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LA CIVITA

 

La Civita è una località in tenimento di Tricarico, sulla destra della strada statale n. 7 "Appia", all’altezza del Km. 499, per chi va da Potenza a Matera; la stessa, in linea d’aria, dista una diecina di chilometri a nord da Gallipoli-Cognato. E’ costituita da un piano quasi circolare di una ventina di ettari, che parte dalla menzionata via Appia e si protende verso mezzogiorno; in questa parte è delimitato da uno strapiombo roccioso, chiamato "i Cinti della Civita". Tra le rocce di questi Cinti sono ricavate tre grandissime grotte, così denominate: quella "del brigante Carluccio", ad ovest; quella "dell’acqua sorgente o dei guardaboschi", a mezzogiorno e poco distante da questa "la grotta oscura" che è la più grande, nella quale, si ritiene, che gli abitanti della Civita si recassero per pregare e sacrificare agli dei. In questa stessa grotta esiste un cunicolo lungo circa due chilometri, che andrebbe

Civita: ingresso grotta

 a sbucare nella contrada "Viscilicchi", nei pressi del Santuario della Madonna di Fonti, sito sulla sinistra dell’Appia.

Sul piano della Civita si notano qua e là grandi ammassamenti di pietre frammisto a mattoni velini (di Velia) e cocci di vasi di terracotta di varia grandezza; si notano, altresì, alcuni avanzi di mura megalitiche che somigliano un pò a quelli di Gallipoli-Cognato, ma di questi non si può fare alcuna ricostruzione per avere un’idea approssimativa della pianta dell’antica città scomparsa.

Stando al D’ARAIO (1) la città di Civita sarebbe stata fondata da una colonia di pelasgi verso il 1790 a.C. ed ebbe nome di Citti, Citta, Cinzia e, infine Civita. In principio era divisa in due grandi quartieri, poi fu ampliata dagli Enotri, i quali ne fecero una città grandiosa dalle quattro porte, rivolte verso i quattro punti cardinali, ed otto torri. Al centro della città sorgeva la roccaforte, esattamente nel luogo ancora oggi detto "la Rocchetta". Fino al V secolo d.C. erano visibili frammenti di colonne spezzate ed enormi mucchi di ruderi, nonché il luogo sacro, detto "Carnaleta", ad ovest, ove sarebbe avvenuto l’ultimo scontro di quegli abitanti coi Romani. La zona era ricca di sorgenti, quali quella dell’"acqua del Sambuco", ad est; quella del "Carluccio", ad ovest; quella della "Rocchetta", al centro, e quella del "Cerro", verso la strada nazionale.

La città di Civita dovette essere veramente grandiosa, ricca e potente Fu certamente al centro del traffico commerciale delle città della Magna Grecia, dato che tra le zolle del terreno che ricopre il piano, ove l’aratro non è mai sceso oltre i 30 cm., si sono potuti ritrovare numerosi cocci di ceramiche greche, micenee e cretesi, quest’ultime contrassegnate dai caratteristici disegni che rappresentano la vegetazione dell’isola di Creta. Alcuni cocci sono simili a quelli dei vasi trovati nella necropoli di Fratte, che risalgono al VI-VII secolo a. C.. Inoltre, si rinvengono in gran quantità cocci di vasi più rozzi, dalla linea goffa e con rigonfiamenti al centro; qualcuno di forma speciale che ha l’aspetto di un otre gonfiato, con manico sovrapposto a nastro, tutti quanti furono certamente lavorati a mano in epoca assai remota, cioè quando in queste zone non era ancora conosciuto il tornio, essendo questi vasi certamente di produzione locale. I primi, invece, furono importati ed acquistati mediante qualche baratto con legumi, latticini, lana o con stoffa, essendo l’industria tessile fra le più avanzate. Questo particolare lo si deduce dalla gran quantità di "pisaredd’" (2), che si rinvengono ancora sul posto. Si ritiene che i contadini locali, di tanto in tanto, abbiano rinvenuto dei piccoli e strani utensili in ferro o in rame, mai in metallo più pregiato, che incuranti se ne siano disfatti. Da tutto questo si può immaginare quanto sia antica la scomparsa città di Civita e quanto sarebbe importante eseguire delle ricerche sistematiche per approfondire gli studi su di essa e sul suo passato.

Sempre stando alle affermazioni del D’Araio, la popolazione della Civita divenne numerosa al punto che, diversi secoli a.C., una parte di essa si spostò nella "Serra del Cedro", a circa 4 km, ad est, ove costruì un’altra città che dovrebbe identificarsi nell’antica Tricarico,

La storia degli abitanti della Civita dovrebbe essere considerata collegata con quella dei Lucani, nel senso che essi presero parte a tutte le guerre contro i Greci e contro i Sanniti prima, e contro Roma dopo. Perciò furono alleati di Pirro e di Annibale, alla caduta dei quali subirono la dura lotta di repressione da parte dei Romani, i quali imposero e fondarono qui il loro dominio sul sangue, cioè attraverso stragi, distruzioni, saccheggi, ecc. Ma non fu in queste occasioni che venne distrutta la Civita.

Si vuole che quei cittadini facessero anche parte della "Lega Italica degli Oppressi", sorta verso il 90-88 a.C., alla quale presero parte i Marsi, i Peligni, i Maruccini, i Vestini, i Piceni, i Sanniti, gli Iapigi, gli Irpini, i Frentani, gli Apuli ed i Lucani, i quali furono più forti e diedero il loro contributo più con lo spinto di indipendenza che con le armi. Tuttavia anche questo loro ultimo tentativo per la conquista della libertà nulla valse contro la potenza di Roma, anche perché la lega stessa si divise in due fazioni politiche: una che patteggiava per Mario, e fra questa ci furono i Lucani, compresi quelli della Civita, e l’altra per Silla, Perciò quando Silla rimase vincitore assoluto nella battaglia di Porta Collina presso Roma (82 a.C.), come si è detto, diede inizio alla sua spietata repressione mediante le tristi "proscnizioni", che comminavano la crocefissione in massa dei ribelli e la distruzione completa delle case e delle loro città.

Si può ritenere pertanto, che la distruzione della Civita avvenne in questa occasione che, quindi fosse stata decretata da Silla, e perciò non avvenne dopo la guerra di Pirro, come ancora crede la popolazione dei centri vicini.

 


 

(2)  n.d.r.. "Pisaredd’": peso tronco-prismatico in terracotta della grandezza di una buona pena, con foro nella parte superiore, che serviva a tenere tesa la tela durante la tessitura, stando appeso ad un filo, legato ai bordi della tela stessa.

 

 

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