CHIESA MADRE
Ai piedi del castello, nell'antico nucleo di Moliterno, sorge la chiesa
matrice del paese, edificata tra l'XI e il XIII sec.. In questo periodo, si
verificò un notevole aumento della popolazione, a causa dell'immigrazione
dei profughi grumentini e dei seguaci di Oddone di Brajda, che richiese la
costruzione di una chiesa più grande rispetto a quella di Santa Barbara,
insufficiente per soddisfare i bisogni religiosi dei cittadini.
La nuova chiesa fu dedicata dai grumentini all'Assunta, in ricordo della
loro distrutta cattedrale, ma fu fin da allora chiamata Chiesa Madre.
Nel 1500, per un successivo aumento della popolazione, anche questa chiesa
subì un ampliamento di vaste proporzioni, tanto da farle raggiungere i 300
mq.
I lavori di ingrandimento pare siano stati completati verso il XVI sec..
Questa costruzione presentava parecchie differenze rispetto alla chiesa
attuale ed i lavori per l'edificazione dell'odierna chiesa iniziarono nel
1753.
L'autore di questo progetto, che prevedeva la pianta della chiesa a croce
latina, fu l'architetto napoletano Gaetano Azzolini che diresse, anche, i
primi lavori.
Secondo alcune testimonianze esistenti negli archivi della chiesa
parrocchiale, si suppone che la continuazione dei lavori fu affidata ai
fratelli Lametta, capimastri muratori, e nel 1788, all'architetto Ignazio De
Juliis.
A questo intenso periodo costruttorio, seguì in periodo di piena
trascuratezza, che lasciò l'edificio incompleto e allo stato rustico.
Solo nel 1885, si riprese il restauro della chiesa, grazie
all'interessamento dell'arciprete A. Rivelli ed il progetto fu affidato
all'ingegner Francesco Bianculli.
La facciata, come l'intero edificio, é improntata ad un barocco contenuto.
Le linee architettoniche sono messe in evidenza dai pochi ornamenti
sapientemente disposti e dal contrasto di colori. Si alternano, infatti, il
grigio della parete liscia, delle strutture fondamentali e degli ornamenti,
sul rosso dello sfondo, creando un felice chiaroscuro.
La facciata é composta da tre corpi distinti, quello centrale costituisce la
vera e propria facciata, mentre i due laterali corrispondono ai basamenti
dei campanili. La parte centrale é leggermente sporgente rispetto ai due
corpi laterali. In essa - si apre il maestoso portale, che permette
l'accesso alta chiesa.
L'interno della Chiesa Madre é reso luminoso dalla maestosa cupola, alta 32
metri, che si innalza sulla navata centrale e sui due cappelloni. La navata
centrale, lunga 45 metri e larga 11 metri, inizia con una grande arcata
sostenuta da due colonne corinzie.
In tutto, la navata é costituita da sedici colonne delle quali dodici poste
nei due cappelloni del Santissimo e di San Domenico sostengono, con i loro
capitelli, un grande cornicione che gira intorno per tutta la chiesa. Subito
dopo le due colonne, si notano, ai lati, due grandi arcate: quella di
destra, contenente l'altare del Crocifisso ed il sontuoso sarcofago in marmo
contenente i resti di Monsignor Pietro di Maria, costruito per volere di
Monsignor Perfetti, quello di sinistra nel quale vi sono tre altari, uno
dedicato alla Madonna di Pompei, uno al Cuor di Gesù e l'altro alla Madonna
della Pace.
Qui vi é un grande battistero risalente al 1617 con sostegno in pietra
lavorata e coperchio in legno.
Al di sotto della cupola si trovano i due grandi cappelloni uno dedicato a
San Francesco di Paola e l'altro al Santissimo Corpo di Cristo. Sulla cupola
si eleva un lucernario di bella linea e fattura. Dopo il cappellone di San
Francesco di Paola, troviamo un artistico e maestoso pergamo in marmo, dono
fatto alla chiesa Madre nel 1895 dai fratelli Giacomo e Francesco Padula.
Prima della balaustra, si aprono due porte una a destra e una a sinistra,
quella di destra dà su un vasto locale che conteneva una cisterna, quella di
sinistra nella sacrestia.
Dopo la balaustra, comincia a semicerchio l'abside dove é posto l'altare
maggiore, il coro, artisticamente lavorato in legno, ed una sedia
episcopale. Sulle pareti a semicerchio dell'abside vi sono degli affreschi
di D. Grillo, risalenti al 1932, che raffigurano l'Annunciazione di Maria,
la Nascita del Bambino Gesù, la Sacra Famiglia e la Discesa dello Spirito
Santo.
Nello spazio tra la porta centrale e la navata di mezzo, in alto, é posto un
organo monumentale che fu donato dal cavaliere Giuseppe Orlando. Ai lati di
questo spazio si aprono due porte, ciascuna delle quali conduce ai
pianterreni dei campanili.
Tra gli oggetti d'arte conservati nella Chiesa Madre vanno ricordati: una
tavola raffigurante "San Pietro" di Simone da Firenze del XVI sec., una tela
ad olio raffigurante la "Deposizione" della scuola napoletana del '500 del
pittore Francesco Antonio Romano di Laurenzana ed una croce processionale in
argento del 1611. Attualmente, i lavori di ristrutturazione hanno sottratto
la chiesa al culto.
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CHIESA DEL ROSARIO
I domenicani, fin da quando dimoravano a San Nicola in Pantanellis, avevano
costruito a Moliterno, sulle mura del paese, si suppone intorno al 1510, una
cappella dedicata alla Madonna del Rosario ed un convento conosciuto con il
nome di grancia della Serra, che usavano come punto d'appoggio quando,
venivano a Moliterno, per svolgere il ministero religioso o per affari. La
chiesa attuale del Rosario non è altro che la vecchia cappella che fu
ricostruita più grande nel 1616, a tre navate, come si vede ancora oggi: la
centrale è sormontata da una volta a botte, mentre quelle laterali da volte
a crociera. Da un atto pubblico rogato dal notaio Nicola Dalessandri nel
1762, si rileva che i Domenicani comprarono buona parte del palazzo di
Oronzo Petrocelli, adiacente alla chiesa. Poi, su progetto di Gaetano
Azzolini, diedero inizio ai lavori di ristrutturazione, per ampliare la
vecchia grancia e procedere alla costruzione di un più vasto locale da
adibire a noviziato. Nella chiesa vi sono tre altari di legno scolpiti con
dorature in oro zecchino, un pregevole coro ligneo, che risale al 1543 ed un
organo a canne della rinomata ditta Carelli, ristrutturato nel 1992.
Numerosi sono i dipinti molto antichi, trai quali ricordiamo una Madonna
circondata da quindici medaglioni, che rappresentano i quindici misteri del
Rosario, trafugati negli ultimi tempi, due tele del '500 in una delle quali
si ammira il ritorno della Sacra Famiglia a Nazareth e nell'altra è
rappresentata la figura di San Domenico. Un'altra tela interessante risale
al 1700 ed in essa è raffigurata la Madonna con il Bambino Gesù, vezzeggiato
da Santa Rosa da Lima. Come abbiamo precisato, l'antica cappella era
dedicata alla Madonna del Rosario, però, i Domenicani ottennero dalla Santa
Sede che il nuovo patrono di Moliterno fosse San Domenico di Guzman. Il
convento possedeva una ricca biblioteca corredata di mobili dorati del
secolo XV e XVI. La facciata della Chiesa del Rosario è esposta a nordovest.
Su di essa vi sono tre entrate, delle quali quella centrale è la più alta ed
ampia. La porta centrale è sormontata da una volta, mentre quelle laterali
da due finestre. Al centro della facciata vi è un rosone in pietra e sopra
emerge il campanile. In seguito alla soppressione degli ordini religiosi, il
convento insieme all'orto murato fu venduto all'asta e finì nelle mani di
Giuseppe Albano. In seguito, fu acquistato dagli eredi di mastro Gerardo
Gianpietro, che, con poche modifiche, lo adattarono ad abitazione. Il locale
dove risiedevano i novizi, prima fu usato dal Governo, come magazzino dei
generi di monopolio, ma, in seguito, fu acquistato dalla famiglia Gianpietro
che vi apportò profonde trasformazioni. Ancora oggi si può ammirare il
chiostro con al centro un pozzo del 1614, un lavatoio in pietra ed una
loggetta a tre archi. I libri ed i mobili della ricca biblioteca sono
andati, purtroppo, dispersi e buona parte dei beni immobili posseduti dai
Domenicani furono venduti all'asta e finirono nelle mani del demanio. Dopo
il concordato stipulato nel 1815 tra il re di Napoli e la Santa Sede, la
chiesa fu assegnata al vescovo diocesano di Marsico Nuovo dal quale dipese
la parrocchia fino al 1882, poiché la Chiesa Madre non era stata ancora
aperta al culto. Negli ultimi tempi la chiesa è stata ristrutturata ed
attualmente, essendo chiusa la Chiesa Madre, per lavori di restauro, le
funzioni religiosi vengono celebrate nella Chiesa del Rosario.
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CHIESA DI SANTA CROCE
Fra le numerose chiese di interesse storico ed artistico esistenti a
Moliterno, una fra le più antiche ed importanti è sicuramente la chiesa
francescana di Santa Croce. Questa chiesa sorse verso la metà del 1600,
nella zona denominata Parco del Seggio, prima chiamata Parco del Principe,
poiché qui era situata la tenuta di campagna dei Brajda, i signori di
Moliterno, che intitolarono questa chiesetta al Crocifisso. Nel 1613, don
Luigi Carafa, principe di Stigliano e signore di Moliterno, con il
contributo del popolo moliternese, ingrandì questa chiesetta, creandovi
accanto, dalla parte destra un convento per i frati Minori Riformati di
Basilicata, che in numero di diciotto vi si sistemarono, istituendovi uno
studio di filosofia. Non si sa con esattezza in cosa sia consistito questo
ampliamento della chiesa originaria, ma è probabile che all'unica navata fu
aggiunta quella laterale sinistra, caratteristica delle chiese dei padri
Riformati. Nel 1640 il sacerdote P. Giuseppe Aliani, ottenne dal principe un
ettaro di terra che consentì di ingrandire il giardino e fu in questo
periodo che furono ingranditi chiesa e convento dalla parte nord. Demolito
l'abside, fu ampliato il presbiterio dove fu eretto il monumentale altare
maggiore, intagliato in legno. Nella parte retrostante fu sistemato il coro
ligneo, utilizzato per la preghiera dei frati. Vennero inoltre eretti altri
sei altari in legno intagliato e dorato, dei quali cinque a spese delle
famiglie De Bonis, Tempone, Parisi, Pugliese e Bianculli, che fecero
inserire nella parte centrale di essi lo stemma delle loro famiglie ed
ottennero il diritto di costruirsi la cappella per la sepoltura dei loro
defunti. L'opera fu portata a termine da padre Bonaventura Palermo di
Moliterno che mori nel 1805. Il convento, oltre ai locali per i servizi
comuni, il refettorio, la cantina, il focolare; a pian terreno aveva una
piccola foresteria ed una farmacia. Al piano superiore vi erano ventiquattro
celle, delle quali ventuno erano utilizzate dai frati, una era utilizzata
dagli infermi, una come guardaroba ed una come biblioteca. Con la
soppressione degli ordini religiosi nel 1806, i francescani abbandonarono
Moliterno e la chiesa rimase aperta al pubblico, sotto il patrocinio del
Comune, mentre giardino e convento furono venduti a Vincenzo Parisi. Per
eredità i beni passarono al fratello Paolo Parisi e da questo, per
successione, ai fratelli Andrea e Vincenzo Giliberti, che trasformarono
parte della proprietà in abitazione. Tra il 1897 ed il 1900, il palazzo fu
acquistato dal Comune di Moliterno e divenne sede degli uffici comunali,
della Pretura, della Conciliazione, di nove classi della scuola elementare,
della Cassa dei Prestiti e dei Risparmi, della Tesoreria comunale, del
carcere mandamentale, e della Biblioteca comunale. Nel 1892 vi trovarono
sede anche la prima scuola media superiore dell'Alta Val d'Agri, la scuola
professionale F. Perrone, diventata poi scuola d'avviamento professionale al
lavoro e, in seguito, Istituto Professionale di Stato per l'Industria e
l'artigianato. Nel 1937 Monsignore Pietro di Maria fabbricò, sul lato
sinistro della chiesa, un nuovo piccolo convento, dove, dopo circa
centotrent'anni, ritornarono i Frati Francescani. La Chiesa di Santa Croce è
composta da due navate; quella principale ed una più piccola, entrando sulla
sinistra. Sull'altare maggiore vi è un dipinto di Giovanni De Gregorio,
detto il Pietrafesa, che rappresentava una drammatica Deposizione di Gesù
dalla croce. Insieme a Maria di Magdala, Maria di Cleofa, l'apostolo
Giovanni, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, che sono i personaggi ricordati
dal Vangelo, il pittore ha inserito ai lati della Croce, San Francesco e
Sant'Antonio in commossa meditazione e probabilmente il committente
dell'opera, principe Carafa, o forse lo stesso pittore che piange, appartato
in un angolo. Su questo dipinto vi è un quadro più piccolo in cui è
raffigurato Dio Padre. Il quadro della Deposizione dalla Croce è
fiancheggiato da sei eleganti busti di santi, dei quali alcuni non sono
riconoscibili, per la mancanza di una piccola targa di riconoscimento. Essi
avevano ed hanno la funzione di reliquari e costituiscono un blocco unico
con l'altare, occupando tutta la parete di fondo della navata centrale.
Nella parte posteriore, che corrisponde all'attuale sacrestia, vi sono altri
interessanti altari della stessa epoca e di eguale fattura, fra questi uno
in legno diviso da tre colonne con due tele, raffiguranti Gesù incatenato
con una corona di spine ed un mantello rosso, l'altro San Francesco con in
mano un crocifisso raffigurante, probabilmente, il Perdono d'Assisi.
Recentemente, quest'opera come pure l'altare maggiore e il quadro della
Deposizione, sono stati restaurati a cura della Sovrintendenza alle Belle
Arti. Nella navata laterale, entrando sulla sinistra, vi è il primo altare
dove è collocato un suggestivo crocifisso ligneo ed un antico reliquario.
Segue un secondo altare, nel quale troviamo la statua della Madonna delle
Grazie ed un altro con Sant'Antonio di Padova. Sul fondo della navata vi è
un altare nel quale è collocata l'Immacolata. Questo si suppone che in
origine, sia stato dedicato al Perdono d'Assisi, poiché dietro la sua
struttura è stata ritrovata la tela del probabile Perdono d'Assisi. Accanto
alla nicchia dove è posta la statua dell'Immacolata a destra ed a sinistra,
vi sono altre due nicchie più piccole, una contenente la statua di San Rocco
e l'altra un pregevole Gesù alla colonna di un maestro spagnolo del 500,
della scuola di Gerolamo di Santa Croce. Sulla navata principale, sulla
destra, vi sono gli altari di San Francesco, di Santa Rosa, e di San
Pasquale. Sulla volta vi sono tre affreschi e, nella parte anteriore del
primo arco vi è la scritta latina: "Christum Regem Pro Nobis In Cruce
Exaltat Venite Adoremus". |