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Donato M. Mazzeo  MASCHITO
Maschito  Storia e Leggenda Verso il Futuro
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MASCHITO
UN MELTING-POT
DI ETNIE

 

Nel tempo, va detto francamente, è avvenuto un plurimo e discontinuo rapporto di scambi mercantili, socio-culturali e parentali, con le limitrofe comunità territorialmente e non solo più consistenti di Palazzo San Gervasio, Forenza, Venosa, Rionero ad esempio. Oltre che, più di recente, con l’altra grande e prolifica “Diaspora” della laboriosa “Nazione Aviglianese” che ha suoi figli emigrati sparsi dappertutto nel mondo, e dunque anche con una piccola colonia attorno alla collina Manes e poi ramificandosi a pieno titolo in paese.

Maschito è, dunque, diventata sede di un autentico “laboratorio di incubazione” di varie fenomenologìe sociali e di mutuo scambio di metodologie di lavoro agro-pastorale, nell’artigianato del ferro e del legno, di costumanze, accenti, lingue e dialetti: dal classico “Eglia” aviglianese, dunque, al balcanico “Eshte” e “Uèi” della parlata originaria maschitana.

In particolare attengono, in parte, alla microstoria del paese gli eventi di un episodio di breve durata bensì esplicativo della tensione comunitaria di alcune classi sociali tartassate e marginali, nella cosiddetta

“Repubblica” del settembre 1943 (*)

Discorso a parte, da sviluppare compiutamente se non già fatta in apposita analisi storica, le forme e le dimensioni della partecipazione di Maschito alle note “lotte contadine” per l’abolizione del latifondo e la divisione dei demani.

Inoltre, per dare a Cesare quel che è di Cesare, furono proprio alcuni tenaci agricoltori e massari aviglianesi che, attraverso un sistematico uso degli strumenti tradizionali fra cui il cosiddetto “margiott”’ resero fertile e florida, mediante l’impianto di vigneti, alberi da frutto ed ortaggi vari, la collina di Manes con benefici effetti per l’economia maschitana. Essi, infatti, scoprirono - dedicandovi molte braccia e sudore della fronte - la grande produttività dei terreni incoltivati del comprensorio fino alle colline di Jatta, San Martino e Cerentino.

Dalla toponomastica etnica e post-risorgimentale rilevata grazie alla collaborazione dell’Ufficio Tecnico del Comune, si evince l’esistenza, nei secoli passati, di una sorta di fratturo di collegamento per il trasporto e lo smercio di granaglie e legumi. denominata sulle antiche e rabberciate carte degli agrimensori Regi “Strada o Via degli Albanesi”.

 

*Vds. "La Repubblica di Maschito" di Salvatore Ciccone, Edizioni del Sud, 1982.
".. è qui in un remoto lembo della Basilicata, in un borgo di origine albanese che si slarga nel Venosino per quaranta chilometri quadrati, che duemila contadini lavorano una terra avara.
Una decina di ricchi possidenti.

Vi scoppia, nel settembre 1943, una sommossa popolare antifascista, un moto di liberazione che dà origine (per poche settimane, n.d.r.) alla Repubblica di Maschito, la prima Repubblica libera italiana emersa dalla Resistenza.

Una memoria straordinaria, una vicenda ricostruita ed interpretata nel quadro della situazione sociale ed economica della Basilicata, commentata dalle eccezionali interviste ai suoi protagonisti: Canio Musacchio Strigone. responsabile della Camera del Lavoro maschitana e Domenico Bochicchio (un legnaiuolo originario d’Avigliano) l'animatore della sommossa.

 

 

 

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