PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo XII -


Centri di Vita Culturale

  • Biblioteca Nazionale di Potenza - Istituto all'avanguardia (Maurizio Restivo)

  • Pietro Basentini leader della canzone popolare lucana

  • Biblioteca Provinciale di Potenza

Centri di Vita Culturale
 

Biblioteca Nazionale di Potenza - Istituto all'avanguardia

 di Maurizio Restivo

 

Inaugurata in forma solenne l’8 dicembre 1985, la Biblioteca Nazionale di Potenza rappresenta oggi un consolidato polo di attrazione in cui convergono giornalmente centinaia di utenti provenienti da tutti i paesi della Basilicata.

 

Alla manifestazione inaugurale tenutasi nei locali del Seminario Pontificio Regionale, ove era allora allocata la Biblioteca, erano presenti oltre al ministro per i Beni Culturali del tempo, On. Antonino Gullotti, tutte le massime autorità politico - amministrative e religiose dalla regione.

 

Per l’occasione sono state offerte a tutti gli invitati, come dono personale del direttore e fondatore della nuova istituzione, (che, tra l’altro, è anche un valente incisore, pittore e scultore - n.d.r.), una sua serigrafla, dedicata all’evento dal titolo “L’angolo della meditazione”, una moneta commemorativa, coniata sempre su un suo calco riportante il logo della Biblioteca da lui ideato e una guida dell’Istituto, edita dall’Istituto Poligraflco dello Stato, anche questa curata dallo stesso.

 

Volendo ricostruire la storia di questa importante istituzione culturale bisogna andare indietro nel tempo e risalire agli inizi degli anni ‘70.

 

Il primo atto ufficiale, infatti, è costituito dalla deliberazione della Giunta della Regione Basilicata del 29 luglio 1974, n. 1164, con la quale si chiedeva al Ministero della Pubblica Istruzione, da cui dipendevano allora le Biblioteche, di voler istituire in Potenza, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 5 settembre 1967, n. 1501, una Sezione Staccata della Biblioteca Nazionale di Napoli al fine di rompere non solo l’isolamento culturale della regione ma creare un valido supporto per l’istituenda Università in Basilicata.

 

A questo provvedimento seguì il decreto interministeriale del 18 settembre 1974, a firma del Ministro della P.I. del tempo On. Franco Maria Malfatti e dell’allora Ministro del Tesoro On. Emilio Colombo, che istituiva, con decorrenza dal 1 gennaio 1975, la Sezione staccata di Potenza della Biblioteca Nazionale di Napoli per far fronte ad effettive esigenze di promozione socio-culturale, di sostegno al sistema di pubblica lettura e di tutela del patrimonio bibliografico, storico ed artistico della Basilicata.

 

Per l’attuazione del progetto esecutivo occorreva procedere alla individuazione di adeguati locali e all’acquisizione di un fondo bibliografico che potesse costituire il nucleo storico della istituenda Sezione.

 

Per quanto riguarda i locali si era pensato inizialmente di ospitare la Sezione staccata della Biblioteca Nazionale di Napoli nei locali della Biblioteca Provinciale, posti a tal fine a disposizione dell’Amministrazione della Provincia di Potenza, fermo restando l’onere finanziario a carico dello Stato per le spese di funzionamento e di incremento del patrimonio bibliografico.

 

L’idea iniziale fu ben presto abbandonata perché l’esiguità dello spazio non ne permetteva un’adeguata sistemazione ma anche perché nel frattempo era sopravvenuta la possibilità di utilizzare alcuni locali del Collegio Enaoli. Furono pertanto avviate le trattative e mentre si era in attesa della stipula del contratto di locazione si provvide al trasporto del fondo bibliografico “Giuseppe Viggiani” dalla Biblioteca Nazionale di Napoli al Liceo Ginnasio “Q. Orazio Flacco” di Potenza, che lo avrebbe custodito fino a quando non si sarebbero resi disponibili i locali dell’ ex E.N.A.O.L.I.

Sfumata anche questa possibilità furono avviate altre ricerche e così, nel 1980, fu possibile raggiungere un accordo con la Curia Vescovile per l’utilizzazione di alcuni locali messi a disposizione dal Seminario Pontificio di Potenza.

 

Anche se gli spazi erano esigui, tuttavia, la Sezione staccata di Potenza, divenuta con D.P.R. 20 giugno 1984, n. 563, Biblioteca Nazionale, gradualmente era riuscita ad occupare un posto di rilievo nel panorama culturale della regione per il tipo di servizio che rendeva ad una utenza ogni giorno più numerosa.

 

Purtroppo a distanza di tredici anni dalla sua fondazione, e di poco più di cinque anni dalla sua inaugurazione, la nuova istituzione è stata costretta, a causa degli eventi sismici del 26 maggio 1991, ad interrompere il servizio di pubblica lettura riducendo la propria attività al solo servizio di prestito librario, informazione, consultazione e fotoriproduzione di materiale bibliografico escluso dal prestito.

 

In ogni caso è da dire che questo evento aveva messo spietatamente a nudo le carenze dell’Istituto che necessitava, anche per la dignità delle funzioni svolte, di una sede idonea in grado di ospitare i numerosissimi dipendenti, di accogliere in apposite sale un’utenza sempre più numerosa e di custodire un fondo bibliografico in continuo accrescimento, in grado di esaudire le più disparate richieste, sia a livello propedeutico che specialistico.

 

Ma anche se la Biblioteca fin dalla sua nascita aveva svolto una intensa attività culturale riconosciuta, sia dal mondo accademico che da numerosi estimatori di ogni ceto e condizione, pur nondimeno anche questa volta gli Enti pubblici che potevano venire incontro alla Biblioteca per l’eventuale cessione di locali si sono tirati indietro non dando alcuna rilevanza al valore culturale del libro.

 

Furono, pertanto, prese in considerazione alcune proposte di locazione di immobili dislocati in vane zone della città, anche se in realtà nessuno di questi stabili sembrava rispondere alle effettive esigenze dell’Istituto non possedendo i requisiti necessari per poter ospitare degnamente una biblioteca pubblica di Stato.

 

Fra i tanti, l’unico edificio che per le caratteristiche strutturali poteva essere adibito a nuova prestigiosa sede della Biblioteca Nazionale era, senza ombra di dubbio, quello ubicato nella via del Gallitello, di proprietà dei fratelli Antonio e Raffaele Giuzio, titolari della omonima impresa di costruzione con sede in Potenza.

La trattativa iniziata l’11 ottobre 1990 si è conclusa il 23 dicembre 1993 con la firma del contratto di locazione che ha consentito l’utilizzazione dei nuovi locali con decorrenza dal 1 maggio 1994.

 

L’edificio, di forma pressoché rettangolare, che insiste su di un lotto di circa 3000 mq di superficie e che occupa una superficie netta di 6065,24 mq, si sviluppa su quattro piani di elevazione, oltre al piano interrato e al sottotetto per una volumetria di oltre 16.000 metri cubici.

Il disegno architettonico dell’edificio risulta adeguato e consono all’uso cui è stato destinato.

 

I pilastri circolari, in parte a vista, e il coronamento in calcestruzzo della copertura, rifiniti con pittura grigio sabbia, racchiudono gli episodi architettonici ed i volumi che definiscono il manufatto edilizio, dalle ampie vetrate di alluminio nero satinato a taglio termico alle specchianti murature rivestite in piastrelle lucide, anch’esse di colore nero, dalle aggettanti vasche - fioriere ai più diversi dettagli costruttivi.

 

L’accurata sistemazione esterna corona adeguatamente il fabbricato con pavimentazione in cubi di porfido, per le parti scoperte, e in lastre squadrate in travertino grezzo, per quelle coperte.

 

Completano il quadro d’insieme la recinzione e i cancelli in grigliato metallico prefabbricato color argento, i pali di alluminio bianco per l’illuminazione del piazzale parcheggio, le aste portabandiera in ottone nichelato, un pannello luminoso, recentemente installato sul tetto per la pubblicizzazione delle attività culturali promosse dall'Istituto, e un ricco e vario piantume altamente decorativo.

 

L’edificio, a struttura antisismica, è dotato di riscaldamento differenziato in aria primaria e radiatori per gli uffici e le sale di pubblica lettura e di termoventilazione a tutt’aria per il piano interrato ed il quarto piano. E' dotato, inoltre, di controllo elettronico della temperatura e dell’umidità e munito di tutti i sistemi di sicurezza necessari per assicurare l’ incolumità degli utenti e dei dipendenti.

 

La Biblioteca Statale di Potenza, oltre che abilitata allo svolgimento delle attività che rientrano fra i compiti di una Biblioteca Nazionale, è specializzata, così come previsto dal D.P.R. 20 giugno 1984, a svolgere anche funzioni di Biblioteca Universitaria.

 

Dal 1980 ad oggi è retta dal dott. Maurizio Restivo, che ne è il primo direttore oltre che il fondatore.

Prevede un organico di 118 unità, ma, allo stato attuale, può contare solamente su 65 dipendenti, che con grande sacrificio riescono ad assicurare un orario continuato dal lunedì al venerdì e solamente nelle ore antimeridiane il sabato per consentire la consultazione dei testi, o del materiale ad essi alternativo, nelle numerose sale pubbliche di cui si compone l’Istituto.

 

Queste, tipologicamente differenziate, sono dislocate nei vari piani e si distinguono in: Sala Lettura, Sala Lucana, Sala Biografia - Bibliografia a sala di Consultazione Generale, Sala Propedeutica, Emeroteca, Sala Viggiani, che custodisce il fondo istitutivo costituito da 14.051 volumi, esclusi i periodici che per ragioni di spazio sono conservati in deposito, e il Gabinetto delle Stampe ove sono custodite pregevoli stampe, carte geografiche, foto, cartoline e illustrazioni varie riferite principalmente alla Basilicata.

 

 

 

 

Una modernissima Mediateca

 

A queste sale di pubblica lettura si aggiungono le due sale contigue che ospitano le 37 postazioni della modernissima e originale Mediateca e la Sala Audiovisivi, attualmente in fase di ristrutturazione dovendo accogliere un’aula multimediale con 16 postazioni e gli arredi necessari per la conservazione di un fondo musicale di notevole interesse culturale.

 

Oltre alle Sale di consultazione, ai settori destinati all’assistenza del pubblico e agli uffici sono attivi all’interno dell’Istituto un laboratorio di Legatoria e Restauro, attrezzato di tutto punto per gli interventi volti alla tutela del materiale bibliografico logorato o danneggiato dall’uso o da agenti patogeni esterni, quali insetti, batteri o muffe e un Laboratorio fotografico munito di un’attrezzatura modernissima e all’avanguardia per la fotoriproduzione di documenti ma anche di planimetie, carte geografiche e materiale illustrativo di notevole dimensioni.

 

Fra le attrezzature e gli arredi necessari per la fruizione della documentazione visiva sono disponibili, inoltre, le seguenti apparecchiature:

n. 2 lettori-stampatori, di cui uno a sistema su carta comune e l’ altro su carta sensibile;

n. 1 lettore-stampatore compatto per tutti i tipi di microforme e in particolare di microfilm con sistema di copia a toner secco con trasferimento su carta comune;

n. 1 lettore a schermo panoramico per la lettura di giornali a pagina intera;

n. 1 lettore microfiches di tutti i tipi per la lettura e i testi a doppia pagina o dei giornali con schermo predisposto per la lettura dei documenti per la visione di microfilm.

 

Nucleo centrale della Biblioteca è, comunque, il deposito libraio, dal quale confluiscono nelle varie sale i testi richiesti dagli utenti dopo aver consultato i cataloghi, posti nella omonima saletta o dislocati, sulla base di una suddivisione topografica, nelle singole sale.

 

Sussidiarie, ma non per questo meno importanti, sono la Sala mostre e la Sala Conferenze, dislocate al piano terra, progettate per ospitare qualificate manifestazioni culturali, di volta in volta programmate. Per quanto riguarda le modalità di accesso in Biblioteca è da dire che queste sono regolamentate da norme comuni a tutte le biblioteche pubbliche statali. Per entrare in biblioteca occorre, quindi, che l’utente sia in possesso di documento d’identità personale e che si munisca di apposita carta d’entrata da restituire all’uscita.

 

Tuffi i lettori devono depositare borse ed altro materiale personale nelle apposite cassette situate al piano terra nella zona destinata al servizi guardaroba. È consentita l’introduzione di personal computer portatili. Non è permesso entrare né con macchine fotografiche né con scanner.

 

È vietato fumare in tutti gli ambienti dell’Istituto.

Per quanto riguarda la consultazione del materiale bibliografico gli utenti possono essere assistiti dagli addetti al servizio informazioni che hanno il compito di facilitare la ricerca nei cataloghi indicando gli strumenti bibliografici più adeguati alle loro esigenze.

 

Nel caso in cui il testo richiesto non fosse posseduto dalla Biblioteca l’utente può segnalarne l’acquisto compilando il “registro dei desiderata” oppure richiederlo in prestito ad altre biblioteche italiane o straniere assumendosi l’onere delle spese di trasporto.

 

 

 

 

Spicca il patrimonio delle donazioni

 

La Biblioteca attualmente dispone globalmente di un patrimonio globale costituito da oltre 350.000 unità documentali, grazie anche alle numerose donazioni effettuate con grande slancio da molti studiosi e da numerosi estimatori appartenenti alle categorie più disparate.

 

Tra i fondi più importanti si segnalano quelli donati dagli eredi di:

Giuseppe Viggiani, Gioacchino Viggiani, Antonio Solimena e delle famiglie: F. Solimena, La Bella, Colombo -Tantalo, Cacciapuoti, G. Salinardi, G. Settembrino, A. Lamniranda, A. Peluso, M. Carlucci, Morosini, Santoro, Bianchini, etc...

 

Tra i fondi musicali e di varia cultura si evidenzia il fondo donato dal Prof. Angelo Lucano Larotonda, mentre tra le raccolte d’arte spicca, per il notevole valore, la donazione effettuata dalla sig.ra Lidia Di Bello, vedova dell’artista Albert Friscia, autore, fra le tante opere, dell’altare maggiore in bronzo nell’abside del Bernini della Basilica di S. Pietro in Vaticano e del monumento alla fluidità della comunicazione a Roma Eur.

Oltre ai volumi, agli opuscoli e alle miscellanee, che costituiscono la dotazione ordinaria, numerose edizioni Oraziane e al cospicuo numero di cinquecentine si segnalano: n. 2 incunaboli; n. 692 manoscritti e fogli sciolti; n. 337 periodici correnti; n. 1.391 periodici estinti; n. 401 giornali e periodici lucani; n. 119.070 immagini dell’Archivio Alinari, dell’Archivio Brogi e dell’Archivio Anderson; n. 4.904 immagini del T.C.I. riferite alla Basilicata; n. 862 microfilm; n. 4.239 unità di materiale audio, visivo, e multimediale; n. 6.264 fotografie; n. 315 carte geografiche; n. 2.500 Stampe, incisioni, acquerelli e disegni.

 

Fra queste ultime si segnalano le opere di autori stranieri, fra i quali quelle di: Pablo Picasso, Salvator Dalì, Mark Dautij, René Rijnink, Prim Fullà...

 

Fra le opere di autori italiani si evidenziano quelle di: Aligi Sassu, Giorgio De Chirico, Orfeo Tamburi, Ernesto Treccani, Ugo Attardi, Michele Cascella, Mario Torti, Michelino Pergola, Domenico Cantatore, Mino Maccari, Adolfo Saporetti, Luciano Mingucci, Giuseppe Migneco, Salvatore Fiume, Renato Guttuso, Emilio Greco, Virgilio Guidi, Felice Lovisco, Maurizio Restivo, Aldo Riso, Roberto Santomassimo, Oliviero Masi, Francesco Rinaldi, Giovani Cafarelli (...)

 

Ormai, com’è facile notare, la Biblioteca Nazionale di Potenza è una realtà in continua evoluzione e sempre al passo con i tempi.

 

E, in altre parole, una biblioteca ideale: efficiente, sicura, comoda, moderna, luminosa, funzionale, adeguatamente rispondente alle sempre più crescenti richieste del mondo della cultura, posta al servizio del consumatore, cioè del lettore.

È, in ultima analisi, com’è stato riconosciuto anche dalla stampa, una biblioteca all’avanguardia, una finestra aperta sul mondo, un valido supporto peri, Università degli Studi per l’attività svolta a favore della popolazione studentesca, un polo di riferimento per la divulgazione del sapere e, anche e soprattutto, il tempio in cui si conserva la memoria storica della regione.

 

 

 

 

Michelino Pergola e “Potenza Scomparsa”

 

Nel contesto della settimana della cultura (15-21 aprile 2002), promossa dal Ministero per i Beni e l’Attività Culturale, presso la Biblioteca nazionale di Potenza, è stata inaugurata la mostra dal titolo “Potenza scomparsa”, che ripercuote il cammino umano ed artistico del potentino Michelino Pergola nel suo manoscritto omonimo. Manoscritto che, come scrive Carlo Alianello nella presentazione, completa un colloquio, avviato da tempo, condotto ora con la penna ora coi pennelli.” Nessuna improvvisazione, quindi, e nemmeno uno stato d’animo particolare. Piuttosto un costante, indicibile sentimento d’amore per la Lucania, la sua gente e i suoi problemi, eternamente deformati per via del solito malinteso patriottismo, il morbo nazionale che appesta uomini e cose”.

 

Una doppia mostra, pittorica e fotografica (realizzata per l’occasione da Michele Pergola, abiatico omonimo dell’artista scomparso), di Potenza di ieri e di oggi. Gli anni ‘30, dolci e struggenti, con uomini, fatti ed aneddoti dell’epoca, ricompare come per incanto, nella galleria allestita con amore dall’addetto stampa della Biblioteca Giuseppe Vinci, la magica atmosfera delle porte di S. Luca, Portasalza, S. Giovanni, S. Gerardo, Via Porta Amendola, Via Angilla Vecchia, la cutagnola per Betlemme, l’olmo di S. Rocco, il Santuario dell’Incoronata e il cenobio dei Cappuccini, il ponte Gallitello. La solarità dei colori impressi da Michelino Pergola, scaturisce dall’uso appropriato degli oli su tela, dai “carboncini” e dal “sanguigno”.

 

L’eccezionale serata culturale, impreziosita dalla performance del cantautore potentino Pietro Basentini, che ha esaltato il numeroso pubblico intervenuto, è stata presentata dal direttore della Biblioteca, Maurizio Restivo, “Dalle opere di Michelino Pergola, ha sottolineato, traspare il suo amore per la città, la luce, la gioia, il pacato “girotondo dei bambini” ed una visione idilliaca così come ci ricorda con il “camion fra la Fornace Ierace”. Il fotografo Michele Pergola, ha tracciato un ricordo dell’uomo e del pittore-artista. “Potenza scomparsa”, ha sostenuto Pergola, è una geografia di sentimenti che ci ricorda, attraverso un percorso umano ed artistico, l’idea che Michelino Pergola aveva della sua città”.

 

La gradevole serata culturale è proseguita con Lucio Tufano, scrittore e giornalista potentino. Da un osservatorio competente e, al solito, caustico e dirompente, Lucio Tufano (noto autore di apprezzate pubblicazioni tra cui una - splendida per davvero - riguardante la storia del regio teatro “F. Stabile” di Potenza), ha parlato dell’esaltante testimonianza, umana ed artistica, di Michelino Pergola “che diventa il nostro Rens Franz, il noto acquerellista di Roma scomparsa”. Per la concomitanza della presentazione del suo libro “Oh Flaiano”, il giornalista e scrittore Giovani Russo, ha inviato un’appassionata lettera al direttore Restivo. La calda voce dell’attore Nani Tamma ha riportato un ricordo della sua infanzia e della sua giovinezza a Potenza “le cui immagini, sottolinea Russo, si ritrovano nei bei quadri di Michelino Pergola che io, più giovane, avevo conosciuto ed apprezzato insieme a Mauro Masi il pittore di Rivelo.”

“Quando ritorno, ancora dopo tanti anni, la prima cosa che desidero fare è andare a via Pretoria e fare un giro da Piazza Sedile a Portasalza. Solo così mi sembra di aver recuperato il mio rapporto con la città, che ora nel ricordo scopro ancora di amare”.

 

 

 

 

Pietro Basentini leader della canzone popolare lucana

 

Pietro Basentini

Pietro Basentini è nato a Potenza dove tuttora lavora. Da sempre si è interessato della canzone popolare lucana che ha portato nei teatri di tutta Europa: Parigi, Monaco, Zurigo, Stoccolma, Mosca, Amburgo, Francoforte, Amsterdam, Copenaghen ecc. accompagnandosi spesso con il chitarrista Clemente Giusto. In Italia si è esibito nelle più importanti città. Ha partecipato a trasmissioni televisive sulle reti Rai-Tv come: “Un colpo di Fortuna” con Pippo Baudo, “Qui si campa d’aria” con Ignazio Buttitta e Otello Profazio, “Italia Folk” con Tony Cosenza.

Ha condotto sulla Terza Rete Tv varie puntate di: “L’Assenza imposta”, “Anche noi musica”, con la regia e collaborazione di Nani Tamma.

La Rai nel 1980 gli ha dedicato un cortometraggio di ’90. Ha partecipato e condotto per molte puntate alcune trasmissioni su Radio Uno e Radio Due quali: “La luna aggira il mondo” con Riccardo Cucciolla, “Tra la gente” con O. Profazio, Matteo Salvatore, Gegè Telesforo, “Una nuvola di sogni” con Carlo Monterosso, Premio Italia 1978.

 

Ha partecipato con uno spettacolo da lui musicato “Un due e tre, fanti briganti e Re”, al Festival di Caserta Vecchia; “Settembre al Borgo” nel 1978 riscuotendo notevoli consensi dalla critica e dal pubblico.

Ha inciso con la Fonit - Cetra “Terra d’argilla e di ginestre” e con la Fly Records “Un due e tre, fanti Briganti e re”.

 

Come ricercatore, nel 1964, ha pubblicato con Aldo La Capra:

“L’ assenza imposta”con il Gruppo Editori-Napoli, mentre, nel 1986, con Irene Grenci, ha dato alle stampe “La canzone popolare e civile in Basilicata” con la presentazione di Cosimo Damiano Fonseca. Ha partecipato a spettacoli insieme a Concetta e Beppe Barra, Otello Prefazio, Maria Carta, Rosa Balestrieri, Roberto Murolo, Riccardo Cucciolla, Roberto Vecchione, Corrado, Arnoldo Foà, Lina Sastri, Elisabetta Gardini ed altri. Si è esibito nel mitico Folk Studio di Roma.

 

Attualmente, per conto dell’Associazione musicale “L’Arpeggione” di Gravina, partecipa a vari concerti lirici come voce recitante. In questa veste, nel 1999, con l’orchestra sinfonica di Puglia e Basilicata è stato l’interprete di “Pierino e il Lupo” di Prokofiev. Alla musica è legato quanto al teatro e alla pittura. Nel 1999, in occasione dei bicentenario della Repubblica Napoletana, ha vinto il Primo premio, bandito dalla Regione Basilicata, con una commedia musicale “La breve illusione”.

 

Nel 2000, dopo circa 40 anni dalla prima mostra, è tornato alla pittura con una personale nella Cappella dei Celestini a Potenza. Una sua seconda mostra personale, sempre presso la Cappella dei Celestini, ha riscosso grande successo.

 

 

 

 

Biblioteca Provinciale di Potenza Punto di riferimento per oltre 80 anni

 

La Biblioteca Provinciale di Potenza è stata fondata nel 1899 ed inaugurata ufficialmente il 20 settembre 1901. Cent’anni e passa, contrassegnati da soddisfazioni, ma anche da immancabili delusioni nella gestione di questa preziosa fonte culturale, segnano il passo attraverso interventi e considerazioni, che oggi rivivono attraverso questo libro, sulle tormentate vicende della Biblioteca Provinciale, costretta, negli ultimi tempi, a peregrinare da un locale all’altro dopo il terremoto del 23 novembre ‘80 che seminò morte e distruzione nella città di Potenza, colpendo anche la sede storica di Corso Garibaldi, chiusa nel mese di maggio ‘90, a seguito di un nuovo e violento terremoto registratosi nel capoluogo regionale. Da quel momento sono iniziate le “peregrinazioni” per il personale addetto, trasferito in un primo momento in altro edificio dell’Amministrazione Provinciale di Potenza al rione “Lucania”, quindi in locali dell’amministrazione, successivamente in locali dell’amministrazione postale in Via Vescovado.

 

Cent’anni di vita, si diceva all’inizio, ricchi di significative testimonianze che riproponiamo perché occorre ripartire dalla memoria storica del passato per poter progettare il futuro.

 

 

 

 

Il primo regolamento con Ettore Ciccotti

 

La testimonianza di Angela Costabile, direttore di oggi della Biblioteca Provinciale che ha vissuto l’esperienza fatta nei locali di rione Lucania e Via Vescovado (l’ente si è trasferito ora in Via Maestri del Lavoro, in una struttura della Comunità Montana Alto Basento), apre la serie dei ricordi, che non sono certamente fine a sé stessi.

 

“Il 26 ottobre 1903, nella seduta consiliare della Deputazione Provinciale di Basilicata, sottolinea Costabile, veniva approvato il regolamento della Biblioteca Provinciale di Potenza, relatore l’On. Ettore Ciccotti. Il fondo bibliografico era nato da una sorta di autotassazione di uomini illustri lucani, tra essi: l’avv. Sergio De Pilato, il dott. Orazio Gavioli, l’archeologo Vittorio De Cicco, l’ing. Giuseppe Bonitatibus, il prof. Edoardo Pedio.

 

Biblioteche private entrarono a farne parte, quelle delle famiglie Amodio, Salianelli, Cortese, Ricotti; col tempo anche “Incunaboli” e “Cinquecentine” dei Conventi soppressi di Salandra, Potenza, Cancellara, Avigliano. Libri donati da lucani illustri quali Giustino Fortunato, Giacomo Racioppi, Decio Albini, Ettore Cicciotti, manoscritti, seicentine il patrimonio aumentava di anno in anno. Con Regio Decreto, su proposta del Ministero dell’Educazione Nazionale, si stabili che, nei capoluoghi di Provincia, in assenza di una biblioteca governativa, quella esistente più idonea per contenuto e funzionamento, fosse aperta al pubblico e ricevesse di diritto ogni esemplare stampato e pubblicato (come stabilito dall’art. 10, comma 4, legge 2 febbraio 1939-XVII, n.374). A Potenza fu scelta la Biblioteca Provinciale e fu di diritto ammessa al prestito dei libri delle altre biblioteche pubbliche governative. Da quanto si legge sul rapporto del Ministero dell’Educazione Nazionale, (cfr. Le accademie e le biblioteche d’Italia nel sessennio 1926-27, 1931-32, Roma, 1933 p. 629-630) i lettori della Biblioteca Provinciale di Potenza, erano saliti da 2240 nel 1926 a ben 4660 nel 1931”.

 

“ll convincimento dei politici dell’epoca, la tenacia degli uomini di cultura che si sono succeduti alla direzione della Biblioteca Provinciale, aggiunge Costabile, hanno fatto sì che l’Istituzione divenisse indispensabile ed insostituibile all’interno della città.

 

Dopo varie vicissitudini, incendio della prima sede, acqua e muffe nei locali di fortuna recuperati per conservare il materiale, fu costruita finalmente, nel 1931, una sede idonea per la biblioteca: unico punto di riferimento per la cittadinanza e paesi limitrofi per oltre 80 anni.

 

Nel 1990 l’Istituto, a seguito di nuove scosse telluriche, è stato chiuso perché inagibile. Trasferito il personale in altro edificio di proprietà dell’Amministrazione Provinciale, per carenza di locali che potessero contenere per peso e spazio tutto il patrimonio, i libri, i documenti, i giornali sono rimasti nella vecchia sede. Chiusa la sede storica, la città di Potenza ha perso anche una valida sede per mostre, convegni, tavole rotonde. Fino al 1990 nel suo “auditorium” sono stati tenuti corsi di formazione organizzati anche dalla Regione Basilicata, per bibliotecari, occupati o in cerca di prima occupazione, corsi di teatro, di aggiornamento per insegnanti, dibattiti di ampio respiro culturale per giovani, corsi di educazione permanente, incontri con scolaresche”.

 

Sin qui Angela Costabile, che, per lungo tempo, ha fermamente creduto nella riapertura della sede storica di Corso Garibaldi, che avrebbe consentito di ripristinare in pieno il servizio per i ragazzi (potenziando l’esistente omonima sezione, con un settore specifico di audiovisivi ed un laboratorio linguistico) e per tutti gli altri utenti dei servizi, agevolando ricerche bibliografiche, collegamenti in linea con le altre regioni d’Italia e poi d’Europa, richieste di prestito e di notizie in tempi reali, scambi di informazioni relative a raccolte, convegni, mostre e quant’altro. Tutto questo, insieme al potenziamento di una serie di servizi destinati ad un ambito geografico più ampio rispetto al solo territorio provinciale, resta per ora un pio desiderio.

 

 

 

 

Sergio De Pilato 30 anni di sofferta gestione

 

L’avv. Sergio De Filato è stato l'artefice principale della nascita di una biblioteca pubblica a Potenza. Un cammino sofferto, irto di ostacoli così come appare da una sua riflessione che si riporta.

 

Non avendo Potenza, allora capoluogo di tutta la regione, biblioteca pubblica, alcuni giovani presero l’iniziativa di farne sorgere una e trovarono nell’avvocato Vincenzo Lichinchi, Presidente della Deputazione del tempo ed uomo di studi e di cultura, l’attuazione della loro aspirazione. Sorse così nel 1906, con un piccolo nucleo di libri donati da enti e privati, in un locale a pianterreno nel cortile della Prefettura, la Biblioteca Provinciale, della quale l’Amministrazione Provinciale assunse tutte le spese ed alla quale diede la sua opera assidua ed intelligente come direttore l’ing. Giovani Ianora, che faceva parte di quell’Ufficio Tecnico.

 

Quando nel 1911 per consacrarsi al libero esercizio della professione egli lasciò l’ufficio, la Provincia chiamò alla direzione me che ero stato tra gli iniziatori e collaboratori ed io l’assunsi dopo l’incendio del Tribunale che si era propagato ai sottostanti locali del Museo e della Biblioteca, passata nel frattempo nel vecchio carcere femminile, presso Piazza Prefettura. Trovai i libri sparsi confusi ammucchiati per terra, in gran parte squinternati infangati malconci, giacché l’incendio era avvenuto in una notte piovosa e per salvare scaffali e libri si erano rotti vetri e lanternini, tutto era stato gettato alla rinfusa e l’acqua era penetrata dovunque.

 

Dovetti così prima di ogni altro rimettere a posto ordinare e sistemare i volumi e solo dopo un lungo complesso fastidioso lavoro, mi fu possibile riaprire la Biblioteca al pubblico, e poiché era necessario dare incremento all’acquisto delle opere di cui scarso era il numero - poche migliaia - per molti mesi esplicai volontariamente anche le funzioni di Bibliotecario a condizione che (lettera 8 aprile 1912) la somma stanziata in bilancio fosse destinata all’acquisto di libri. Poi pensai alla riorganizzazione interna della Biblioteca, alla sistemazione dei servizi, del personale, dei cataloghi, dei registri, dello schedario, alla numerazione dei libri con un numeratore e timbratura a secco specie per le illustrazioni intercalate nel testo, alla istituzione di una apposita sezione di opere relative alla Lucania ed ai lucani.

Nella mia lunga e non sempre lieta gestione, di tre cose soprattutto ho dovuto occuparmi, preoccuparmi e risentire gli effetti: del poco interessamento in genere per la Biblioteca, incompresa, non apprezzata, trascurata se pur non derisa; del pericolo di vedere depennata dal bilancio provinciale la spesa stanziata per essa, finché il Governo Nazionale non trasformò in obbligatorie le spese per le Biblioteche, dando a queste la dovuta importanza ed il necessario impulso; dei locali insufficienti inadatti soprattutto umidissimi, con grave pregiudizio pei libri e pel servizio.

 

I locali mi diedero un vero tormento. Dopo vive insistenze e tenaci interventi, spesso avvalendomi delle cariche pubbliche che rivestii in quegli anni - Consigliere Provinciale, Componente la Federazione e l’Amministrazione straordinaria della Provincia - mi era riuscito di vederli in qualche modo regolarizzati e risanati, giacché dai tetti cadeva acqua e dai pavimenti e dai muri affiorava l’umidità, e poi ampliati sistemati ed abbelliti con l’aggregazione di un altro locale, con un cortile che dava aria e luce, con un ingresso più decente; sennonché per la costruzione del vicino palazzo di Giustizia fu necessario sgombrare improvvisamente i nuovi locali. E poiché per la trascuratezza alla quale ho accennato non si era pensato in tempo ad una nuova adeguata sistemazione, i libri coi relativi scaffali dovettero essere portati in fretta e in furia nella stanza di entrata che ne fu tutta ingombra.

 

E così rimasero per anni, fino al 1940, quando la Biblioteca passò nella nuova sede. Invano tentai allora e poi in tutti i modi e con tutti i mezzi di vedere allegata, sia pure in linea provvisoria, la Biblioteca così male ridotta in qualche locale del nuovo palazzo del Tribunale anche perché la sala di lettura era incuneata proprio in un’ala estrema di esso: il Comune non volle neppure estendere alle adiacenti stanze della Biblioteca l’impianto dei caloriferi del Tribunale. Le condizioni già tristissime dei locali vennero aggravate dalla costruzione di un vespasiano proprio nei pressi della porta a vetri della Biblioteca, di fronte all’unica finestra da cui i locali prendevano aria e luce, e si fu costretti a rendere opache le vetrate e ad apporre una persiana alla finestra.

 

Ad accrescere poi ancor di più il disservizio determinato dallo stato dei locali, stretti, ingombranti, umidi, insufficienti dove i libri si ammassavano senza poter trovare collocazione, contribuì, la morte del vecchio custode-distributore. La sua sostituzione suscitò giuste doglianze nel personale esistente, costretto a mansioni e servizi cui non era tenuto, e pose nella più incresciosa situazione il dirigente, il quale a voce e per iscritto aveva preventivamente fatto rilevare la situazione che si veniva a creare e gli inconvenienti ed aveva fatto le debite proposte per ovviarli.

 

Col passaggio nella nuova sede si potettero rilevare gli effetti che quel disservizio portò, giacché si dovettero catalogare e schedare migliaia di volumi ed opuscoli i quali nei vecchi locali non avevano potuto trovare collocazione. Uno dei miei primi atti fu quello di veder regolarizzata la posizione del personale con l’aumento di stipendio all’Aiuto-bibliotecaria, la sistemazione del custode-inserviente e la nomina di una distributrice del posto nel frattempo rimasto vuoto.

 

Proprio ed unicamente per i locali, riusciti vani tutti i miei sforzi, mi determinai finanche a dare le dimissioni da Direttore, ma comprendendo che se avessi lasciato di fatto la Biblioteca essa sarebbe stata forse chiusa, certo abbandonata del tutto, dichiarai che rimanevo al mio posto fino alla nomina del successore. Le dimissioni non vennero accettate, ma io le mantenni per vari anni e le ritirai soltanto nel 1933 quando pareva un fatto compiuto, ma non fu, la costruzione del palazzo per la Biblioteca (dove è ora la palazzina della Società Ravennate) ad incidere su questo aspetto.

 

Della Biblioteca ho cercato di fare un centro vivo, un focolare che irradiasse insieme una fiamma ed una luce di cultura, questa intesa non come arida e gretta erudizione ma come diffusione del movimento spirituale, letterario, artistico, scientifico, politico del tempo. Con opere antiche, le quali costituiscono e debbono costituire il fondo di ogni Biblioteca, dando ad essa il carattere di cultura generale ho fatto acquistare con i libri di viaggi, novelle, commedie, romanzi e libri per i ragazzi con lo scopo di attrarli ed invogliarli a frequentare la Biblioteca, anche moderni libri di scienza e di politica, di diritto e di filosofia, di economia e di storia, di arte, di letteratura italiana e straniera, scelti con larghezza di vedute e di selezione, necessariamente senza eccessiva specificazione tecnica. Ormai non è più possibile che una Biblioteca generica, pur se fornita di grandi mezzi, si specifichi. Gli stessi criteri ho applicato per le riviste dando la preferenza a quelle più serie meno note più difficili a trovarsi e ve ne sono parecchie anche di natura tecnica come “Architettura” e varie di diritto, di filosofia del diritto, di diritto corporativo.

 

Con le migliori più pregiate opere di questi decenni, le più pregevoli collezioni ed un bel numero di riviste, alcune delle quali donate dal Ministero, la Biblioteca possiede anche una raccolta regionale di opere relative alla Lucania ed ai Lucani, comprese quelle Oraziane, e di pubblicazioni dei Lucani: le limitatezze finanziarie e altre difficoltà ambientali non mi hanno consentito di dare ad essa l’incremento che avrei voluto, ma ad ogni modo vi sono già numerose e notevoli opere anche rare, ritrovate spesso con pazienti e diligenti ricerche in cataloghi antiquari. Avevo avuto l’opportunità di assicurare la bella raccolta che, conoscendo la mia passione per gli studi regionali, il compianto amico Avv. Cesare Amodio voleva riservata per la Biblioteca da me diretta: alla sua morte mi interessai subito per ottenere dalla Provincia l’autorizzazione a trattare, ma come risulta dalla corrispondenza, dovetti rinunziarvi. Per buona fortuna la preziosa collezione non andò dispersa e si trova ora alla Nazionale di Napoli.

 

La ristrettezza dei locali della nuova sede non mi ha consentito nella sistemazione della Biblioteca di dare ai numerosi volumi (oltre 30000 ormai) quella distribuzione e quella collocazione che avrei voluto e che consigliava la buona regola. Tutto è stato necessario riunire nelle due sole sale della Torre provviste di scaffali, già sufficienti, mentre la raccolta regionale, insufficienti, le riviste, i giornali, le collezioni e le continuazioni, la collezione Consoli Fiego, i libri provenienti dai conventi di Salandna e di Avigliano avrebbero dovuto rimanere distinti e separati, e nella Sala di consultazione ho potuto dar posto appena ad alcune delle opere di riscontro, agli incunabili ed ai fascicoli dell’anno in corso delle riviste.

 

Di tutte le opere e di tutti gli opuscoli vi sono le schede con due schedari, la collezione regionale ha anche uno schedario particolare; delle collezioni, delle continuazioni, delle riviste, dei giornali oltre un elenco riassuntivo vi è una scheda particolareggiata con sei cataloghi manoscritti per materia: nel corso dell’anno mi ripromettevo di dare lo schedario per soggetto che manca con un maggiore impulso alle riviste.

 

Vi è un elenco dei donatori, ma su ogni libro od opuscolo donato e nelle relative schede è segnato il nome del donatore: per gli opuscoli donati in gran numero vi sono speciali buste e sul dorso di esse anche il nome di chi li ha donati.

 

Sin qui l’appassionato racconto della storia che ha caratterizzato l'impegno per trent'anni dell’avv. Sergio De Pilato in favore della Biblioteca Provinciale di Potenza. Seguono poi alcune considerazioni di carattere personale sul suo rapporto con l’Amministrazione.

L’avvocato De Pilato scrive alla Provincia comunicando la sua decisione di voler lasciare la direzione dopo trent’anni dichiarandosi disposto anche a rimanervi "anche per completare l’opera mia ed espletare il programma già preordinato, d’accordo con la Sopraintendenza, ad una sola ed unica condizione: che mi si corrisponda cioè non uno stipendio, ma una indennità annua adeguata e confacente". La Provincia non risponde.

 

Sergio DePilato - Trent'anni alla Biblioteca Provinciale di Potenza (1911-1941) - Tipografia A. Cordani - Milano, 1941

 

 

 

 

Pietro Borraro sblocca l'apatia lucana

 

Il senso della gestione della direzione della Biblioteca Provinciale di Potenza da parte del dott. Pietro Borraro, dimessosi nel 1973, si rileva dal suo intervento effettuato durante il XXII convegno dell’Associazione Nazionale Biblioteche del 1978.

 

“Nel corso di questi ultimi cinque anni, sottolinea Borraro, la Biblioteca Provinciale di Potenza ha compiuto un lavoro di dissodamento culturale agendo nel profondo della società, sfidando luoghi comuni consolidati da decenni di inazione, impostando un discorso che ha avuto il merito di sbloccare la proverbiale atarassia lucana, destando un nembo di proteste, di critiche, di personali inimicizie. Il panorama delle realizzazioni compiute non è un fatto di autocompiacimento, ma una piattaforma alla quale richiamarsi come ad un esperimento pilota, che ha squarciato l’isolamento della regione, ne ha mutato il volto attraverso una serie di iniziative ad alto livello delle quali questa della Aib è la logica conclusione, anche se solo una tappa lungo il faticoso cammino che la Lucania deve percorrere se vorrà arrestare nei fatti la emoraggia dell’emigrazione così delle intelligenze come della mano d’opera”. Borraro aggiunge: “Nove congressi o convegni, nazionali ed internazionali, compiuti nelle città e nei paesi della Lucania.”

 

Da Pietrapertosa a Melfi, da Oppido Lucano a Moliterno, da Matera a Potenza, la spirale delle iniziative di cultura - dalla archeologia alla storia, dall’arte alla filologia, dalla letteratura alla dantologia, dalla filosofia al folklore - non ha conosciuto pausa, suscitando un vespaio di commenti, richiamando una folla di personalità, italiane e straniere, alle quali il volto segreto della Lucania si è dischiuso nel suo immenso fascino, iniziando cosi una pagina nuova, quella della economia legata alla cultura, nel capitolo millenario della storia di questa terra. Contemporaneamente, attraverso una rete capillare di viaggi, che non è minimamente pesata sulla economia della Provincia ed è frutto di apostolato culturale, il patrimonio storico ed artistico della regione veniva fatto conoscere all’estero, da un capo all’altro dell’Europa, richiamando l’attenzione di specialisti lontanissimi tra loro, le cui diagnosi socio-culturali hanno sempre concordato. essere cioè la Lucania una terra da scoprire, da conoscere, da valorizzare.

 

A queste iniziative di sismica sociale e culturale, si sono aggiunte auspice la Biblioteca Provinciale di Potenza, la stampa di volumi, che riuniscono gli atti dei vari convegni, la stampa di una rivista, la catena delle conferenze che hanno studiato e sviscerato aspetti inconsueti della ricerca storica, rilevando un patrimonio d’arte e di capolavori perfettamente ignorati. Inoltre, onorando grandi lucani, dal Torraca a Racioppi, a Lomonaco, a Fortunato, si è cercato di impostare un discorso parallelo della società contemporanea utilizzando nella economia degli studi il singolo e i molti, dando cosi una proiezione completa di un periodo al di là degli schemi spesso freddi e interessati del puro accademismo”.

 

 

 

 

Le “Cinquecentine” dei conventi lucani soppressi

 

Del fondo bibliografico cui si è fatto cenno, entrarono a far parte il prof. Pietro Borraro, direttore della Biblioteca Provinciale di Potenza dal 1968 al 1973, che, nell’ aprile del 1967, si occupò delle “Cinquecentine” dei Conventi soppressi di Salandra, Potenza, Cancellara, Avigliano.

 

“Questi volumi, sottolinea il prof. Borraro, pervenuti alla Biblioteca Provinciale di Potenza, da antichi monasteri soppressi, sono gli archètipi della cultura d’oggi. Scorrerli dà una strana sensazione: sembra di parlare a personaggi evocati dalla fantasia tanto ci distanziano nel tempo.

 

Mentre lo sguardo indugia sui primitivi caratteri tipografici, mi rovello di inseguire il filo del discorso degli autori, chiusi come bachi da seta nei loro involucri cartacei, ecco d’improvviso aprirsi alla vita tutto quel mondo ingenuo, quasi assurdo. Una folata d’aria mattinale agitai fogli turgidi dalle nitide filigrane sui quali il nero della stampa sembra poggiarsi come calabrone sui petali di una margherita.

 

Il metabolismo eracliteo del pensiero (“vivere della morte degli uni, morire della vita degli altri”) ci consente un ideale colloquio con quegli insoliti, inattesi autori, ritti l’uno a fianco dell’altro come personaggi pirandelliani in cerca di anima.

 

I vecchi libri in apparenza remoti da noi come i nuraghi della Sardegna, non sono più soltanto una curiosità di bibliofili, un reperto di antiquariato sovente esposto al ludibrio dei mercanti; essi acquistano valore, un significato nell’economia della spirito, si trasformano in duttili strumenti nell’armeggio della mente. Entrano e vibrano nella circolazione delle idee, allargando gli orizzonti della nostra cultura, arricchendo di nozioni, esperienze, fatti, il bagaglio di meditazioni che rechiamo indissolubilmente con noi.

 

Cari, vecchi libri di un tempo che fu! Sottrarli con grazia al loro destino di polvere e di oblio è un gesto che risolve l’erudizione in poesia.

E un piccolo tocco da maestro che conferma un “esprit de finesse” in questa età nostra così grossolanamente attenta alle avidezze della materia e del pari distratta dall’armonia delle piccole cose.

 

 

 

 

La sede storica della biblioteca ceduta all’Archivio di Stato

 

Un aspetto della storica sede di Corso XVIII Agosto

L’ex biblioteca provinciale di corso XVIII Agosto: una volta contenitore culturale, oggi un guscio vuoto abbandonato a se stesso, sarà recuperato, grazie ai fondi del Lotto assegnati all’Archivio di Stato che, nel frattempo, ha ricevuto l’immobile in comodato d’uso dalla Provincia di Potenza.

 

L’edificio si avvia a diventare sede esclusiva dell’ “As” che in passato conviveva nella stessa struttura con gli uffici dell’Amministrazione provinciale.

 

“Stiamo avviando, spiega Gregorio Angelini, Soprintendente Regionale per i Beni Culturali, un appalto concorso dell’importo complessivo pari a 15 miliardi delle vecchie lire. In parte si tratta di fondi del programma Lotto, mentre altre risorse derivano dal programma ordinano del Ministero dei Beni culturali”.

 

L’Archivio di Stato, la cui sede, in fitto oggi, è in via Nazario Sauro, tornerà nella sua “casa” di sempre; un ritorno al passato che, tiene a sottolineare Angeli, richiede ancora un pò di tempo prima di potersi concretizzare. Le gare europee, d’altra parte non si risolvono in pochi giorni.

 

 

 

 

La direzione di Giuseppe Monaco

 

Un gruppo di giovai professionisti prese l’iniziativa di formare una Biblioteca. Erano i primi mesi dell’anno 1900. Fra i protagonisti molti nomi di spicco della cultura lucana: l’ing. Giovanni Ianora, un appassionato cultore di cose patrie, l’avv. Sergio De Pilato, professionista poco meno che venticinquenne, giovane di bell’ingegno che aveva iniziato i suoi studi sulla cultura nazionale e locale, il dott. Orazio Gavioli, studioso del territorio e naturalista, l’ing. Giuseppe Bonitatibus, cultore di geologia, Vittorio De Cicco, archeologo, il prof. Edoardo Pedio, storico, e l’on. Ettore Ciccotti. Nacque cosi, nel privato, un fondo bibliotecario che da solo non sarebbe certo sopravvissuto per l'esiguità dei mezzi. La presenza dell’avv. Vincenzo Lichinchi, allora Presidente della Deputazione Provinciale, garantì l’interessamento ed il sostegno dell’ente che dirigeva. In seguito, il fondo bibliotecario, arricchito da doni di enti e privati, diventò di proprietà della Deputazione Provinciale, la quale si assunse l’onere del funzionamento, degli acquisti, del personale e dei locali.

 

Gli ideatori e i sostenitori furono inseriti, professionalmente, nel consiglio direttivo della Biblioteca. Nacque cosi ufficialmente a Potenza la Biblioteca Provinciale ed il primo regolamento fu approvato nella tornata consiliare della Deputazione, indetta per il 26 ottobre 1903, su proposta di Ettore Ciccotti e fu discusso il primo progetto biblioteca redatto dall’ing. Ianora. La prima sede fu nello stesso Palazzo della Provincia, al piano terra, all’interno del cortile. Primo responsabile, per incarico della Deputazione Provinciale, fu nominato lo stesso Ianora, che diresse l’istituzione fino al 1911. Evidentemente dovettero trascorrere alcuni mesi prima della nomina del successore perché nel frattempo un incendio danneggiò gravemente i locali del Tribunale e si propagò alla Biblioteca ed al Museo.

 

Il materiale libraio fu in tutta fretta trasferito nel vecchio carcere femminile di via Ascanio Branca. I libri, ammucchiati, sparsi, umidi per le piogge che continuavano a penetrare attraverso i vetri e gli infissi sfondati, costituivano uno spettacolo desolante. Sembrava che gli sforzi e le buone intenzioni stessero per naufragare nei ripostigli e nelle celle di una casa di pena. Riordinare il piccolo patrimonio di alcune migliaia di volumi e ripristinare il servizio era cosa improba che solo un amatore ed uno studioso della tempra, della pazienza e della intelligenza di Sergio De Pilato poteva intraprendere e condurre.

 

L’ incarico della Direzione gli fu conferito dalla Provincia nel medesimo anno ed egli, con serietà e costanza, si mise subito al lavoro che fu “lungo, complesso e fastidioso” e poté, dopo oltre un anno, riaprire al pubblico la Biblioteca e riorganizzarla. In una appassionata disamina, il dott. Giuseppe Monaco sottolinea il grande sforzo sostenuto da De Pilato nella difficile gestione della Biblioteca e, soprattutto, nella costante ricerca di una idonea sede. “Dopo reiterate richieste e tre ripetute progettazioni, tutte non realizzate, il regime fascista, in barba al piano regolatore della città, ma certamente per tutelare gli interessi di alcuni e per le sollecitazioni che vennero da uffici statali, utilizzò i suoli per la costruzione di altri istituti. Sergio De Pilato, vista l’arrendevolezza, il disinteresse e l’arroganza della Provincia, si disse pronto a dimettersi. Le dimissioni non furono accettate, ma ricondotte in essere dopo un decennio quando, costruito il palazzo della sede di Corso XVIII Agosto, egli non fu nemmeno invitato alla pomposa cerimonia ufficiale ed anzi fu allontanato dalla Direzione, senza preawiso, dall’allora Presidente della Provincia, Antonio Lancieri, e sostituito con il prof. Stefano Nicola Lauria. Usciva di scena, dopo una laboriosa attività trentennale al servizio della cultura e della città un protagonista, incompreso, mortificato ed avvilito.

 

Tennero successivamente la Direzione, si diceva, il prof. Stefano Nicola Lauria, per breve tempo, ed il dott. Ferdinando Tantalo. L’Amministrazione Provinciale individuò in due persone, una di scuola e l’altra di cultura, i due nuovi Direttori, che si avvicendarono alla guida della Biblioteca: il prof. Giustino Tantalo, docente di lettere nelle scuole della città, e l’ avv. Giulio Stolfi. Il primo orientò l’istituzione nell’indirizzo del servizio agli istituti scolastici nascenti, promuovendo la scientificizzazione dei cataloghi e creando momenti d’aggregazione e di studio, quali la “Mostra degli Incunaboli” e delle “Cinquecentine” e quella delle testimonianze della presenza di Pascoli in Basilicata nel centenario della nascita del poeta romagnolo. Giulio Stolfi, poeta e scrittore di prestigio, diresse la Bibliotea con la passione e lo stile dell’amatore. Profondo conoscitore della cultura e della storia locale, stabili un tramite con le intenzioni di servizio, che avevano animato ed appassionato l’azione di De Pilato, e avviò l’opera di orientamento e di protezione verso i movimenti più qualificanti della cultura nazionale con i grandi riferimenti regionali.

 

La Biblioteca iniziava il suo ciclo nuovo, quello della sua rinascita, ed in questo senso va considerata l’azione preziosa condotta dal dott. Pietro Borraro, che fu il primo direttore assunto per concorso ed in questa direzione, egli si mosse con intelligenza, con operosità e con iena instancabile. Il 16 luglio 1975 un nuovo direttore, il dott. Giuseppe Monaco, anch’egli vincitore del concorso pubblico, bandito a quasi due anni dalle dimissioni di Borraro, chiamato alla direzione della Biblioteca alla Provinciale di Salerno. L’intento della nuova direzione è stato quello di individuare nei rapporto con la scuola, con gli istituti culturali e con il territorio di incidenza, un nuovo modo di essere della Biblioteca per fame un centro di studio e di cultura programmata ad ogni livello con settori specializzati e sempre più fruibili, per fasce di esigenze di utenza sempre più ampia. Con una azione capillare, condotta con costanza e con metodo, sia nel rifacimento delle strutture e sia nella individuazione delle nuove tecniche e modi di servizio, la Biblioteca Provinciale di Potenza, può, con pieno merito, ritenersi un punto qualificato di riferimento nella realtà regionale, provinciale e cittadina e costituire, nel medesimo tempo, una struttura di prim’ordine nell’intero sistema bibliotecario italiano e con qualificate proiezioni di contenuti e di servizi a livello scientifico.

 

Giuseppe Monaco - ‘"La Biblioteca Provinciale di Potenza" - Pubblicazione eseguita per conto della Amministrazione Provinciale di Potenza - Deliberazione n. 1166 del 20 Dicembre, 1978

 

 

 

 

La figura del bibliotecario

 

“Biblioteche in Basilicata, quale futuro?” è il tema del convegno organizzato, nel 1995, dall’Associazione Italiana Biblioteche, Sezione Basilicata, di cui è presidente Mariella Riviello, che, in un elegante volume, ne ha raccolto gli atti, che, attraverso qualificati interventi, fotografano la situazione e le prospettive di queste importanti strutture culturali. Una situazione che, naturalmente, si è evoluta nel tempo, come si rileva dalla cronaca, che riportiamo nei presente libro, sulle tormentate vicende che hanno caratterizzato la vita della Biblioteca Nazionale e Provinciale di Potenza. Nel prezioso volume di Mariella Riviello, c’è un significativo riferimento sulla figura del bibliotecario.

 

Luigi Crocetti, più volte Presidente dell’Associazione Nazionale Biblioteche, cosi scrive nella prefazione.

 

“Alle biblioteche italiane siamo disposti di solito a riconoscere un unico primato: quello dell’inestimabile patrimonio di documenti antichi, manoscritti e stampati, che esse custodiscono, e che è probabilmente senza confronto. Dovremo però avvezzarci a prenderne in considerazione in altro, d’altro genere, più impalpabile, apparentemente meno significativo. E’ il primato della passione professionale di coloro che nelle biblioteche lavorano, a qualsiasi livello. Non conosco paese dove una professione che non è professione, priva di ogni riconoscimento ufficiale, sia esercitata con l’abnegazione e la coscienza con cui l’esercitano gli addetti alle nostre biblioteche. E' una passione ravvisabile nel lavoro, naturalmente, ma forse ancor più nell’inesausta partecipazione ai corsi, ai dibattiti, a conferenze e convegni dedicati ai vari problemi degli istituti e del mestiere di bibliotecario; nel desiderio di apprendere, di aggiornarsi, di discutere; nella volontà di unirsi, di cooperare. Dalle riflessioni più generali fino ai talvolta un pò ingenui e ripetitivi resoconti del lavoro compiuto, gli incontri tra colleghi rappresentano bene tutto questo e testimoniano questo fervore, troppo spesso mal ripagato dai responsabili politici ed amministrativi.

 

Cosi è anche questo convegno, “Biblioteche in Basilicata: quale futuro?”. Il volume segue e arricchisce da un altro punto di vista, l’altro, pubblicato nel 1994 e curato da Everardo Minardi e Luigi Forenza, che si intitolava “Bibliotecari in Basilicata”: uno spaccato della situazione degli operatori di biblioteca in una regione non certo tra le nostre privilegiate. L’analisi sociologica di una categoria si combina ora con le voci della categoria stessa, in uno sforzo concorde, volto a fare della biblioteca l’istituto cardine della promozione culturale nel nostro Paese. Nella mancanza cronica di strumenti e di strutture, le nostre speranze tengono gran conto della passione e della coscienza professionale di cui dicevo, sorvegliate dalla capacità di attenzione al contesto civile. Di quella passione e di quella coscienza, troviamo qui una specie di condensato nella relazione di Pasquale Mascia, dedicata alle biblioteche pubbliche e cosi caldamente partecipe. Una sua frase può servirci di conclusione: “Abbiamo il dovere professionale di non sentirci smarriti e incapaci e il dovere morale, soprattutto noi bibliotecarie e bibliotecari del Mezzogiorno, di incidere sulla rinascita civile dei nostri territori e della nostra gente”.

 

Mariella Riviello - "Biblioteche in Basilicata. Quale futuro? - Edizioni Ermes - L’Aquilone / La Bottega della Stampa - Potenza - Aprile, 1997

 

 

 

 

Basilicata degli studi più povera senza la biblioteca di Pedio

 

Maria Teresa Imbriani che ha mosso i suoi primi passi giornalisticamente parlando verso la fine degli anni ‘70 collaborando al settimanale "Il Nuovo Corso", cinque anni ininterrotti di vita, tutti espressi con grande impegno civile e nel rispetto del pluralismo delle idee, con grande "fiuto" giornalistico, non si è fatta sfuggire una notizia che ha del clamoroso.

Maria Teresa interviene infatti ad un "evento" che sfugge a giornalisti forse più navigati che, come si dice, fanno della notizia il loro pane quotidiano. Ecco, di seguito, l’incisivo articolo di lmbriani apparso su "La Gazzetta del Mezzogiorno":

 

In occasione della presentazione del catalogo della Mostra dei frontespizi di Libri antichi, organizzata dall’Unla di Savoia di Lucania e dalla Regione Basilicata, Vincenzo Rizzo ha annunciato che la biblioteca di Tommaso Pedio è partita alla volta di Palermo, dove risiede la figlia dello studioso potentino scomparso nel gennaio 2000.

 

“Un maestro d’altri tempi, erede della cultura dei D'Errico e dei Ciccotti”- così l’ha definito Raffaele Nigro - “Tommaso Pedio ha dedicato l’intera esistenza alla Basilicata: chiunque si accosti alla storia della regione deve fare i conti con i suoi scritti, con le sue audaci intuizioni storiografiche e le sue puntuali e sterminate bibliografie. Scrittore e ricercatore instancabile, di interessi e curiosità a tutto tondo e spesso in controtendenza rispetto alle accademie, Pedio è stato autore, tanto per citarne alcuni, del Dizionario dei patrioti lucani e contemporaneamente di vari libri sul brigantaggio post-risorgimentale tra cui spicca la cura nella biografia di Crocco nel lontano 1964. Una biblioteca è la testimonianza prima di questi interessi. Della sua, si ha un piccolo saggio nei frontespizi esposti in fotoriproduzione presso il Teatro Stabile, che restano come simulacri, come ombre a testimoniare la passione di un uomo per la sua terra. Potenza dunque perde un pezzo di sé.

 

Mi chiedo allora (e spero di non essere sola) se è stato fatto tutto il possibile per fermare questa partenza, se qualcuno ha cercato di evitare la perdita di un patrimonio libraio tanto più utile in una terra avara di memorie. Anche chi, come me, non lo conosceva Pedio, sapeva che la sua biblioteca era una ricchezza per gli studiosi ed i ricercatori di questa città.

 

Ventimila volumi all’incirca sulla storia, la geografia, le tradizioni, la cultura della Basilicata e dell’Italia meridionale in genere non sono più qui, mentre per fortuna le carte del professor Pedio, insieme ai fascicoli dei processi agli anarchici e alle carte di Ettore Ciccotti, sono state depositate presso l’Archivio di Stato di Potenza.

 

I libri, le biblioteche sono un tesoro sommerso, una ricchezza cui sempre si può attingere nei momenti del bisogno: più ce ne sono e meglio è per tutti.

 

Dante Della Terza, professore emerito della Letteratura comparata alla Harvard University di Boston, in una lezione all’Istituto per gli Studi filosofici di Napoli, raccontava di aver disperatamente cercato i romanzi di uno scrittore lipino nelle biblioteche di Avellino e Roma per poi trovarli tutti ben allineati negli scaffali di una biblioteca americana. Perché gli americani disse “comprano tutto e tutto conservano”.

 

Vero: gli americani hanno comperato anche il manoscritto del Cristo si è fermato a Eboli, che forse noi lucani avevamo più interesse ad avere qui. Quel che è stato, è stato. Ma chi fermerà oggi la diaspora del nostro patrimonio che continua inesorabile?

 

Quelli che a Potenza si recano in Biblioteca Nazionale assistono a un fenomeno piuttosto interessante: moltissimi giovani vanno non tanto per consultare i libri, quanto per studiare. All’ombra dei libri i nostri giovani liceali e universitari hanno imparato a incontrarsi e a conoscersi. Essi arrivano in Biblioteca con i loro trattati di diritto, i loro manuali di fisica e di informatica, ma alzando gli occhi vedono un Orazio, un Leopardi, un Carducci, un’enciclopedia delle scienze. Perché solo in una biblioteca si compie il miracolo che arresta il tempo e rende contemporanei Virgilio e Montale, Platone e Einstein. Perciò, quando un libro “parte” tutti noi perdiamo qualcosa.

 

 

 

 

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