BIBLIOTECA COMUNALE "G. RACIOPPI"
MOLITERNO

MOLITERNO:
Un paese da scoprire

STEMMA

Osservando a prima vista lo stemma del comune di Moliterno, balzano agli occhi degli elementi evidenti: una torre merlata, due torri più piccole, un leone rampante con una spada e una corona.
Se lo si esamina più attentamente si può notare, che esso raffigura uno scudo molto elaborato, dai contorni non rettilinei. Sul fondo dello scudo si nota una cinta di mura su cui si alza una torre merlata sormontata da un leone rampante che bandisce una sciabola. La torre rappresenta la fortificazione feudale ed il leone, la potenza del feudatario, pronto a difendere il proprio territorio. Dall'orlo superiore dello scudo pendono due rami ricchi di fiori. Nella parte superiore vi è la corona simbolo che il potere feudale è imperiale. Lo scudo è incorniciato di ricche decorazioni che in alto formano due anse simili a due manici che in basso terminano con due volute. I due lati racchiudono fiori con il gambo. Nella parte inferiore, tra le due volute, vi è un monogramma e al disotto una decorazione incerta tra il floreale o la forma di un'aquila. Non è noto quando lo stemma sia stato innalzato, ma Vincenzo Valinoti Latorraca, lo ritiene di epoca anteriore a quella in cui avvenne la concessione del feudo a favore di Oddone I di Brajda, avvenuta nel 1200. Valinoti Latorraca ritiene che esso risalga ad un periodo in cui a Moliterno non vi era ancora alcun barone, perché tutti i feudatari, che si succedettero uno dopo l'altro nel dominio del feudo dal XIII al XIX sec., avevano stemmi diversi da questo di Moliterno. Il disegno dello stemma è ricavato da una raffigurazione impressa in fondo ad una pagina di scrittura del 1567 ed è identico a quello inciso, a rilievo, sul fonte battesimale situato nella Chiesa Madre, che porta la data del 1617, inoltre è simile a quello riportato sulla porta del teatro diruto, sulla fontana di Arsieni e sulla nicchia della statua di S. Domenico che si trova nella chiesa del Rosario.
 

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ETIMOLOGIA

Una facile etimologia, farebbe derivare il nome di Moliterno dal suo castello e propriamente dalla sua grande Torre merlata, che si suppone, fosse stata detta, "Moles aeterna". Secondo il Racioppi, Moliterno deriva, invece, da mulctrum, che a sua volta deriva dal verbo mulgere (mungere) e che significa cascina o vaso da mungere o, ancora, l'ora del mungere. Con l'aggiunta a tale radice del suffisso uni si avrebbe mulct-ernum, poi Moliterno e cioè luogo dove si coagula il latte. Secondo i più recenti studi glottologici, il toponimo Moliterno deriva dal monema lessicale "molit" da "molitura" che deriva dal latino "mola" ossia macina, più il monema modificante "ernum" che indica il luogo, quindi Moliterno è il luogo dove sono i mulini. Un'altra ipotesi plausibile, riguarda gli originari tre picchi (che erano molto ben visibili dal lato nord) su cui sorgeva il castello (due dei quali furono appianati per espandere la costruzione di quest'ultimo) "Moles-terna" - "Mole-terno" - Moliterno. L'esistenza è testimoniata dallo stemma di Moliterno, che reca ben visibili tre rialzi.
Secondo Emanuele Bilotta, che fa risalire le origini di Moliterno agli insediamenti greco-bizantini, il nome Moliterno, deriverebbe da "Moli-termos" (luogo appena caldo), che per semplice fonetismo dialettale, scambiando le consonanti liquide greche mi in ni, si trasforma in Moliterno. Tale nome troverebbe spiegazione nella particolare mitezza del clima dì Moliterno da sempre considerato salubre.

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IL CASTELLO

Il castello sorge su uno sperone roccioso a 880 m. sul livello del mare.
La costruzione del castello, secondo lo storiografo Giacomo Racioppi, è avvenuta nel XII sec., al contrario delle affermazioni della maggior parte degli studiosi, che la ritengono avvenuta tra l'VIII e il IX sec., in epoca longobarda. Prova di quest'ultima tesi è la torre longobarda, primo nucleo del castello. Successivamente i Normanni, la cui presenza è testimoniata dalla torre quadrata, costruirono il resto del castello, edificandolo intorno alla torre longobarda. In seguito, ogni signore, dall'epoca dei normanni fino a noi, ha aggiunto qualcosa e certo ora il castello conserva ben poco o nulla dell'antica costruzione.
La massa dell'edificio, come appare oggi, è una costruzione seicentesca, ma molte modifiche le sono state apportate attorno al '700 e forse anche nei primi dell' 800.
Si arriva al castello salendo per via Francesco Lovito e vi si entra attraversando un portone ad arco romano, orientato verso sud.
L'ampio cortile, che troviamo appena varcato l'ingresso, è circondato da un muro di cinta, che si prolunga per tutto il lato di mezzogiorno, fino ad una torre quadrata ad est, ed una torre bassa e rotonda ad ovest, riunendosi alla facciata con una serie di archi, che formano un loggiato cinquecentesco. Dalla torre longobarda, che si unisce alla facciata, partendo dalla torre bassa e rotonda, si aprono due ingressi: il primo immette nel secondo cortile e il secondo nelle stalle, nelle quali sono, ancora, visibili le nicchie delle mangiatoie.
La torre longobarda è alta 25 metri, ha un diametro di 8 metri ed è sormontata da merli guelfi quadri, andati per lo più distrutti. Internamente, è costituita da tre piani, ognuno dei quali, è formato da una sola stanza , ricevente luce da una sola finestra. La stanza del pianterreno era adibita a carcere, mentre alle altre stanze, si accedeva mediante una scala a chiocciola. Il secondo cortile, più piccolo del primo, mostra uno spettacolo di profonda desolazione: vi sono dappertutto rovine ed è quasi impossibile ricostruire la disposizione delle stanze. Oltre alle stanze del principe e dei suoi ospiti, alle stalle, alle cucine, alle carceri, ai locali adibiti a magazzini per le merci, alla cappella privata, il castello possedeva, anche, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana.
L'ultimo proprietario del Castello fu Domenico Cassini, che l'acquistò nel 1827.
Questi rimise il Castello in ottime condizioni di abitabilità, tanto da trasformarlo in collegio nel 1892 con la direzione del Prof. Antonio Frabasile.
Il collegio fu frequentato da molti studenti moliternesi e da alcuni allievi provenienti da Potenza.
Le lotte intestine e le beghe paesane, causarono nel 1894, la fine di questa istituzione e il sopra citato Domenico Cassini distrusse vandalicamente il Castello vendendone persino gli infissi.
Esso fu poi venduto ai Padula e da questi ultimi fu ceduto al Comune di Moliterno per la cifra simbolica di lire mille. E' stato, in seguito, dichiarato "monumento d'interesse nazionale" e sono stati eseguiti dei parziali lavori di restauro esterno alla fine degli anni 70, ora interrotti, per mancanza di finanziamenti.

 

 

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