BIBLIOTECA COMUNALE "G. RACIOPPI"
MOLITERNO

Teatro Comunale e Dialetto

   

IL DIALETTO

Il dialetto moliternese, per la caratteristica dei vocaboli che utilizza si avvicina molto al napoletano ma, nello stesso tempo, se ne discosta per il modo di pronunziare le parole che è molto più stretto e meno sguaiato, per cui risulta più simile al dialetto parlato dai calabresi del cosentino.
L'origine dei vocaboli, ad eccezione di pochi barbarismi, è generalmente l'italiano, perché essi, per la maggior parte, hanno una radice che è di origine latina e greca. Siccome il nostro territorio é stato, per lungo tempo, sotto l'influenza dei governi Spagnolo e Francese, anche questi ultimi hanno influenzato il nostro linguaggio, infatti si é scoperto che vi sono molte similitudini, nel modo di pronunziare alcuni termini, tra il nostro dialetto e, soprattutto la lingua spagnola.
Il dialetto moliternese é caratterizzato da una ricchezza di vocaboli, per cui riesce a rendere bene qualunque idea e, anche se in esso sono carenti le parole tronche e sdrucciole si adatta molto alle composizioni in versi. Esso, anche se col passare del tempo, si é in qualche modo modificato, rispetto alla forma antica, conserva molti termini arcaici, risulta chiaro ed efficace e non mancano in esso troncamenti ed iperboli.
Analizzando le strutture grammaticali del nostro dialetto, abbiamo rilevato che viene pronunciata in maniera molto aperta la vocale su cui cade l'accento tonico, mentre la vocale finale viene pronunciata quasi sordamente. Lo scambio delle lettere segue delle leggi costanti. Nelle vocali la lettera "e" si trasforma spesso nella "i", la "o" in "u", e quest'ultima si sovrappone all'altra, creando un dittongo per cui si dice "luordo" per lordo (sporco). Per quanto riguarda le consonanti, la "b" si trasforma in "v" (barba, varva); la "d" in "r"(dente, rente); la doppia "l" in "dd" (quello, chiddu); la "g" in "sci" (bugia, buscia); la "p" all'inizio di parola spesso viene sostituito dal "ch" (pianta, pianto, chianta, chiantu); il "qu" si trasforma in "ch" (questo, chistu); l'"al" si trasforma in "au" (calce, alto, cauce, autu); la nd", "mb" in doppio "n", "m" (bando, gamba, bannu, amma).
I gradi di comparazione, nel nostro dialetto, sono espressi con il più e l'aggettivo. Sembra che non si abbia la comparazione in meno e per meno grande, meno alto si usa dire più piccolo, più basso.
La forma italiana del superlativo manca e, in sostituzione, si usa il positivo con qualche avverbio. Si adoperano i diminuitivi, gli accrescitivi e i peggiorativi. I nomi dei numeri sono gli stessi che in italiano, anche se riportati in forma dialettale.
Nel dialetto moliternese per il verbo, ci sono alcune particolarità. L'infinito é privo del "re" finale per cui si pronunciano voci tronche (sentire, amare, sentì, amà) e piane (leggere, scendere, legge, scenne).
Nel nostro dialetto non viene usato il participio presente, bensì solo il participio passato; viene utilizzato il gerundio la cui desinenza " o" si trasforma in "nnu" (leggendo= liggennu).
Il dialetto moliternese, come d'altronde tutti i dialetti, va conservato e valorizzato in tutti i suoi aspetti, poiché rappresenta un mezzo essenziale che ci lega indissolubilmente alle popolazioni passate, che hanno vissuto nel nostro territorio. A conservare ed a farci conoscere questo antico patrimonio culturale, che per secoli la tradizione orale ha mantenuto vivo nell'anima popolare, è stato proprio il Valinoti Latorraca ed i suoi scritti hanno rappresentato la principale fonte di riferimento per il nostro gruppo folcloristico.
Quest'ultimo infatti, qualificandosi dal 1992, come, "Laboratorio di teatro popolare", attraverso i suoi spettacoli, ha fatto conoscere, in varie parti d'Italia e anche all'Estero, il ricco patrimonio della nostra letteratura dialettale.

 

 

 

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