La Chiesa di San Michele
Le fredde arcate
racchiudono l’eco di antiche preci:
un bisbiglio
dapprima lento, poi, sonoro, forte,
interminabile.
Non prego, non so pregare
presa dalle mie fantasie;
negli scanni vuoti son seduti
frati medioevali, monaci scalzi,
nobili signori intabarrati
e un vecchio senza età, smilzo e cisposo,
che recita rosari e non si ferma.
E io, e noi siam loro
di fronte al nudo altare.
Nell’aria rarefatta e luminosa
della funzione sacra
si levano, allora,
mescolandosi alle voci del passato,
le voci del dolore odierno:
il rauco lamento
d’una bimba vietnamita,
il rantolo tenebroso
d’un soldato morente in solitudine,
l’appello accorato
di tanti che hanno fame
di cibo e di giustizia
e il canto spirituale dei negri
che, melodicamente,
al Signore affidando
le inenarrabili torture
vedono aprirsi il paradiso
alla loro pelle scura.
Improvviso, silenzioso
dai miei occhi immensi
sgorga un pianto
lontano e liberatorio.
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