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LA PROCESSIONE |
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Il vissuto del
colore è
un’amalgama
di sangue che rapprende.
Fin dall’epidermide la
figura sale. Vedere nell’abisso del colore e tradurre la visione. Così l’assenza originaria diviene, tra nostalgia primigenia e desiderio inesauribile. Sulla tela di Gaetano Dimatteo l’enigma si espande. E si risolve. La cromia disvela tutto il percorso emozionale, affidandosi alla plasticità delle tinte, sconquassando l’alfabeto dei signa. La natura partecipa all’algida mestizia di “San Rocco in processione” inquietando il cielo: vigila l’epifenomeno dalla visione, e manifesta il potere misterico della litania dei corpi in processione. Le musiche, sembra di udirle, sono portate in presenza: lente, meste, gocciolanti. Un alone di volto scaturisce dalla forza psichica del colore: un’ inquietudine latente si propaga sullo sfondo e tocca la soglia della linea. Lì si fa evento. La pittura s’impasta indomabile nel fluire che non trova riposo. L’amalgama dei colori caldi è sangue che raggruma. Alla vibrazione di certi azzurri-blu lucenti non resta che il linguaggio del suono: “Salvatore con la tromba” (“basso tuba”, a dire il vero) è colore puro che sagoma la sua immagine. Alla campana dello strumento l’ultimo compito: togliere dall’oblio della massa cromatica il volto del giovane. Quel profilo è già limen tra animus e anima, appena sfiorato.
I due ovali pregano in simmetria. Una
luce inaudita s’insinua nella memoria di aver posseduto un barlume del
colore possibile. “Ludovico” è l’ansia inestinguibile della perdita
di quel barlume. “Norina “ è l’angoscia. Non tace/l’interminabile/litania/di un borbottio/impazzito al di là/della parete./Il liquame cola/di colore assente.
Parma, aprile 1998 |
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