A EMILY DICKINSON
Ti fu concesso (fu tua la scelta)
straniarti in solitudine;
rifiutare quanto t’inquietava
del mondo esterno
per costruirti l’immortalità.
I fiori all’ombra di oscure caverne,
dove non sorride raggio di sole,
restano in boccio - bianche larve
chiuse nel tenue involucro -
in attesa di affiorare al cielo.
A te questo si schiuse
quando il freddo t’invase della morte
- che tanto t’avvolse in vita -
in un giorno di maggio tra le rose
di cui amavi farti le ghirlande.
Avesti, allora, quel che t’aspettavi?
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