Capitolo Quarto
DALLA I GUERRA MONDIALE
AL FASCISMO
1. A provocare lo scoppio della guerra fra i due schieramenti, l'Intesa
(Inghilterra-Francia-Italia) e gli Imperi Centrali (Germania-Austria)
che si erano formati negli anni precedenti, fu il forte spirito di
rivalità e sopraffazione che caratterizzò i rapporti tra gli Stati
Europei fin dai primi anni del sec. XX, in particolare la rivalità tra
la Germania e l'Inghilterra per la supremazia nei commerci e quella tra
l'Austria e la Russia per il predominio nell'area dei Balcani, il
contrasto tra la Francia e la Germania per le conseguenze della
sconfitta francese del 1870, infine l'Italia che aspirava ad avere i
territori di Trento e Trieste e ad espandersi verso est.
L'insieme di tutti questi interessi, così contrastanti fra di loro, portò
allo scoppio della I Guerra Mondiale (1914-1918). L'Italia scese in
guerra il 24 maggio 1915; essa, fortemente voluta dai nazionalisti
italiani, si svolse con alterne vicende anche drammatiche e si concluse
con l'annessione all'Italia del Trentino, dell'Alto Adige fino al
Brennero, di Trieste e dell'Istria (1). I lucani dei circondari di
Potenza e Lagonegro furono inquadrati nel 29 Reggimento di fanteria
della gloriosa 3a armata; al comando del colonnello Ottini, partirono
per il fronte come truppe di copertura. Il contributo di vite dato dalla
Basilicata fu molto alto.
circondario popolazione morti o dispersi mutilati-invalidi
Potenza 155.059 2.030 647
Matera 113.396 1.511 441
Lagonegro 110.699 1.690 475
Melfi 106.797 1.536 483
Totale 485.911 6.767 2.046
I decorati furono 566:178 del circondario di Potenza, 96 di Matera, 138 di
Lagonegro, 154 di Melfi.
A Trivigno si contarono 19 morti in battaglia, 2 per malattia, 2 dispersi,
2 mutilati e invalidi (v Appendice, I, p. 257 ss.). Il loro valoroso
comportamento venne riconosciuto con la concessione di 2 medaglie
d'argento, 1 di bronzo e 1 Croce di Guerra (3). Una stele, a ricordo dei
fratelli caduti, fu eretta, nel 1924, in piazza IV Novembre con le laute
donazioni anche degli emigranti (4).
Con l'inizio della guerra l'attività amministrativa, che già procedeva a
fatica, subì un ulteriore rallentamento; le opere progettate non furono
realizzate, le provvidenze statali, in cui si sperava, vennero meno per
la contingente situazione politica. La vita sociale, già depauperata
dalla massiccia emigrazione, risentì molto sfavorevolmente della
chiamata alle armi dei giovani. L'esercito italiano venne in gran parte
reclutato tra le masse contadine e la borghesia rurale: "la quasi
totalità degli operai industriali erano esonerati per legge dal servizio
militare" perché impiegati nell'intensificazione della produzione
bellica. La Basilicata, essendo priva di attività industriali, fu una
delle regioni sulle quali gravò, in proporzione, la chiamata alle armi
dei fanti-contadini (5).
2. Gli anni del dopoguerra furono anch'essi drammatici non solo per la
crisi economica, ma anche per gli aspri contrasti politici che
caratterizzarono la vita della Nazione. In tutta l'Italia si andava
rafforzando il Partito Socialista, in rapida ascesa era il Partito
Popolare d'ispirazione cattolica fondato nel 1919 (6). Nel ristretto
contesto sociale di Trivigno gli opposti schieramenti furono scelti più
per questioni personali che per convinzioni ideologiche, determinando
ulteriori divisioni e contrasti. La situazione molto confusa e la paura
di una probabile rivoluzione procurarono adesione e sostegno al
movimento fascista fondato da Benito Mussolini, che si faceva garante,
anche se in maniera contraddittoria, dell'ordine sociale. Al Fascismo
andarono le simpatie degli industriali, degli agrari e della piccola
borghesia fortemente danneggiata dalla guerra. Il nuovo governo mostrò
particolare attenzione verso il grave disagio economico del clero al
quale riconosceva l'opera svolta nella vita nazionale, e adottò una
serie di provvidenze che culminarono nel Concordato tra Stato e Chiesa
del 1929. Esso ebbe particolare rilevanza per la Chiesa meridionale, e
determinò la ripresa del clero e delle parrocchie anche sul piano
economico (7). La vecchia classe politica non seppe gestire la difficile
situazione; dopo la marcia su Roma (22 ottobre 1922) Mussolini ottenne
dal Re, Vittorio Emanuele III, l'incarico di formare il governo (8).
3. La trasformazione degli ordinamenti liberali avvenne gradualmente fino
ad arrivare, nel 1925, alla dittatura con l'accentramento dei poteri
politici e amministrativi. Gli uffici del Demanio, del Regio Registro e
Bollo, del Catasto (Regio Decreto del 10 settembre 1923) furono
trasferiti all'Intendenza di Finanza di Potenza, vennero aboliti i
Distretti e Circondari; la Basilicata fu divisa in due Province: Potenza
e Matera (1927), anche la normativa sugli Enti Locali fu riformata
(Legge 4-11-1926, n. 237 e Regio Decreto del 3-11-1926, n. 910). In tale
quadro carica unica di riferimento fu il Podestà con le funzioni in
precedenza attribuite al sindaco, alla Giunta e al Consiglio Comunale.
Dopo anni di stasi, che avevano portato ad un degrado generale del paese,
l'Amministrazione Comunale riprese a svolgere una più efficace e
incisiva attività per risolvere i problemi improrogabili, quali la
quotizzazione delle terre demaniali, i lavori pubblici e la scuola.
4. Fu ripresa la vecchia e purtroppo sempre attuale quotizzazione delle
residue terre demaniali ma, nonostante le verifiche, i giudizi e le
sentenze intervenuti, le contestazioni demaniali continuarono (9). Nel
1920, scaduto il termine di gran parte delle concessioni ad utenza, il
Perito Demaniale, Sig. Nardiello, dopo un attento esame ordinò, dal 1920
al 1922, la reintegra al Comune di vari territori; coloro che furono
estromessi non si opposero a quanto deciso, ma chiesero e ottennero i
terreni in utenza temporanea. Il Perito, inoltre, dopo avere verificato,
definì i confini e pose i termini a piccole porzioni di demanio comunale
in località: Infrascata, Pietra Grossa, Pozzo Cicciocola, Acqua Cocevole
e Paschiere, quest'ultimo (9.54,25 ettari) fu destinato a pubblico
pascolo e alla fiera che si svolge l'1 e il 2 settembre. Nel 1927 venne
istituito il Commissariato Straordinario degli Usi Civici che nello
stesso anno incaricò il podestà di Trivigno di procedere alla
sistemazione delle rimanenti pendenze demaniali. Tale lavoro si concluse
con la reintegra al Comune del possesso di circa 6 ettari di terreno, i
rimanenti continuarono ad essere tenuti da coloro a cui erano stati
concessi in uso.
Nel 1928 l'Istruttore Demaniale, Sig. Ciro Lapeschi venne incaricato di
accertare e definire le residue pendenze. Dopo attento esame di tutta la
documentazione il cav. Lapeschi, in una dettagliata relazione (1938)
giunse alla conclusione che i territori demaniali erano già ridotti
perché in parte sdemanializzati e alienati, e che la situazione era
quasi del tutto regolarizzata; dovevano essere ulteriormente definite le
pendenze e la trasformazione delle utenze in concessioni enfiteutiche,
oltre all'omologazione delle concessioni e all'esame delle richieste di
sdernanializzazione (10). Nonostante un iter di oltre cento anni e la
relazione tecnica del Cav. Lapeschi, la questione demaniale non ha avuto
una reale e definitiva conclusione; ancora oggi non risulta formalmente
accertato per alcune piccole estensioni il loro carattere demaniale e
l'esistenza su di esse degli antichi usi civici. La Commissione
Straordinaria per gli usi civici, nel 1928, si occupò anche della
questione di Serra del Ponte; la contestazione era sorta in quanto la
località rientrava nel territorio di Tricarico, già demanio comunale e
poi proprietà allodiale del Duca di Salandra, feudatario di Tricarico.
Questo demanio comprendeva terre concesse in colonia a cittadini di
Trivigno e di Brindisi di Montagna che esercitavano il diritto di
pascolare anche sulle terre libere. La vicinanza dei Comuni citati aveva
fatto presumere che, se fossero stati riconosciuti gli usi civici, le
popolazioni limitrofe avrebbero dovuto goderne. Non potendo sostenere un
contenzioso in tale senso mancando le prove documentali, i due Comuni,
già menzionati, per non affrontare ulteriori spese rinunziarono a ogni
pretesa.
La questione di Serra del Ponte non riguardò più gli usi civici ma il
territorio, in quanto questa vasta area, inserita nei tenimenti di
Trivigno, Brindisi di Montagna, Vaglio e Albano di Lucania, appartiene
ancora oggi giurisdizionalmente al Comune di Tricarico (provincia di
Matera).
5. Nel primo decennio della dittatura fascista furono affrontati vari
problemi relativi ai lavori pubblici e all'istruzione primaria. La
popolazione chiedeva con insistenza l'istituzione di un Asilo Infantile;
l'1 novembre del 1926 fu aperto l'asilo "Regina Elena" (11),
s'iscrissero cinquanta bambini di cui trenta pagavano una retta mensile
di 10 lire, gli altri erano a carico del Comune; l'insegnamento fu
affidato alla maestra patentata Amelia Pellettieri di Albano di Lucania.
L'istituzione funzionò solo per un triennio (1926-1929), perché il
modesto bilancio comunale non consentiva le spese di gestione.
L'Amministrazione Comunale, consapevole della non idonea ubicazione delle
scuole in abitazioni private, cercò di provvedere alla costruzione di un
edificio scolastico. Il progetto, redatto nel 1922, rivisto e riproposto
nel 1929, non venne realizzato perché il Comune non poteva accollarsi il
mutuo di L. 300.000 concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti, né era
possibile imporre ulteriori oneri ai cittadini in un grave momento di
crisi 12. Provvidenzialmente nel 1932 (ai sensi dell'art. 2 del Testo
Unico del 14 settembre 1931 n. 1174) furono trasferiti dai Comuni allo
Stato gli oneri concernenti gli stipendi, gli assegni e le indennità
corrisposti al personale direttivo e insegnante delle scuole elementari.
Nonostante questo alleggerimento di spesa, la costruzione dell'edificio
scolastico fu rinviato ancora per alcuni decenni. Si ripropose il
problema dell'inagibilità della Chiesa Madre; il perito agronomo
Giovanni Padula, dopo un attento esame nella sua relazione mise in
evidenza che il muro maestro dell'abside era lesionato, le volte e gli
archi di sostegno minacciavano di crollare, i soffitti e il pavimento
erano consumati dal tempo e il campanile, colpito da un fulmine, aveva
bisogno di essere ripristinato. L'Arciprete, Don Vincenzo Allegretti,
nel 1924, rendendosi conto dell'impossibilità da parte del Comune di
fare fronte alle spese necessarie, ottenne dalla Curia di Acerenza il
permesso di vendere gli ex voto offerti dai fedeli a Sant'Antonio di
Padova e a San Rocco. Riuscì a ricavare 3.710,80 lire a cui si
aggiunsero altre 4.930,05 lire inviate dai trivignesi emigrati; le
funzioni religiose ripresero ad essere celebrate nella Chiesa Madre nel
1930. Malgrado l'impegno profuso dal parroco e il sacrificio dei fedeli
nel 1935 le strutture portanti della chiesa presentarono di nuovo
lesioni molto gravi tanto da chiedere un intervento urgente alle
autorità competenti. Dalla Soprintendenza di Reggio Calabria fu inviato
l'architetto Nava, che in un'attenta e precisa relazione, constatati e
individuati i danni, indicò i lavori da eseguire; gli eventi bellici
delle guerre d'Africa, di Spagna e della II guerra mondiale fecero si
che ogni intervento fosse rinviato (13).
Altri lavori pubblici riguardanti la viabilità interna dell'abitato furono
eseguiti, in parte, agli inizi degli anni '30. In piazza Plebiscito, per
eliminare il ristagno delle acque piovane fu creato un piano rialzato
intorno al quale correva la strada, che s'immetteva in corso Vittorio
Emanuele, modificando quello che era stato l'assetto naturale di questo
spazio che, fin dal remoto passato, costituiva la porta della Terra di
Trivigno.
La lunga scalinata a larghi gradini (14) di corso Vittorio Emanuele venne
sostituita da un ripido selciato che giungeva fino alla Chiesa Madre,
via Mario Pagano e via Marsala furono pavimentate con acciottolato in
malta comune. Le altre strade interne: via Roma, via XX Settembre, via
Magenta, via Cirillo rimasero in condizioni pessime o del tutto
impraticabili. Negli anni successivi, con interventi molto modesti, si
ripararono le strade mulattiere esterne al paese danneggiate dalle
piogge abbondanti e dalle frane (15). Nel contempo l'approvvigionamento
idrico dell'abitato divenne più critico; la portata dell'acqua diminuiva
a causa delle numerose dispersioni della vecchia condotta costruita nel
1886. Il Commissario Prefettizio, dott. Francesco Vecchi, nel 1931
ottenne dal Provveditorato alle Opere Pubbliche la sostituzione della
vecchia e fatiscente condotta che portava l'acqua dal bosco al paese;
essendo in corso la pavimentazione di varie strade, si provvide alla
messa in opera della rete idrica e all'istallazione di altri tre
fontanini pubblici nei rioni Tempone, Pulmunara e Pozzo Fetente. I
lavori, non eseguiti con la dovuta perizia, crearono gravi disagi ai
cittadini e problemi all'Amministrazione Comunale; fu necessario
sostituire i due vecchi fontanini siti al Paschiere e in piazza IV
Novembre, collegare meglio tutte le fontane alla rete fognante per
evitare acque stagnanti e cattivi odori. Nello stesso anno il
Commissario Prefettizio, per eliminare l'abitudine di lavare i panni ai
fontanini pubblici, deliberò di costruire in contrada Infrascata un
lavatoio coperto alla fontana vecchia (denominata così dopo la
costruzione dell'acquedotto). Le scarse risorse economiche consentirono
solo di trasformare il vecchio abbeveratoio, affiancando alla vasca un
truogolo munito di stropicciapanni in pietra e risistemare il piazzale
antistante con una spesa complessiva di 13.500 lire.
Altri servizi di pubblica utilità furono effettuati dal Comune che, nel
1928, fece installare la linea telefonica con la stazione ferroviaria,
collegando il paese alla rete nazionale, favorendo, nel 1935, con un
contributo annuale il servizio automobilistico tra l'abitato e la
ferrovia effettuato da Rocco Giuseppe Canosa (il biglietto costava 2
Lire per l'andata, e 3 per il ritorno).
Mancava ancora l'illuminazione pubblica; dopo lunghe trattative intercorse
tra il Comune e la Società Lucana per le imprese idroelettriche fu
inaugurata il 5 aprile 1928 la rete pubblica con l'installazione nei
vari rioni di 85 lampioni (17).
L'Amministrazione Comunale cercò di fornire alla popolazione un'adeguata e
regolare assistenza sanitaria affidata al medico condotto e alla
levatrice. Nel 1928 fu lanciata su scala nazionale una campagna contro
la tubercolosi; il Comune fu tenuto a versare alla Federazione Nazionale
Fascista il contributo di 1 lira per abitante (18). In assenza della
farmacia, chiusa nel 1912 per la morte del titolare, dott. Francesco
Antonio Brindisi, fu aperta nel 1921 una drogheria, in cui venivano
vendute alcune sostanze della farmocopea consentite dalla legge (acido
borico, bromuro, potassio, cloroformio, collodio, etere, solfato
d'alluminio, di zinco ecc.).
Con l'avvento del Fascismo, nonostante l'impiego di una squadra di operai
nelle opere pubbliche, l'economia rimase sostanzialmente agricola, le
condizioni economico-sociali della popolazione continuarono ad essere
molto modeste. Mentre la crisi della fine del 1800 aveva trovato uno
sbocco nell'emigrazione, nel ventennio fascista anche questo fu
precluso. Gli Stati Uniti, con la legge del 21 maggio 1921, limitarono a
4.000 la quota degli emigrati italiani, favorendo soprattutto l'ingresso
di coloro che erano muniti di specifiche professionalità. Da Trivigno
partirono in prevalenza giovani laureati (medici, avvocati), a questo si
aggiunsero la crisi economica che nel 1929 si abbatté sugli Stati Uniti
e le leggi restrittive dell'emigrazione dettate dalla nuova politica
estera italiana.
Un piccolo gruppo, formato da una decina di persone, con la speranza di un
avvenire migliore nel 1934 si trasferì nella colonia italiana di Rodi,
nel Dodecanneso, per praticare l'agricoltura e la viticoltura (19),
altri si stabilirono a Napoli, Roma, Bari, trovando sistemazione
nell'Amministrazione Pubblica, accedendo alla carriera militare o
esercitando le libere professioni; i ceti subalterni, costretti a
rimanere in paese, assistettero impotenti ad un ulteriore degrado della
situazione.
I giovani coinvolti nel nuovo clima politico, fiduciosi in un futuro
migliore, si arruolarono nel 1935 volontari per la guerra d'Africa.
Le loro speranze andarono deluse; alcuni al termine delle operazioni
belliche rientrarono a casa, non tutti in buone condizioni di salute,
altri rimasero in Africa Orientale Italiana. Non erano ancora terminate
le conseguenze degli ultimi eventi bellici, allorché il 10 giugno 1940
scoppiò la II Guerra Mondiale interrompendo definitivamente ogni
possibilità di ripresa.
NOTE
1 G. DE ROSA, Storia contemporanea cit., p. 281 ss.
2 R. GIURA LONGO, La Basilicata moderna e contemporanea, Matera 1992, p.
187.
3 A.C.T., Categoria VIII, Leva e truppa, classe V, fasc. 3.
4 Dalla "La Basilicata nel mondo". II annata, Napoli 1925. Dal "Corriere
della Basilicata", 14 settembre 1924. L'1 settembre 1924 fu inaugurato a
Trivigno, in piazza IV Novembre, il monumento ai Caduti, opera pregevole
dello scultore Armando Mannini di Massa Carrara, realizzato con il
contributo dei cittadini e degli emigrati trivignesi. Il Comitato per le
onoranze ai Caduti costituito dal prof. Giuseppe Orga, dal Sindaco, avv.
Giovanni Russo e dai Sigg. Salvatore Petrone e Ferdinando Prete, volle
onorare i fratelli caduti per la Patria. Alla solenne benedizione e
all'orazione funebre, tenuta dal Presidente del Comitato, erano presenti
le autorità locali, in rappresentanza della Prefettura il Comm.
Cardamone, per le Forze Armate il Capitano Buccini, l'avv. Emanuele
Gianturco e una folla visibilmente commossa.
5 R. GIURA LONGO, Op. Cit., p. 186.
6 E. SANJUST, L'inchiesta Zanardelli sulla Basilicata, Rionero in Vulture
1996, p. 12 ss.
7 A. LERRA, Chiesa e società cit., p. 167 ss.
8 G. DE ROSA, Storia contemporanea cit., p. 321 ss.
9 A.S.P., Atti Demaniali, Busta 771, fasc. 11-12-13-14.
10 Commissario Regionale per la liquidazione degli Usi Civici, Cav. Ciro
Lapeschi-Istruttore Demaniale. Relazione sui Demani di Trivigno, 1
dicembre 1938.
11 A.C.T., Categoria 9, classe II. Delibera Comunale 16-12-1926.
Regolamento per l'istituzione e funzionamento dell'Asilo Infantile,
Trivigno 25-11-1926.
12 Ivi, Categ. 10, classe IV, fasc. Lavori pubblici.
13 R. BRINDISI SETARI, Op. cit., p. 32, nota 54.
14 A. Mosso, Vita Moderna degli Italiani, Milano 1906, p. 5 s.
15 A.C.T., Categ. 10, classe I, fasc. Manutenzione strade interne,
progettista ing. Montesano, ditta appaltatrice L. Moro, importo L.
59.000.
16 Ivi, Categ. 10, classe IV, fasc. 1, progettista ing. Montesano, ditta
appaltatrice L. Mori.
17 Ivi, Categ. 10, classe III, fasc. 1-3, Illuminazione pubblica.
18 Ivi, Categ. 4, classe II. Servizio di Assistenza Sanitaria.
19 A.P.T., Busta XII. Posizioni matrimoniali 1934, fasc. 4. Il Dodecanneso
venne occupato dall'Italia, nel 1912, in seguito alla guerra di Libia;
fu riconosciuto dalla Turchia come possedimento italiano nel trattato di
Losanna del 1923. Di questo periodo manca qualsiasi documentazione,
pertanto non è possibile fornire dati certi sul numero degli emigrati da
Trivigno.
APPENDICE
I - STIANO I NOMI DEGLI EROI NEL CUORE E NEL RICORDO DEI CITTADINI
III GUERRA D'INDIPENDENZA (1866)
Santangelo Rocco, veterano.
GUERRA D'AFRICA 1895-1897
Filitti Rocco Adua, 1 marzo 1896
I GUERRA MONDIALE (1915-18)
1) S.C. Cann. Brindisi Amatuccio
2) Soldato Cinefra Francesco Antonio
3) Soldato De Marco Ferdinando
4) Soldato Di Giacomo Francesco
5) Soldato Fabrizio Francesco
6) Soldato Galgano Rocco ,
7) Soldato Garramone Filippo
8) Soldato Giorgio Giovanni
9) Soldato Lavigna Pietro
10) Soldato Maggio Pietro
11) Cap. Magg. Mazzone Francesco
12) Soldato Montesano Domenico Antonio
13) Soldato Padula Michele
14) Soldato Padula Nicola
15) Soldato Petrone Ernesto
16) Soldato Petrone Michele
17) Soldato Perriello Antonio
18) Soldato Sarli Rocco
19) Soldato Ungaro Antonio
20) Soldato Ungaro Giovanni
21) Soldato Venuti Nicola
22) Soldato Vignola Francesco
23) Soldato ; Volini Nicola
Mutilati e Invalidi
1) Soldato Petrone Ernesto
2) Soldato Fabrizio Francesco
Di Giacomo Francesco medaglia d'argento alla memoria. Morto il 16 maggio
1917 sul monte Cucco.
Vignola Francesco medaglia d'argento alla memoria. Morto il 15 giugno 1916
a Monfalcone per le ferite riportate in combattimento.
A.C.T., Categoria VIII. Leva e truppa, classe V, fasc. 3. ivi, ALBO D'ORO,
Militari caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918, Ministero della
Guerra, Basilicata, Roma 1928, vol. III.
GUERRA D'ETIOPIA (1935-36)
Croce di Guerra al valore militare
Tenente Medico Passarella Fabrizio
Serg. magg. Capo R.T. Fabrizio Vincenzo.
(Boll. Uff. 1938, 8 settembre, disp. 51).
Croce al merito di guerra
Caporale Pisani Michele, nato nel 1912, di Pietro. Faceva parte della
Sezione Pompieri Militari di Addis Abeba.
(Decreto Ministeriale Africa Orientale Italiana, 6 novembre 1937).
GUERRA DI SPAGNA (1937-38)
Sassano Pasquale*
Nato a Trivigno il 12 aprile 1914 da Giuseppe e da Maria De Marco.
Combatté con il grado di tenente nella guerra di Spagna; ufficiale della
Divisione Frecce Nere, fu decorato di medaglia di bronzo al valore
militare per il suo esemplare comportamento avuto in un'ardita azione
militare condotta sul Monte Sallube (fronte di Bilbao), 10 maggio 1937,
e per altri fatti d'armi compiuti sul fronte dell'Ebro Castellon; fu
proposto per il conferimento di due medaglie d'argento.
* Sig. Maria Sassano, Manoscritto. |