INSEDIAMENTI PREISTORICI
La scoperta recente dei resti di una tomba lucana, presso il ponte di
Rimintiello, durante lavori di scavo, conferma e documenta la presenza del
popolo lucano nel territorio moliternese.
I Lucani erano un popolo di ceppo Indoeuropeo, stanziato sui monti
dell'Appennino centrale. Alla fine dell'età del ferro, verso il 500 a.C.,
dopo aver fondato Teggiano ed Atena Lucana, lungo il fiume Tanagro, si
diressero verso I'Agri, fondarono la città di Grumento e si diffusero anche
nel nostro territorio, nella zona di San Nicola, mescolandosi con gli
autoctoni, ossia con le popolazioni indigene, siano esse Pelasgi o Enotri.
Che la suddetta zona fosse abitata sin dall'età del bronzo, ossia da
un'epoca anteriore al 700 a.C., quando si fa iniziare l'età del ferro è
documentato dai reperti e dai fossili, rinvenuti nella grotta detta "Murgia
di Sant'Angelo".
Nel 282 a.C., i Lucani, dopo una certa resistenza, furono assoggettati dai
Romani. Questi, nell'epoca repubblicana, fecero di Grumento un fiorente
centro commerciale, collegato tramite la via Popilia da una parte al
Tirreno, dall'altra allo Ionio.
Nelle zone vicine fiorirono l'agricoltura, la pastorizia e le prime forme
industriali. Sugli speroni rocciosi della collina, dove poi fu costruito il
castello normanno-svevo sorsero casupole che furono rifugio dei pastori.
Sul monte Vetere fu eretto il tempio dedicato alla dea Diana protettrice dei
boschi e della caccia, invece nella conca di Arsieni, sono state ritrovate
testimonianze di "villae". Intorno al X sec. d.C. il pagus, formato da poche
abitazioni, sorte sullo sperone roccioso, s'ingrandì lungo il versante
sud-ovest, forse per l'arrivo dei profughi di Grumento, scampati al
terremoto, o di quanti volevano sfuggire alle scorrerie dei Saraceni o alla
malaria, che imperversava nelle zone pianeggianti, trascurate ornai sin dai
tempi dell' Impero.
Nacque, così, Moliterno che conserva nel toponimo la lingua dei lontani
antenati.
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STORIA
Le origini di Moliterno si perdono nei meandri del tempo, e pare che fosse
già abitato nell'epoca preromana. Notizie certe parlano di un'accrescimento
del "pagus" di Moliterno, dopo la distruzione di Grumento, avvenuta ad opera
dei Saraceni tra l'872 e il 975 (secondo altri avvenuta nel 1031), per
l'arrivo di numerosi grumentini sfuggiti al massacro.
Questi si raccolsero intorno alla torre longobarda. Infatti, il primo popolo
straniero che ha lasciato traccia di sé nell'attuale centro abitato, furono
i Longobardi. Essi, sospinti nel principato di Salerno, cui Moliterno
apparteneva, fecero costruire la "torre merlata" a base quadrangolare e
fusto circolare. La torre aveva funzione di vedetta, ossia serviva per
controllare i Saraceni, che attraverso il valico di Castelsaraceno, miravano
alla conquista di Grumento.
Nella seconda metà dell'XI sec., Moliterno passò sotto la dominazione dei
Normanni, che fecero costruire il Castello e regnarono dal 1059 al 1186.
Con il matrimonio di Costanza d'Altavilla, ultima erede dei normanni, con
Enrico VI, subentrarono gli Svevi.
Sotto Federico Il lasciò traccia di sé uno dei primi feudatari Nicolau de
Moliterno, cui Federico II (Regesto del 1239) consegnò, per tenerlo
prigioniero, il barone Nicolattum de Cusano.
Lo scontro decisivo tra l'esercito di Carlo Angiò, chiamato in Italia dal
pontefice Clemente IV, contro Manfredi, figlio naturale di Federico II, si
concluse a Benevento nel 1266 con la sconfitta e la morte di Manfredi.
Motto lo svevo Manfredi, Moliterno passò sotto la dominazione Angioina, e
più precisamente del barone Brajda. Carlo D'Angiò, infatti, concesse il
feudo a Oddone di Brajda, che era il generale della sua cavalleria.
Testimonianza di ciò è la carta di concessione feudale che Cassini rinvenne
nel processo tra Brajda ed il principe di Stigliano, cioè il Diploma che
Carlo I d'Angiò, rilasciò nel 1269 a favore del Barone Lombardo Oddone di
Brajda.
Con tale scritto, diretto al giustiziere di Basilicata, fu donato ad Oddone
di Brajda, il castello di Moliterno (Castrum Moliterni cum hominibus et
pertiis torri et blandis contentis in eo) (con le prestazioni dovute) ed i
Brajda lo tennero 209 anni dal 1268 al 1477. Sotto di essi Moliterno fu più
volte devastata per le continue lotte tra i partigiani dei nuovi arrivati e
i fedelissimi di casa sveva che causarono la morte di numerose persone. Per
il risarcimento dei danni subiti, la baronessa Odolina d'Aquino, vedova di
Oddone, ottenne da Carlo il godimento temporaneo della terra di Sanseverino
di Camerata nel Cilento di cui erano feudatari i baroni di Carlo d'Angiò.
Nel 1442, dopo una guerra durata 20 anni, tra Angioini ed Aragonesi,
Ferdinando di Aragona, approfittando delle continue discordie fra i baroni
locali, si impadronì del regno di Napoli, annettendolo a quello di Sicilia.
Ha inizio, anche per Moliterno, la dominazione aragonese, che terminerà nel
1502. Sotto tale dominazione, Ugone di Brajda, con l'assenso del re
Ferdinando II di Aragona, cedette il feudo di Moliterno ad Antonio
Sanseverino principe di Salerno nel 1477.
Per le frequenti cospirazioni dei Sanseverino, prima contro gli Aragonesi,
poi contro gli Spagnoli, il feudo venne tolto loro da Ferdinando il
Cattolico nel 1505, ma poi fu restituito ad Alfonso Sanseverino che lo
mantenne fino al 1524, quando lo cedette per trentanovemila ducati al
principe di Stigliano, don Antonio Carafa i cui discendenti lo mantennero
fino al 1882.
Sotto la dominazione dei Sanseverino, per quanto turbolenta sul piano
politico, si sviluppò a Moliterno il commercio della lana, degli ovini, dei
cereali, l'allevamento e l'agricoltura.
Il dominio spagnolo ebbe inizio nel 1502, dopo la facile conquista francese
e l'accordo tra Luigi XII di Francia e Ferdinando il Cattolico, re di
Spagna. Quest'ultimo non diede prova di lealtà al parente Ferdinando III, re
di Sicilia, e si impadronì del regno. Durante il dominio spagnolo, i signori
di Moliterno furono i CARAFA.
Il figlio di Anna Carafa, Nicola Carafa Guzman, vendette Sarconi, San
Chirico e Moliterno nel 1682 a G. B. Spinelli, duca di Caivano.
Gli Spinelli (1685), vendettero le suddette terre per lo stesso prezzo a
Donna Silvia Caracciolo, (vedova del marchese S. Marco, D. Carlo Emanuele
Carvisiglia), che, con atto pubblico dello stesso notaio, dichiarò che era
stata semplice prestanome ed aveva comprato per conto e con denaro del D.
Fabrizio Pignatelli Principe di Marsiconuovo e signore di Moliterno.
Il suo feudo, che comprendeva Moliterno, Sarconi e San Chirico Raparo,
annullato per voto di legge nel 1806, fu diviso in pezzi ed assorbito dai
creditori, che ne compirono l'ultima parte di espropriazione forzata verso
il 1830.
In seguito, il titolo di principe di Moliterno annesso sempre a quello di
Marsiconuovo, fu attribuito al Senatore Galloni, il quale discendeva dal
Principe Tricase.
Questi per un credito di novemila ducati che rinunziò a favore della massa
dei creditori, ottenne in transazione, il titolo nobiliare di Principe di
Marsiconuovo e di Moliterno che unì a quello di Tricase.
Sempre sotto gli spagnoli, i Padri Domenicani che si erano 'insediati nel
convento di San Nicola in Pantanellis, per volere degli Angioini, che li
preferivano ai Basiliani, nel 1510 si trasferirono nella "grancia" della
Serra di Moliterno, chiamati dai Sanseverino.
Essi sotto i Carafa crebbero in prestigio e potenza facilitati dal fatto che
donna Anna Carafa, donna tra le più belle e colte del suo tempo, aveva
sposato don Ramiro Filippo di Guzman, un nobile spagnolo che si vantava di
discendere dalla famiglia Guzman, viceré del regno di Napoli sotto Filippo
IV.
Secondo il Valinoti Latorraca il loro potere fu tale da ottenere dalla Santa
Sede che, in sostituzione dell'Assunta, antica patrona che ci proveniva
dalle tradizioni grumentine, venisse dichiarato San Domenico di Guzman nuovo
patrono di Moliterno.
Intanto, nel 1714, il regno di Napoli passò dagli Spagnoli agli Austriaci
che vi rimasero fino al 1738, quando venne assegnato a Carlo di Borbone,
nipote del re di Spagna. I Borboni rimasero nel meridione d'Italia fino al
1860, ossia fino a quando Garibaldi lo annesse, con "La spedizione dei
mille", al regno d'Italia, salvo la breve interruzione del periodo
napoleonico.
Fu allora, precisamente nel 1806, con la legge del 2 agosto, emanata dai
francesi, che venne abolita la feudalità e lasciato ai baroni solo il titolo
nobiliare, mentre i domini di qualsiasi natura, vennero distribuiti fra i
cittadini del Comune.
In verità per Moliterno le cose erano incominciate a cambiare in meglio,
sotto il dominio di casa Pignatelli.
Moliterno, infatti, con essi andò sempre meglio configurandosi come ente
comunale: governatori e giudici non furono più sgherri dei baroni, ma
persone legalmente riconosciute.
Il paese diventò importante nelle arti e nelle scienze, le scuole si
moltiplicarono, si sviluppò un'accademia di studi, fiorì il teatro e nacque
una scuola di medicina.
In questo periodo Moliterno fu una vera fucina di artisti ed intellettuali.
Oggi Moliterno ha perso un pò del suo antico splendore.
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