BIBLIOTECA COMUNALE "G. RACIOPPI"
MOLITERNO

L'ospite illustre

   

Capitolo II - Il diario inedito del Sindaco di Moliterno

Cap. XXXVI L'Ospite Illustre
Narrazione e pensieri sul Viaggio in Basilicata di S.a Ecc.a Giuseppe Zanardelli

(A)
Nell'agosto 1902, promotore l'onorevole Deputato Pietro Lacava, venne deciso da Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli, Presidente del consiglio dei Ministri, il suo viaggio in Basilicata, allo scopo di visitare questa vasta provincia e studiare personalmente i bisogni e le cause dei mali che la funestano. Ogni particolarità intorno a quel viaggio fu innanzi tempo discussa e concordata tra i Deputati Lovito, Lacava e Donnaperna, che si riunirono in Napoli, con l'intervento del Presidente della Deputazione Provinciale Comm. Avv. Vincenzo Lichinchi.
L'On. Zanardelli, prima di recarsi tra noi, volle visitar Napoli, Capri e Sorrento, ed indi, nel mattino del 17 Settembre 1902, col treno delle ore 7.40, mosse da Napoli accompagnato dagli onorevoli Lacava ed Abignente, e da tutti i componenti la Deputazione Provinciale di Salerno i quali alla Stazione di Sicignano, gli offrirono una colazione in un padiglione appositamente impiantato.
Il Presidente Zanardelli entrò in Basilicata per la via di Lagonegro, ma prima di giungervi, ed a richiesta del Deputato On. Giovanni Camera, si fermò per due ore alla Certosa di Padula, ove fu festeggiato da quelle popolazioni. La sera del 17, alle ore sei, giunse in Lagonegro e prese alloggio nel Palazzo della Sottoprefettura.
Nel mattino del 18 settembre, gli onorevoli Pietro Lacava e Giovanni Abignente, allo scopo di trovarsi anticipatamente in Corleto Perticara, mossero da Lagonegro col primo treno e giunsero in Moliterno alle ore 10.30. Dopo una colazione in casa mia, alla quale partecipò anche l'On. Lovito, e dopo una breve visita alla nostra Casa Municipale, continuarono il loro viaggio verso Corleto Perticara, ove giunsero alle ore cinque pomeridiane.
Il Presidente dei Ministri uscì da Lagonegro col treno dell'una pomeridiana dello stesso giorno 18 settembre e giunse col suo seguito alla stazione di Montesano dopo un'ora.
Da quel punto, alle ore due pomeridiane, formato il corteo in nove carrozze, si prese la via per Moliterno, facendo una breve fermata a Montesano, per visitare quel Municipio.
Alle ore quattro pomeridiane l'On. Lovito, deputato del nostro Collegio, il Cav. Avv. Francesco Dagosto, Consigliere Provinciale del nostro Mandamento ed io, nella qualità di Sindaco del nostro Comune, muovemmo dalla piazza di Moliterno all'incontro verso la Cessuta ed incontrammo lo Zanardelli col seguito a sei chilometri di distanza, cioè nel centro del Bosco Faggeto. Ivi, dopo avvenuta da parte del Lovito la presentazione mia e del Dagosto, ed invitati a montare nella prima carrozza, che era quella del Presidente, ripigliammo il cammino verso Moliterno, ove si giunse alle ore sei pomeridiane, attraversando il paese imbandierato e festante in mezzo ad una folla acclamante.
Al corso Umberto I°, presso la cappella dell'Angiolo Custode Sua Eccellenza Zanardelli scese dalla carrozza, e ricevuto e salutato da tutti i cittadini e Rappresentanze Civiche, prese il mio braccio, e preceduti dalla banda musicale, e seguiti dall'intera popolazione festante, ci avviammo per la via San Rocco, Rosario e pel Largo della Chiesa Madre, d'onde arrivammo in casa dell'On. Lovito. Non appena giunti avvennero le presentazioni e la distribuzione degli alloggi.
Alle ore 8.30 di sera in casa del Lovito si tenne pranzo per 28 coperti, dei quali 9 furono assegnati alla tavola d'onore, e 19 all'altra mensa. Alla prima sederono: Zanardelli, Roberto Talamo, Sottosegretario di Stato, io, nella qualità di sindaco, il Prefetto della Provincia, Comm. Francesco Maggiotti, il Consigliere di Stato e Capo di Gabinetto dello Zanardelli, Comm. Ciuffetti ed i deputati politici Lovito, Donnaperna, Mango e Camera.
Alla seconda tavola siedevano: il Comm. Nicola Durante, Procuratore Generale della Corte di Appello di Cagliari, il Cav. Gennaro Natale, Consigliere della Cassazione di Roma, il Cav. Vincenzo Mendaia, Consigliere della Corte di Appello di Napoli, e Consigliere Provinciale di Basilicata; i Consiglieri Provinciali Cav. Francesco Dagosto, Cav. Ernesto Mango e Cav. Giovan Battista Romano; i Segretari del Gabinetto di Zanardelli, Cav. Pellegrini e Cav. Gotti; il maggiore dei Carabinieri Cav. Roberto Cesaro; l'Ingegnere Capo del Genio Civile Cav. Gatti; l'Ing. Capo dell'ufficio Tecnico Provinciale Cav. Decio Severini; il Pretore del Mandamento Avv. Vincenzo Migliacci; l'ex Deputato Barone Giustino De Caro, l'Avv. Paolino Chidichimo, ed i direttori e corrispondenti di giornali Vassallo, pel Caffaro; Sestini pel la Tribuna; Ernesto Serao, pel Mattino; Vasquez pel D. Marzio; e il Dott. Libonati pel giornale d'Italia.
Il pranzo fu preparato dal cuoco Francesco Esposito di Castellamare di Stabia, detto Ciccio la vacca, da me condotto in Moliterno per l'occasione, e fu servito da camerieri Napoletani addetti al Gambrinus il cuoco fu molto elogiato.
Ecco il menù del pranzo: ostriche del Fusaro; prosciutto di Moliterno; Consommè; vitella guarnita; trote del fiume Maglia; asparagi; polli in arrosto; insalata verde; lepre in agro dolce; formaggi di Basilicata; dolce gelato; frutta; caffè; cognac; strega; benedettino; vini rossi e bianchi di Moliterno, Champagne.
Durante il desinare la filarmonica di Viggiano eseguiva nell'antisala pezzi di scelta musica, e Zanardelli che sedeva alla mia destra, non cessava d'interrogarmi sulle condizioni del paese. Allo Champagne, levatomi per primo, pronunziai il seguente brindisi: Eccellenza,
Siate il benvenuto in Moliterno, ove tutti, al semplice annunzio di si alta visita, aprimmo gli animi alla speranza che, a nostro danno, l'oblio non perduri ed io forte per costante fede, in nome dei miei 8000 amministrati, dei quali, 3000 circa, i più vigorosi e giovani, sparsi e raminghi per le diverse regioni d'America, e 5000 qui presenti, ma anch'essi quasi tutti disposti ad emigrare, reco: a Vostra Eccellenza, nella qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, di sua Maestà la espressione dei sensi più schietti e profondi della fedeltà, e dell'ubbidienza; al Nobile Figlio Di Brescia la forte, quella della fratellanza; ed all'illustre Giuseppe Zanardelli, quella dell'ammirazione e della gratitudine. E con l'augurio di vedere presto la Basilicata restituita all'antica sua prosperità economica, bevo alla Vostra salute, al grido di Viva l'Italia, Viva il Re! (applausi prolungati).
Sua Eccellenza Zanardelli, levatosi, risponde: Signor Sindaco,
Ringrazio lei e la buona Cittadinanza di Moliterno del nobile saluto e della cordiale accoglienza. Io giro per questa vostra illustre Provincia per studiarne i bisogni, e mi auguro che in Moliterno restino non solo i 5000 buoni abitanti che ora vi risiedono, ma vi tornino contenti e ben rifatti gli altri 3000 assenti. Bevo signor Sindaco, alla sua salute e a quella di tutti i suoi Amministrati: bevo alla salute dell'On. Francesco Lovito, mio commilitone nei lavori parlamentari per 40 anni; e nel bere alla sua salute, lo ringrazio pel piacere che mi ha procurato di volermi qui, in questa sua casa, in questo civile e operoso paese, che fu culla a tanti uomini illustri! (applausi fragorosi e prolungati).
Il Deputato Lovito pronunziò il seguente discorso:
Permettete, o Signori, che alla buona e senza pretenzioni oratorie vi dica la mia opinione sul viaggio dell'On. Zanardelli nella nostra Provincia:
Dalle meraviglie della Grotta Azzurra, e dall'incanto del Golfo di Napoli, il Presidente del Consiglio si reca in Basilicata a studiare de visu, i nostri bisogni! Il fatto è così inconsueto che, quali che siano le nostre opinioni, noi non abbiamo in questo momento che un solo dovere, quello di circondare l'On. Zanardelli di deferenza e di affetto. Ma tiene altri fini il viaggio dell'On. Zanardelli? No, Signori, poiché da Zanardelli si può dissentire, ma non è lecito di mettere in dubbio la sua sincerità; e io auguro al mio paese che tutti i cooperatori alla politica dell'On. Presidente del Consiglio, abbiano la medesima sincerità di Giuseppe Zanardelli. Collega per 41 anni di Giuseppe Zanardelli, spesso consenzienti, talvolta dissenzienti, sempre confortati dalla reciproca stima, sono felice oggi che tocca a me l'impreveduto onore di ospitare l'On. Presidente del Consiglio!
Viene con preconcetti in mezzo a noi l'On. Presidente del Consiglio? Quello che gli ha fornito l'On. Bodio (Il Direttore Generale della Statistica): la diminuzione della popolazione. Mentre in tutte le Province la popolazione del Regno cresce di un settimo in un ventennio da 28 milioni che eravamo venti anni addietro, oggi siamo 32, la popolazione dell'ultimo censimento in Basilicata segna una diminuzione di circa 50000 anime (da 520000 nel 1881, siamo oggi a 470000!)
Rimpatriamo gratuitamente On. Zanardelli i poveri della provincia quelli che non fecero fortuna all'estero e che sono costretti a nutrirsi degli avanzi di restaurants mescolati alle immondizie che si raccolgono nella città a letamare le vicine campagne! E poiché non si può proibire la libertà di riemigrare, volendolo rimborsino essi allo Stato le spese del rimpatrio.
Come e perché avviene l'Emigrazione?
La Basilicata è una larga zona di terra inquadrata tra la Calabria Citra, le Puglie, Avellino e Salerno, e i due mari, il Tirreno e lo Ionio. Non ha porti né fari; non ha fabbriche, né miniere, come la vicina provincia di Cosenza (miniera anche mediocremente coltivata dallo Stato). Vi è solo la terra! Siamo noi e i contadini, nessuno dei quali è maestro nella coltura della terra. La mano del fisco è grave (il fisco in Italia spesso ridicolo, sempre feroce) e allora i contadini dicono a noi: sbrigatevela voi col fisco, noi ce ne andiamo!
Mancano i capitali, ed il debito ipotecario è opprimente!
Dite a Cassano, che è anche egli un uomo di cuore, che esili il fisco, e si stabilisca un Istituto di Credito fondiario al 3% e con 50 anni di dilazione perché i nostri fondi migliori non rendono più del 3%, ed i capitali non mancheranno. E sistemate a spese dello Stato i nostri quattro fiumi, il Sinni, l'Agri, il Basento ed il Bradano, che portano a mare le nostre terre, e che scuotono le basi dei nostri paesi, come avvenne per Campomaggiore, per Acerenza, per Calvera e Stigliano.
Ma poi date un sussidio di diecimila lire a chilometro ad una ferrovia a cui è interessato anche il Ministro Balenzano, Presidente del Consiglio Provinciale di Bari, che congiunga Bari alla Basilicata e Salerno, e fate rinascere la fede nelle nostre popolazioni ormai incredule nel nostro Regno. Ma a questo decadimento progressivo e continuo la Deputazione politica di Basilicata assistette impassibile?
Non si fece ciò che si potè, ma i bisogni sono molti, e la Regione è vasta; e poi, non si pensò mai a scuotere con troppe pretese la compagine dell'unità della Patria. Noi, martiri del Borbone, fummo i poeti della libertà; poiché ricorda Zanardelli, come ricordo anch'io, che in quei tempi la politica delle Nazioni vicine, Francia ed Austria, era di tenere divisi gli Stati per dominarli, e la libertà era amministrata a suono di frusta da Metternich all'Italia in pillole, come diceva il Giusti.
Noi dunque miravamo all'unità principalmente, come garanzia della libertà, fortuna per l'Italia che ha ancora un uomo della passata generazione (scusate se sono compreso anch'io in questo elogio), perché il sentimento dell'unità fu sempre per noi superiore alla politica del tornaconto, ed i nostri maestri, e gli esempi nostri si chiamavano Guglielmo Pepe, Alessandro Poerio, Paolo Emilio Imbriano, Salvatore Tommasi, Silvio Spaventa, Giuseppe Pisanelli, Francesco Desantis, Antonio Ciccone, Scialoia, Luigi Settembrini, che tutti stimarono Zanardelli, e che ci insegnarono a caldeggiare l'unità sotto la Monarchia leale e liberale di Casa Savoia. E non si sbagliarono, perché anche oggi, come allora la Monarchia ci unisce e la Repubblica ci divide! Ed è perciò, e con questi intendimenti che io vi invito a bere al Rappresentante odierno della Monarchia, ed a Giuseppe Zanardelli suo primo ministro del tempo! (applausi prolungati).
Nella stessa sera, in casa del Comm. Francesco Racioppi, da me pregato, fu imbandito un pranzo per tutti i forestieri, che per mancanza di spazio non poterono intervenire al banchetto di casa Lovito.
Gli alloggi poi vennero da me disposti nel seguente modo:
1. In casa dell'On. Lovito, Sua Eccellenza Zanardelli, Sua Eccellenza Talamo, il Capo di Gabinetto Comm. Ciuffelli, ed il Segretario di Stato Cav. Pellegrini;
2. In casa mia, il Prefetto della Provincia Comm. Maggiotti, l'On. Deputato Marchese Cesare Donnaperna, ed il Maggiore dei carabinieri Cav. Roberto Cesaro;
3. In casa del Cav. Dagosto, il Comm. Vincenzo Lichinchi, Presidente della Deputazione Provinciale, il Cav. Giuseppe De Filpo, l'Avv. Gioia, ed il pubblicista Serao.
4. In casa dell' Assessore Giacomo Padula fu Giuseppe, il Cav. Mendaia, il Cav. Gatti ed il Cav. Severini.
5. In casa dell'assessore Vincenzo Galante, l'On. Deputato Giovanni Camera, ed il Cavalieri Pesce ed Aldinio di Lagonegro;
6. In casa dell'assessore Nicola Padula, il Cav. Ciotti;
7. In casa dell'assessore Michele Denito, il Comm. Durante ed il Cav. Natale;
8. In casa dell'assessore Vincenzo Pecora, il pubblicista Avv. Raffaele Pignatari;
9. In casa del Signor Domenico Tempone, il pubblicista Vasquez e l'Ingegnere Gioscia;
10. In casa del Comm. Racioppi, i pubblicisti Luigi Arnaldo Vassallo e Sestini
11. In casa del Barone Giustino De Caro, l'On. Camillo Mango ed il Cav. Ernesto Mango;
12. In casa del Sig. Giuseppe Autilio, il pubblicista Mollo ed il fotografo pubblicista Crocco di Egineta.
13. In casa del Dott. Michele Palermo, il pubblicista Dott. Libonati e l'ispettore Capo di Pubblica Sicurezza.
14. In casa del farmacista Domenico Valinoti il pubblicista Tudisco e l'Avv. Chidichimo.
15. In casa del Sign. Fortunato Bianculli, il Cav. Giov. Battista Romano, ed il Comm. Giuseppe Imperatrice.
I capi servizio di posta e telegrafi, nonché gli altri ufficiali dei Carabinieri e tutti i Carabinieri venuti di rinforzo, furono alloggiati nella caserma dei Carabinieri.
La mattina del 19 settembre, alle ore 8.30, tutti i forestieri, meno Sua Eccellenza Zanardelli, che non uscì, dopo un giro pel paese, visitarono la casa Comunale alle ore 10 il Presidente Zanardelli ricevette le Commissioni e le Rappresentanze.
L'On. Lovito presentò le Rappresentanze di Tramutola, il Consigliere di Stato Imperatrice, il Procuratore Generale Durante, il Consigliere di Cassazione Natale, ed altri.
Io, quale Sindaco, presentai la Giunta ed il Consiglio Comunale, il Pretore del Mandamento, il Ricevitore del Demanio Sign. Luigi Mauro, ed il Prof. Comm. Francesco Racioppi, dell'Università di Cagliari, ed altri.
In quel ricevimento domandai al Capo del Governo in nome della cittadinanza di Moliterno un prestito di favore per la costruzione di una conduttura di acqua potabile, tanto richiesta dai bisogni della popolazione, e Zanardelli promise il suo autorevole appoggio.
Il giovane calligrafo Giuseppe Allamprese presentò a Sua Eccellenza Zanardelli una pergamena col ritratto del Presidente, eseguito lodevolmente a penna, e che Sua Eccellenza gradì, ricambiandolo con una fotografia recante la sua firma autografa. La pergamena recava la seguente dedica dettata all'Allamprese dal Cav. Pasquale Degerardis a Giuseppe Zanardelli "cui nato nella Bastiglia d'Italia fortuna non cieca volle finalmente istauratore dello Stato liberale moderno per tutti, quest'umile dono, nella patria di Petruccelli Della Gattina, offre Giuseppe Allamprese augurandogli, che con lunghi anni di sanità fisica continui a serbar perenni la giovinezza dell'animo, la forza della mente elettissima, la fede inconcussa negli alti destini della patria".
Il ricordo di Petruccelli Della Gattina, nelle terra che lo vide nascere, fu graditissimo allo Zanardelli, che è forse il solo fra gli uomini politici dell'ultimo trentennio, il quale abbia avuto la stima e l'ammirazione costante del più famoso pubblicista italiano del secolo scorso (1).
Alle ore 11.30 vi fu colazione in casa del Lovito, alla quale presero parte con Zanardelli, il Lovito, il Talamo, il Ciuffelli, il Pellegrini, ed i Signori Commentatori Imperatrice e Lichinchi, i quali due ultimi non poterono per leggera indisposizione partecipare al pranzo della sera precedente.
In casa mia, e alla stessa ora, vi fu colazione alla quale presero parte, col Prefetto la gran parte dei Signori del seguito di Zanardelli. Si partì all'una pom. Alla volta di Corleto Perticara, ed il corteo si formò alla piazza Plebiscito; e siccome nel giorno innanzi, per volontà dello Zanardelli, espressami per mezzo dell'On. Lacava che giunse prima in Moliterno, avevo telegrafato a tutti i Sindaci dei Comuni vicini, dichiarando loro che Sua Eccellenza Zanardelli avrebbe gradito di incontrare le Rappresentanze e le Commissioni popolari lungo la via che da Moliterno mena a Corleto, ebbi l'incarico da Sua Eccellenza di presentargli tutti coloro che avremmo incontrati lungo il percorso. Alla contrada Pantanelle trovammo i cittadini di Sarconi. Alla contrada Giardino trovammo tutti i Saponaresi col loro bravo e colto parroco il Prof. Francesco Paolo Caputo il quale temendo solo il figliuolo di Dio e non le volgari bassezze della sacrestia, ed ubbidendo al nobile impulso del suo animo gentile di Italiano, volle ossequiare il Primo Ministro del Re che siede nella Roma intangibile. Alla Contrada Casale trovammo i cittadini di Viggiano, e poco più in là quelli di Marsico, di Brienza e di Montemurro.
Giunti alla località detta Tre Cerri, che dista 18 chilometri da Moliterno e 28 da Corleto Perticara, Lovito ed io ci accomiatammo, e facemmo ritorno in Moliterno, ove si giunse alle 5 del pomeriggio. Sua Eccellenza col seguito arrivò in Corleto Perticara alle ore 6 pom. del giorno 19 settembre, e prese alloggio nel palazzo dell'On. Comm. Pietro Lacava.
Nel mattino del 20 settembre inviai il seguente telegramma: "Sua Eccellenza Zanardelli Corleto Perticara interprete sentimenti intera Cittadinanza esprimo Vostra Eccellenza vivi ringraziamenti alto onore concesso Moliterno, che serberà affettuoso, eterno ricordo, Vostra visita, augurandovi forza necessaria compiere faticoso viaggio, pel trionfo provvedimenti indispensabili alla redenzione economica di queste contrade Sindaco Valinoti Latorraca".
Il Presidente rispose col seguente telegramma "Cav. Valinoti Latorraca, Sindaco, Moliterno. Riaffermando mio attaccamento codesta generosa e buona popolazione, ringrazio Lei e tutti affettuoso interesse mio riguardo. Zanardelli".
Il Prefetto Comm. Maggiotti non appena ritornato a Potenza, mi inviò il seguente telegramma: "Sindaco Cav. Valinoti Latorraca, Moliterno Ringraziandola nuovamente cordiale sua accoglienza, rinnovo a Lei ed Amministratori Municipio espressione maggiore compiacimento opere civili compiute vantaggio bellissima Moliterno 21 settembre Prefetto Maggiotti".
A quel telegramma risposi:
"Comm. Maggiotti, Prefetto, Potenza, Grazie sentite, anche a nome miei colleghi amministrazione suoi benevoli sensi, che vivamente ci incoraggiano proseguire nostra opera Sindaco Valinoti Latorraca"

(B)

Il 29 ottobre 1902, nella prima tornata del Consiglio Comunale, per la sessione d'autunno su mia proposta, venne conferita a Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli la Cittadinanza onoraria di Moliterno trascrivo la deliberazione:
II Presidente domanda la inversione dell'ordine del giorno, e per primo capo sottopone all'approvazione del Consiglio la proposta di conferire a Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli la Cittadinanza Onoraria di questo Comune.
Essendo approvata la chiesta inversione il Presidente Cav. Valinoti Latorraca, pronuncia le seguenti parole:
"Signori Consiglieri,
nel 18 e 19 settembre, ultimo scorso, la nostra Moliterno fu fatta segno ad inaspettato onore: Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli venne fra noi non come qualche altro che nei secoli passati vi giungeva da conquistatore o da aguzzino, ma nella qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri di Sua maestà Vittorio Emanuele Terzo, il giovine Re, che con lealtà d'intenti; nobilmente siede sul trono dei suoi Grandi Maggiori, e regge le sorti del Popolo Italiano da nessun unito e affratellato in una sola famiglia, prima del gran Re di Casa Savoia.
Sua Eccellenza Zanardelli ha voluto personalmente vedere e studiare le cause dei tanti mali che affliggono le nostre contrade, e con cuore di grande Italiano, ultimo superstite di una generazione di eroi, e con la mente di grande statista, tutto ha voluto, e tutti ha ascoltato.
Noi non dobbiamo troppo lusingarci sui vantaggi, immediati di questa alta visita, dappoichè, per restituire la Basilicata alla sua antica prosperità economica, occorrono grandi mezzi finanziari ed un non breve periodo evolutivo di tempo; ma quello che resta per noi cittadini di Moliterno, è l'incancellabile sentimento della gratitudine verso un vecchio così illustre e benefico, il quale, nella grave età di 76 anni affrontando disagi e perigli, per due settimane, ha attraversato la nostra Provincia per vie non tutte ben consolidate ed impraticabili.
Propongo quindi il conferimento della Cittadinanza onoraria del nostro Comune a Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli. Il Consigliere On. Francesco Lovito, appoggia la proposta del Sindaco, e nel lodarne l'iniziativa, propone che sia, a cura del Presidente, fatta eseguire una pergamena in doppio esemplare, da restarne una come perenne ricordo nella Casa Comunale, e che domani telegraficamente si annunzi a Sua Eccellenza Zanardelli la deliberazione. Messa ai voti la proposta, con l'assistenza degli scrutatori Albano, Cicchetti e Metelli, unanimemente è approvata a norma di legge. Dopo di che il Presidente ha proclamato l'esito della votazione".
Ecco il telegramma che annunziò allo Zanardelli la suddetta deliberazione:
"30 ottobre 1902. Sua Eccellenza Giuseppe Zanardelli Roma
Questo Consiglio Comunale, ieri sera, inaugurando la sessione d'autunno, su mia proposta, appoggiata dall'On. Lovito, unanimemente nominava Sua Eccellenza Cittadino onorario di questo Comune. Lieto farle comunicazione, prego accettare nostro tenue attestato di affetto e gratitudine. Sindaco Valinoti Latorraca."
Lo Zanardelli rispose da Maderno nello stesso giorno, n. 263, nel seguente modo:
"Cav. Valinoti Latorraca, Sindaco, Moliterno. Il nuovo attestato di benevolenza e di affetto che la Civica Rappresentanza di Moliterno volle accordarmi, sopra proposta sua e dell'ottimo amico Lovito, mi riesce sommamente caro e mi colma di gratitudine. L'onore della cittadinanza conferitomi, con unanime voto, aumenta i miei vincoli verso codesta contrada al cui benessere sarò lieto di dedicare ogni mio sforzo.
Insieme ringraziamenti più vivi per Lei e per i suoi Colleghi, gradisca i miei cordialissimi saluti. Zanardelli".

(C)

Che cosa di bene otterrà la Basilicata dal viaggio dello Zanardelli?
A me pare, e ripeto quello che ho detto innanzi, che noi non dovessimo troppo illuderci, perché, nonostante ogni buona volontà nei preposti al Governo, per aiutarci, il problema del nostro risorgimento economico, per quanto non dissimile, a quello di alcune altre Province meridionali, è ben complesso, ed è specialmente più morale che economico, e chiede, pel suo esplicamento e per la sua attuazione, grandi mezzi finanziari ed un lungo periodo di tempo.
Da alcuni nostri Rappresentanti politici, e da molti Rappresentanti la Provincia ed i Comuni, fra i quali sono anch'io, furono chieste al Capo del Governo strade ferrate e rotabili, consolidamenti di frane, condutture d'acqua potabile, alleviamenti di tributi e tasse, allineamenti ed arginature di fiumi e torrenti, leggi restrittive dell'emigrazione, rimpatrio gratuito di poverelli residenti all'Estero, scuole pratiche di agricoltura, istituti di credito fondiario ecc., ecc.
Finora il Parlamento nulla ha deliberato nel merito delle suindicate richieste, che tutte sono comprese in un progetto Governativo da discutersi alla Camera, sotto la denominazione di provvedimenti per la Basilicata. Ed ora noi, esaminando tutte quelle domande in rapporto alle nostre penose condizioni, vediamo innanzi tempo quali tra esse potrebbero recarci vantaggi immediati, quali vantaggi lontani, e quali potranno anche nuocerci temporaneamente e quali definitivamente. Oltre ciò abbiamo anche il compito di vedere quali obblighi materiali e morali noi dovremo assumere verso noi medesimi e verso la Nazione alla quale domandiamo aiuto.
Un beneficio immediato si otterrebbe più dalla sistemazione delle vie agrarie (vicinali, tratturelli, ecc.) che dal completamento della rete di strade rotabili e dalle ferrovie.
E dico così perché è risaputo che queste conquiste della civiltà che sono le ferrovie, massime per i loro primi tempi di esercizio, turbano l'armonia costituita dei piccoli interessi, e che, nonostante il grande loro giovamento all'interesse generale, nuocciono ai piccoli Comuni, dai quali sottraggono tutte le peculiari risorse locali, per cui col travolgere e confondere ogni cosa nel gran torrente della generalità, annientano o rendono impossibili quei piccoli traffici e movimenti regionali che valgono nella loro primitiva semplicità, a mantenere lo status quo della vita economica (2). L'unico piccolo e vano vantaggio immediato sarebbero gli incassi che i proprietari dei terreni farebbero per le espropriazioni e per vendita di materiali.
Ma poi vale il dire che gli operai locali potrebbero impiegarsi sui lavori, poiché in Basilicata, come è noto, fuggono in America contadini, manovali ed artigiani, e quindi ogni impiego di mano d'opera sui lavori pubblici tornerebbe a vantaggio delle Province ricche di popolazione manovale girovaga, come le Puglie la Terra di Lavoro e le Romagne. Nessun vantaggio dunque immediato ci recherebbero le strade rotabili e ferroviarie. Ed ogni piccolo bene che possa derivarne nei primi anni resterebbe sempre di gran lunga inferiore ai danni che risentiremmo dal subitaneo perturbamento dell'attuale armonia economica, per quanto meschina essa sia! Il bene è sperabile in tempi lontani, dopo che sarà, pel naturale andamento di ogni cosa, stabilito un nuovo e regolare equilibrio di scambio e di produzioni (3).
A me pare che, l'allineamento l'arginatura dei fiumi e torrenti in Basilicata, sia un sogno da bambini, in rapporto alle condizioni di bilancio dello Stato. Per noi è santa aspirazione, ma basterebbe una gran parte del bilancio Nazionale, e per molti anni, a regimentare, non dico tutte le acque di Basilicata, nei loro principali e secondari bacini di confluenza, ma almeno quelle dei quattro corsi maggiori?
Stimo invece, che la nostra santa aspirazione, come ho detto innanzi, potrebbe soltanto, almeno in tempo non lontanissimo, divenire fatto compiuto, come indiretto e conseguente risultato di quel progressivo e razionale rimboschimento delle terre, al quale tutti dobbiamo aspirare e concorrere con sforzi e sacrifici. Questo dunque è il solo e infallibile fattore e mezzo per ottenere che, in tempi più o meno prossimi, i nostri fiumi e torrenti da malefici distruttori ritornino allo stato benefico di naturale stabilità in cui erano prima della devastazione dei boschi e dello sfruttamento delle terre. Lasciamo la poesia e veniamo al fatto pratico: regimentazione di fiumi e torrenti non deve significare allineamenti e sostegni di sponde perché lo Stato non deve profondere milioni inutilmente ma deve significare rimboschimento dei monti e delle terre in forte pendio, consolidamento delle frane, rigoroso rispetto alle sponde, alle rive, ed agli argini naturali. E quali provvedimenti occorrono per conseguire lo scopo?
Le vigenti leggi, 20 luglio 1877 e 1 marzo 1888, che regolano il nostro regime forestale, se mercè lievi modifiche venissero applicate con giusto ed assennato proponimento da parte dei poteri dello Stato, potrebbero risolvere il problema senza bisogno di nuovi provvedimenti legislativi. Quelle leggi però caddero in discredito per l'opera debole dei diversi Governi che si sono avvicendati al potere, i quali non ebbero mai la piena coscienza di applicarle in tutto il loro benefico spirito, limitandosi semplicemente ad espedienti ed a mezzi termini. Ed ho appellati deboli i Governi perché nessuno sentì l'impulso di render le leggi giuste nel fatto per quanto esse lo siano nel fine. Quelle leggi, divenute ancelle del fisco, concedono facoltà di rimboschire e consolidare terreni, senza mai ordinare in modo imperioso, e ciò perché il fisco perderebbe i tributi, e lo Stato dovrebbe concorrere per una parte alla spesa.
Occorre dunque che il Governo esoneri dal tributo fondiario tutti i terreni montuosi e ripidi che richiedono rimboschimento e consolidamento, ed imporvi rigorosamente non solo il vincolo forestale dell'art. 1 della legge 1877, ma un rimboschimento obbligatorio e non facoltativo, concorrendovi per una parte di spesa. E questa che è giustizia vera sarà bene accolta, perché è richiesta dalle misere condizioni della terra, e del proprietario, che, inutilmente, e spesso con grande suo disagio, la possiede.
La domanda di una diminuizione dei tributi, se venisse esaudita è quella che più immediatamente ci recherebbe sollievo nelle attuali misere condizioni, dappoichè sia qualunque l'avvenire, l'attuale nostro stato di proletari perseguitati incessantemente dagli agenti fiscali, è assolutamente insopportabile. Ma non basta diminuire i tributi, alcuni bisogna addirittura abolirli: occorre l'abolizione totale almeno per un trentennio del tributo fondiario sui terreni da rimboschire, e l'esonero completo della tassa fabbricati non solo per le case coloniche e per tutti i vani urbani che servono all'agricoltura e alla pastorizia ma bensì per tutte le quote minime degli abitati e dei villaggi, inferiori a lire 10 di tributo erariale, perché i piccoli paesi ed i villaggi non sono che l'aggruppamento di case coloniche, e che ogni piccola casa di comune rurale non è che il tugurio del colono che si ritira la sera dai lavori dei campi.
Noi, poveri lucani, fummo ammiseriti dal brigantaggio, che dal 1861 al 1876 infestò i nostri luoghi e cagionò la decadenza di migliaia di piccole e grandi fattorie coloniche e armentizie; e ricevemmo, poveri illusi!, il tracollo finale dallo acquisto della gran mole dei beni del Demanio Ecclesiastico, che valse a distruggere il nostro residuale pecunio. Noi prima fummo tanti coloni delle terre pertinenti alle Corporazioni religiose e laicali, e volemmo divenir proprietari di beni che dovemmo subito disboscare e mettere a coltura agraria, lusingati dal vistoso ricolto dei primi anni, unica nostra mira per pagare le tante d'acquisto al seduttore Demanio! Dopo poco tempo ci svegliammo senza denari e con le terre malmenate!
Noi non abbiamo fatto nulla per migliorare le condizioni agricole delle nostre contrade, e, se qualche tentativo venne praticato, fu sempre un conato da impotenti ed un bamboleggiamento da incoscienti. Nei tempi in cui fummo ricchi, eravamo anche ignoranti; e allorché contrattammo i primi mutui fondiari lo facemmo per pagare al Demanio le residuali rate dei fondi acquistati, e per colmare il vuoto di altri nostri precedenti errori e di cento nostre necessità di vita.
Nessuna lira spendemmo a vantaggio dell'agricoltura, che venne sempre negletta o malmenata. Ed ora che siamo ridotti con le spalle al muro attendiamo dal paterno aiuto dello Stato, se non quello che valga a riparare i nostri gravi errori, quello che è richiesto dalla disgraziata nostra condizione topografica che ci spinge a chiedere aiuto in nome del diritto di natura!
La Basilicata l'espressione geografica di un milione di ettari, è fatta in modo che noi non abbiamo che vaste ed insterilite terre: nessuna industria manufatturiera, senza spiagge marittime senza regioni boscose che valgano pel legname diverso da quello da ardere in forma primitiva senza opifici che possano produrre lavoro superiore ai nostri bisogni. Abbiamo una pastorizia ed un'agricoltura depresse, con forme assolutamente preistoriche ed in piena agonia. Produciamo un poco di grano, di vino, di formaggio e di carne, e poi siamo costretti a comperar tutto. E questo tutto che occorre ai bisogni di nostra modesta, frugale ed incerta vita, deve esser pagato con i proventi della terra che produce poco e spesso male, perché esausta di potenzialità ferace, ed ai proprietari manca il capitale per sollevarne le sorti. Gli scarsi nostri prodotti subiscono concorrenza da ogni parte d'Italia, e vengono sempre collocati sulle piazze a condizione inferiore, mentre la loro produzione costa molto più che altrove. La fuga dei contadini per le Americhe ha recato un rincaro fortissimo nella mano d'opera e nei salari: il contadino che oggi nelle Puglie, o specialmente nel Leccese, esige meno di una lira in Basilicata pretende da £ 1.70 a £ 2.10! Ciò non basta: la efferata esigenza del fisco, che ci perseguita in nome dello Stato, della Provincia e del Comune, e ci colpisce direttamente ed indirettamente nelle terre, nei prodotti, negli armenti, nell'esercizio professionale, ed in ogni parte o fonte di presunto lucro, a conti fatti, ha messo nella condizione di affamati tanto coloro che posseggono la terra quanto coloro che la coltivano; e tutti, investiti da un vuoto che aumenta in forma vorticosa, ed in ragione diretta del tempo che fugge, stretti e perseguitati dall'Esattore e, dai bisogni più elementari della vita, abbandoniamo le terre e le suppellettili, e chiediamo pace e sollievo in un passaporto per l'Estero, che spesso si converte in un vero atto di seppellimento naturale e morale! Ed ecco come l'emigrazione non è causa ma effetto della depressione dell'agricoltura e della pastorizia, che per ridestarsi hanno bisogno di aiuto immediato e di efficaci fattori di rigenerazione, per l'avvenire. Le cattedre ambulanti per lo insegnamento pratico di agricoltura, zootecnia e di caseificio saranno una santa cosa, sempre che non si modelleranno su qualcuna finora già mantenuta dalla Provincia, che ha fatto pessima prova, ed è stata causa di aumentare la sfiducia ed il cinismo nelle popolazioni. A me pare che in ogni zona non vastissima debba funzionare una cattedra ambulante, ed il Professore dovrà essere animato da zelo e da vocazione: più volontà e lavoro che scienza astratta, e dovrà innanzitutto creare nelle nostre residuali masse di contadini e di agricoltori quello che in esse manca, cioè il sentimento e la fede, dappoichè quello che maggiormente ha determinato l'attuale nostra condizione di inetti e di inerti è stata la completa apatia, ed il più vano scetticismo per tutto quello che è innovazione e che tenta al progresso ed al miglioramento. Occorrono quindi professori animati da volontà e resistenti, e da parte dello Stato occorrono premi ed incoraggiamenti, da valere quasi come gli zuccherini che si pongono negli asili d'infanzia ai bimbi piagnolosi e refrattari.
La Emigrazione, che indubbiamente ha recato sollievo e conforto agli umili che sono andati via, è un fenomeno sociale che non può limitarsi con leggi restrittive. Siamo a tempi in cui ognuno ha diritto di mutar scena per mutar fortuna! Che vale la coltura della terra a favore di chi resta, in rapporto alla libertà di chi vuol partire? Chi emigra è spinto da irresistibilità fisico psichica; che hanno basi profonde nonché nella miseria e nel perturbamento morale di tutte le classi sociali, ma anche in un bisogno legittimo dell'animo e quindi a me pare che nessuna legge possa vietare l'Emigrazione spontanea, meno quelle che regolano la coscrizione militare e l'istituto della patria potestà; ogni altro provvedimento legislativo sarebbe un mezzo di polizia, per farci tornare indietro di secoli.
Ma se lo Stato non deve ostacolare l'Emigrazione deve però proteggerla e regimentarla all'Estero. Colà i nostri emigrati sono esposti ed abbandonati ad ogni arbitrio degli altri, senza mai trovare appoggio, e protezione e conforto presso i nostri Rappresentanti diplomatici e consolari, la gran parte dei quali è spesso inutile e dannosa. L'On. Lovito chiede il rimpatrio gratuito dei nostri connazionali poveri che non hanno fatto fortuna all'Estero, e perché no? Ma adagio: Per me qualunque fatto derivante da sensi di pietà, non solo è lodevole, ma sublime e ciò sempre che non rechi danno al terzo. Se poi questo fatto, nonostante la bontà del sentimento che lo genera, dovesse recar danno e molestia agli altri, perde il suo valore, e noi dobbiamo guardarlo e valutarlo diversamente. Occorre perciò che lo Stato faccia la carità a chi ne sia meritevole e che la cosa non acquisti il carattere di provvedimento generale, e che la proposta venga studiata in modo affinché il gratuito rimpatrio non sia concesso agli oziosi di mestiere, la cui torba numerosissima e molesta va confusa con quella dei poveri avversati dalla fortuna. Rimpatriare quindi coloro che non seppero vivere né qui né altrove sarebbe lo stesso che perturbare la nostra pace e la nostra sicurezza, unico bene del quale veramente possiamo menar vanto. Noi dobbiamo opporci ad un indiretto ripristinamento non dico di un brigantaggio di campagna, che forse sarebbe meno funesto, ma del malandrinaggio di piazza, che è la forma più esiziale e più degradata della delinquenza umana!
Per migliorare le sorti dei proprietari di terre, occorre assolutamente rialzare quelle dell'agricoltura e dell'industria armentizia, cose che non possono supporsi disgiunte l'una dall'altra; e per ottenere ciò bisogna istituire una cassa di credito, non fondiario, ma agricolo necessario a sollevare la terra nella sua potenzialità redditizia. Si richiede perciò una Legge che costituisca e regoli il funzionamento di questo necessario istituto agricolo, che abbia per scopo, non quello di prestar denaro ai proprietari che hanno perduto al gioco, o che vogliano ancora tenere i cavalli di lusso, ma ai proprietari che coltivino direttamente i loro fondi ed ai coloni che li assumano a mezzadria, e che l'interesse non sia superiore al 2,50%. Che la Legge obblighi alla costruzione di case coloniche per i fondi lontani oltre i 3 chilometri dai centri di popolazione. E che le somme da concedersi debbano servire soltanto per l'acquisto delle sementi, degli armenti, dei bovi aratori, delle macchine e dei concimi, con l'obbligo al proprietario della terra di posporre le sue ragioni di privilegio sui frutti a quelle dell'istituto concedente i prestiti.
Ma ciò non è sufficiente: la Legge medesima dovrebbe anche provvedere, a titolo di pubblico interesse, ai patti che dovranno regolare i rapporti tra il proprietario della terra e il colono, e quindi dichiarare nulle tutte le condizioni e contrattazioni speciali che tra essi possano intercedere in senso diverso tra quelli voluti dalla Legge, ed imporre il modo come la terra non sia sfruttata. E dico così perché la terra deve ormai esser riguardata di ragion particolare solo pel godimento e per la trasmissibilità; ma per quanto poi concerne il suo rimboschimento, la regimentazione delle acque, la stabilità del suolo, e l'armonia necessaria alla salubrità regionale deve essere ritenuta di pubblico patrimonio, e quindi nessuno può sfruttarla ed insterilirla.
Tutto ciò varrebbe a costituire reciproche garanzie di sicurezza fra proprietario e colono, ognuno dei quali ubbidirebbe ad una Legge, quasi di ordine pubblico e nessuno dei due sarebbe esposto ai capricci ed alla malafede dell'altro. Ne nascerebbe quindi quella mutua fiducia che finora è sempre mancata e che ci ha condotti allo stato di attuale miseria.
Intorno alle domande rivolte al Governo per le opere igieniche nei Comuni e per la sicurezza e la stabilità degli abitati, non mi dilungo a ragionare, essendo risaputo che, quando i Comuni sono poveri, hanno il diritto ad ottenere dallo Stato le opere necessarie alla garanzia degli abitanti e alla tutela della loro buona igiene. Nessun Governo di barbari ai tempi nostri potrebbe più negare l'acqua potabile a chi ne è privo, o il consolidamento di una frana che minacci la stabilità di un paese.
E pur ottenendo tutto quel bene di Dio saremo salvi?
Entro nella trattazione di un problema la cui risoluzione è riposta interamente in noi e pel quale l'azione del Governo dello Stato non potrebbe entrare che solo indirettamente ed in modo molto debole.
Occorre innanzitutto predisporci ed educarci in modo da saper profittare degli aiuti, perché, in contrario, qualunque possa essere la benevola azione del Governo, tutto verrebbe a risolversi in uno inutilissimo spreco di denaro e quindi in una amara delusione per noi e per la Nazione che ci presta l'aiuto.
E' assoluto bisogno da parte nostra quello di ripristinare tra noi la classe agricola, ora quasi interamente distrutta o degenerata; e ciò valga detto non solo per i contadini, ma anche, e specialmente, per i fattori di campagna, che prima erano rappresentati da tutti i proprietari di terre. Facciamo quindi in modo che, una parte almeno di tanta cara e svegliata figliuolanza meridionale, non venga più slanciata nel vacuo e rovinoso campo del piccolo impiego e delle professioni, dal quale ci perviene una selva di accademici e di spostati; ma che i nostri giovani vengano indirizzati all'amore per la terra e per le industrie che dalla stessa derivano, e che essi conseguano nelle scuole quella coltura e quel tecnicismo vero e proficuo che incoraggia e che innamora, e che libera l'uomo dalle clientele e dai vincoli di dipendenza. Il proprietario fattore di campagna, che dirige e amministra la coltivazione del proprio fondo è un piccolo Re, e gode dell'autonomia più estesa cui l'uomo civile possa aspirare.
Noi abbiamo fin troppo sperimentato come in Italia, e specialmente tra noi meridionali, le tante Università non producono che sfiduciati e affamati.
Noi abbiamo visto come i nostri paeselli soggiacciano all'opera deleteria di tanti avvocati, medici, ingegneri, farmacisti, letterati e insegnanti, tutti senza clientela e senza stabile occupazione, divenuti nevrastenici e lottatori, non solo pel tozzo di pane, ma anche accumulatori d'odio contro l'ordine costituito e contro l'interesse del terzo! Prima avevamo la selva nera dei preti e dei frati, oggi abbiamo quella degli spostati sociali: quelli fomentavano odio per ragioni di predominio e di sfruttamento, questi per ragioni di fame e di malessere psichico! lo sento gran pietà per questa categoria di spostati sociali i quali, poverini debbono bestemmiare i propri genitori se vengonsi nella dura necessità di non poter aspirare nella mensa ad una seconda pietanza, di non poter impiantare una famigliuola, di non poter indossare un abito migliore. E poi, poverini, ricchi più o meno di titoli accademici, dopo aver anche atteso invano a qualche impieguccio, rivolgono nell'età matura le ultime loro mire all'Estero, e colà vanno ad assoggettarsi a sacrifici ben gravi e spesso umiliantissimi!.. Oh! se costoro avessero atteso alla coltivazione della piccola masseria!..
Non più professionisti vacui ed inutili, ma fattori di campagna;
perché deriverà maggior bene all'individuo, alla famiglia e alla patria, dall'opera modesta di un assennato e probo fattorello che da i vaniloqui di qualche insignito di lauree, che passeggia e spacca sentenze a pancia vuota, per la mancanza di clienti e di qualsiesi incoraggiamento!
Questa è dolorosa e triste realtà, alla quale non so se faranno buon viso gli innumerevoli galantuomini e proprietari che oggi scorrono le ore della inutil vita nelle farmacie e nei circoli di unione, ove attendono con ansia il giorno in cui il macilento fittavolo rechi loro gli scarsi frutti di quel fondo, del quale, i poveri ignari non conoscono nemmeno i confini! Ricordino essi che la piattaforma sulla quale, chi possiede la terra, vince ogni lotta per la vita, e la coltivazione della terra stessa, che è fu e sarà sempre l'unica inesauribile fonte di ricchezza, maestra di virtù, asilo sicuro di vita e di morte.
E qui mi piace riportare un brano tolto dall'impareggiabile Pro Silvis dell'illustre Arnaldo Cantani: "beato il paese, che accanto alle spade vittoriose, alle bandiere conservate e conquistate, eleva sugli scudi d'onore l'aratro di Cincinnatus e la zappa di Garibaldi; quel paese sarà sempre invincibile, e le sue corti di contadini armati, combattenti pro aris et focis resisteranno al nemico invasore meglio di legioni, di retori sentimentalisti e politicanti. L'idea trionferà bensì sempre sulla materia rozza, ma senza la materia non ci sarà l'idea! Veneriamo per sempre sugli altari le arti e le scienze, rispettiamo per sempre sugli altari le arti e le scienze, rispettiamo per sempre gli studi astratti e gli sforzi della politica: ma non abbiamo che mens sana in corpore sano, che senza i frutti della terra non si nutre, non si alimenta, non si regge il pensiero medesimo, che senza la terra ci si perde sotto i piedi Pubi consistam!"
Qui giunto conchiudo con un augurio e con una raccomandazione: che la nostra buona Basilicata nelle sue attuali penose condizioni, abbiasi dalla paterna mano del Governo dello Stato aiuti e protezioni e che giungano presto e bene; ma noi condanniamo gli errori del nostro passato, detestiamo ogni aspirazione di vita differente da quella che ci viene additata ed imposta da i nostri monti e dalle nostre valli, e ritorniamo tutti e presto alla lavorazione della terra e alla cura degli armenti.
I nostri padri, dotati di una coltura variabile tra la prima e terza ginnasiale, ed occupati sempre nelle faccende di campagna, furono saggi ed agiati cittadini; noi, invece, letterati, giuristi, e perfino astronomi, nel campo della vita siamo ignoranti e poveri, ed in quello delle idee vacui e saccenti!
Ritorniamo tutti al campicello e agli armenti, e solo così diventeremo ricchi e forti lucani!

Moliterno 2 novembre 1902 V. Valinoti Latorraca

N.B. 1 dicembre 1902 questi pensieri sono stati spediti oggi al Presidente dei Ministri Zanardelli, per richiesta fattamene dal Prefetto di Potenza Comm. Maggiotti.

 

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1 Ferdinando Petruccelli della Gattina, giornalista, scrittore, medico e parlamentare moliternese, così lo descrive nella sua famosa opera "I moribondi del Palazzo Carignano":
« Il signor Zanardelli, di Brescia, fu, nel 1848, uno degli agitatori dell'Università di Pavia ed uno degli attori della rivoluzione lombarda. Prese il fucile e si trovò con quella colonna di volontari la quale a Rezzato, fece prigioniero un corpo di austriaci marciante su Brescia in rivolta. Zanardelli s'incorporò in seguito nel battaglione di Brescia, che si battè nel Tirolo e si trovò al combattimento di Castel Toblino. Poscia entrò nel battaglione degli studenti inviato al blocco di Mantova. Il signor Zanardelli restò quindi sempre sulla breccia, dopo la rioccupazione austriaca della Lombardia, scrivendo libri, articoli di statistica, di economia politica, e di diritto, e pagando di nuovo, nel 1858 e 1859, di sua persona, onde cacciare la dominazione straniera d'Italia. Il signor Zanardelli appartiene all'opposizione moderata, e si è mostrato instruito ed abile oratore tutte le volte che, in gravi questioni giuridiche o economiche, ha presa la parola »

2 Delle strade rotabili poi si è visto l'immediato vantaggio al constatare che, dei quattromila chilometri e di strade finora costruiti e collaudati, sono in evidenza dal primo piano della loro apertura al transito, solamente quelle che erano già importanti al traffico nella loro antica forma di mulattiera e di tratturelli, e ciò per la importanza dei luoghi che attraversavano prima e che attraversano dopo la costruzione. Di tutte le altre, costruite, quali da oltre un trentennio, quali da un ventennio e da un decennio, alcune, solamente per gli sforzi dei miseri Comuni, hanno avuto l'onore di vedere una sdrucita carrozza postale, e la maggior parte non ancora hanno visto la ruota di un veicolo qualsiasi!.

3 Con ciò non intendo mostrarmi un retrogrado nel campo dei lavori stradali, ma dico solamente che, con le vie rotabili e con tutte le ferrovie, senza altre riforme che varranno a migliorare la nostra condizione morale, più che economica, noi non miglioreremo, e continueremo per una china che fra non molto ci condurrà alla completa perdizione. Si vedrà in seguito che l'emigrazione e quindi l'abbandono delle terre non è il risultato del pauperismo popolare, ma della miseria dei proprietari, avviliti nell'ignavia e perseguitati dal Fisco!..

 

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