Le Porte Medievali
Nella città di Potenza, ci sono non poche
testimonianze del passato, “memorie storiche” che forniscono una conoscenza
fedele dei tempi passati. Fra queste le “Quattro Porte”, che corrispondevano
alle strade di accesso della città di Potenza, dove le strade ed i vicoli,
in cui vivevano le poche famiglie egemoni, non erano gli stessi in cui
vivevano quelle subalterne, che erano poi la maggioranza.1
Anche una porta, scrive Carlo Rutigltano, era più accessibile
al ricco che non al povero.
1) L. Carlo Rutigliano (Dimensione, Rivista bimestrale
della Banca Popolare di Pescopagano, diretta da Sandro Cupelloni
- Grafica e impaginazione Salpi - Studio Drb -
Potenza, 1981
2) Antonio
Pellettieri - "Le mura di Potenza in età angioina"
2) Una fonte settecentesca, sostiene Antonella
Pellettieri nel volume “Le mura di Potenza in età angioina”,
riferisce che per entrare in città dall’arco S. Gerardo, bisognava avere
un permesso particolare: il vescovo doveva autorizzare il passaggio nei suoi
possedimenti, che si estendevano subito a ridosso della Porta.
Considerate le difficoltà a cui si andava incontro
per entrare in città attraverso Porta S. Gerardo, possiamo formulare
l’ipotesi che questo accesso alla città fosse quasi di natura privata e cioè
che attraversavano questa porta solo coloro che, in qualche misura, avevano
contatti diretti con la curia vescovile.
Le quattro “Porte” restano tali nel numero e
neppure si trovano vestigia di altre Porte in altri punti della città, come
sostengono gli studiosi del tempo, da Emanuele Viggiani a Raffaele Riviello.
Ancora Carlo Rutigliano, sostiene che neppure si trovano vestigie di altre
porte in altri punti della città, il cui attuale abitato venne quasi
interamente ricostruito dalle rovine del tremendo terremoto del 1273. Quindi
non sappiamo spiegarci la denominazione di Porta Amendola alla strada che
dalla Pretoria sbocca sulla via del Popolo. Ne è il caso di soffermarsi
sulla credenza di taluni cittadini che, una volta, esistesse in quel luogo
una Porta fronteggiata da una pianta di mandorlo perché ciò sarebbe poca
cosa, senza un riscontro in un qualche fatto storico cittadino. Raffaele
Riviello, ricorda che a Portasalza c’era un ponte levatoio: l’etimologia
popolare “Porta ca s’avese: porta che si alza” e viene pari pari trasferita
nella toponomastica ufficiale del 1901, fino ai giorni nostri. La Porta, che
sorgeva all’estremo est della Pretoria, fu abbattuta nel 1817. Le altre tre
Porte vennero indicate con l’esistenza di tre edifici omonimi: la chiesa di
S. Gerardo, il convento di S. Luca, l’Ospedale di S. Giovanni di Dio. E'
esistita, però, anche una Porta della “Trinità”. Essa divideva Via Pretoria
da Largo Tassello da quale si accedeva dall’estramurale sud, dove esistevano
numerose stalle.
Quattro, dunque, le “Porte principali” di Potenza,
rimaste nella dizione comune ed ufficiale, anche per la presenza di edifici
di culto salvatisi dalla generale distruzione della Potenza antica. E le
Quattro Antiche Porte della città, oltre alla Torre del Castello (costruito
dai Guevara, signori della città, alla punta orientale del colle, ceduto poi
ai Cappuccini nel 1616 perché ne facessero un Ospedale), situata in Via
Bonaventura, salvatesi dalla generale distruzione della Potenza antica, sono
oggi la testimonianza di quel passato che rivive nelle cartoline illustrate
ed in litografie in vendita in diversi punti di Potenza, insieme alle due
“porte secondarie”, altrettanto importanti per la gente, soprattutto per il
popolo, trascurate dall’ufficialità e dimenticate nella furia distruttrice
che ha colpito le zone che di esse si servono, o nell’altrettanta affannosa
corsa alle modificazioni ed ai cambiamenti delle antiche strutture. Si
tratta comunque, per i potentini ed i turisti, di memorie storiche che
debbono avere pari dignità perché i posteri possano avere una conoscenza
fedele dei tempi passati.
C’è da dire infine che a Porta San Giovanni la
Torre è in parte scomparsa, chiusa da una costruzione che lo “Strazariello”
(ma chi lo autorizzò si domanda Tommaso Pedio) ha realizzato togliendo alla
vecchia Potenza l’unica torre che non è stata ancora abbattuta.
“Potenza scomparsa”
Con questa fatica Michelino Pergola completa un
colloquio, avviato da tempo, condotto ora con la penna, ora con i pennelli.
Nessuna improvvisazione, quindi e nemmeno uno stato di grazia particolare.
Piuttosto un costante, indicibile sentimento d’amore per la Lucania, la sua
gente e isuoi problemi, eternamente deformati, eternamente irrisolti per via
del solito patriottismo, ilmorbo nazionale che appesta uomini e cose.
Carlo Alianiello
C’era Portasalza presto condannata senza
processo da mercanti dai larghi carriaggi, e e’era la Porta di S. Giovanni,
sotto la quale la tramontana si batteva senza fortuna col pozzo d’una
mascalcia. Ai piedi di quell’extramurale garofani ed astri attendevano
pazienti che qualcuno si ricordasse di inaugurare la primavera.
C’era la Porta di S. Gerardo, la più sicura
perché protetta in cielo dal Santo Patrono e sulla terra da una silvestre
scarpata. Attraversando quel budello, la sera dei 17 gennaio, a
Sant’Antuono, maschere e suoni, forsennati cavalieri correvano un rustico
palio. Ad ogni turno gli zoccoli impazziti accendevano di lampi sinistri la
cupa volta dove una malinconica lampada affiochiva al lezzo d’un orinatorio.
C’era infine la luminosa Porta di S. Luca
che si sbracciava, tra lo aristocratico monastero delle Clarisse ed una fila
di casupole fortificate, per accelerare il passo alle schiere soccorritrici
del generale Manhes. Un possente muraglione, che sorreggeva la piazza del
Seggio e spesso fungeva da trampolino di morte, dominava la valle e gli
accessi meridionali alla città.
Culminava in una elegante garitta nella quale una
celeste sentinella s’era pietrificata un pò pel freddo, un pò per le
imprecazioni dei cocchieri colà stazionanti.
Michelino Pergola -
“Potenza scomparsa” -
Ritratto d’artista come città - 1970 |