PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo XVII -


LA CITTA' CRESCE A VISTA D'OCCHIO

  • Potenza "apre" al territorio

  • Ponte Musmeci - Porta Architettonica della città (Arch. Carmela Petrizzi)

LA CITTA' CRESCE A VISTA D'OCCHIO
 

Contrada "Macchia Romana"

 

È il cosiddetto comparto C5-C6, una zona infelice per problemi orografici e dissesto idrogeologico, realizzata a nord della città all’inizio degli anni ‘80, all’ epoca unica zona disponibile per costruire, in quanto, a sud era presente la realtà della zona industriale. E caratterizzata dalla presenza di una edilizia essenzialmente popolare.

 

È una delle nuove zone della città di Potenza in grande espansione. La popolosa zona si è scrollata di dosso il cliché di quartiere dormitorio, in quanto, le continue sollecitazioni rivolte alla civica amministrazione hanno prodotto gli effetti desiderati. L’area denominata C5-C6 (che diventano rispettivamente quartiere “Medaglie Olimpiche” e quartiere “Premi Nobel della Pace”) che occupa circa 70 ettari del territorio comunale, è destinata, dagli attuali due Piani Urbanistici, ad accogliere circa 7500 abitanti. Ad oggi, nella zona, abitano circa 4000 persone, che utilizzano le opere di urbanizzazione primarie già realizzate, che lasciano cadere, pertanto, la “sindrome” da quartiere dormitorio.

 

La chiesa è il primo tassello, cui farà seguito la realizzazione di una scuola.

 

 

 

 

Due immagini di contrada Macchia Giocoli

Contrada “Macchia Giocoli”

 

Un quartiere nato nel 1985, sotto la spinta dello spontaneismo e dell’iniziativa privata, che ha dato vita ad una edilizia economica e popolare incentrata sulle cooperative, integrata da iniziative di qualche operatore privato e di una civica amministrazione sollecitante. Anch’esso si è sviluppato a nord della città, non ha definito i livelli minimi di infrastrutture per una vivibilità compatibile.

 

 

 

 

Via Parigi e dintorni

 

A nord di Potenza, individuata come Zona G, dove l’edilizia privata fa sentire la sua valenza tecnica ed organizzativa, a vantaggio di un nuovo quartiere “vip”, dotato delle infrastrutture necessarie in una realtà che prende felicemente corpo a monte di Poggio Tre Galli. Il nuovo quartiere è nato da alcuni anni, testimoniando l’espansione della città che, in prossimità di contrada Malvaccaro, presenta un identikit nuovo con via Vienna, via Lisbona e dintorni, corollario della zona C4-C5, che, nel giro di dieci anni, farà salire di densità il numero degli abitanti di Potenza.

 

 

 

 

Potenza “apre” al territorio

 

Prusst - Por - Piano Campagne e Nuovo Piano Strutturale

 

Potenza deve porsi al servizio della Basilicata, anche in termini nuovi, e non può, e non deve rimanere solo una città di servizi, sede di uffici ed attrezzature di livello superiore, ma deve sapersi proporre come il riferimento dell’intero territorio, come il vero centro dinamico e verificatore dell’ innovazione istituzionale in atto, in grado di assecondare il processo di sviluppo dell’ intera regione. E sia ben chiaro, Potenza non vuole mettersi al centro dell’universo, anzi vuole mettersi in discussione affinché emergano, in maniera condivise, le varie esigenze di rafforzamento dell’intero territorio regionale che ha la necessità di rimanere unito.

 

L’ipotesi macrourbanistica di una città policentrica appulo-lucana, così come è stata tracciata dal Politecnico di Milano, che ha il cardine della sua struttura su un esistente anello ferroviario (Potenza, Tricarico, Ferrandina, Matera, Altamura, Genzano) risponde solo ad un modello di mero sviluppo economico; di fatto all'interno di un’area crea una altra area, senza esprimere un efficiente centro cittadino, negando ogni idea di città guida ed ancor più non viene incontro alla necessità che ha la nostra regione di rimanere unita. La Basilicata ha bisogno di rafforzare la sua unità e non può rinunciare alla necessità di identificarsi attorno ad una città forte, che deve aprirsi al suo territorio e deve essere capace di guidarne i processi di trasformazione. "Potenza Apre", questo acronimo, questa sigla, questo slogan con significati plurimi riesce a definire un’immagine urbana moderna, dinamica e propositiva, fa intendere una città che si guarda attorno, che si apre, appunto, per riorganizzare il suo sviluppo.

 

Una prima immediata indicazione di una politica di apertura verso il territorio, a smentire un luogo comune rispetto al quale il comune capoluogo ha storicamente ricoperto il ruolo di accentratore, è stata offerta con il Prusst (Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio). È un’esperienza imperniata nella ricerca di aperture, nella costruzione di intese, nella definizione di più proficui rapporti con tutti i possibili interlocutori per una politica urbana e del territorio capace di recuperare e rilanciare il ruolo della città all’ interno di una nuova e più moderna visione di dinamica territoriale in grado di coinvolgere sia i soggetti pubblici che quelli privati.

 

Il Prusst si configura come una “primavera” prassi programmatoria che consente l’applicazione anticipata degli indirizzi metodologici e dei contenuti dettati dagli strumenti di pianificazione e programmazione regionale. È stato, e rappresenta ancora, una grande occasione per definire finalmente il dialogo politico-amministrativo tra tutti i comuni dell’interland potentino, in funzione di nuovi e più moderni strumenti di gestione del territorio che superano lo stretto ambito comunale ed individuano sistemi locali più o meno coesi all’interno dei quali diviene più efficace individuare e concretizzare un‘azione strategica di sviluppo comune, pur nel rispetto delle originalità dei propri percorsi di crescita.

 

Con il Prusst abbiamo fatto tutto il possibile nella ristrettezza del tempo disponibile per rispondere al bando predisposto dal Ministero; sicuramente si poteva fare di più e meglio sul piano del coinvolgimento di altre municipalità, adoperandoci a superare diffidenze e pregiudizi che trovano in tutti i processi innovativi terreno fertile per prosperare. Si sarebbe potuta allargare questa esperienza ad un interland più esteso, capace di individuare un sistema locale ancora più forte intorno alla città che di per se è vocata ad avere un sempre più definito riferimento territoriale.

 

 

 

 

Inizia il dialogo con l’hinterland

 

Nel Prusst sono compresi i comuni di Potenza, Avigliano, Pietragalla, Acerenza, Oppido, Vaglio, Brindisi di Montagna, Pignola, Abriola, Calvello, Anzi, Laurenzana, Sasso di Castalda, Tito e Picerno ma indubbiamente anche altri comuni come Ruoti, Cancellara, Filiano, Trivigno, Albano, Campomaggiore, Pietrapertosa Castelmezzano, Balvano, Baragiano e Satriano che fanno parte di fatto del sistema Potenza, non dovevano rimanere fuori del Prusst ed essere tirati dentro con forza, con un convincimento politico capace di superare ogni titubanza e diffidenza.

Ma il Prusst rappresenta solo l’inizio di quel dialogo politico amministrativo e quindi le nuove occasioni che stiamo costruendo consentiranno un opportuno e sicuro allargamento del processo pianificatorio dell’intero interland. Già l’idea di mettere in rete tutti i comuni interessati dal programma Prusst può rappresentare l’ occasione di estendere anche agli altri la connessione per attivare un’unica e coordinata gestione del territorio e delle risorse.

 

Le Dolomiti di Pietrapertosa

Siamo convinti che i principi fondamentali che devono rappresentare nella loro applicazione contestuale e sinergica, il nuovo metodo programmatorio complessivamente innovativo nella concertazione tra le amministrazioni locali interessate, che è lo strumento per addivenire a scelte programmatorie condivise che si basano sul rafforzamento della coesione delle articolate identità locali che compongono il “sistema locale”; Tale concertazione va resa permanente la negoziazione tra tutte le amministrazioni ed il tessuto imprenditoriale per costruire le condizioni di uno sviluppo fondato sulla valorizzazione delle potenzialità locali, sostenute da coerenti interventi pubblici di infrastrutturazione; l’avvio di efficaci e comuni azioni amministrative capaci di creare, da subito, le migliori condizioni operative per avviare ed attuare gli obiettivi programmatici.

 

La città di Potenza svolge il ruolo di promotore nell’avviare questo nuovo metodo programmatorio dal basso" che vede le pubbliche amministrazioni locali impegnate a costruire un rapporto di fiducia e di adesione ad un progetto comune di sviluppo, in una logica di reciproca collaborazione per creare per tutti più diretti vantaggi derivanti dalla crescita della competitività territoriale.

 

Ed il sistema deve necessariamente essere allargato, non solo alle amministrazioni locali, bensì a tutti i soggetti privati, per farli partecipi dello sviluppo, per spronarli se necessario, per indurre anche loro ad una rilettura più ottimistica del territorio finalizzata ad incrementare le iniziative imprenditoriali.

 

Da qui il ruolo della Pubblica Amministrazione come esercizio di capacità direzionali orientate alla crescita del sistema e non come mera erogatrice di spesa o depositaria di sole competenze burocratiche.

 

La città di Potenza apre la programmazione agli altri comuni.

E’ un'idea su cui cominciamo a raccogliere le adesioni con la convinzione che il progetto del nuovo sistema locale si definisce insieme, nel rispetto dei ruoli e della autonomia amministrativa che ogni Ente ambisce a conservare. Oggi siamo partiti con Comuni che hanno aderito al Prusst con i quali c’è già una grande intesa, che comunque dobbiamo rafforzare, e c’è già un livello di programmazione fortemente condiviso.

La definizione di uno strumento urbanistico che superi gli stretti confini comunali e cominci a rappresentare un unico grande momento di programmazione e gestione del territorio lo si avverte ormai come indispensabile. Esso dovrà collocarsi, ai sensi della nuova legge urbanistica regionale, tra il Piano Strutturale Provinciale e quello Comunale, ovvero dovrà rappresentare la vera struttura urbana dell’ambito interessato; ogni comune, poi, predisporrà il suo Piano Operativo, il suo Regolamento Urbanistico nonché i Piani Attuativi senza escludere la possibilità di predisporre anche questi in concertazione.

 

Quindi anche urbanisticamente "Potenza apre". È tutto, ma può anche essere niente! Dipenderà da cosa sapremo costruire attorno a questa idea, che già sento avere la forza di un progetto molto determinato. Non vogliamo correre troppo, ma abbiamo già avviato tutte le dovute riflessioni perché i grandi progetti vanno condivisi per essere poi sostenuti, finanziati ed attuati.

 

“La città capoluogo - sostiene l’assessore Graziadei - è pronta ad assumere il ruolo di riferimento per un territorio ampio e variegato all’interno del quale ogni altra municipalità è chiamata a partecipare. Tutto ciò che potevamo fare in proprio lo abbiamo già fatto, sempre però con lo sguardo rivolto oltre i confini comunali. Mi riferisco alla strumentazione urbanistica di dettaglio con particolare riferimento al P.P. del C.S. nonché al Piano delle Campagne. Abbiamo più volte ripetuto che il Centro Storico di Potenza non appartiene solo ai potentini ed anche il territorio rurale della città va letto come un ambito sub-urbano di Potenza a servizio di una comunità che da nord a sud, da est ad ovest gravita sulla città e sulla sua capacità di offrire accoglienza e servizi.

 

Lo sviluppo delle aree rurali, così come previsto nel piano delle campagne, approvato in questi giorni dal Consiglio Comunale, è l’esempio eclatante dell’apertura della città verso il suo interland. Le nuove aree produttive, le infrastrutture quali la tangenziale, l’aeroporto, la caserma, il depuratore, la discarica, il nuovo cimitero ed altre ancora rappresentano non solo l’attuazione del Prusst bensì la chiara testimonianza che stiamo facendo sul serio e che l’intesa con il territorio è reale e ci crediamo. La strumentazione urbanistica è definita ma stiamo passando all’attuazione degli interventi perché con i fondi del POR non abbiamo cambiato indirizzo e presto vedremo la concretizzazione dei progetti attraverso le varie fasi di attuazione.

Con il Piano delle Campagne abbiamo inoltre dato risposte sene e convincenti alle esigenze dei cittadini. È uno strumento che offre alle aree rurali le giuste opportunità per riscattarsi e recuperare quel ruolo di maggior protagonismo nella definizione del complessivo rilancio del territorio. È stato indubbiamente il piano più partecipato della storia urbanistica potentina, ma direi senza dubbio regionale”.

 

 

 

 

Ponte Musmeci porta architettonica della città

 

Presso la Facoltà di Ingegneria del Campus di contrada Macchia Romana, l’Università di Basilicata ha ricordato Sergio Musmeci, progettista del ponte omonimo del ponte sul fiume Basento, che rappresenta la porta architettonica della città di Potenza.

 

Un momento importante e significativo, nel corso del quale è stata ricordata la figura di Sergio Musmeci, ingegnere-architetto “sui generis”, nato nel 1926, scomparso prematuramente nel 1981, che ha sviluppato la sua attività professionale alla progettazione di grandi strutture, fra cui (1970-1971) lo sviluppo dell’analisi struttrurale del Grattacielo Elicoidale ideato nel 1968 da Manfredi Nicoletti. Il dibattito svoltosi nel corso della intensa giornata culturale vissuta presso l’ateneo lucano, è stato coordinato da Carmela Petrizzi, architetto della Soprintendenza Regionale per i Beni Culturali della Basilicata, autrice di un approfondimento sul “Ponte Musmeci” realizzato nel capoluogo regionale, apparso sulla rivista “Basilicata Regione” dell’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale, diretta dal giornalista Donato Pace, capo di detto ufficio e direttore responsabile della rivista.

 

La realizzazione del ponte Musmeci a Potenza, alla fine degli anni ‘60, scrive l’arch. Carmela Petrizzi, ha suscitato non poche argomentazioni di discussione e non pochi sono stati gli imprenditori che, a livello locale, hanno inizialmente ostacolato la costruzione dell’opera che pur si rendeva necessaria in un contesto urbano in rapida evoluzione. In una realtà territoriale, storicamente caratterizzata per lo spiccato sviluppo agricolo, dove mancavano le premesse per uno sviluppo diversificato della area, mancavano le grandi infrastrutture di viabilità e difficoltosi erano i collegamenti rapidi con i centri economici e di mercato, il Consorzio Industriale di Potenza si era reso artefice di una radicale trasformazione delle condizioni di vita del capoluogo e del suo assetto urbanistico.

 

Nell’arco degli anni ‘60, il rapido sviluppo della zona industriale sorta lungo le rive del Basento e la presenza delle numerose aziende, grandi e piccole, che occupavano oltre cinquemila addetti, avevano modificato radicalmente l’assetto della città che assunse i caratteri di un polo industriale. Il collegamento tra il nuovo insediamento dell’area industriale e la città era ostacolato dalla presenza della linea ferroviaria Napoli - Potenza - Taranto che veniva utilizzata per il transito dei treni di linea, per lo smistamento dei carri merci e per la movimentazione delle locomotive. Erano pertanto frequenti lunghe soste obbligatorie in prossimità dei passaggi a livello che pregiudicavano la necessaria celerità di tutti i servivi e creavano notevoli congestioni di traffico veicolare.

Sulla base di queste motivazioni, il presidente del Consorzio Industriale, comm. Gino Viggiani, dirigente del Ministero Agricoltura e Foreste che aveva già dimostrato spiccate capacità manageriali nei vari incarichi a lui affidati, si fece promotore dell'iniziativa di costruire un ponte che, sorpassando il Basento e la linea ferroviaria, mettesse in collegamento diretto l’area con la città. Sotto la presidenza Viggiani, fermamente convinto di dover sostenere la costruzione di una struttura importante, non solo sotto il profilo funzionale, ma di per sé significativa e capace di qualificare l’accesso alla città, il Consorzio Industriale realizzò l’opera che può senz’altro considerarsi tra le più rappresentative della cultura architettonica del XX secolo e che sarebbe diventata un esempio da manuale per molti studenti: il Ponte Musmeci...

 

Il comm. Gino Viggiani, quarto da sinistra, presidente del Consorzio Industriale di Potenza, ripreso in una foto della fine degli anni '60 alla Ponteggi Dalmine

Nei primi anni 70l’ opera era già realizzata e, cosi come preventivato, i maggiori costi di costruzione erano stati compensati dall’economicità della forma strutturale. Il progetto originario prevedeva anche opere di sistemazione dell’ area sottostante e la realizzazione di un percorso pedonale di collegamento tra le due sponde del Basento che doveva svilupparsi sulla volta sinusoidale, al di sotto del’impalcato.

Tali opere, però, non sono state realizzate, e, nel frattempo, nell’area sottostante al ponte e in tutta la zona circostante, sono state realizzate opere edilizie ed infrastrutturali diversificate e poco qualificate. Allo stato attuale, quindi, si ripropone la necessità di un nuovo dibattito che offra spunti per un’ attenta riflessione su ciò che ancora è possibile fare per la generale sistemazione dell’area e per la valorizzazione del ponte. Pertanto, solo la definizione di un obiettivo comune può ancora incidere in maniera significativa sull’assetto urbanistico di una zona che caratterizza l’accesso principale alla città. Se tale obiettivo ha come presupposto la riqualificazione del contesto, si potranno prevedere e realizzare anche le necessarie opere di completamento e di sistemazione paesaggistica che migliorino e completino la fruibilità dell’opera di Musmeci.

 

Arch. Carmela Petrizzi

 

Arch. Carmela Petrizzi - "Basilicata Regione Notizie" nr. 104 anno XXVIII - Maggio, 2003

 

 

 

 

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