I - APPENDICE
DESCRIZIONE DELLA PROVINCIA DI BASILICATA FATTA PER ORDINE DI SUA MAESTÀ
DA DON RODRIGO MARIA GAUDIOSO, AVVOCATO FISCALE DELLA REGIA UDIENZA DI
MATERA
(Biblioteca Nazionale di Napoli, ms. XIV 11.39).
c. 316:
Per noi qui sottoscritti et crocesignati respettive sindico et eletti
della terra di Trivigno si fà / piena, ed indubitata fede a chi la
presente spetterà vedere, o sarà in qualsivoglia modo / presentata tam
in iudicio, quam extra, et cum Iuramento quatenus opus fuerit, qualmente
in ese / cutione de venerati ordini del signor dottor don Rodrigo
Gaudioso Avvocato fiscale del tribunale di questa provincia di
Basilicata facciamo fede come il possessore di questa predetta / terra è
la signora principessa madre di Belvedere, la quale per essere tutto
questo territorio / feudale tene li seguenti capi d'entrade feudali
videlicet: in primis possiede tutto il territorio / terraggi e fida
d'animali, possiede un mulino, mastrodattia, giudiciaria seu / la
bagliva, una taverna, un forno, censo di due grana per ogni habitatione
che fanno l'habitatori, ed ogni altra cosa rende alla medema per essere
questo territorio / tutto feudale; l'università non possiede cosa veruna
d'entrade, ma per pagare / la Regia Corte, creditori fiscalarii ed altre
spese universali si là ogn'anno la / tassa inter cives, da governanti e
regimentori dell'università, e viene abitata questa / terra dal numero
di mille e cinquecento in circa tra cittadini e forastieri ?? / e
l'inclinatione di questo popolo è di zappar il terreno, da dove si vive
gior/nalmente ed altra industria non tiene nè vi sono in questa terra
monaste / ri, abbadie, ed uso di mercaria che per esser questa la pura
verità n'abbiamo / fatto scrivere la presente per mano del nostro primo
cancelliere sottoscritta e crocesignata di nostre proprie mani e munita
col solito ed universale suggello. Trivigno, primo di giugno 1735.
Io Giovanni Battista Sano Angelo sindico faccio fede.
Segno di croce di Giuseppe di Sarlo capo eletto.
Segno di croce di Tomaso Filitto eletto.
Giuseppe di Stasi eletto assente.
Il
/ c. 25 r. / Mastro Lonardo Carella del Vallo de' novi ha fatto obbligo di
fare organo (...) Matrice Chiesa di Trivigno.
Jesus, die vigesimo secundo mensis Octobris millessimo septingentesimo
quinquagesimo tertio, (. .. ) in Terra Trivinei (.. . ).
Costituiti (...) in mia presenza il Magnifico Domenico Antonio Sassano,
Sindico di questa Terra di Trivigno agente (...) per nome e per parte di
detta Unità e suoi cittadini e successori (...).
E Mastro Lonardo Carella del Vallo de' novi, ed al (...) in questa Terra
di Trivigno (...) per sé e suoi eredi e successori (...).
Qualmente il prelato Mastro Lonardo Carella spontaneamente have asserito
davanti di noi di essere venuto a' conventione con il detto e ha
Magnifico Sindico, e i suoi compagni Eletti per mezzo della quale il
suddetto mastro Lonardo, s'obbliga e promette fare un organo in questa
Matrice Chiesa di San Pietro da componersi con undici registri colla
chiana di Zisolreus, Un Principale di canne quarantacinque, e quattro
bassi di legno, canna venticinque di stagno di Venezia, ad il finimento
di duo Principali tutto di piombo una voce humana con canna venticinque
in flauto in / c. 25 v. / quinto, canne quarantacinque di piombo.
L'ottava composta con quattro canne di legno e le altre tutte di piombo.
Ualtri cinque registri di ripieno tutti di piombo e fare la cascia
secondo il disegno firmato da ambe esse parti, senza indoratura bianca,
quantunque nel disegno apparisse che le due mostre laterali siano a
gala, tuttavia però si devono fare a castelletta, come quella di mezo e
fare ancora dodici contrabassi di legname, principiando il primo da
Zesolreus aperto e l'altro (...) secondo l'ordine loro e quattro
bastardi e fra di questi tre mantici, la tastatura d'anasso, e ogni
altro bisognevole per andarsi alla perfezzione di sonare, e di più
s'obbliga fare l'Uccellera, Tremula, Tamburo, Trombetta e i trimanenti
l'organo che impogano i Undici Registri come sopra.
Quale organo il suddetto Mastro Lonardo s'obbliga, e promette di farlo di
tutta perfezione e bontà e portarlo (...) qui in Trivigno in questa
Matrice Chiesa di San Pietro sia lo spazio di mesi sei da oggi
numerandi, e portato che l'avrà piantarlo sopra l'Orchesto, e sopra la
Porta grande di detta Chiesa, e piantato che l'avrà farlo osservare e
giudicare da altri periti maestri chiamati da questa Magnifica Unità.
E questo per il prezzo di tomola centocinquanta di grano e ducati
settantacinque di contanti per vetturarsi detto grano da Trivigno alla
sua Padria così convenuti fra di loro siccome hanno detto, quali tumula
cento cinquanta di grano e ducati settanta cinque di danari come il
detto Magnifico Sindico nel nome suddetto s'obbliga, e promette pagarli,
e consegnarli, cioè il grano della carità fatta a San Pietro da questi
cittadini ad ogni semplice richiesta di detto Mastro Carella, e i quali
ducati settanta cinque di contanti, come sopra promessi dal Magnifico
Sindaco s'obbliga e promette di pagarli li detti ducati quaranta per
tutto il presente mese di ottobre, e li restanti ducati trenta cinque
pagarli quotidianamente nel tempo che lavorerà a riantare detto organo
in Trivigno, nel tempo s'obbliga di somministrargli casa e letto per
lui, e i suoi aggiustanti, e più si obbliga e promette detto Magnifico
Sindaco di darli e consegnarli / c. 26 r. / e più s'obbliga, e promette
detto Magnifico Sindaco di darli, e consegnarli di più della paga
suddetta d'organo vecchio tale, quale si trova ad ogni semplice
richiesta di detto Mastro Carella.
E mancandosi dalla promessa suddetta da ambo esse parti il presente
Istrumento si possa per ambe esse parti criminalmente, e per liquido
produrre, (...) e liquidare l'una parte contro all'altra e l'altra
contro all'una parti in ogni Corte, luogho, e Foro, e avanti gli(... )
Giudici. Secondo la forma del Rito della Gran Corte della Vicaria, e che
incontinentemente abbia pronta, parata ed espedita esecuzione reale, e
personale ad uso da preggioni della casa della Città di Napoli, ed
obbliganze liquida di detta G. Camera.
Promettendo, ed obbligando ambe esse parti con detta stipula l'una parte
all'altra e l'altra all'una (...) il presente Istrumento, e tutto quanto
in esso si contiene averlo sempre rato, grato e fermo e non
contravvenire per qualsiasi singola causa, ò ragione.
E per la Real osservanza dalle cose fatte singolarmente ambe esse parti
s'obbligano se stesse loro eredi, successivi e beni tutti, e beni, e
successori di detta Unità l'una parte e all'altra, e l'altra all'una
parte sub pena et ad penam (. .. ) cum state capiendi costitutione
Procuratoris per vero e per giuramento delle dette partibus Mastro
Domenico Marotta Regio ad contractus Iudice Magnifico Josepho Antonio
Josca et Gerardantonio di Roma.
A.S.P., Protocollo dei Notai. Notaío N. di Roma, cart. 4266.
III - TESTAMENTO DI ANGELO ANTONIO GARZONETTO, MASTRODATTI NELLA TERRA
DI TRIVIGNO*
c. 12 v.
Jesus die vigesima prima ms Februarij, millesimus septiangesimus vigesimo
primo, decima tertia [...], in Terra Trivinea [...] per parte, et ad
istantiam Magnifica Giulia Moles Vidua relicta a Magnifico Angelantonio
Carzonetto, Terra Trivinii, personaliter accessimus ubi degebat dum
inhumatis [...] Magnifico Angelantonio, sita in contrada [...] lo
Tempone iuxsta suos fines [...], asseruit sub die decimo octavo mensis
Martij, millesimo septuangesimo vigesimo dictum Magnifico Angelantonio
Garzonetto [...] clausun sigillatum Testamentum per mano [...] del
Notarij Viti/
/ c. 13 r./ Antonij Petraccone Terre Baljs absentis, subscriptu [...]
propia manu, et eundem [...] Magnifico Angelo Antonio Testator
conservatum fuisse, qui voluit, quod [...] et obitu Testamentum
predictum in presentia Iudicis [...] numero opportuno [...] per Notarius
aperire et publicare debuisse [...], et eius obitu oportet fieri
apertura ipsius testamenti [...], et quia ipsa Magnifica Giulia Moles
consteravit onus aperiendi dictum testamentum ad ipsam potius quam ad
alios spectare pro eius interesse. Ideo nos Thomas Benevento Iudicem ad
contractus interventum clausura dicti testamenti, et me presentem
Notarum rogatum[...], et interventum, et per Magnifico Notarij Viti
Antonij Petraccone absentis, et testes requisivit [...] illud nemini
degenerare possimus [...], vocato prius [...] per il Rev. Capitolo [...]
testibus Mastro Josepho Antonio losca, Domenico Antonio Vignola, et
Giovanni Antonio Molfese, ideo ad istantiam della moglie ut [...]
dettoTestamentum, ai recogniti sigillibus bus, et subscritibus [...]
ipsius testamenti appositis et [...] testamentum aperire, legere et
publicare deberemus iuxta voluntate [...] di detto testatoris cui quia
requisitionis [...] per detta Giulia tam quia juste [...] benigni
testamentum [...] per il Magnifico Iosepho Ferretto herede declarare in
hac Curia Marchesali [...]. Mensis Martij tertia decime, millesimo
septingentesimo vigesimo in Terra Trivinei personalmente accessimus
domus ipsius Angelo Antoni, sita et posita in detta Terra, et [...] in
loco vulgo dicto il Tempone iuxta suos notorios fines, [...] conferimus
Angelo Antonio sanùm [...] di corpore et mente, et inf lui recta
loquela, et intellectu pariter stante, qui consideramus statum huius
humane nature fragilam [...] et quod nihili est certus morte, nihilo
incertus hora ipsius [...], per salvezza sua anima [..], /
/ c. 13 v. / et bona sua disponere, ne post sui interitum [...] litum, et
discordia inter suos heredes, et secessione ministrare sibi gratia
Eterni salvatoris [...] /
/ c.14 r. / Io Angelo Antonio Garzonetto di questa Terra di Trivigno
considerando il stato di questa humana natura essere caduco, e fragile,
e che non vi sia cosa più certa che la morte, e più incerta che l'hora
di questa [...]. Inprimis essendo l'anima più degna del corpo si deve
quella anteporre a tutte le cose create e perciò come fedele Christiano
raccomando l'anima mia all'infinita bontà, e misericordia di Dio
Onnipotente e alla Beatissima Vergine Maria Sua Madre, e mia
Protettrice, et a tutti li Santi, e Sante della Celestial Corte, av
quali priego per li loro meriti intercedere appresso sua divina Maestà,
il perdono delli miei peccati, e ricevutola nelle Santa gloria del
Paradiso, pregando l'Angelo mio Custode, che siccome in vita l'ha
custodita così nel punto estremo la voglia difendere dalle tentazioni
del Demonio per presentarla poi nel Paradiso, e voglio che pasato sarò
da questa a miglior vita il mio corpo sia sepolto nella Matrice Chiesa
di questa Terra con quella pompa e funerale che [...] il corpo,
principio, e fondamento di qualsivoglia retto testamento é l'istituzione
dell'erede, senza la quale per disposizione di legge si dice il
testamento essere nullo, et invalido; Perciò istituisco, ordino e fa à
me mio erede Universale, e particulare sopra tutti li miei beni stabili,
mobili, semoventi presenti e fututri, agibili, e suppellettili [...]
azioni, tredici [...] nomi di debitori, et ogni altra cosa à me
spettante, [...]. /
/c. 14. v. / dovunque situata, perciò dell'infrascritti legati [...]
voglio che [...] s'osservano, et adempiscono, detto Rev. Capitolo, e
Clero di questa Terra di Trivigno, con gli infrascritti pesi, e non
altrimenti. [...] voglio e ordino che detto Rev. Capitolo, et Clero di
questa Terra debba fare vendere dall'infrascritti Esecutori
testamentarij [...] li seguenti Beni cioè una vigna all'Isca di sei
opere circa, [...] lasciata dalla Magnifica Camilla Iacovazzo mia
moglie, del prezzo della quale se ne sono pagati da me testatore ducati
venti al Monastero di Laurenzana, e ducati ventitre al Monastero di
Pietrapertosa, [...] fù stimata ducati 43, e me la pigliai per detto
prezzo secondo a disposizione fatta, da detta Camilla, come da
testamento rogato per mano del Notaro Vit'Antonio Petraccone del Vaglio
[...], una vigna all'Infrascata, d'opere dodici incirca, una vigna
d'opere cinque incirca al luog. detto la contrada sotto Santo Paolo
[...], et più un'altra vigna nella contrada di San Paolo [...], un orto
alla contrada della Polminara [...], un pezzo di terre aratorie, e
seminatorie nella contrada detta la Manca territorio di questa Terra di
Trivigno di capacità di tomoli sette all'incirca [...], un'altro pezzo
di terre/
/ c. 15 r. / capacità di tomola otto incirca sito nel luogho detto
Spinosa, più un altro pezzo di terra di capacità di tomola tre incirca,
sita in località detta Serra di Scannagallina; un altro pezzo di terre
all'Epitaffio di capacità di tomola quattro incirca, e più una casa in
dieci membri sita al Tempone [...] il cellaro nel quale ci capano nove
botti [...] dette robbe li sottoscritti miei Esecutori Testamentari le
debbono fare stimare da persone esperte, e del prezzo di detti beni si
debbono consegnare a detto Rev. Capitolo docati settecento trenta due,
per la celebrazione d'una messa al giorno in perpetuo, da celebrarsi
nell'altare della Madonna del Rosario, sita in detta Cappella, alla
ragione d'un tarì la messa, gli ducati settecento trenta due si debbono
mettere da detto Capitolo e Clero mio erede in capitale, e comprare
tante annue entrade con hipotecarsi [...] beni stabili, et fruttiferi et
dette messe si debbono celebrare per l'Anima mia, di mia [...] moglie
Camilla, di mio Padre di mia Madre e Benefattori per li quali due
Anniversarij si debba detto Rev. Capitolo pigliare docati venti, et
darli ad annuo cenzo. E del più che importeranno detti beni, detto Rev.
Capitolo mio erede ne debba tante messe per la suddetta raggione di
carlini due la messa.
E più possiedo un cellaro alla contrada detta di vae [...] /
/c. 15 v / con palmento, dentro tre botti, una di barrili venti, et
un'altra di barrili diciassette, il cellaro con palmento si debba [...]
stimare da esperti e vendersi dalli sottoscritti miei esecutori
testamentarij anche ad estinto di candela, però che non si debba
liberare meno del prezzo che si stimerà [...], il prezzo consignarsi al
Venerabile Convento del Beato Egidio di Laurenzana, per la celebrazione
di tante messe, alla ragione di un carlino a messa, per l'Anima mia e
Benefattori.
Dichiaro che le suddetti tre botti che sono dentro il cellaro, come anche
le nove botti che sono d'entro il cellaro sotto la casa di me testatore,
gli sono di capacità, cioè una di barrili novanta, una di barrili venti,
una di barrili quaranta, un'altra di barrili dodici, un'altra di barrili
trentasei, un'altra di barrili trentacinque l'una, come anco quattro
botticelli che sono inda al cellaro, cioè uno di barrili cinque, e mezo,
due altri di barrili quattro e mezzo, un'altro di barrili quattro,
voglio che anche si vendono e del prezzo celebrarsi tante messe [...]
per l'Anima mia, di Camilla mia moglie, di mio Padre, mia Madre, e di
mia sorella Victoria e Benefattori da celebrarsi dal Venerabil Convento
dei Padri Riformati del Sangue di Crhjsto della città di Potenza [...].
E più ordino che li due tinacci, e due avanti tine che sono dentro il
cortile di mia casa, [...], costano li tinacci ducati sei l'uno e le due
avanti tine, cioè la grande mi costano carlini ventinove, la piccola
carlini dieci, anche si debbono vendere previo apprezzo, si debbono del
prezzo celebrare messe da detto Rev Capitolo una per l'Anima mia, di mia
moglia, Padre, Madre, et Benefattori.
Di più tengo nel pagliaro della mia vigna all'Infrascata vicino Santa
Maria, tre tine, cioè una grande, e due mezane e due avantitine, gli
anche si debbono vendere previo apprezzo ad accenzione di candela [...]
e il danaro si debba consegnare al Rev. Capitolo mio erede, per la
celebrazione di tante messe per l'Anima mia, di mia Madre, di mio Padre,
di ditta [...] Camilla mia moglie, di ditta Victoria mia sorella e
Benefattori [...]. E poi dichiaro, e contesco che lo tengo una caldara
grande veneziana, una caldara più piccola anche veneziana, una caldara
piccola veneziana, uno scalfaletto di rama, un punzonetto di rama/
/ c. 16 r. / due tinelle con li suoi coperchi di rama [...] una bragiera
con il suo pede di noce, un candeliere d'ottone con la sua ventarola, un
candeliere piccolo d'ottone per le candele di sevo, due zapponi, uno
grande uno piccolo, una camastra, tre spedi ordinarij, un altro spede
grande a manganello, un capofuoco con toccone d'ottone [...], una
sartagine grande, due coppi, una cocchiara di maccheroni di ferro, due
scumarole di ferro, cioè una grande, et una piccola, una forcina
d'arrustire lascio due coperchi di pignate di rame, due coperchi di
ferro per pignate, un treppiede di ferro grande per tenere sopra le
caldare, un'altro treppiede per tenere cinque lucerne di ferro, tre
grattacase, due rasole di ferro, quattro zapparelle nove, tre ronche,
ove una piccola e due grande, quattro accette grande, un accettolla
mezzana, un accettolla piccola, tre ronciglioni, due para di tenaglie,
una stronca per ferrare, una cocchiara di fabbricare, una lima grande a
triangolo, un coltello di due maniche per lavorare legname, due para di
forbici da tagliare panni, un martello di battere i chiodi, due catene
di ferro da fuoco, due palcone di fuoco, sive una per il fuoco, et una
per uso di fuoco, una vancha per vancare la terra, un falcione, due
scoppette, un caccavo con la sua cocchiara, un tremone di stagno per
annerire, una cantemplora di stagno con la sua veste, più due cascini di
noce, un cascino di castagno, tre cascini d'abete, cioè uno piccolo, et
due grandi, una pariglia di boffette con li passanti di ferro le
boffette sono di noce, un'altra boffetta grande con tiratutri [...] cioè
anche di noce, un'altra boffetta grande di noce, un'altra boffetta
mezzana con lo suo tiraturi, una boffetta, che serve da tavola da
mangiare, due seggie di legno con le braccia, sei sedie di paglia [...],
otto sedie di legno, una sella con suoi guarnimenti, briglia et
capezzone, un para di calzettoni, una borzacchina, tre quadri, in tela,
cioè uno con la Beatis Vergine del Carmine, una del Rosario, et uno di
San Nicolò e San Tomaso, quattro quadretti piccoli indorati, due
quadretti piccoli di ramo, tre quadretti con cornici negre, cinque
Rosari d'argento, sei cocchiara d'argento, sei coltelli di tavola con
manichi di piltro, sei di stagno, una forcina da pignato, sei da
trinciera, con il manico d'osso nero, dodici piatti vecchi di Faenza,
cinque piatti mezzani di Faenza, ventotto piattelli di Faenza,
ordinario, ventotto piattelli di Faenza [...] pittati, un bacile da
lavare della Faenza [...] pittato, una salera, una zuccarera, e pepera
della Terza, oltre altri che servono per uso della casa, due tinelle dà
conservare /
/ c. 16 v./ farina di legno di capacità di tomolo dieci incirca, [...]
luna con il loro coperchio, una cascia di fagho in cui stanno riposti
detti piatti, due altre cascie di fagho che servono per conservare il
pane et altro, un para de tinelle per uso dela scadamia, et una secchia
per porre l'uva inda la tinella, una morsa di ferro per uso della
cantina, et uno scalpello di ferro, un gavatone per salare lo lardo, tre
pedanne da conservare oglio grandi, due altre pedannole piccole [...],
ventiquattero tavole di noce, legname di noce, di sorve, per fare una
trabacca di letto, et seggie; Due Spolvieri di lino penti con lenze
intorno, un para di bisaccia nove da sella, [...] di Spolviere di lino
con bizzilli, davanti, un cuscino, sei pianelle di lana, di diversi
colori, un Sciamberghino di velluto nero, foderato d'armosino di colore
celeste, con bottoni di stagno, un Sciamberghino di saia scarlatina con
bottoni di stagno, un para di calzoni di panno di colore d'oliva congia,
un para di maniche di donna di saia scarlatina foderate di taffettà
verde con bizzilli d'argento, un pezzo di stiavucchj, listato intorno,
[...] una tovaglia, et tredici stiavucchj, un lenzolo pento sovile, un
avanti letto di lino con pizzilli, un altro avanti letto di lino con
reticelle e francia, un avantiletto di lana lavorato di diversi colori,
un'altro avantiletto torchino di Bambace con lenze bianche, un altro
avanti letto bianco e torchino a scacchi, un'altro avanti letto di
Bambace bianco e negro, sette coscini con sopranesse e fettuccia, uri
altro coscino con damasco rosso e bianco, tre lenzoli sovili con
pizzilli intorno, un mesale di fiandra, tovaglie di faccia di Bambace,
et sono numero sette, stiavucchj n. diciannove, un'altra tovaglia di
faccia, due tovaglie di Bambace di tavola, due sopravesti di coscini di
tela sottile nuove, una tovaglia di faccia con reticelle di seta
vecchia, una coltra, seu coperta di Bambace nuova, due portieri di
strancia di seta lunghi, un bancale di lana di più colori, una ciamberga
di panno, a color d'oliva concia, con suoi bottoni di seta, un
ferraiuolo di panno mischio con la sua mostra di spolino bottonato, un
avantisino di seta usato di colore celeste, un maccatoio verde di seta
con li bizzilli gialli, due tovaglia di seta bianche, et rosse listate,
tre tovaglie di seta torchina con bizzilli gialli, una banchera vecchia
di diversi colori, una tovaglia di seta all'interlicia con bizzilli, un
maccaturo torchino senza bizzilli, una tovaglia di seta con bizzilli
gialli, un avantiletto di Bombace torchino, et bianco, una coperta verde
e gialla, lavorata, con francia rossa, una coperta di filandina verde
con francia rossa e gialla, un cascione vecchio, un para di lenzola
usati,/
/ c. 17 r. / due sottane di Donna di filandina rossa con guarnimenti, una
lettiera con trabacca con la sua cortina di filandina verde con francia
di seta [...] con tre matarazzi due lenzole, una coperta di lana
mischia, una coperta rossa di filandina, et una coltra di Bombace, con
tre coscini, et più nella camara sopra il cortile vie il letto con
trabacca di noce con sua lettiera con quattro matarazzi, et più nella
camara dove si fa il fuoco un'altra lettiera con trabacca, un spolviere
vecchio di lino, tre matarazzi, due copertoni nuovi lavorati di diversi
colori, una coperta rossa e bianca mischia vecchia, et un coscino, e più
un altro matarazzo imprestato al Sig. Gaetano Gioscio, che parimenti fa
domicilio in questa Terra mia padria, più due coperte di lana bianche,
et un para di bisacce lavorate di diversi colori vecchj per uso di
sella, e più devo conseguire da diverse persone di questa Terra e
d'altrove diverse quantità di denari, grano, orgio e vino, delle quali
partite [...] farne nota di stima, però meglio sarebbe stare alle polize
che si troveranno in mio potere, et anche alle note che si faranno di
mia propria mano, et più dichiaro di tenere in mio potere diverse sorti
di pegno dei debitori, secondo delle cartelle di mia propria mano e da
lascirsi parimenti da aliena mano; voglio che tanto dall'esigenza da
farsi, quanto dal prezzo di detti agibili di casa, pannamenti e altro
[...] Si dovranno vendere dagli esecutori testamentari previo appretio
[...] si debbono sodisfare alla Magnifica Giulia Moles mia seconda
moglie li ducati duecento di contanti donatili neIIi Capitoli
Matrimoniali e per li ducati cento che se li devono sodisfare [...] et
altre galantarie, dichiaro e contesto haverli consegnati una gonnella di
tela d'oro con corpetto e manica foderata di sangallino di valuta di
ducati quaranta, quattro anelli d'oro di valuta almeno di docati dodici,
li sciaccagli di valuta di ducati otto, una cannacca di coralli di
valuta di carlini sette, uno spatino d'argento per li capelli di valuta
di carlini otto, un panno di testa con rizzaglie d'argento di valuta di
docati otto, un avantisino alla Romana di valuta di carlini diciotto,
un'altro avantisino di taffettà torchino con bizzilli d'argento intorno
di valuta di carlini dieci, et voglio che si piglia la gonnella di saia
scarlatina coi suoi guarnimenti ch'é di valuta di docati nove e del
restante sino alla somma di docati cento, et anche si pagano al Sig.
Gennaro Ferretti di Vignola docati venti per la celebrazione di tante
messa [...] /
/ c. 17 v / per l'Anima mia, Benefattori, Padre, Madre et del più che
s'avanzasse si faccia un capitale, e se il suddetto Rev. Capitolo mio
erede sarà capace di prendere il peso della celebrazione delle messe
perpetue si debba consegnare al Rev. Capitolo per la celebrazione delle
messe perpetue per l'Anima mia, della Magnifica Camilla mia moglie,
Padre, Madre, miei Benefattori; e caso che il detto Rev. Capitolo non
fosse capace di assumere il peso di quest'ultime messe, [...] i miei
Esecutori Testamentarij consegnarli à [...] Padri Reformati [...] per la
celebrazione di tante messe, una die, per l'anima mia, di detta Camilla,
mio Padre, Madre, Benefattori.
Dichiaro di più d'avere dato alla suddetta mia moglie Giulia Moles un para
di calzette di cucullo di colore armosino assieme con l'altre robbe, per
la causa di sopraespressa, et voglio che [...] la gonnella di saia rossa
con giuppone, maniche, che se le goda per amor mio, come anche il panno
violaceo.
E più tengo un mortaro grande di marmo lavorato, et un altro mortaro
piccolo schetto anche di marmo, similmente tengo quattro barrili di
capacità di carafa trenta l'uno, [...], più tengo due barrili d'un
barile l'uno, et due barilotti di carafe sedici incirca [...], tre
fiasche grandi di legname, cioè una di carafe dieci, una di carafe nove,
et un'altra di carafe otto, e più un'altra fiasca di quattro carrafe, et
un'altra di carrafe due d'amarena selvatica, un boffettino con luogho
del tiraturo, dei quali voglio che sene faccino Beneficij per l'Anima
mia, Madre, Padre, Benefattori.
E più lascio à Catarina Vignola, di Ludovico, mia serva ducati cinquanta,
dei quali si debba assegnare, siccome già l'assegno una casa terranea,
et proprio quella che chiamo pagliera [...], dovrà stimarsi per esperti,
et il prezzo scompatarsi alla suddetta somma di ducati cinquanta, et né
arrivando a detta somma il di più che ci vorresse se li debbono dare in
danari, o parte altri beni miei mobili, cioè pannamenti o altro, et
questo non solo per il servizio che da più anni mi ha fatto, ma anche
per l'amor di Dio essendo povera orfana, et me l'ho pigliata per tale
causa in mia casa a tempo che era di anni cinque, e dichiaro che in mio
potere si ritrova uno spolviere di ginestra con anche un'accettolla,
quali Brani della [...] Porzia Santa Lucia, madre di detta Catarina, et
li pignorò, cioè lo spolviere lo pignorò a me per carlini trentacinque
[...], /
/ c. 18 r. / et l'accettolla stava pignorata a Domenico Antonio di Sarlo,
per carlini tre io pagai detti carlini tre a detto Sarlo, et restò in
mio possesso la detta accettolla, et anche un putaturo della medesima
stava pignorato à me [...] anche lo spolviere di ginestra per detta
somma di carlini trentacinque, [...] voglio che se li restituiscono
detti pegni a detta Catarina [...].
Dichiaro che in mio potere si ritrovano un spatino con maniche d'argento,
et è l'istesso che mi diede per pegno il Sig. Giuseppe Asmundo della
Terra di Anzi, per docati quattordici, e grana nove, che io [...] al
suddetto Asmundo [...] di moneta d'argento e non mi sono ancora
restituiti e di questi vi é un memoriale della Ecc. Sig. Principessa.
Item voglio, ordino [...] che tutte le robbe che si truovano doppo la mia
morte [...] s'habbiano a vendere previo apprezzo faciendo da esperti
eligendi dalli sottoscritti esecutori del [...] testamento soddisfatti
prima li legati fatti di sopra, et altro che occorrerà se ne debbano
fare beneficij per l'Anima mia, di mia sorella, di mio Padre, di mia
Madre, della suddetta [...] Camilla, et Benefattori con farsi celebrare
parte nelle perpetue [...] che si faccino celebrare con la celerità più
possibile.
Item dichiaro che tutti li pannamenti che ho ricevuto dalla [...] Teodora
Quinto mia suocera, stanno in potere di detta Magnifica Giulia mia
moglie, de li quali non me ne sono mai servito ne me ne serviro però per
la restitutione dei quali s'habbia [...] allo stesso prezzo siccome mi
furono consignati.
Item ordino, e comando che l'erede mio, che é il Rev. Capitolo [...] non
debba pigliarsi cosa alcuna delle robbe di mia eredità, senza il peso
delle messe, e voglio che detto mio erede non possa fare minima cosa
senza che dai miei Esecutori Testamentari siano intesi, anzi voglio che
detti miei esecutori facciano il tutto, et pongono in esecutione quanto
da me sia ordinato nel predetto testamento, e ricordo dei miei esecutori
testamentari che dal vignale, [...] seu della vigna [...] ducati sette e
mezzo, cioè ducati sette di fieno, carlini cinque [...] per le fatighe
che da me si sono fatte in detta avante della vigna a San Paolo, alla
quale compra volendo della suddetta vigna e vignale [...] volendo
applicare la suddetta mia moglie Magnifica Giulia, voglio che sia
preferita a qualsivoglia persona, pagando però il prezzo che da altri
sarà altrimenti offerto. /
/ c. 18 v./ Item lascio alla suddetta mia moglie ducati cento con questa
conditione, che vita natural durante ne sia usufruttuaria di detti
ducati cento, et post mortem d'essa moglie Giulia. si debbono applicare
siccome meglio à compra d'annuo cento, e si consegnino al Rev. Capitolo
di questa Chiesa mia erede [...] per la celebrazione di tante messe
perpetue, e passando a secondi voti detta mia moglie, subito debba
restituire detti ducati cento, e consegnarsi li detti ducati cento a
detta mia moglie due anni dopo seguita mia morte con dare però
plaggiaria di persona idonea di questa Terra de restituendo li detti
ducati cento a detti esecutori, é a detto Rev. Capitolo, il quale anche
dovrà come mio erede la cura di fare fare detta piaggeria da detta
Magnifica Giulia, e conoscendo detti miei esecutori non essere capace
detto Rev. Capitolo celebrare dette Messe, resterà ad arbitrio di detti
miei esecutori di far [...] dai Padri Reformati di qualsivoglia
Monasterio [...], per l'Anima mia, di mio Padre, di mia Madre, di mia
sorella di detta Camilla, e Benefattori, anzi voglio che di questi
ducati cento ne resti affatto escluso detto Rev. Capitolo mio erede e
dalla celebrazione di dette messe, essendo così la mia volontà.
Item dichiaro che la mia volontà é stata sempre, ed é che questa [...]
disposizione debba sempre havere il suo effetto in ogni futuro tempo e
che [...] s'habbia da osservare quanto nel predetto mio testamento si
contiene, et all'hora voglio, che non se n' habbia raggione alcuna,
quando nell'altre mie disposizioni, o revocazione vi stessero espresse
[...] queste parole / Ave Marjs Stella / e non essendovi queste parole
in tal modo espresse voglio che ogni altro testamento, o revocazioni si
facessero, o si trovassero fatte da me non habbiano niun vigore, ne
debbono aver in modo alcuno niun robare, ma s'intendono e reputino come
non essere fatti, e sempre debba darsi esecuzione alla presente mia
volontà, anzi così voglio ed esprassamente ordino e comando [...].
Item voglio, che l'infrascritti beni, cioè una fazzatora, due tavolette da
portar pane, una tavola grande da portar pane, un tavolello quadro da
fare lagane, una tinella per la liscia, una mondaia di cucina che costa
carlini otto, un coltello grande di cucina, /
/ c. 19 r. / un coltello lungo per tagliare lagane, [...], che ne faccino
fare detti miei esecutori beneficio, per l'Anima mia e Benefattori,
com'anco una tovaglia di pasta, quattro sacchi cuciti, un pezzo di
sacchi nuovi in tocco, due seti nuove, cioè uno per il pane bianco,
l'altro per il pane ordinario, [...], due setacci, et uno stracile di
pella di lupo, voglio che [...] per il beneficio dell'Anima mia, e dei
miei Benefattori. [...]
Item voglio che tutto il vino, che si troverà nella mia cantina, come anco
il grano si troverà in mia casa, e che si raccoglierà dalli seminati
fatti, e dà fondi di me, com'anche il mosto [...] delle mie vigne si
debbono vendere a quel prezzo che parrà più espediente a detti esecutori
testamentarij, e darsi per beneficio dell'Anima mia, di mio Padre, di
mia Madre, della suddetta Camilla, di mia sorella, e Benefattori, con
farsi celebrare tante messe [...] purché si trovino sodisfatti li docati
duecento dovuti a detta Magnifica Moles mia seconda moglie.
Finalmente lascio [...] e dico di più dichiaro che tengo in mio potere due
ferri per portieri, e quattro guanette di ferro per tenere detti ferri
di portieri, trenta tavole di sorve, e voglio che sene faccino
beneficio, per l'Anima mia e altri, come sopra. E finalmente lascio a
detti Esecutori del predetto testamento, et mia ultima volontà il Sig.
Giuseppe Ferretti della Terra di Vignola, il Rev. Don Giovanni Donato
Spasiano di questa Terra di Trivigno e gli do [...] ogni facoltà, e
potestà bastante ad eseguire et fare eseguire, quanno da me viene
disposto, et ordinato [...] alli suddetti Sig. Giuseppe Ferreti, et Rev.
D. Giovanni Donato, ampia et amplissima potestà di nominare altra
persona caso che uno di loro morisse prima d'adempiere questa mia ultima
volontà [...].
A rinodesci nel Paradiso a Dio Io Angelo Antonio Garzonetto [...] Thoma
Beneventi Reg.ad contractus, Fabio Vignola, Ioseph Dote, Domenico
/c. 19 v / Missanello, Francesco Antonio Paternoster, Ioseph Antonio
losca, Domenico Antonio Vignola; et Giovanni Antonio Molfese di Albano.
[...]
*Tale testamento, rogato dal notaio Vito Antonio Petraccone il 13 marzo
1720, fu aperto e pubblicato dal notaio Nicola di Roma il 21 febbraio
1721, A.S.P., Protocollo dei Notai, busta 1630.
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V - STATISTICA MURATTIANA
NOTIZIE SULLO STATO FISICO DEL TERRITORIO, SULLE CONDIZIONI DI VITA E DI
SALUTE DELLA POPOLAZIONE, SULLA CACCIA-PESCA ED ECONOMIA RURALE E SULLE
ATTIVITÀ MANIFATTURIERE.
TRIVIGNO
Il Comune di Trivigno aveva un'estensione di circa 3000 tomoli, di cui 800
incolti e boscosi, 700 franosi e pietrosi e 1500 coltivabili.
Le condizioni di vita e di salute della popolazione erano al limite della
sopravvivenza. Il paese aveva strade non lastricate, anguste e fangose,
con acque stagnanti e cloache scoperte; letame e immondizie, oltre alle
carcasse di animali morti che ingombravano non solo i paschieri
limitrofi ma anche il centro abitato, richiamando numerosi cani randagi,
spesso idrofobi e maiali affamati.
Le sepolture, mal tenute nella Chiesa Madre e nel cimitero, mandavano
miasmi che appestavano l'aria; tutto ciò rendeva ancora più insalubre
l'ambiente con grave danno per la salute. Le sorgenti d'acqua potabile
erano malsane perché raccolte in invasi scavati nella terra, non
custoditi e allo scoperto, per cui venivano intorpidite dalle piogge,
dagli animali e da coloro che se ne servivano. Le casupole in cui viveva
gran parte della popolazione erano anguste, umide, non ventilate,
costruite in pietra e terra, con il tetto di tavole e canne e ricoperto
di tegole o scannule; con il focolare, senza cacciafumo, posto in un
angolo. Per lo più prive di finestre, prendevano luce dalla porta, che
si apriva direttamente sulla strada; di sera il bagliore del fuoco
rischiarava l'ambiente, solo talvolta, si faceva uso di lucerne ad olio.
Nell'unico vano, dove erano sistemati i letti realizzati con sacconi
(materasssi di stoppa o di cartocci di granturco o di paglia), venivano
conservati non solo i prodotti della terra ma ricoverati anche gli
animali (maiali, polli, asini), in una tale promiscuità che qualsiasi
norma d'igiene veniva disattesa. Le condizioni di vita erano molto
misere, i contadini mangiavano tre volte al giorno, nei giorni lunghi
(tarda primavera ed estate) quattro, al mattino, a mezzogiorno,
all'imbrunire e alla sera. Il cibo quotidiano della classe più misera
era costituito da minestra di verdure campestri e di pane di grano ben
fermentato e cotto; spesso alla farina di grano si aggiungeva quella di
legumi e orzo; questo pane misto costava 22 centesimi al rotolo, al suo
posto talvolta si mangiava polenta di granturco, condita con sale e
strutto, poche volte con olio; una famiglia con tre figli giornalmente
consumava 5 rotoli di pane e 5 caraffe di vino per un importo
complessivo di 2 lire e 20 centesimi, annualmente pro capite si
consumavano dai 5 agli 8 tomoli di grano. Raramente si mangiava la carne
(maiale, pecora, castrato e agnello) anche quella degli animali infermi
e morti; la parte non consumata veniva conservata sotto sale, in vasi di
creta o di legno. Quando arrivava dai mercati dell'Adriatico il pesce
era per lo più guasto, a causa della lontananza dal luogo di produzione.
Il vino era leggero, gradevole al palato, però inacidiva facilmente; la
produzione locale era insufficiente a soddisfare il fabbisogno della
popolazione, per cui veniva acquistato nei paesi limitrofi al costo di
dieci carlini al barile. In media si consumavano pro capite nove barili
all'anno, i contadini ne abusavano quando andavano a lavorare a
giornata. L'olio generalmente arrivava da Ferrandina e si vendeva a 66
centesimi il rotolo. 1 latticini erano di buona qualità, mala produzione
era scarsa sopratutto d'inverno, il formaggio costava 1 lira e 53
centesimi al rotolo. La produzione di ortaggi e frutta era molto
modesta, abbondante invece quella dei legumi, che costavano 9 lire e 56
centesimi al tomolo.
I più bisognosi avevano pochi indumenti per ripararsi dal freddo, gli
uomini indossavano giacca, camicia e pantaloni a mezza gamba, senza
scarpe e cappello, le donne per lo più la sola gonna e camicia; la
biancheria e gli abiti erano poco puliti.
L'insufficiente nutrizione, l'insalubrità dell'aria e dell'acqua, la
mancanza d'igiene determinavano costanti epidemie. In estate e autunno
la popolazione s'ammalava di febbri putride (infezioni
gastro-intestinali), biliose e nervine (febbri malariche, ipertermia con
crisi convulsive) che, nelle giovani donne provocavano sterilità ed
aborto.
L'alimentazione infantile era inadatta, si passava molto presto dal latte
ai cibi solidi e ciò provocava malattie dell'apparato digerente. La
mortalità infantile era molto alta, i bambini che riuscivano a superare
i primi anni di vita crescevano stentatamente e presentavano ventre
gonfio e colorito pallido. A tutto ciò si sarebbe potuto porre rimedio
se si fossero regolati gli scoli delle acque, e se i contadini non si
fossero esposti agli eccessivi calori diurni e non avessero dormito di
notte all'aperto. Le malattie veneree erano presenti, ma si erano andate
neutralizzando.
In paese c'erano due medici, tre cerusici (chirurghi) e delle mammane
(levatrici), che esercitavano il loro mestiere, basandosi
sull'esperienza. Per la mancanza di medici condotti i ceti più poveri
non avevano alcuna assistenza e si curavano solo con vino somministrato
regolarmente, tutto ciò portava all'aumento delle malattie e alla
mancanza di guarigione. I benestanti si curavano con eccitanti, come
china e musco (borracina, licheni, felci, capelvenere), in caso di
necessità, facevano ricorso al piccolo, ma ben tenuto, ospedale di Anzi.
La vaccinazione antivaiolosa, per antichi pregiudizi era rifiutata dal
popolo, mentre aveva avuto benefici effetti nelle famiglie abbienti. Gli
illegittimi, i trovatelli, gli esposti erano tenuti con poca affezione
dalle nutrici, perché la povertà le spingeva a provvedere prima al
sostentamento dei propri figli, e anche perché il Comune non
corrispondeva loro la retribuzione mensile con regolarità.
AGRICOLTURA
Erano dediti all'agricoltura, praticata con l'aratro o la zappa, 454
lavoratori di cui 30 massari e custodi di bovi, 20 pastori, 4 custodi di
maiali e 400 braccianti. Circa 600 tomoli venivano seminati quattro
volte in un decennio, con una spesa di 29 lire per tomolo e per
complessive 23400 lire.
Il grano prodotto (majorica e saragolla) veniva prima mondato con il
crivello e poi seminato a getto, in proporzione di 1 tomolo di semi per
1 tomolo di terra, sarchiato per tre volte con piccole zappe, e
incalcinato per proteggerlo dal gelo.
Le messi si mietevano a fine luglio e i primi giorni di agosto e si
trebbiava con i buoi. La resa era del quattro o del cinque per uno,
negli anni di buon raccolto si arrivava anche al sette; su una semina di
600 tomoli se ne raccoglievano 3000, ma nelle cattive annate mancava la
quantità necessaria al consumo. Si coltivava la vigna alla latina, cioè
si legavano le viti ai pali; il tronco era alto circa 1 mt. e i tralci,
che dovevano produrre uva, dopo la potatura, erano di circa 6 cm. e
veniva zappata due volte all'anno. Dopo la vendemmia, pigiata l'uva, si
versava il mosto nelle botti, dove veniva conservato tutto l'anno.
Il vino prodotto era leggero, gradevole al palato, ma inacidiva
facilmente; si cercava di rimediare a tale inconveniente, travasandolo.
Una soma di vino costava L. 6,50 e si vendeva a L. 8. Negli orti si
coltivavano cavoli, bietole, borraggine, rape, senape e prezzemolo.
L'altra attività praticata era l'allevamento del bestiame; vi erano circa
1500 pecore, 60 bovi, 100 maiali, 60 tra muli e asini. I buoi d'inverno
venivano alimentati con paglia e fieno, gli animali da trasporto con
biada e paglia, tutti gli altri animali pascolavano nelle maggesi, nelle
ristoppie e nei terreni incolti e si abbeveravano alle acque dei
torrenti e ruscelli. Una pecora valeva 6 lire, costava all'anno 4 lire e
dava una resa di 5 lire, un animale vaccino valeva 132 lire, costava
all'anno 35 lire e dava un guadagno di 40 lire, un maiale poteva costare
fino a 25 lire, un mulo da 200 a 400 lire, si spendeva per mantenerlo
132 lire, un asino valeva da 44 a 88 lire con una spesa annua di 67
lire.
Le stalle erano costruite con pietre cementate con sola terra, gli ovili
erano di legno mal connesso e di paglia. Le pecore si potevano ammalare
di schiavina, milza e lupiello, i buoi di scaranzia e impagliatura, alla
prima si rimediava con olio caldo e sale, alla seconda con decotti di
malva. L'erba nociva per le pecore era la storta, per i buoi la cicuta.
La pastorizia forniva 15 catja (pari a 13 quintali e 36 Kg.) di lana di
buona qualità (detta gentile); se ne lavorava solo una piccolissima
quantità, il resto veniva venduto a L. 220 il catajo (pari a 247 lire al
quintale). Il latte era di qualità mediocre, cagliato dava ricotta e
formaggio in quantità non sufficiente al fabbisogno della popolazione.
Anche gli animali da macello erano pochi, per cui si dovevano acquistare
nei mercati. La carne di maiale lavorata forniva salami sufficienti a
soddisfare il fabbisogno familiare; venivano allevati anche animali da
cortile. 1 contadini erano soliti usare tutti i pellami, che
provvedevano a conciare direttamente.
L'apicoltura era poco praticata, in tutto c'erano venti arnie di legno, di
forma rettangolare, un'arnia in primavera produceva due sciami, poteva
risentire del clima rigido e essere attaccata dalla formichella. La cera
e il miele si raccoglievano in settembre, ogni arnia produceva 3 rotoli
di miele, per smelare si ricorreva alla barbara usanza di uccidere le
api.
La caccia veniva praticata per diletto, si uccidevano i lupi con il
fucile, perché recavano danno alle greggi e si dava la caccia sopratutto
ai passeri e alla allodole, in quanto nocivi all'agricoltura.
Il territorio comprendeva 800 tomoli di boschi con 3000 piante di cerro,
che davano un prodotto di 440 lire; per la custodia del bosco si
spendevano annualmente 120 ducati quale salario dei due guardaboschi.
Scarsissima era la produzione delle piante che davano materia da filo come
canapa, lino, cotone. Quest'ultimo si acquistava nei Comuni dei
distretti di Matera e di Lagonegro, secondo la qualità costava dai 17 ai
25 carlini a rotolo, veniva lavorato dalle filatrici con il fuso
semplice. Una donna, con il compenso di 5 grani (pari a 25 centesimi)
poteva giornalmente filare 2 once della prima qualità, 2,50 della
seconda e 3 della terza. La filatura di una libbra di cotone, se di
prima qualità, costava 30 grani, di seconda 24 e di terza 20. Con il
filo di cotone si realizzavano calze (che costavano di 60 grani al
paio), guanti e berretto (12 grani), o tessuto a cottoncino (a righe o
semplice), che serviva per confezionare salviette e tovaglie. Venivano
lavorate per lo più le lane gentili; e si vendevano a 20 grani per
libbra (pari a 300 grammi). La filatura era eseguita con il fuso
semplice; per cardare e filare una libbra di lana della migliore qualità
si spendevano 13 grani, di media qualità 10 grani, di ultima qualità 8
grani. Dal filo di lana tessuto si otteneva del panno volgarmente detto
tela; che costava 18 grani alla canna; per rassodarlo bisognava
rivolgersi alle gualcherie di Vignola dove venivano anche tinti di
giallo, nero, bleu, marrone, i colori però facilmente si scolorivano. Il
panno di prima qualità costava 20 carlini alla canna, di seconda di 18
carlini, della terza 15 carlini.
Veniva lavorato il legno di quercia, faggio, melo; si facevano travi di
cerro e di abete per le civili abitazioni, per usci e chiusure si usava
legno di quercia o di abete, per le doghe delle botti il legno di cerro.
I fabbri si rifornivano di ferro e di acciaio a Bari e Trani, il primo
costava 20 grani a rotolo, il secondo 32 grani. `
A Laurenzana si acquistavano ringhiere per balconi, chiavi, serrature,
forbici, coltelli e fucili. In paese non mancavano sarti e calzolai, i
cui manufatti però erano alquanto rozzi.
T. PEDIO, La Statistica Murattiana del Regno di Napoli. Condizioni
economiche. Artigianato e manifatture in Basilicata all'inizio del sec.
XIX, Potenza 1964, p. 14 ss.
D. DEMARCO, La Statistica del Regno di Napoli nel 1811, Roma 1988, Tomo
III, p. 79 ss., 299 ss., 517 ss.
MONETE, PESI E MISURE CORRENTI IN BASILICATA NELLA PRIMA META DEL SEC.
XIX.
Ducato, pari a L. 4,2489
Tarì, pari a 2 carlini
Carlino, pari a L. 0.4249
Piastra pari a 12 carlini
Grano, pari a L. 0,0425
Catajo, pari a Kg. 89,10
Rotolo, pari a Kg. 0,8910
Libbra, pari a Kg. 0,3208
Oncia, pari a Kg. 0,2672
Trappeso, pari a gr. 0,8910
MISURE LINEARI
Canna, pari a m. 2,10 (dopo il 1840 pari a m. 2,64)
Palmo, pari a m. 0,21 (dopo il 1840 pari a m. 0,26)
MISURE DI CAPACITA
Tomolo, pari ad ettolitri 0,5555
Caraffa di once 33,1/3, pari 1. 0,8925
Canna cubica, pari a m. cubo 18,5150
T. PEDIO, La statistica murattiana cit., p. 11. |