PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo XI -


L'Impegno della Provincia di Potenza

  • Polo della cultura, un'esperienza esaltante

  • "Il giardino degli dei"

  • Immagine e mito nella Basilicata antica

  • Le ruote quadrate

  • Carlo Carrà

  • Gaetano Martinez

  • Aldo La Capra

  • "Acqua"

L'Impegno della Provincia di Potenza
 

Polo della Cultura un’esperienza esaltante

 

Il naturale desiderio di porsi nel contesto sociale lucano, di promuovere l’interesse di un pubblico variegato, ha dato vita ad una “politica” dell’amministrazione e che trova la testimonianza più concreta del suo evolversi e del suo continuo prodigarsi, nell’attuazione di un impegno che ha fra i suoi obiettivi la gente ed i suoi problemi.

 

In questo contesto, la Provincia di Potenza, presieduta dall’ing. Vito Santarsiero, che si sta attivando su più fronti per migliorare la vivibilità del territorio ed intensificare la qualità dell’offerta, ha opportunamente messo in cantiere, per il 2003, una serie di iniziative che mirano alla maturazione sociale e civile delle nostre comunità. Fra queste, spicca la promozione culturale e turistica messa in atto, già da alcuni anni a questa parte, con il “Polo della Cultura”.

 

Un “canale” importante, un segnale significativo, nuovo e diverso, per la Basilicata che vuole continuare a dimostrare che il Sud, anche il Sud, può vivere esperienze esaltanti. Riportiamo, di seguito, alcuni concreti esempi di questo deciso impegno.

 

 

 

 

“Il giardino degli dei”

 

“Il giardino degli Dei” è l’opera monografica dedicata alla Provincia di Potenza presentata nell’aprile 2002 a Bari, nella sala consiliare del palazzo della Provincia, su iniziativa dell’amministrazione potentina. E il 25° volume della collana editoriale “Le più belle province d’Italia”, curato dalla Società Italia Turistica di Padova. Un libro dedicato a Potenza perché è una provincia nel cuore del Sud Italia, capoluogo di una regione non ancora conosciuta dalla maggior parte degli italiani, ma sconosciuta dai Paesi esteri. Una provincia ricca di storia, tutta da scoprire, dove la passione, la poesia, la cultura hanno lasciato tracce tangibili, umane e religiose che ne hanno fatto proprio il “giardino degli dei”.

 

“La mostra - ha spiegato il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero - si colloca tra altri importanti eventi proposti nel Museo, nella Pinacoteca e nel Covo degli Arditi, negli spazi del Polo della Cultura ubicati nel fascino dell’architettura di due grandi progettisti del Novecento, l’architetto Marcello Piacentini e l’ingegner Giuseppe Quaroni. Un ambizioso progetto che conferma che l’investimento culturale, quando proposto ad elevati livelli, è volano di crescita sociale ed economica.

 

L’opera monografica in quattro lingue (italiano, tedesco, francese e inglese) di 128 pagine, con sovraccoperta, cartonato e custodia, del formato di 25 x 34 cm, con oltre 100 immagini inedite realizzate dal fotografo Giampaolo Senzanonna, personalizzata per la Provincia di Potenza, si apre con la presentazione del volume da parte del Presidente della Provincia Vito Santarsiero. Segue la prefazione del regista Gabriele Salvatores. La descrizione e la storia del territorio sono curate dal “Premio Campiello”, Raffaele Nigro.

 

“Affidiamo a queste immagini - ha detto il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero - il messaggio silenzioso ed affascinante che la nostra terra riesce ancora a dare all’ospite che l’attraversa trasferendogli l’essenza di una grande storia vecchia di millenni ed offrendogli ambienti e paesaggi incontaminati che mai finiscono di stupire”.

 

L’opera monografica parte da un servizio redazionale su 32 pagine, oltre le quattro di copertina, di “Italia Turistica”, la rivista nata nel 1961 e ritenuta la più vecchia testata italiana di cultura e turismo con una tiratura di 150mila copie distribuita solo ed esclusivamente su abbonamento, il 70 per cento in Italia e il 30 per cento all’estero, sui mercati di lingua tedesca e di lingua inglese. Da questo servizio pubblicato nella testata è scaturito un estratto personalizzato per la Provincia di Potenza che potrà essere utilizzato dall’ente stesso per fiere, convegni, manifestazioni nel territorio nazionale ed estero.

 

 

 

 

Immagine e mito nella Basilicata antica

 

“Immagine e mito nella Basilicata antica” è la mostra archeologica allestita al Museo Provinciale di Potenza. In vetrina su reperti di eccezionale importanza, provenienti anche da scavi recentissimi effettuati su tutto il territorio regionale ed esposti, in questa occasione, per la prima volta su iniziativa della Provincia di Potenza, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, con la partecipazione dell’Istituto di Archeologia dell’Università degli Studi della Basilicata e con il contributo scientifico di autorevoli studiosi stranieri.

 

“Negli ultimi anni la Provincia di Potenza e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, hanno ribadito il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero e il soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata, Maria Luisa Nava, hanno definito un progetto estremamente articolato di valorizzazione del patrimonio archeologico. Mostre, eventi, scavi archeologici hanno contraddistinto questa collaborazione, con risultati di straordinaria importanza sia sotto il profilo culturale, sia per quanto attiene alla promozione turistica di un territorio caratterizzato da musei e siti archeologici, da monumenti e centri storici, da parchi naturali di particolare interesse. L’evento più significativo è rappresentato dalla mostra “Archeologia e petrolio. Dalla colonia greca di Metaponto alla città romana di Grumento”, svoltasi alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

 

“Immagine e mito” raccoglie raffinate ceramiche, armi di produzione greca, candelabri etruschi in bronzo, tutti caratterizzati da un ricco repertorio di immagini, che permettono di ricostruire le strutture di pensiero proprie, sia delle comunità greche che delle genti indigene presenti in Basilicata tra VII e III secolo a. C. Gli dei e gli eroi del mito ellenico vengono raffigurati con particolare insistenza, in quanto richiamano, in forme emblematiche, gli ideali eroici, le convinzioni religiose, l’ideologia funeraria, le speranze di una salvezza ultraterrena propri di queste popolazioni. Tra tutti i personaggi mitici, assume un rilievo particolare Eracle, dio-eroe che, attraverso le sue imprese vittoriose contro mostri dalle molteplici forme, testimonia il predominio della cultura sulla natura selvaggia. Si tratta di un’esposizione in grado di suscitare molteplici suggestioni e, per questo, di particolare rilievo per chiunque sia interessato a riscoprire l’identità culturale delle popolazioni antiche della Basilicata. Nell’ambito delle popolazioni indigene di età arcaica dell'Italia meridionale, le testimonianze figurative che gli antichi Dauni ci tramandano, appaiono eccezionalmente ricche, per numero e varietà di temi, e preziose per la comprensione dell’immaginario mitico dei popoli italici.

 

Dalla collina dell’Incoronata, sede di un insediamento greco, proviene un monumentale bacino lustrale (perirrhanterion) del VII secolo a.C. decorato in bassorilievo con scene riprese dal repertorio mitico-religioso e dalla epopea omerica. La scena di combattimento sul corpo di un guerriero caduto si ispira direttamente al tema omerico dello scontro tra eroi greci e troiani: si pensi al violento combattimento sul cadavere di Patroclo, ai duelli di Ettore, Achille, Enea, Aiace e Paride.

 

Dal santuario urbano di Metaponto e da Siris provengono frammenti di un fregio databile agli inizi del VI secolo a.C. Una serie di lastre riproduce più volte un corteo di donne (pompè), forse sacerdotesse, sedute su un carro trainato da mule, oppure una cerimonia nuziale. Verso la fine del VI secolo a. C., la documentazione archeologica offre alcuni esempi particolari di temi omerici affrontati in una prospettiva troiana. Da Metaponto e da Siris provengono due lekythoi a figure nere che mostrano, rispettivamente, l’uccisione di Priamo ad opera di Neottolemo ed Enea in fuga da Troia con il padre Anchise ed il figlio Ascanio, temi presenti nella produzione attica ufficiale che acquistano particolare significato sulla costa jonica, se si considera il ruolo svolto dal mito troiano in ambito sirita.

 

 

 

 

Le ruote quadrate

 

“Toccare le menti, cambiare il futuro con le nostre mani” è lo slogan della mostra scientifica itinerante “Le Ruote Quadrate”.

 

La mostra nasce con l’obiettivo di fare in modo che chiunque possa far esperienza diretta di fenomeni naturali ed intuirne le leggi. Ognuno ha tempo a sufficienza per toccare oggetti, per osservare fenomeni con i propri occhi, per indugiare su qualche particolare costruttivo e per rendersi conto in prima persona di ciò che sta accadendo. Sebbene questo approccio sia essenzialmente sensoriale, i risultati dimostrano che è un passo decisivo per imparare gli argomenti scientifici. Gli esperti alcune volte definiscono esperienziale questo stile di apprendimento, altre volte informale, quando lo contrappongono a quello formale o scolastico, strutturato sui capitoli di un libro di testo. Per realizzarlo, è necessario servirsi di apparati ad hoc, gli exibit interattivi, concepiti in modo da esibire al visitatore fenomeni ben evidenti e da lui direttamente controllabili.

 

La mostra è, dunque, una collezione di circa cinquanta unità espositive a sé stanti. Il pubblico non è obbligato a visitarle in modo sequenziale, anzi è lasciato libero di seguire tutti i percorsi che vuole: ogni unità ha qualcosa da dirgli, che non dipende dall’ordine in cui la incontra. Ciò non toglie che una guida o un insegnante possa suggerire un percorso ben preciso, raccordando le varie unità secondo una linea didattica aderente ad esigenze formali.

 

La parola interattivo, invece, indica il fatto che tra il visitatore e l’exhibit intercorrono azioni reciproche. In altri termini, l’exhibit è stato studiato per “reagire” alle azioni del visitatore e per rivelargli in questo modo quali legami esistono tra le variabili fisiche da lui stesso messe in gioco. Gli exhibit de “Le Ruote Quadrate” sono stati progettati sul modello dell’Exploratorium di San Francisco, il più famoso museo della scienza del mondo, ma sono stati costruiti a Cauti, in provincia di Avellino, da un gruppo di insegnanti, tecnici, artigiani e studenti, coordinati dal fisico Pietro Cerreta e dall’ingegnere Canio Lelio Toglia, docenti dell’ I.S.I.S “A.M. Maffucci” di Calitri.

Il loro scopo non è solo quello di avvicinare i ragazzi allo studio delle scienze, ma anche di interessare la gente comune, che ha ormai superato l’età scolare.

 

 

 

 

Pinacoteca Provinciale Carlo Carrà

La mia vita - Dipinti e disegni 1903-1965

Dopo l’evento espositivo Carlo Levi. Opere scelte 1926 - 1974 inaugurata lo scorso anno dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, seguito da un’altra importante mostra dedicata a Giorgio de Chirico, la Provincia di Potenza intende celebrare un’altra grande figura dell’arte italiana del Novecento, Carlo Carrà. Il giorno 4 aprile, è stata inaugurata alla Pinacoteca Provinciale di Potenza la mostra CARLO CARRA’, LA MIA VITA. Dipinti e disegni 1903 - 1965 curata da Massimo Carrà ed Elena Pontiggia, in calendario fino al mese di giugno 2003.

 

Continua, dunque, il ciclo di prestigiose esposizioni nate dal progetto “Polo della Cultura”, promosso dalla Provincia di Potenza. “Il successo del Polo della Cultura - ha detto il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero - dimostra che non c'è alcuna marginalità territoriale rispetto agli eventi culturali. Occorre avere coraggio ed idee chiare nel proporre un’ offerta di qualità che abbiamo sempre voluto tenere legata al territorio e alla nostra identità. La mostra di Carrà ed i prossimi eventi faranno della Pinacoteca Provinciale di Potenza il luogo della Bella Pittura del Novecento”.

 

La rassegna, prima mostra pubblica che Potenza dedica al grande maestro italiano, prende il titolo dalla celebre autobiografia dell’artista recentemente ripubblicata (Carlo Carrà, La mia vita, a cura di Massimo Carrà, Milano, Abscondita, 2002) e comprende oltre settanta opere, che ripercorrono la sua ricerca sia nel campo del segno che in quello del colore. Accompagna la mostra un ampio catalogo, pubblicato da Viviani Editore, con i saggi dei curatori e apparati critici.

 

Il percorso espositivo documenta, attraverso una serie selezionata di dipinti e disegni, tutta l’opera di Carrà, dal giovanile realismo al divisionismo e alla stagione futurista, dal periodo metafisico a quello del “realismo mitico” degli anni Venti e Trenta, fino alle opere del dopoguerra. La mostra si apre con una sala di autoritratti dell’artista, e con una serie di importanti ritratti a lui dedicati: da quello di Boccioni, che esegue un ritratto di Carrà nel 1911, a una caricatura di Marinetti; da Manzù, che ne ambienta la figura nello spazio, rappresentandolo in un momento di assorta riflessione, a Marino Marini, che si concentra sul suo volto intenso e segnato. La rassegna prosegue mettendo a fuoco le diverse stagioni del percorso artistico di Carrà. Il periodo futurista è documentato con una serie di disegni, tra cui Ritmi di bottiglia e bicchiere del 1912, in cui l’artista dialoga con Picasso, Guerra navale sull'Adriatico (1914), documento dell’interventismo che percorreva il movimento futurista, e Cineamore, esempio delle “tavole parolibere”, ispirate ad Apollinaire, a metà fra poesia e pittura, che Carrà realizza nel 1914 -15.

 

Una serie di disegni testimonia anche il momento primitivista e metafisico: il prete, grande studio preparatorio per l’opera del 1916 I romantici; ispirato ai Martiri di Belfiore; Manichino e Giocatore di dadi entrambi del 1917, eseguiti nel momento in cui Carrà e De Chirico, incontrandosi all’Ospedale Militare Psichiatrico di Ferrara, danno vita alla pittura metafisica. La mostra si inoltra poi negli anni Venti con una serie di paesaggi, come il Paesaggio di Valsesia (1924), significativo esempio della stagione “cézanniana”; lo storico Mulino delle castagne, esposto alla I Mostra del Novecento Italiano del 1926; la famosa Casa abbandonata, un paesaggio lirico ed elegiaco, incentrato sul tema della solitudine esistenziale.

 

Degli anni Trenta è esposto tra l’altro il grande Studio per Giustiniano (1939), che documenta la ricerca di Carrà nell’ambito della pittura murale. La mostra prosegue poi con alcuni paesaggi degli anni quaranta e del dopoguerra, come Alba tragica (1940), La casa di Merate (1958), Marina all’alba (1964). Il percorso espositivo si conclude con la commovente Stanza del 1965, dipinta un anno prima della morte, in cui l’artista, nella stanza vuota e nella porta nera dello sfondo sembra alludere a una sorta di congedo estremo.

Carlo Carrà nasce a Quargnento (Alessandria) nel 1881. Dopo gli studi all’Accademia di Brera, è tra i firmatari, nel 1910, del Manifesto Futurista, con Boccioni, Balia, Severini, Russolo. A partire dal 1915 - 1916 sviluppa una ricerca primitivista che ripensa a Rousseau, ma anche a Giotto e a Paolo Uccello. Negli anni successivi, con De Chirico, dà vita alla pittura metafisica. Vicino nel dopoguerra alla rivista romana “Valori Plastici” e poi, dalla metà degli anni Venti, al Novecento Italiano, sviluppa una pittura che lui stesso definisce “realismo mitico”. I suoi paesaggi, infatti, non sono più una riproduzione veristica della natura, ma vogliono raggiungere la forma assoluta delle cose: vogliono essere, come scrive lui stesso, “un poema pieno di spazio e di sogno”. Anche negli anni trenta, in cui è tra i protagonisti della rinascita della pittura murale, e nel secondo dopoguerra l’artista prosegue la sua ricerca. Carlo Carrà muore a Milano nel 1966.

 

 

 

 

Gaetano Martinez

Scultore

 

Sculture e disegni 1951 - 1991
Potenza, Museo Provinciale

“Gaetano Martinez, Scultore - Sculture disegni 1951-1991” è la mostra, curata da Vittorio Sgarbi e Laura Gavioli, inaugurato il 6 aprile, al Museo Provinciale di Potenza. Un omaggio che la Provincia di Potenza, dopo Giorgio de Chirico e Carlo Carrà, fa ad un grande artista, “la personalità più originale tra gli scultori meridionali della prima metà del Novecento” ( Vittorio Sgarbi).

 

La rassegna, aperta fino al mese di giugno, propone oltre sessanta opere tra sculture e disegni (provenienti da collezioni private e pubbliche) che raccontano l’evoluzione artistica del Maestro pugliese: dalle opere giovanili (1910 - 20) sino alle sue ultime produzioni (1940 - 50). La mostra vuole offrire una lettura particolare dell’opera di Martinez, mettendo in evidenza l’originale ricerca dell’autore svolta su un filo conduttore “autobiografico”, e anche degli affetti domestici, dove l’aspetto della vita nel Salento e quindi una certa matrice popolare, si fonde con una cultura arcaica e classica dalle profonde radici. Ritratti, figure, altorilievi con parti a tutto tondo che formano una specie di “teatrini” o metope, compongono questa selezione volta a rimarcare le caratteristiche della scultura di Martinez per valorizzarne l’originalità molto particolare nel panorama della ricerca plastica del primo novecento italiano.

 

Le difficoltà incontrate nell’ambiente di origine, e più tardi anche nel soggiorno romano, temperano il suo carattere, nell’isolamento, e lo aiutano a ritrovare la sua via, il suo stile, che si esprime coniugando quell’ideale classico dell’arte greca, romana, etrusca delle radici culturali, con gli umori forti e popolari della sua terra: contrasto drammatico e dolce allo stesso tempo, capace di stimolare la sua sensibilità. Martinez aveva sperimentato, giovanissimo, il simbolismo decadente e i fermenti innovativi dell’inizio del 900 dividendo comunque, dal 1928, assidua presenza della Biennale di Venezia, della Quadriennale e delle più importanti esposizioni nazionali.

 

Accompagna la mostra un catalogo, pubblicato da R&R Editrice, con i saggi dei curatori e gli apparati critici. L’allestimento della mostra è a cura di Opera Arte & Arti Matera / Spoleto.

 

Gaetano Martinez (Galatina 1892 / Roma 1951), autodidatta, lavora come scalpellino nell’impresa del padre e realizza composizioni decorative nutrite dal diffuso repertorio eclettico neorinascimentale. Saranno soprattutto gli stimoli di un soggiorno a Roma (1911-12) a sostenere i primi studi di figura, nei quali affronta complesse tematiche esistenziali, mostrandosi aggiornato sui recenti orientamenti della scultura di ambito simbolista legata alla lezione di Bistolfi. Questa ricorrente riflessione sulla sofferenza umana trova in seguito una via più congeniale in opere che recuperano la tradizione verista della scuola napoletana, talora interpretando spunti di Gemito con una modellazione impressionistica consapevole dell’esperienza di Rosso e di Rodin: sono immagini di un’infanzia povera e solitaria, nelle quali Martinez ci appare l’erede della poesia silente e malinconica del concittadino Toma.

 

Stabilitosi finalmente a Roma nel 1922, Martinez si cimenta con la scultura monumentale, traducendo l’iniziale michelangiolismo in una ricercata stilizzazione primitivista, sull’esempio di Mestrovic e di altri maestri di cultura secessionista, come Wildt e Cataldi; indirizzo che intorno al 1925 qualifica anche una produzione di statuette di impronta decò e una sofisticata attività ritrattistica. Questa ricerca di sintesi formale, d’ora in poi costante nell’arte di Martinez tocca già accenti maturi e originali in opere di concezione più rude e popolare o di una delicata compostezza purista, che inaugurano temi e soluzioni compositive ricorrenti nella produzione successiva.

 

Negli anni trenta la scultura di Marfinez, sempre più presente sulla scena italiana sia in occasione delle varie esposizioni romane che delle Biennali di Venezia, dialoga con i maggiori maestri del tempo. Accostandosi prima al raffinato esotismo di Andreotti ed al primitivismo barbarico di Romanelli, si fa poi interprete, al pari di Martini e Marini, di una classicità austera e scabra, ma anche solare e mediterranea, caratterizzata dalla ricerca di un’estrema concisione formale e dal recupero della plastica fittile e in bronzo di epoca etrusco-romana.

 

Insofferente della retorica di regime, e anche per questo trascurato dalla committenza pubblica, verso il 1940 Martinez manifesta una decisa e significativa svolta in senso anticlassico, presentando nella sala personale allestita in seno alla Biennale di Venezia del 1942 (qui in parte ricostruita), creature fragili e stralunate e ritrattini evanescenti, emaciati. Affiora in questi anni una poesia intima, schiva e sommessa, che è la vena più genuina di Martinez, ove si possono cogliere memorie di Metardo Rosso e affinità di intenti con la Scuola Romana. In seguito i volumi torneranno a farsi più solidi, ma di una corposità popolana che rinvigorisce anche le immagini mitiche desunte dal Maillol o il mondo attonito ispirato dal primo Picasso, e sempre con l’aspirazione ad una essenzialità che, nelle opere estreme, porta Martinez a sfiorare, non senza una punta di ironia, l’astrazione di Moore.

 

Lo scultore galatinese sembra ora riconciliarsi con la sua terra di origine, e il frutto più sapido di questi ultimi anni è una singolare produzione di “teatrini” in terracotta dove Martinez, ben oltre le analoghe invenzioni di Martini, ritrova la freschezza narrativa della plastica presepiale, mettendo in scena, spesso con tocchi autobiografici e quasi “neorealisti”, momenti di vita paesana, ora magica e gaia, talora persino comica (Sala XIII 1950), non di rado drammatica fino a prefigurare la sua stessa morte ormai prossima.

 

 

 

 

Aldo La Capra

Fotografo

 

"icone"
Potenza, Museo Provinciale

“Aldo La Capra fotografo - icone” , la retrospettiva dell’artista lucano, promossa dalla Provincia di Potenza e realizzata da Angelo La Capra, Giovanna Greco, Maria Teresa Quinto ed Ernesto Salinardi, raccoglie ottanta fotografie a colori e in bianco e nero che raccontano il percorso artistico e professionale di Aldo La Capra. Immagini che fanno parte della monografia “Aldo La Capra Fotografo”, in 180 pagine, edita da Libria e curata dalla Provincia di Potenza.

 

“Nel complesso cammino che la Provincia di Potenza sta compiendo nel sostenere l’arte, la cultura, la storia e le tradizioni delle nostre comunità e dei suoi protagonisti - ha spiegato il presidente della Provincia Vito Santarsiero - nel fascino dell’architettura di due grandi progettisti del Novecento, l’architetto Marcello Piacentini e l’ingegner Giuseppe Quaroni, non potevano mancare una mostra e una monografia dedicate ad Aldo La Capra, un artista che aveva ampiamente compreso come l’investimento culturale rappresenti un elemento strategico nei processi di crescita economica e sociale delle nostre popolazioni”.

 

“Si tratta di un progetto culturale - ha spiegato il figlio di Aldo La Capra, Angelo, che è uno dei curatori dell’iniziativa - che scaturisce dall’esigenza di recuperare ed unire il “modo nuovo di vedere le cose” che ha contraddistinto l’attività professionale di Aldo La Capra, fotografo e, al tempo stesso, attento osservatore dei cambiamenti della Lucania in trent’anni di storia”.

“Siamo abituati, dalla nascita - scriveva Aldo La Capra - a guardare ed a vedere dal basso o da un livello che rimarrà sempre uguale. Ci stupiamo quando ci troviamo a guardare, per esempio, dall’alto di un ponte o di una rupe, quando, cioè, cambia il punto di vista: è la scoperta di un modo nuovo di vedere le cose. Una parte di queste fotografie sono state riprese dall’aereo, vale a dire un po’ più in alto di un ponte o di una rupe”.

 

Il racconto parte dalla fine degli anni Cinquanta per arrivare a metà degli anni Ottanta, nella Basilicata un pò meno povera ma ricca delle illusioni del dopo terremoto. Dalle linee del territorio viste dall’alto alla scia di un onda la fantasia e la realtà giocano in continuazione rincorrendosi tra uno scatto e l’altro. La Lucania resta in queste fotografie una terra bellissima, colorata, solitaria e romantica come non siamo più tanto spesso abituati a vederla”.

 

La monografia “Aldo La Capra Fotografo” raccoglie nella prima parte scritti e fotografie in bianco e nero, partendo dal grande amore che Aldo La Capra nutriva per la sua terra, raccontata con le immagini. I testi sono stati raccolti dai suoi appunti, buona parte dei quali inediti, e dagli articoli che scriveva per il settimanale “Cronache di Potenza”.

 

Nella seconda parte del volume, denominata “icone”, il colore caratterizza la sequenza delle foto. Non ci sono commenti e didascalie perché l’attenzione per l’immagine deve essere assoluta e il lettore può interpretare l’immagine stessa come meglio crede, seguendo la propria fantasia, oppure annotando il particolare. Un testo critico curato da Giovanna Greco, un’archeologa, che nel ventennale lavoro in Basilicata ha sempre avuto Aldo la Capra al suo fianco, corredato di una biografia sulla attività fotografica, espositiva e editoriale, completa il volume.

 

Aldo La Capra nasce a Potenza nel 1925. Ben presto si interessa alle problematiche agricole del potentino e negli anni ‘60 è impegnato nel “Progetto Avigliano”, un progetto di sviluppo di comunità per le aree rurali dell’aviglianese, all’interno del quale si occupa di istruzione professionale ed assistenza sociale destinata ad agricoltori e contadini, in un momento di estrema difficoltà e di abbandono delle campagne. Alla fotografia si avvicina in questi anni, dapprima come semplice documentazione del lavoro svolto, ben presto come ricerca e studio delle realtà che andava conoscendo.

 

Diventa fotografo professionista dal 1964 iniziando a svolgere un attento lavoro di ricerca all’interno del territorio lucano. Nel 1968 pubblica il suo primo libro “Lucania 1” e dove le immagini descrivono la Basilicata di quegli anni focalizzando l’attenzione verso una mondo meridionale non manipolato, ma semplicemente documentato.

 

In questi anni avvia una stretta collaborazione con la Soprintendenza archeologica, e inizia la sua più densa attività di fotografo professionista, rappresentando un punto di riferimento per la tutela e la conservazione di siti, monumenti, aree archeologiche a lui soltanto già note ed in parte documentate nell’archivio che stava costruendo.

 

Alla metà degli anni 70 inizia la sperimentazione della fotografia aerea divenendo ben presto uno dei maggiori specialisti del settore; sono gli anni più ricchi e proficui sul piano professionale: diventa collaboratore specializzato di numerose Soprintendenze ed Università da Torino, a Reggio Calabria, da Napoli a Lecce e Bari.

 

Nel mondo della fotografia, diventa collaboratore dell’enciclopedia Pratica della Fotografia ed è invitato a mostre collettive a Milano, Roma, mentre personali vengono allestite a Roma, Potenza, Matera, Cava dei Tirreni, Gravina.

 

La sua attività di pubblicista inizia alla fine degli anni Sessanta con le prime collaborazioni al Mattino, Nuovo Mezzogiorno, Tempo, Tuttitalia, Itinerari della Buona Tavola e, a lungo ed intensamente, con il settimanale Cronache di Potenza. Negli anni Ottanta si dedica alla grafica ed all’editing si dedica curando l’impianto di depliant, manifesti, calendari, ma in particolare il progetto grafico di numerose prodotti di alta qualità editoriale, la cui grafica accurata, anch’essa fortemente disegnativa, appare quasi come l’altra forma espressiva, strettamente legata alla forma fotografica; le copertine e la grafica di quegli anni trovano facili e quasi scontati riscontri nella ricerca della grafica fotografica.

 

 

 

 

“Acqua”

 

Potenza, Museo Provinciale

settembre - ottobre 2003

 

Potenza è una delle cinque città italiane che ospiterà, grazie alla Provincia di Potenza, la mostra fotografica “Acqua” realizzata dalla Motta Editore in collaborazione con Green Cross (l’organizzazione non governativa senza fini di lucro fondata e presieduta da Michail Gorbaciov), che è stata inaugurata il 18 marzo a Milano nei saloni del Palazzo Reale.

 

L’esposizione che farà poi tappa a Napoli, Trieste, Potenza e Roma è affiancata da percorsi didattici e laboratori scientifici. In sessantasei immagini in bianco e nero il fotografo londinese Mike Goldwater, fondatore di Network Photographers, racconta la storia e le problematiche dell’ “oro blu”, come gli ecologisti chiamano l’acqua, spaziando dal parto in acqua ai fiumi inquinati, dalle dighe e gli acquedotti fino alla siccità nel deserto.

 

Le foto sono raccolte in un volume che porta la presentazione, oltre che di Gorbaciov anche di Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite, e del giornalista Enzo Biagi.

 

La mostra, acquisita dalla Provincia di Potenza, sarà presente a Potenza da metà settembre a fine ottobre presso gli spazi espositivi del Museo Provinciale.

 

“La mostra - ha spiegato il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero - si colloca tra alti importanti eventi proposti nel Museo, nella Pinacoteca e nel Covo degli Arditi, negli spazi del Polo della Cultura ubicati nel fascino dell’architettura di due grandi progettisti del Novecento, l’architetto Marcello Piacentini e l’ingegner Giuseppe Quaroni. Un ambizioso progetto che conferma che l’investimento culturale, quando proposto ad elevati livelli, è volano di crescita sociale ed economica.

 

La mostra “Acqua” presenta una settantina di immagini in bianco e nero di forte impatto emotivo e spettacolare, realizzate dal fotografo londinese Mike Goldwater, fondatore di Network Photographers, nell’ambito di una ricerca di ampie dimensioni sull’ acqua, elemento essenziale per la nostra vita, vista come fonte di vita e felicità ma anche come apportatrice di morte e distruzione: immagini drammatiche come quelle di alluvioni e di gente in fuga dalle inondazioni ma anche immagini più serene, come quelle del parto in acqua, della pesca in riva ai fiumi, dei nomadi che cercano acqua per abbeverare i cammelli e dell’acqua delle piscine, quale elemento di svago e serenità.

 

Il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero è intervenuto a Milano alla presentazione ufficiale della mostra in Italia, alla quale sono intervenuti, tra gli alti, il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il sindaco di Milano Gabriele Albertini, il Presidente della Federico Motta Editore Virginio Motta, il Vice Presidente della Croce Rossa Italiana Maria Pia Garavaglia, la Direzione generale di Green Cross Italia, il giornalista Enzo Biagi.

 

“E motivo di grande soddisfazione e prestigio - ha detto il Presidente della Provincia di Potenza Vito Santarsiero - essere stati inseriti tra i cinque centri nazionali dove sarà presentata una mostra fotografica di valore internazionale; nell’Anno internazionale dell’acqua, voluto dall’Onu, anche il nostro Polo della Cultura sarà protagonista nell’azione a favore della tutela e del migliore utilizzo di un bene primario dell’umanità, prezioso e insostituibile”.

 

Oggi, nel mondo solo una minoranza dell’umanità usufruisce di acqua al “rubinetto”, tutti gli alti la utilizzano in condizioni di estrema precarietà; secondo i dati dell’Onu sono addirittura ben 2,2 milioni le persone che ogni anno muoiono per malattie correlate alla cattiva qualità dell’acqua.

 

 

 

 

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