiti con camice
e mozzettina, effettuavano, senza alcun cambio, tutto il percorso
processionale. Il Santo, accompagnato dai fedeli, partiva dalla Chiesa
Madre, arrivava al cosiddetto "chiazzillo" e, passando al di sotto
dell'arco, percorreva la strada davanti al carcere, giungendo a "Porta
della Terra"; attraversava quindi la contrada Casale e, alla villa
comunale (cioè all'estremità del paese) dopo avere festeggiato con lo
sparo di mortaretti, rientrava in chiesa, accompagnato da tutto il
popolo.
Con la legge post-unitaria del 7 luglio 1866 ogni ordinamento fu mutato:
l'organizzazione della festa infatti non fu più curata dal Comune ma da
una Commissione formata da quei cittadini che, disposti ad assolvere
questo incarico, dovevano avere ricevuto l'approvazione del Sindaco;
questi inoltre li autorizzò a raccogliere le offerte fatte dai fedeli,
anche con la questua in chiesa. L'aspetto laico fu privilegiato, non si
badò a spese, si abbondò sia nelle luminarie che nei fuochi artificiali,
in paese si fece giungere anche la banda musicale. Il Clero
successivamente fu costretto ad acconsentire che i portatori delle
statue, vestiti solo di camice, fossero scelti tra i maggiori oblatori;
in seguito tollerò che il loro abbigliamento tradizionale fosse del
tutto abolito e che i contendenti, con la statua del Santo sulle spalle,
eseguissero la gara fino sulla soglia della chiesa. I Procuratori delle
feste inoltre decisero che durante tutto il percorso processionale i
portatori potevano essere sostituiti varie volte e, ad ogni cambio,
fosse effettuata una nuova gara; ciò però provocava grande schiamazzo,
sfociando talvolta in disordini; lo spirito religioso che avrebbe dovuto
animare la processione ne risultò turbato e svilito. Non sempre la
Commissione dava conto delle offerte raccolte e delle spese sopportate,
ciò creava sospetti e tensioni tra i fedeli, i Procuratori e il Clero;
quest'ultimo non notava più nel popolo raccoglimento e devozione ma
piuttosto ribellione e atti non del tutto ispirati alla fede e alla
morale.
Il 28 giugno del 1883 il parroco Don Ferdinando Abbate, per ovviare agli
inconvenienti derivanti da una condotta non consona né ai riti che si
celebravano, né al luogo, decise di anticipare al Vespero (alle 17.00
circa) la funzione serale; venne quindi esposto il SS. Sacramento e
furono cantate le litanie laurentane. I Deputati delle feste però non
gradirono questo mutamento, in quanto ritenevano che la funzione dovesse
essere ricelebrata alla solita ora (cioè alle 21.00); per tale motivo
forzarono la porta della Chiesa e scassinarono quella del campanile per
suonare le campane al fine di fare raccogliere in chiesa quanta più
gente possibile.
Accese tutte le candele all'Altare Maggiore furono cantate le litanie
con l'accompagnamento della banda musicale che aveva preso posto nel
coro, creando grande confusione e disordine.
Il mattino seguente, dopo avere celebrato la Messa solenne, i sacerdoti
prepararono in chiesa la processione; la statua di San Pietro uscì per
prima, seguita da quella di Sant'Antonio; i più facinorosi richiesero a
gran voce che quest'ultima fosse ornata con gli oggetti votivi in oro. I
Procuratori e i più scalmanati si recarono a casa del parroco e, tra
schiamazzi e minacce, costrinsero il fratello dell'Arciprete a
consegnare quanto richiesto; solo così alla fine gli animi si placarono.
Il parroco informò dell'accaduto le autorità religiose e civili,
denunciando all'autorità giudiziaria gli autori dei disordini.
Nel 1884, a causa dell'epidemia di vaiolo, per evitare assembramento di
gente, furono celebrate in tono minore solo le feste di Sant'Antonio di
Padova del 13 giugno e quella di San Pietro il 29 giugno. In seguito i
Procuratori nel 1885 allestirono grandi festeggiamenti con luminarie,
fuochi etc., ma corrisposero la metà di quanto dovuto ai sacerdoti.
Nell'anno successivo il parroco tentò di ripristinare il rispetto della
tradizione, vietando che il 13 giugno la gara fosse eseguita durante
tutto il percorso processionale; tale decisione fu approvata dal
Prefetto ma non condivisa dal Sindaco né dai Procuratori in paese
circolò la voce che l'Arciprete non voleva che si celebrassero più le
feste religiose, pertanto non si formarono più le Procure per le feste.
Il parroco, non volendo privare i cittadini di questa espressione di
religiosità, sotto la sua responsabilità costituì con amici e familiari
una Commissione che organizzò le feste nel rispetto delle regole, senza
sprechi ed eccessi; alla fine dopo avere soddisfatto tutte le spese,
compreso il compenso per la banda musicale, che aveva suonato in onore
di San Pietro, con le 250 lire rimaste in cassa fu acquistato un altare
in marmo da dedicare a San Giovanni e collocare nella chiesa di
Sant'Antonio di Padova. Il dissidio tra il Clero e i Procuratori si acuì
ulteriormente per cui nel 1887, per disciplinare l'andamento delle feste
e sopratutto le gare per il trasporto delle statue dei Santi il
Prefetto, su istanza del parroco e dopo avere informato il Sindaco,
ordinò che la gara fosse effettuata un'ora prima della processione e che
i Deputati delle feste fossero scelti fra i cittadini più probi. La
Procura allora decise, per ritorsione, di riportare la processione di
San Pietro all'antico percorso, escludendo la contrada Tempone, non
ottemperando a quanto i fedeli di questo rione avevano ottenuto dal
Clero. Le processioni del 13 giugno e 3 settembre dovevano percorrere
anche la loro contrada, previo compenso straordinario di 50 lire; in
seguito questa somma fu dimezzata e il pagamento venne addebitato alla
Procura delle feste, che dichiarò sia di non avere a disposizione tale
somma sia che la processione con i Santi, le Congreghe e i fedeli, si
poteva effettuare anche senza la presenza del Clero. A questo punto i
sacerdoti per evitare contestazioni si ritirarono in chiesa; prevalse
però lo spirito religioso e, pur di non fare venire meno la solennità
delle processioni, si decise di effettuare tutto il percorso, celebrare
le funzioni senza alcun compenso e con grande solennità.
La Curia di Acerenza aveva cercato di risolvere la controversia,
fornendo delle indicazioni per la celebrazione delle feste nei Decreti
Visitali del 1888 (111); i dissapori però tra il clero, i procuratori
delle feste e il popolo rimasero sopiti nel tempo, ma non eliminati e
ciò fece si che la festa di San Pietro fosse celebrata in seguito in
tono minore, prevalendo nelle parti l'ostinazione a difendere ognuno la
propria posizione. Attualmente i riti della vigilia sono stati aboliti,
il 29 giugno dopo la Messa Solenne il Santo in processione percorre le
vie del paese con l'accompagnamento della banda musicale e lo sparo di
fuochi d'artificio. |