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Donato M. Mazzeo  MASCHITO
Maschito  Storia e Leggenda Verso il Futuro
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TOUR  A

MASCHITO

(1987)

 

Da Ginestra ci avviciniamo a Maschito attraverso distese di vigneti e olivi, boschi ben curati ed altissimi, fila di campi scuri, che a prima vista crediamo bruciati ma che, ad un’osservazione più attenta, si rivelano di terra nera e pietrosa.

Alcune mucche, incuranti della nostra presenza, ci attraversano con calma la strada. Ad un bivio notiamo una lapide alla quale mani pietose hanno deposto fiori.

E una lastra metallica scura e rettangolare, con una scritta in vernice bianca a ricordo di contadini morti, nel 1953, combattendo contro il latifondo, per il diritto alla terra e al lavoro. La dedica, semplice e fiera, è delle “loro mogli”.

Scorgiamo già la pianura pugliese e di Maschito neppure l’ombra. Siamo un pò perplessi. Finalmente vediamo un cartello di benvenuto, ma sul cartello nessun nome. Ci informiamo; siamo arrivati a Maschito.

Rintracciamo facilmente Antonio Pescuma, insegnante e animatore culturale Arbëreshe, che volentieri sì presta a farci da guida.

Suggestivo è il centro storico, con la prima casa costruita nel paese (peraltro alterata da interventi successivi), che ci accoglie con l’affabilità della famiglia Scaringella, la cui giovane nipote, Rosa, è vicesindaco ed esponente di rilievo della Comunità albanese.

Le ringhiere dei balconi, in ferro fuso, che si affacciano su stretti e tortuosi vicoli; i bui sottopassaggi che sfociano in piccoli spiazzi; le case di grosse pietre scure e le strade lastricate ci ricordano una tipologia edilizia che abbiamo già visto a Barile e Ginestra.

Egualmente comune è il particolare che le case vecchie presentano due strati di ceppi prima della copertura del tetto. Ci sembra, questo, un espediente decorativo semplice e poco costoso, che poteva essere adottato da chiunque costruisse.

Numerosi i portali in pietra lavorati artisticamente. Alcuni presentano maschere o, cosa più singolare ed inconsueta, volti umani di profilo. Un busto in pietra scura troneggia sul davanzale di una terrazza coperta; la leggenda vi vuole raffigurato Giorgio Castriota Skanderbeg. Le chiese, con le guglie orientaleggianti. a cipolla, sembrano interessanti ma dobbiamo accontentarci di guardarle dal di fuori perché chiuse o puntellate per il recente terremoto.

Passando per la via principale, Antonio ci mostra una lapide dettata da Giustino Fortunato per i fratelli Giura, Rosario e Luigi, figli illustri di Maschito. Anche per ‘ora inconsueta - il primo pomeriggio - e il tempo incerto - minaccia di piovere - c’è poca gente in giro. Sono invece numerosi, ad ogni angolo dì strada, i cani. E vediamo anche qualche mulo e cavallo di ritorno dal lavoro dei campi.

A contrasto con la tipicità dell’ambiente urbano, che richiama, nel suo nucleo centrale. l’etnìa di origine, a Maschito si parla poco la lingua albanese.

Alcuni - ci dice Antonio - non riescono a mettere insieme una frase e la realtà è comunque tale che molti, specie tra i giovani, hanno perso perfino la memoria storica delle proprie origini ed altri stanno perdendola. La responsabilità va soprattutto alla scuola monolingue. all’emigrazione. al pendolarismo, ai mass-media e anche a un processo di modernizzazione unilaterale in atto tra la popolazione.

Ultimamente, comunque - aggiunge Antonio - c’è stata una riscoperta dei valori della tradizione: si sono organizzati corsi di lingua e storia albanese; si è dato vita a gruppi di ricerca e di riproposizione folcloristica: e anche tra i giovani c’è stata una risposta confortante. Ci accorgiamo che comincia a farsi tardi e poiché dobbiamo tornare a Ginestra a cercare la signora Fiorina, allunghiamo il passo. Non possiamo però fermarci a guardare, ai piedi dì una scala e come fosse stata messa a guardia dei polli che nella gabbia accanto stanno tranquillamente mangiando, una stele di antica origine romana, raffigurante una donna con mantello e colomba, forse proveniente dalla vicina Venosa.

Lasciato alle spalle il borgo secolare, accompagniamo Antonio, che abita nella zona nuova del paese. Ci accoglie la moglie e assieme brindiamo alla nuova amicizia con una bottiglia di Aglianico. vino eccellente, del quale la famiglia Pescuma ci offre un cospicuo ricordo.

 

Elisa Sigalotti          

 

 

 

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