Capitolo II - Il
diario inedito del Sindaco di Moliterno
Cap. XXXVI L'Ospite Illustre
Narrazione e pensieri sul Viaggio in Basilicata di S.a Ecc.a Giuseppe
Zanardelli
(A)
Nell'agosto 1902, promotore l'onorevole Deputato Pietro Lacava, venne deciso
da Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli, Presidente del consiglio dei
Ministri, il suo viaggio in Basilicata, allo scopo di visitare questa vasta
provincia e studiare personalmente i bisogni e le cause dei mali che la
funestano. Ogni particolarità intorno a quel viaggio fu innanzi tempo
discussa e concordata tra i Deputati Lovito, Lacava e Donnaperna, che si
riunirono in Napoli, con l'intervento del Presidente della Deputazione
Provinciale Comm. Avv. Vincenzo Lichinchi.
L'On. Zanardelli, prima di recarsi tra noi, volle visitar Napoli, Capri e
Sorrento, ed indi, nel mattino del 17 Settembre 1902, col treno delle ore
7.40, mosse da Napoli accompagnato dagli onorevoli Lacava ed Abignente, e da
tutti i componenti la Deputazione Provinciale di Salerno i quali alla
Stazione di Sicignano, gli offrirono una colazione in un padiglione
appositamente impiantato.
Il Presidente Zanardelli entrò in Basilicata per la via di Lagonegro, ma
prima di giungervi, ed a richiesta del Deputato On. Giovanni Camera, si
fermò per due ore alla Certosa di Padula, ove fu festeggiato da quelle
popolazioni. La sera del 17, alle ore sei, giunse in Lagonegro e prese
alloggio nel Palazzo della Sottoprefettura.
Nel mattino del 18 settembre, gli onorevoli Pietro Lacava e Giovanni
Abignente, allo scopo di trovarsi anticipatamente in Corleto Perticara,
mossero da Lagonegro col primo treno e giunsero in Moliterno alle ore 10.30.
Dopo una colazione in casa mia, alla quale partecipò anche l'On. Lovito, e
dopo una breve visita alla nostra Casa Municipale, continuarono il loro
viaggio verso Corleto Perticara, ove giunsero alle ore cinque pomeridiane.
Il Presidente dei Ministri uscì da Lagonegro col treno dell'una pomeridiana
dello stesso giorno 18 settembre e giunse col suo seguito alla stazione di
Montesano dopo un'ora.
Da quel punto, alle ore due pomeridiane, formato il corteo in nove carrozze,
si prese la via per Moliterno, facendo una breve fermata a Montesano, per
visitare quel Municipio.
Alle ore quattro pomeridiane l'On. Lovito, deputato del nostro Collegio, il
Cav. Avv. Francesco Dagosto, Consigliere Provinciale del nostro Mandamento
ed io, nella qualità di Sindaco del nostro Comune, muovemmo dalla piazza di
Moliterno all'incontro verso la Cessuta ed incontrammo lo Zanardelli col
seguito a sei chilometri di distanza, cioè nel centro del Bosco Faggeto.
Ivi, dopo avvenuta da parte del Lovito la presentazione mia e del Dagosto,
ed invitati a montare nella prima carrozza, che era quella del Presidente,
ripigliammo il cammino verso Moliterno, ove si giunse alle ore sei
pomeridiane, attraversando il paese imbandierato e festante in mezzo ad una
folla acclamante.
Al corso Umberto I°, presso la cappella dell'Angiolo Custode Sua Eccellenza
Zanardelli scese dalla carrozza, e ricevuto e salutato da tutti i cittadini
e Rappresentanze Civiche, prese il mio braccio, e preceduti dalla banda
musicale, e seguiti dall'intera popolazione festante, ci avviammo per la via
San Rocco, Rosario e pel Largo della Chiesa Madre, d'onde arrivammo in casa
dell'On. Lovito. Non appena giunti avvennero le presentazioni e la
distribuzione degli alloggi.
Alle ore 8.30 di sera in casa del Lovito si tenne pranzo per 28 coperti, dei
quali 9 furono assegnati alla tavola d'onore, e 19 all'altra mensa. Alla
prima sederono: Zanardelli, Roberto Talamo, Sottosegretario di Stato, io,
nella qualità di sindaco, il Prefetto della Provincia, Comm. Francesco
Maggiotti, il Consigliere di Stato e Capo di Gabinetto dello Zanardelli,
Comm. Ciuffetti ed i deputati politici Lovito, Donnaperna, Mango e Camera.
Alla seconda tavola siedevano: il Comm. Nicola Durante, Procuratore Generale
della Corte di Appello di Cagliari, il Cav. Gennaro Natale, Consigliere
della Cassazione di Roma, il Cav. Vincenzo Mendaia, Consigliere della Corte
di Appello di Napoli, e Consigliere Provinciale di Basilicata; i Consiglieri
Provinciali Cav. Francesco Dagosto, Cav. Ernesto Mango e Cav. Giovan
Battista Romano; i Segretari del Gabinetto di Zanardelli, Cav. Pellegrini e
Cav. Gotti; il maggiore dei Carabinieri Cav. Roberto Cesaro; l'Ingegnere
Capo del Genio Civile Cav. Gatti; l'Ing. Capo dell'ufficio Tecnico
Provinciale Cav. Decio Severini; il Pretore del Mandamento Avv. Vincenzo
Migliacci; l'ex Deputato Barone Giustino De Caro, l'Avv. Paolino Chidichimo,
ed i direttori e corrispondenti di giornali Vassallo, pel Caffaro; Sestini
pel la Tribuna; Ernesto Serao, pel Mattino; Vasquez pel D. Marzio; e il
Dott. Libonati pel giornale d'Italia.
Il pranzo fu preparato dal cuoco Francesco Esposito di Castellamare di
Stabia, detto Ciccio la vacca, da me condotto in Moliterno per l'occasione,
e fu servito da camerieri Napoletani addetti al Gambrinus il cuoco fu molto
elogiato.
Ecco il menù del pranzo: ostriche del Fusaro; prosciutto di Moliterno;
Consommè; vitella guarnita; trote del fiume Maglia; asparagi; polli in
arrosto; insalata verde; lepre in agro dolce; formaggi di Basilicata; dolce
gelato; frutta; caffè; cognac; strega; benedettino; vini rossi e bianchi di
Moliterno, Champagne.
Durante il desinare la filarmonica di Viggiano eseguiva nell'antisala pezzi
di scelta musica, e Zanardelli che sedeva alla mia destra, non cessava
d'interrogarmi sulle condizioni del paese. Allo Champagne, levatomi per
primo, pronunziai il seguente brindisi: Eccellenza,
Siate il benvenuto in Moliterno, ove tutti, al semplice annunzio di si alta
visita, aprimmo gli animi alla speranza che, a nostro danno, l'oblio non
perduri ed io forte per costante fede, in nome dei miei 8000 amministrati,
dei quali, 3000 circa, i più vigorosi e giovani, sparsi e raminghi per le
diverse regioni d'America, e 5000 qui presenti, ma anch'essi quasi tutti
disposti ad emigrare, reco: a Vostra Eccellenza, nella qualità di Presidente
del Consiglio dei Ministri, di sua Maestà la espressione dei sensi più
schietti e profondi della fedeltà, e dell'ubbidienza; al Nobile Figlio Di
Brescia la forte, quella della fratellanza; ed all'illustre Giuseppe
Zanardelli, quella dell'ammirazione e della gratitudine. E con l'augurio di
vedere presto la Basilicata restituita all'antica sua prosperità economica,
bevo alla Vostra salute, al grido di Viva l'Italia, Viva il Re! (applausi
prolungati).
Sua Eccellenza Zanardelli, levatosi, risponde: Signor Sindaco,
Ringrazio lei e la buona Cittadinanza di Moliterno del nobile saluto e della
cordiale accoglienza. Io giro per questa vostra illustre Provincia per
studiarne i bisogni, e mi auguro che in Moliterno restino non solo i 5000
buoni abitanti che ora vi risiedono, ma vi tornino contenti e ben rifatti
gli altri 3000 assenti. Bevo signor Sindaco, alla sua salute e a quella di
tutti i suoi Amministrati: bevo alla salute dell'On. Francesco Lovito, mio
commilitone nei lavori parlamentari per 40 anni; e nel bere alla sua salute,
lo ringrazio pel piacere che mi ha procurato di volermi qui, in questa sua
casa, in questo civile e operoso paese, che fu culla a tanti uomini
illustri! (applausi fragorosi e prolungati).
Il Deputato Lovito pronunziò il seguente discorso:
Permettete, o Signori, che alla buona e senza pretenzioni oratorie vi dica
la mia opinione sul viaggio dell'On. Zanardelli nella nostra Provincia:
Dalle meraviglie della Grotta Azzurra, e dall'incanto del Golfo di Napoli,
il Presidente del Consiglio si reca in Basilicata a studiare de visu, i
nostri bisogni! Il fatto è così inconsueto che, quali che siano le nostre
opinioni, noi non abbiamo in questo momento che un solo dovere, quello di
circondare l'On. Zanardelli di deferenza e di affetto. Ma tiene altri fini
il viaggio dell'On. Zanardelli? No, Signori, poiché da Zanardelli si può
dissentire, ma non è lecito di mettere in dubbio la sua sincerità; e io
auguro al mio paese che tutti i cooperatori alla politica dell'On.
Presidente del Consiglio, abbiano la medesima sincerità di Giuseppe
Zanardelli. Collega per 41 anni di Giuseppe Zanardelli, spesso consenzienti,
talvolta dissenzienti, sempre confortati dalla reciproca stima, sono felice
oggi che tocca a me l'impreveduto onore di ospitare l'On. Presidente del
Consiglio!
Viene con preconcetti in mezzo a noi l'On. Presidente del Consiglio? Quello
che gli ha fornito l'On. Bodio (Il Direttore Generale della Statistica): la
diminuzione della popolazione. Mentre in tutte le Province la popolazione
del Regno cresce di un settimo in un ventennio da 28 milioni che eravamo
venti anni addietro, oggi siamo 32, la popolazione dell'ultimo censimento in
Basilicata segna una diminuzione di circa 50000 anime (da 520000 nel 1881,
siamo oggi a 470000!)
Rimpatriamo gratuitamente On. Zanardelli i poveri della provincia quelli che
non fecero fortuna all'estero e che sono costretti a nutrirsi degli avanzi
di restaurants mescolati alle immondizie che si raccolgono nella città a
letamare le vicine campagne! E poiché non si può proibire la libertà di
riemigrare, volendolo rimborsino essi allo Stato le spese del rimpatrio.
Come e perché avviene l'Emigrazione?
La Basilicata è una larga zona di terra inquadrata tra la Calabria Citra, le
Puglie, Avellino e Salerno, e i due mari, il Tirreno e lo Ionio. Non ha
porti né fari; non ha fabbriche, né miniere, come la vicina provincia di
Cosenza (miniera anche mediocremente coltivata dallo Stato). Vi è solo la
terra! Siamo noi e i contadini, nessuno dei quali è maestro nella coltura
della terra. La mano del fisco è grave (il fisco in Italia spesso ridicolo,
sempre feroce) e allora i contadini dicono a noi: sbrigatevela voi col
fisco, noi ce ne andiamo!
Mancano i capitali, ed il debito ipotecario è opprimente!
Dite a Cassano, che è anche egli un uomo di cuore, che esili il fisco, e si
stabilisca un Istituto di Credito fondiario al 3% e con 50 anni di dilazione
perché i nostri fondi migliori non rendono più del 3%, ed i capitali non
mancheranno. E sistemate a spese dello Stato i nostri quattro fiumi, il
Sinni, l'Agri, il Basento ed il Bradano, che portano a mare le nostre terre,
e che scuotono le basi dei nostri paesi, come avvenne per Campomaggiore, per
Acerenza, per Calvera e Stigliano.
Ma poi date un sussidio di diecimila lire a chilometro ad una ferrovia a cui
è interessato anche il Ministro Balenzano, Presidente del Consiglio
Provinciale di Bari, che congiunga Bari alla Basilicata e Salerno, e fate
rinascere la fede nelle nostre popolazioni ormai incredule nel nostro Regno.
Ma a questo decadimento progressivo e continuo la Deputazione politica di
Basilicata assistette impassibile?
Non si fece ciò che si potè, ma i bisogni sono molti, e la Regione è vasta;
e poi, non si pensò mai a scuotere con troppe pretese la compagine
dell'unità della Patria. Noi, martiri del Borbone, fummo i poeti della
libertà; poiché ricorda Zanardelli, come ricordo anch'io, che in quei tempi
la politica delle Nazioni vicine, Francia ed Austria, era di tenere divisi
gli Stati per dominarli, e la libertà era amministrata a suono di frusta da
Metternich all'Italia in pillole, come diceva il Giusti.
Noi dunque miravamo all'unità principalmente, come garanzia della libertà,
fortuna per l'Italia che ha ancora un uomo della passata generazione
(scusate se sono compreso anch'io in questo elogio), perché il sentimento
dell'unità fu sempre per noi superiore alla politica del tornaconto, ed i
nostri maestri, e gli esempi nostri si chiamavano Guglielmo Pepe, Alessandro
Poerio, Paolo Emilio Imbriano, Salvatore Tommasi, Silvio Spaventa, Giuseppe
Pisanelli, Francesco Desantis, Antonio Ciccone, Scialoia, Luigi Settembrini,
che tutti stimarono Zanardelli, e che ci insegnarono a caldeggiare l'unità
sotto la Monarchia leale e liberale di Casa Savoia. E non si sbagliarono,
perché anche oggi, come allora la Monarchia ci unisce e la Repubblica ci
divide! Ed è perciò, e con questi intendimenti che io vi invito a bere al
Rappresentante odierno della Monarchia, ed a Giuseppe Zanardelli suo primo
ministro del tempo! (applausi prolungati).
Nella stessa sera, in casa del Comm. Francesco Racioppi, da me pregato, fu
imbandito un pranzo per tutti i forestieri, che per mancanza di spazio non
poterono intervenire al banchetto di casa Lovito.
Gli alloggi poi vennero da me disposti nel seguente modo:
1. In casa dell'On. Lovito, Sua Eccellenza Zanardelli, Sua Eccellenza
Talamo, il Capo di Gabinetto Comm. Ciuffelli, ed il Segretario di Stato Cav.
Pellegrini;
2. In casa mia, il Prefetto della Provincia Comm. Maggiotti, l'On. Deputato
Marchese Cesare Donnaperna, ed il Maggiore dei carabinieri Cav. Roberto
Cesaro;
3. In casa del Cav. Dagosto, il Comm. Vincenzo Lichinchi, Presidente della
Deputazione Provinciale, il Cav. Giuseppe De Filpo, l'Avv. Gioia, ed il
pubblicista Serao.
4. In casa dell' Assessore Giacomo Padula fu Giuseppe, il Cav. Mendaia, il
Cav. Gatti ed il Cav. Severini.
5. In casa dell'assessore Vincenzo Galante, l'On. Deputato Giovanni Camera,
ed il Cavalieri Pesce ed Aldinio di Lagonegro;
6. In casa dell'assessore Nicola Padula, il Cav. Ciotti;
7. In casa dell'assessore Michele Denito, il Comm. Durante ed il Cav.
Natale;
8. In casa dell'assessore Vincenzo Pecora, il pubblicista Avv. Raffaele
Pignatari;
9. In casa del Signor Domenico Tempone, il pubblicista Vasquez e l'Ingegnere
Gioscia;
10. In casa del Comm. Racioppi, i pubblicisti Luigi Arnaldo Vassallo e
Sestini
11. In casa del Barone Giustino De Caro, l'On. Camillo Mango ed il Cav.
Ernesto Mango;
12. In casa del Sig. Giuseppe Autilio, il pubblicista Mollo ed il fotografo
pubblicista Crocco di Egineta.
13. In casa del Dott. Michele Palermo, il pubblicista Dott. Libonati e
l'ispettore Capo di Pubblica Sicurezza.
14. In casa del farmacista Domenico Valinoti il pubblicista Tudisco e l'Avv.
Chidichimo.
15. In casa del Sign. Fortunato Bianculli, il Cav. Giov. Battista Romano, ed
il Comm. Giuseppe Imperatrice.
I capi servizio di posta e telegrafi, nonché gli altri ufficiali dei
Carabinieri e tutti i Carabinieri venuti di rinforzo, furono alloggiati
nella caserma dei Carabinieri.
La mattina del 19 settembre, alle ore 8.30, tutti i forestieri, meno Sua
Eccellenza Zanardelli, che non uscì, dopo un giro pel paese, visitarono la
casa Comunale alle ore 10 il Presidente Zanardelli ricevette le Commissioni
e le Rappresentanze.
L'On. Lovito presentò le Rappresentanze di Tramutola, il Consigliere di
Stato Imperatrice, il Procuratore Generale Durante, il Consigliere di
Cassazione Natale, ed altri.
Io, quale Sindaco, presentai la Giunta ed il Consiglio Comunale, il Pretore
del Mandamento, il Ricevitore del Demanio Sign. Luigi Mauro, ed il Prof.
Comm. Francesco Racioppi, dell'Università di Cagliari, ed altri.
In quel ricevimento domandai al Capo del Governo in nome della cittadinanza
di Moliterno un prestito di favore per la costruzione di una conduttura di
acqua potabile, tanto richiesta dai bisogni della popolazione, e Zanardelli
promise il suo autorevole appoggio.
Il giovane calligrafo Giuseppe Allamprese presentò a Sua Eccellenza
Zanardelli una pergamena col ritratto del Presidente, eseguito lodevolmente
a penna, e che Sua Eccellenza gradì, ricambiandolo con una fotografia
recante la sua firma autografa. La pergamena recava la seguente dedica
dettata all'Allamprese dal Cav. Pasquale Degerardis a Giuseppe Zanardelli
"cui nato nella Bastiglia d'Italia fortuna non cieca volle finalmente
istauratore dello Stato liberale moderno per tutti, quest'umile dono, nella
patria di Petruccelli Della Gattina, offre Giuseppe Allamprese augurandogli,
che con lunghi anni di sanità fisica continui a serbar perenni la giovinezza
dell'animo, la forza della mente elettissima, la fede inconcussa negli alti
destini della patria".
Il ricordo di Petruccelli Della Gattina, nelle terra che lo vide nascere, fu
graditissimo allo Zanardelli, che è forse il solo fra gli uomini politici
dell'ultimo trentennio, il quale abbia avuto la stima e l'ammirazione
costante del più famoso pubblicista italiano del secolo scorso (1).
Alle ore 11.30 vi fu colazione in casa del Lovito, alla quale presero parte
con Zanardelli, il Lovito, il Talamo, il Ciuffelli, il Pellegrini, ed i
Signori Commentatori Imperatrice e Lichinchi, i quali due ultimi non
poterono per leggera indisposizione partecipare al pranzo della sera
precedente.
In casa mia, e alla stessa ora, vi fu colazione alla quale presero parte,
col Prefetto la gran parte dei Signori del seguito di Zanardelli. Si partì
all'una pom. Alla volta di Corleto Perticara, ed il corteo si formò alla
piazza Plebiscito; e siccome nel giorno innanzi, per volontà dello
Zanardelli, espressami per mezzo dell'On. Lacava che giunse prima in
Moliterno, avevo telegrafato a tutti i Sindaci dei Comuni vicini,
dichiarando loro che Sua Eccellenza Zanardelli avrebbe gradito di incontrare
le Rappresentanze e le Commissioni popolari lungo la via che da Moliterno
mena a Corleto, ebbi l'incarico da Sua Eccellenza di presentargli tutti
coloro che avremmo incontrati lungo il percorso. Alla contrada Pantanelle
trovammo i cittadini di Sarconi. Alla contrada Giardino trovammo tutti i
Saponaresi col loro bravo e colto parroco il Prof. Francesco Paolo Caputo il
quale temendo solo il figliuolo di Dio e non le volgari bassezze della
sacrestia, ed ubbidendo al nobile impulso del suo animo gentile di Italiano,
volle ossequiare il Primo Ministro del Re che siede nella Roma intangibile.
Alla Contrada Casale trovammo i cittadini di Viggiano, e poco più in là
quelli di Marsico, di Brienza e di Montemurro.
Giunti alla località detta Tre Cerri, che dista 18 chilometri da Moliterno e
28 da Corleto Perticara, Lovito ed io ci accomiatammo, e facemmo ritorno in
Moliterno, ove si giunse alle 5 del pomeriggio. Sua Eccellenza col seguito
arrivò in Corleto Perticara alle ore 6 pom. del giorno 19 settembre, e prese
alloggio nel palazzo dell'On. Comm. Pietro Lacava.
Nel mattino del 20 settembre inviai il seguente telegramma: "Sua Eccellenza
Zanardelli Corleto Perticara interprete sentimenti intera Cittadinanza
esprimo Vostra Eccellenza vivi ringraziamenti alto onore concesso Moliterno,
che serberà affettuoso, eterno ricordo, Vostra visita, augurandovi forza
necessaria compiere faticoso viaggio, pel trionfo provvedimenti
indispensabili alla redenzione economica di queste contrade Sindaco Valinoti
Latorraca".
Il Presidente rispose col seguente telegramma "Cav. Valinoti Latorraca,
Sindaco, Moliterno. Riaffermando mio attaccamento codesta generosa e buona
popolazione, ringrazio Lei e tutti affettuoso interesse mio riguardo.
Zanardelli".
Il Prefetto Comm. Maggiotti non appena ritornato a Potenza, mi inviò il
seguente telegramma: "Sindaco Cav. Valinoti Latorraca, Moliterno
Ringraziandola nuovamente cordiale sua accoglienza, rinnovo a Lei ed
Amministratori Municipio espressione maggiore compiacimento opere civili
compiute vantaggio bellissima Moliterno 21 settembre Prefetto Maggiotti".
A quel telegramma risposi:
"Comm. Maggiotti, Prefetto, Potenza, Grazie sentite, anche a nome miei
colleghi amministrazione suoi benevoli sensi, che vivamente ci incoraggiano
proseguire nostra opera Sindaco Valinoti Latorraca"
(B)
Il 29 ottobre 1902, nella prima tornata del Consiglio Comunale, per la
sessione d'autunno su mia proposta, venne conferita a Sua Eccellenza
Giuseppe Zanardelli la Cittadinanza onoraria di Moliterno trascrivo la
deliberazione:
II Presidente domanda la inversione dell'ordine del giorno, e per primo capo
sottopone all'approvazione del Consiglio la proposta di conferire a Sua
Eccellenza Giuseppe Zanardelli la Cittadinanza Onoraria di questo Comune.
Essendo approvata la chiesta inversione il Presidente Cav. Valinoti
Latorraca, pronuncia le seguenti parole:
"Signori Consiglieri,
nel 18 e 19 settembre, ultimo scorso, la nostra Moliterno fu fatta segno ad
inaspettato onore: Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli venne fra noi non come
qualche altro che nei secoli passati vi giungeva da conquistatore o da
aguzzino, ma nella qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri di Sua
maestà Vittorio Emanuele Terzo, il giovine Re, che con lealtà d'intenti;
nobilmente siede sul trono dei suoi Grandi Maggiori, e regge le sorti del
Popolo Italiano da nessun unito e affratellato in una sola famiglia, prima
del gran Re di Casa Savoia.
Sua Eccellenza Zanardelli ha voluto personalmente vedere e studiare le cause
dei tanti mali che affliggono le nostre contrade, e con cuore di grande
Italiano, ultimo superstite di una generazione di eroi, e con la mente di
grande statista, tutto ha voluto, e tutti ha ascoltato.
Noi non dobbiamo troppo lusingarci sui vantaggi, immediati di questa alta
visita, dappoichè, per restituire la Basilicata alla sua antica prosperità
economica, occorrono grandi mezzi finanziari ed un non breve periodo
evolutivo di tempo; ma quello che resta per noi cittadini di Moliterno, è
l'incancellabile sentimento della gratitudine verso un vecchio così illustre
e benefico, il quale, nella grave età di 76 anni affrontando disagi e
perigli, per due settimane, ha attraversato la nostra Provincia per vie non
tutte ben consolidate ed impraticabili.
Propongo quindi il conferimento della Cittadinanza onoraria del nostro
Comune a Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli. Il Consigliere On. Francesco
Lovito, appoggia la proposta del Sindaco, e nel lodarne l'iniziativa,
propone che sia, a cura del Presidente, fatta eseguire una pergamena in
doppio esemplare, da restarne una come perenne ricordo nella Casa Comunale,
e che domani telegraficamente si annunzi a Sua Eccellenza Zanardelli la
deliberazione. Messa ai voti la proposta, con l'assistenza degli scrutatori
Albano, Cicchetti e Metelli, unanimemente è approvata a norma di legge. Dopo
di che il Presidente ha proclamato l'esito della votazione".
Ecco il telegramma che annunziò allo Zanardelli la suddetta deliberazione:
"30 ottobre 1902. Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli Roma
Questo Consiglio Comunale, ieri sera, inaugurando la sessione d'autunno, su
mia proposta, appoggiata dall'On. Lovito, unanimemente nominava Sua
Eccellenza Cittadino onorario di questo Comune. Lieto farle comunicazione,
prego accettare nostro tenue attestato di affetto e gratitudine. Sindaco
Valinoti Latorraca."
Lo Zanardelli rispose da Maderno nello stesso giorno, n. 263, nel seguente
modo:
"Cav. Valinoti Latorraca, Sindaco, Moliterno. Il nuovo attestato di
benevolenza e di affetto che la Civica Rappresentanza di Moliterno volle
accordarmi, sopra proposta sua e dell'ottimo amico Lovito, mi riesce
sommamente caro e mi colma di gratitudine. L'onore della cittadinanza
conferitomi, con unanime voto, aumenta i miei vincoli verso codesta contrada
al cui benessere sarò lieto di dedicare ogni mio sforzo.
Insieme ringraziamenti più vivi per Lei e per i suoi Colleghi, gradisca i
miei cordialissimi saluti. Zanardelli".
(C)
Che cosa di bene otterrà la Basilicata dal viaggio dello Zanardelli?
A me pare, e ripeto quello che ho detto innanzi, che noi non dovessimo
troppo illuderci, perché, nonostante ogni buona volontà nei preposti al
Governo, per aiutarci, il problema del nostro risorgimento economico, per
quanto non dissimile, a quello di alcune altre Province meridionali, è ben
complesso, ed è specialmente più morale che economico, e chiede, pel suo
esplicamento e per la sua attuazione, grandi mezzi finanziari ed un lungo
periodo di tempo.
Da alcuni nostri Rappresentanti politici, e da molti Rappresentanti la
Provincia ed i Comuni, fra i quali sono anch'io, furono chieste al Capo del
Governo strade ferrate e rotabili, consolidamenti di frane, condutture
d'acqua potabile, alleviamenti di tributi e tasse, allineamenti ed
arginature di fiumi e torrenti, leggi restrittive dell'emigrazione,
rimpatrio gratuito di poverelli residenti all'Estero, scuole pratiche di
agricoltura, istituti di credito fondiario ecc., ecc.
Finora il Parlamento nulla ha deliberato nel merito delle suindicate
richieste, che tutte sono comprese in un progetto Governativo da discutersi
alla Camera, sotto la denominazione di provvedimenti per la Basilicata. Ed
ora noi, esaminando tutte quelle domande in rapporto alle nostre penose
condizioni, vediamo innanzi tempo quali tra esse potrebbero recarci vantaggi
immediati, quali vantaggi lontani, e quali potranno anche nuocerci
temporaneamente e quali definitivamente. Oltre ciò abbiamo anche il compito
di vedere quali obblighi materiali e morali noi dovremo assumere verso noi
medesimi e verso la Nazione alla quale domandiamo aiuto.
Un beneficio immediato si otterrebbe più dalla sistemazione delle vie
agrarie (vicinali, tratturelli, ecc.) che dal completamento della rete di
strade rotabili e dalle ferrovie.
E dico così perché è risaputo che queste conquiste della civiltà che sono le
ferrovie, massime per i loro primi tempi di esercizio, turbano l'armonia
costituita dei piccoli interessi, e che, nonostante il grande loro
giovamento all'interesse generale, nuocciono ai piccoli Comuni, dai quali
sottraggono tutte le peculiari risorse locali, per cui col travolgere e
confondere ogni cosa nel gran torrente della generalità, annientano o
rendono impossibili quei piccoli traffici e movimenti regionali che valgono
nella loro primitiva semplicità, a mantenere lo status quo della vita
economica (2). L'unico piccolo e vano vantaggio immediato sarebbero gli
incassi che i proprietari dei terreni farebbero per le espropriazioni e per
vendita di materiali.
Ma poi vale il dire che gli operai locali potrebbero impiegarsi sui lavori,
poiché in Basilicata, come è noto, fuggono in America contadini, manovali ed
artigiani, e quindi ogni impiego di mano d'opera sui lavori pubblici
tornerebbe a vantaggio delle Province ricche di popolazione manovale
girovaga, come le Puglie la Terra di Lavoro e le Romagne. Nessun vantaggio
dunque immediato ci recherebbero le strade rotabili e ferroviarie. Ed ogni
piccolo bene che possa derivarne nei primi anni resterebbe sempre di gran
lunga inferiore ai danni che risentiremmo dal subitaneo perturbamento
dell'attuale armonia economica, per quanto meschina essa sia! Il bene è
sperabile in tempi lontani, dopo che sarà, pel naturale andamento di ogni
cosa, stabilito un nuovo e regolare equilibrio di scambio e di produzioni
(3).
A me pare che, l'allineamento l'arginatura dei fiumi e torrenti in
Basilicata, sia un sogno da bambini, in rapporto alle condizioni di bilancio
dello Stato. Per noi è santa aspirazione, ma basterebbe una gran parte del
bilancio Nazionale, e per molti anni, a regimentare, non dico tutte le acque
di Basilicata, nei loro principali e secondari bacini di confluenza, ma
almeno quelle dei quattro corsi maggiori?
Stimo invece, che la nostra santa aspirazione, come ho detto innanzi,
potrebbe soltanto, almeno in tempo non lontanissimo, divenire fatto
compiuto, come indiretto e conseguente risultato di quel progressivo e
razionale rimboschimento delle terre, al quale tutti dobbiamo aspirare e
concorrere con sforzi e sacrifici. Questo dunque è il solo e infallibile
fattore e mezzo per ottenere che, in tempi più o meno prossimi, i nostri
fiumi e torrenti da malefici distruttori ritornino allo stato benefico di
naturale stabilità in cui erano prima della devastazione dei boschi e dello
sfruttamento delle terre. Lasciamo la poesia e veniamo al fatto pratico:
regimentazione di fiumi e torrenti non deve significare allineamenti e
sostegni di sponde perché lo Stato non deve profondere milioni inutilmente
ma deve significare rimboschimento dei monti e delle terre in forte pendio,
consolidamento delle frane, rigoroso rispetto alle sponde, alle rive, ed
agli argini naturali. E quali provvedimenti occorrono per conseguire lo
scopo?
Le vigenti leggi, 20 luglio 1877 e 1 marzo 1888, che regolano il nostro
regime forestale, se mercè lievi modifiche venissero applicate con giusto ed
assennato proponimento da parte dei poteri dello Stato, potrebbero risolvere
il problema senza bisogno di nuovi provvedimenti legislativi. Quelle leggi
però caddero in discredito per l'opera debole dei diversi Governi che si
sono avvicendati al potere, i quali non ebbero mai la piena coscienza di
applicarle in tutto il loro benefico spirito, limitandosi semplicemente ad
espedienti ed a mezzi termini. Ed ho appellati deboli i Governi perché
nessuno sentì l'impulso di render le leggi giuste nel fatto per quanto esse
lo siano nel fine. Quelle leggi, divenute ancelle del fisco, concedono
facoltà di rimboschire e consolidare terreni, senza mai ordinare in modo
imperioso, e ciò perché il fisco perderebbe i tributi, e lo Stato dovrebbe
concorrere per una parte alla spesa.
Occorre dunque che il Governo esoneri dal tributo fondiario tutti i terreni
montuosi e ripidi che richiedono rimboschimento e consolidamento, ed imporvi
rigorosamente non solo il vincolo forestale dell'art. 1 della legge 1877, ma
un rimboschimento obbligatorio e non facoltativo, concorrendovi per una
parte di spesa. E questa che è giustizia vera sarà bene accolta, perché è
richiesta dalle misere condizioni della terra, e del proprietario, che,
inutilmente, e spesso con grande suo disagio, la possiede.
La domanda di una diminuizione dei tributi, se venisse esaudita è quella che
più immediatamente ci recherebbe sollievo nelle attuali misere condizioni,
dappoichè sia qualunque l'avvenire, l'attuale nostro stato di proletari
perseguitati incessantemente dagli agenti fiscali, è assolutamente
insopportabile. Ma non basta diminuire i tributi, alcuni bisogna addirittura
abolirli: occorre l'abolizione totale almeno per un trentennio del tributo
fondiario sui terreni da rimboschire, e l'esonero completo della tassa
fabbricati non solo per le case coloniche e per tutti i vani urbani che
servono all'agricoltura e alla pastorizia ma bensì per tutte le quote minime
degli abitati e dei villaggi, inferiori a lire 10 di tributo erariale,
perché i piccoli paesi ed i villaggi non sono che l'aggruppamento di case
coloniche, e che ogni piccola casa di comune rurale non è che il tugurio del
colono che si ritira la sera dai lavori dei campi.
Noi, poveri lucani, fummo ammiseriti dal brigantaggio, che dal 1861 al 1876
infestò i nostri luoghi e cagionò la decadenza di migliaia di piccole e
grandi fattorie coloniche e armentizie; e ricevemmo, poveri illusi!, il
tracollo finale dallo acquisto della gran mole dei beni del Demanio
Ecclesiastico, che valse a distruggere il nostro residuale pecunio. Noi
prima fummo tanti coloni delle terre pertinenti alle Corporazioni religiose
e laicali, e volemmo divenir proprietari di beni che dovemmo subito
disboscare e mettere a coltura agraria, lusingati dal vistoso ricolto dei
primi anni, unica nostra mira per pagare le tante d'acquisto al seduttore
Demanio! Dopo poco tempo ci svegliammo senza denari e con le terre
malmenate!
Noi non abbiamo fatto nulla per migliorare le condizioni agricole delle
nostre contrade, e, se qualche tentativo venne praticato, fu sempre un
conato da impotenti ed un bamboleggiamento da incoscienti. Nei tempi in cui
fummo ricchi, eravamo anche ignoranti; e allorché contrattammo i primi mutui
fondiari lo facemmo per pagare al Demanio le residuali rate dei fondi
acquistati, e per colmare il vuoto di altri nostri precedenti errori e di
cento nostre necessità di vita.
Nessuna lira spendemmo a vantaggio dell'agricoltura, che venne sempre
negletta o malmenata. Ed ora che siamo ridotti con le spalle al muro
attendiamo dal paterno aiuto dello Stato, se non quello che valga a riparare
i nostri gravi errori, quello che è richiesto dalla disgraziata nostra
condizione topografica che ci spinge a chiedere aiuto in nome del diritto di
natura!
La Basilicata l'espressione geografica di un milione di ettari, è fatta in
modo che noi non abbiamo che vaste ed insterilite terre: nessuna industria
manufatturiera, senza spiagge marittime senza regioni boscose che valgano
pel legname diverso da quello da ardere in forma primitiva senza opifici che
possano produrre lavoro superiore ai nostri bisogni. Abbiamo una pastorizia
ed un'agricoltura depresse, con forme assolutamente preistoriche ed in piena
agonia. Produciamo un poco di grano, di vino, di formaggio e di carne, e poi
siamo costretti a comperar tutto. E questo tutto che occorre ai bisogni di
nostra modesta, frugale ed incerta vita, deve esser pagato con i proventi
della terra che produce poco e spesso male, perché esausta di potenzialità
ferace, ed ai proprietari manca il capitale per sollevarne le sorti. Gli
scarsi nostri prodotti subiscono concorrenza da ogni parte d'Italia, e
vengono sempre collocati sulle piazze a condizione inferiore, mentre la loro
produzione costa molto più che altrove. La fuga dei contadini per le
Americhe ha recato un rincaro fortissimo nella mano d'opera e nei salari: il
contadino che oggi nelle Puglie, o specialmente nel Leccese, esige meno di
una lira in Basilicata pretende da £ 1.70 a £ 2.10! Ciò non basta: la
efferata esigenza del fisco, che ci perseguita in nome dello Stato, della
Provincia e del Comune, e ci colpisce direttamente ed indirettamente nelle
terre, nei prodotti, negli armenti, nell'esercizio professionale, ed in ogni
parte o fonte di presunto lucro, a conti fatti, ha messo nella condizione di
affamati tanto coloro che posseggono la terra quanto coloro che la
coltivano; e tutti, investiti da un vuoto che aumenta in forma vorticosa, ed
in ragione diretta del tempo che fugge, stretti e perseguitati dall'Esattore
e, dai bisogni più elementari della vita, abbandoniamo le terre e le
suppellettili, e chiediamo pace e sollievo in un passaporto per l'Estero,
che spesso si converte in un vero atto di seppellimento naturale e morale!
Ed ecco come l'emigrazione non è causa ma effetto della depressione
dell'agricoltura e della pastorizia, che per ridestarsi hanno bisogno di
aiuto immediato e di efficaci fattori di rigenerazione, per l'avvenire. Le
cattedre ambulanti per lo insegnamento pratico di agricoltura, zootecnia e
di caseificio saranno una santa cosa, sempre che non si modelleranno su
qualcuna finora già mantenuta dalla Provincia, che ha fatto pessima prova,
ed è stata causa di aumentare la sfiducia ed il cinismo nelle popolazioni. A
me pare che in ogni zona non vastissima debba funzionare una cattedra
ambulante, ed il Professore dovrà essere animato da zelo e da vocazione: più
volontà e lavoro che scienza astratta, e dovrà innanzitutto creare nelle
nostre residuali masse di contadini e di agricoltori quello che in esse
manca, cioè il sentimento e la fede, dappoichè quello che maggiormente ha
determinato l'attuale nostra condizione di inetti e di inerti è stata la
completa apatia, ed il più vano scetticismo per tutto quello che è
innovazione e che tenta al progresso ed al miglioramento. Occorrono quindi
professori animati da volontà e resistenti, e da parte dello Stato occorrono
premi ed incoraggiamenti, da valere quasi come gli zuccherini che si pongono
negli asili d'infanzia ai bimbi piagnolosi e refrattari.
La Emigrazione, che indubbiamente ha recato sollievo e conforto agli umili
che sono andati via, è un fenomeno sociale che non può limitarsi con leggi
restrittive. Siamo a tempi in cui ognuno ha diritto di mutar scena per mutar
fortuna! Che vale la coltura della terra a favore di chi resta, in rapporto
alla libertà di chi vuol partire? Chi emigra è spinto da irresistibilità
fisico psichica; che hanno basi profonde nonché nella miseria e nel
perturbamento morale di tutte le classi sociali, ma anche in un bisogno
legittimo dell'animo e quindi a me pare che nessuna legge possa vietare
l'Emigrazione spontanea, meno quelle che regolano la coscrizione militare e
l'istituto della patria potestà; ogni altro provvedimento legislativo
sarebbe un mezzo di polizia, per farci tornare indietro di secoli.
Ma se lo Stato non deve ostacolare l'Emigrazione deve però proteggerla e
regimentarla all'Estero. Colà i nostri emigrati sono esposti ed abbandonati
ad ogni arbitrio degli altri, senza mai trovare appoggio, e protezione e
conforto presso i nostri Rappresentanti diplomatici e consolari, la gran
parte dei quali è spesso inutile e dannosa. L'On. Lovito chiede il rimpatrio
gratuito dei nostri connazionali poveri che non hanno fatto fortuna
all'Estero, e perché no? Ma adagio: Per me qualunque fatto derivante da
sensi di pietà, non solo è lodevole, ma sublime e ciò sempre che non rechi
danno al terzo. Se poi questo fatto, nonostante la bontà del sentimento che
lo genera, dovesse recar danno e molestia agli altri, perde il suo valore, e
noi dobbiamo guardarlo e valutarlo diversamente. Occorre perciò che lo Stato
faccia la carità a chi ne sia meritevole e che la cosa non acquisti il
carattere di provvedimento generale, e che la proposta venga studiata in
modo affinché il gratuito rimpatrio non sia concesso agli oziosi di
mestiere, la cui torba numerosissima e molesta va confusa con quella dei
poveri avversati dalla fortuna. Rimpatriare quindi coloro che non seppero
vivere né qui né altrove sarebbe lo stesso che perturbare la nostra pace e
la nostra sicurezza, unico bene del quale veramente possiamo menar vanto.
Noi dobbiamo opporci ad un indiretto ripristinamento non dico di un
brigantaggio di campagna, che forse sarebbe meno funesto, ma del
malandrinaggio di piazza, che è la forma più esiziale e più degradata della
delinquenza umana!
Per migliorare le sorti dei proprietari di terre, occorre assolutamente
rialzare quelle dell'agricoltura e dell'industria armentizia, cose che non
possono supporsi disgiunte l'una dall'altra; e per ottenere ciò bisogna
istituire una cassa di credito, non fondiario, ma agricolo necessario a
sollevare la terra nella sua potenzialità redditizia. Si richiede perciò una
Legge che costituisca e regoli il funzionamento di questo necessario
istituto agricolo, che abbia per scopo, non quello di prestar denaro ai
proprietari che hanno perduto al gioco, o che vogliano ancora tenere i
cavalli di lusso, ma ai proprietari che coltivino direttamente i loro fondi
ed ai coloni che li assumano a mezzadria, e che l'interesse non sia
superiore al 2,50%. Che la Legge obblighi alla costruzione di case coloniche
per i fondi lontani oltre i 3 chilometri dai centri di popolazione. E che le
somme da concedersi debbano servire soltanto per l'acquisto delle sementi,
degli armenti, dei bovi aratori, delle macchine e dei concimi, con l'obbligo
al proprietario della terra di posporre le sue ragioni di privilegio sui
frutti a quelle dell'istituto concedente i prestiti.
Ma ciò non è sufficiente: la Legge medesima dovrebbe anche provvedere, a
titolo di pubblico interesse, ai patti che dovranno regolare i rapporti tra
il proprietario della terra e il colono, e quindi dichiarare nulle tutte le
condizioni e contrattazioni speciali che tra essi possano intercedere in
senso diverso tra quelli voluti dalla Legge, ed imporre il modo come la
terra non sia sfruttata. E dico così perché la terra deve ormai esser
riguardata di ragion particolare solo pel godimento e per la
trasmissibilità; ma per quanto poi concerne il suo rimboschimento, la
regimentazione delle acque, la stabilità del suolo, e l'armonia necessaria
alla salubrità regionale deve essere ritenuta di pubblico patrimonio, e
quindi nessuno può sfruttarla ed insterilirla.
Tutto ciò varrebbe a costituire reciproche garanzie di sicurezza fra
proprietario e colono, ognuno dei quali ubbidirebbe ad una Legge, quasi di
ordine pubblico e nessuno dei due sarebbe esposto ai capricci ed alla
malafede dell'altro. Ne nascerebbe quindi quella mutua fiducia che finora è
sempre mancata e che ci ha condotti allo stato di attuale miseria.
Intorno alle domande rivolte al Governo per le opere igieniche nei Comuni e
per la sicurezza e la stabilità degli abitati, non mi dilungo a ragionare,
essendo risaputo che, quando i Comuni sono poveri, hanno il diritto ad
ottenere dallo Stato le opere necessarie alla garanzia degli abitanti e alla
tutela della loro buona igiene. Nessun Governo di barbari ai tempi nostri
potrebbe più negare l'acqua potabile a chi ne è privo, o il consolidamento
di una frana che minacci la stabilità di un paese.
E pur ottenendo tutto quel bene di Dio saremo salvi?
Entro nella trattazione di un problema la cui risoluzione è riposta
interamente in noi e pel quale l'azione del Governo dello Stato non potrebbe
entrare che solo indirettamente ed in modo molto debole.
Occorre innanzitutto predisporci ed educarci in modo da saper profittare
degli aiuti, perché, in contrario, qualunque possa essere la benevola azione
del Governo, tutto verrebbe a risolversi in uno inutilissimo spreco di
denaro e quindi in una amara delusione per noi e per la Nazione che ci
presta l'aiuto.
E' assoluto bisogno da parte nostra quello di ripristinare tra noi la classe
agricola, ora quasi interamente distrutta o degenerata; e ciò valga detto
non solo per i contadini, ma anche, e specialmente, per i fattori di
campagna, che prima erano rappresentati da tutti i proprietari di terre.
Facciamo quindi in modo che, una parte almeno di tanta cara e svegliata
figliuolanza meridionale, non venga più slanciata nel vacuo e rovinoso campo
del piccolo impiego e delle professioni, dal quale ci perviene una selva di
accademici e di spostati; ma che i nostri giovani vengano indirizzati
all'amore per la terra e per le industrie che dalla stessa derivano, e che
essi conseguano nelle scuole quella coltura e quel tecnicismo vero e
proficuo che incoraggia e che innamora, e che libera l'uomo dalle clientele
e dai vincoli di dipendenza. Il proprietario fattore di campagna, che dirige
e amministra la coltivazione del proprio fondo è un piccolo Re, e gode
dell'autonomia più estesa cui l'uomo civile possa aspirare.
Noi abbiamo fin troppo sperimentato come in Italia, e specialmente tra noi
meridionali, le tante Università non producono che sfiduciati e affamati.
Noi abbiamo visto come i nostri paeselli soggiacciano all'opera deleteria di
tanti avvocati, medici, ingegneri, farmacisti, letterati e insegnanti, tutti
senza clientela e senza stabile occupazione, divenuti nevrastenici e
lottatori, non solo pel tozzo di pane, ma anche accumulatori d'odio contro
l'ordine costituito e contro l'interesse del terzo! Prima avevamo la selva
nera dei preti e dei frati, oggi abbiamo quella degli spostati sociali:
quelli fomentavano odio per ragioni di predominio e di sfruttamento, questi
per ragioni di fame e di malessere psichico! lo sento gran pietà per questa
categoria di spostati sociali i quali, poverini debbono bestemmiare i propri
genitori se vengonsi nella dura necessità di non poter aspirare nella mensa
ad una seconda pietanza, di non poter impiantare una famigliuola, di non
poter indossare un abito migliore. E poi, poverini, ricchi più o meno di
titoli accademici, dopo aver anche atteso invano a qualche impieguccio,
rivolgono nell'età matura le ultime loro mire all'Estero, e colà vanno ad
assoggettarsi a sacrifici ben gravi e spesso umiliantissimi!.. Oh! se
costoro avessero atteso alla coltivazione della piccola masseria!..
Non più professionisti vacui ed inutili, ma fattori di campagna;
perché deriverà maggior bene all'individuo, alla famiglia e alla patria,
dall'opera modesta di un assennato e probo fattorello che da i vaniloqui di
qualche insignito di lauree, che passeggia e spacca sentenze a pancia vuota,
per la mancanza di clienti e di qualsiesi incoraggiamento!
Questa è dolorosa e triste realtà, alla quale non so se faranno buon viso
gli innumerevoli galantuomini e proprietari che oggi scorrono le ore della
inutil vita nelle farmacie e nei circoli di unione, ove attendono con ansia
il giorno in cui il macilento fittavolo rechi loro gli scarsi frutti di quel
fondo, del quale, i poveri ignari non conoscono nemmeno i confini! Ricordino
essi che la piattaforma sulla quale, chi possiede la terra, vince ogni lotta
per la vita, e la coltivazione della terra stessa, che è fu e sarà sempre
l'unica inesauribile fonte di ricchezza, maestra di virtù, asilo sicuro di
vita e di morte.
E qui mi piace riportare un brano tolto dall'impareggiabile Pro Silvis
dell'illustre Arnaldo Cantani: "beato il paese, che accanto alle spade
vittoriose, alle bandiere conservate e conquistate, eleva sugli scudi
d'onore l'aratro di Cincinnatus e la zappa di Garibaldi; quel paese sarà
sempre invincibile, e le sue corti di contadini armati, combattenti pro aris
et focis resisteranno al nemico invasore meglio di legioni, di retori
sentimentalisti e politicanti. L'idea trionferà bensì sempre sulla materia
rozza, ma senza la materia non ci sarà l'idea! Veneriamo per sempre sugli
altari le arti e le scienze, rispettiamo per sempre sugli altari le arti e
le scienze, rispettiamo per sempre gli studi astratti e gli sforzi della
politica: ma non abbiamo che mens sana in corpore sano, che senza i frutti
della terra non si nutre, non si alimenta, non si regge il pensiero
medesimo, che senza la terra ci si perde sotto i piedi Pubi consistam!"
Qui giunto conchiudo con un augurio e con una raccomandazione: che la nostra
buona Basilicata nelle sue attuali penose condizioni, abbiasi dalla paterna
mano del Governo dello Stato aiuti e protezioni e che giungano presto e
bene; ma noi condanniamo gli errori del nostro passato, detestiamo ogni
aspirazione di vita differente da quella che ci viene additata ed imposta da
i nostri monti e dalle nostre valli, e ritorniamo tutti e presto alla
lavorazione della terra e alla cura degli armenti.
I nostri padri, dotati di una coltura variabile tra la prima e terza
ginnasiale, ed occupati sempre nelle faccende di campagna, furono saggi ed
agiati cittadini; noi, invece, letterati, giuristi, e perfino astronomi, nel
campo della vita siamo ignoranti e poveri, ed in quello delle idee vacui e
saccenti!
Ritorniamo tutti al campicello e agli armenti, e solo così diventeremo
ricchi e forti lucani!
Moliterno 2 novembre 1902 V. Valinoti Latorraca
N.B. 1 dicembre 1902 questi pensieri sono stati spediti oggi al Presidente
dei Ministri Zanardelli, per richiesta fattamene dal Prefetto di Potenza
Comm. Maggiotti.
lll
1
Ferdinando Petruccelli della Gattina, giornalista, scrittore, medico e
parlamentare moliternese, così lo descrive nella sua famosa opera "I
moribondi del Palazzo Carignano":
« Il signor Zanardelli, di Brescia, fu, nel 1848, uno degli agitatori
dell'Università di Pavia ed uno degli attori della rivoluzione lombarda.
Prese il fucile e si trovò con quella colonna di volontari la quale a
Rezzato, fece prigioniero un corpo di austriaci marciante su Brescia in
rivolta. Zanardelli s'incorporò in seguito nel battaglione di Brescia, che
si battè nel Tirolo e si trovò al combattimento di Castel Toblino. Poscia
entrò nel battaglione degli studenti inviato al blocco di Mantova. Il signor
Zanardelli restò quindi sempre sulla breccia, dopo la rioccupazione
austriaca della Lombardia, scrivendo libri, articoli di statistica, di
economia politica, e di diritto, e pagando di nuovo, nel 1858 e 1859, di sua
persona, onde cacciare la dominazione straniera d'Italia. Il signor
Zanardelli appartiene all'opposizione moderata, e si è mostrato instruito ed
abile oratore tutte le volte che, in gravi questioni giuridiche o
economiche, ha presa la parola »
2 Delle strade rotabili poi si è visto l'immediato vantaggio al constatare
che, dei quattromila chilometri e di strade finora costruiti e collaudati,
sono in evidenza dal primo piano della loro apertura al transito, solamente
quelle che erano già importanti al traffico nella loro antica forma di
mulattiera e di tratturelli, e ciò per la importanza dei luoghi che
attraversavano prima e che attraversano dopo la costruzione. Di tutte le
altre, costruite, quali da oltre un trentennio, quali da un ventennio e da
un decennio, alcune, solamente per gli sforzi dei miseri Comuni, hanno avuto
l'onore di vedere una sdrucita carrozza postale, e la maggior parte non
ancora hanno visto la ruota di un veicolo qualsiasi!.
3 Con ciò non intendo mostrarmi un retrogrado nel campo dei lavori stradali,
ma dico solamente che, con le vie rotabili e con tutte le ferrovie, senza
altre riforme che varranno a migliorare la nostra condizione morale, più che
economica, noi non miglioreremo, e continueremo per una china che fra non
molto ci condurrà alla completa perdizione. Si vedrà in seguito che
l'emigrazione e quindi l'abbandono delle terre non è il risultato del
pauperismo popolare, ma della miseria dei proprietari, avviliti nell'ignavia
e perseguitati dal Fisco!.. |