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Come Pierrot

- Poesie -

Rachele Zaza Padula
 

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Le formiche

Toglietemi dal petto
questo macigno di dolore
liberatemi il cuore
dall’ansia che l’opprime.
Cerco conforto nella natura:
nei salici pietosi, nelle rose ardenti
che interrompono il verde dei viali
nelle siepi di oleandri colorati
negli alti cipressi che toccano il cielo
e proteggono i morti al cimitero.
Nelle tenere viole che nei campi
annunziano il risveglio a primavera,
nelle file di rosse formiche
che ordinate e pazienti
raggiungono la tana.
Una minuscola piramide di sabbia.
Nel ruscello che lento scorre al fiume
conta gli anni col suo mormorio
e mi racconta le favole
di quando bambina
credevo agli orchi e alle fate.
 


La solitudine

Bussano alla porta
Chi sarà?
Mi metto il rossetto
infilo le scarpe
disattivo l’allarme.
Apro.
È la mia solitudine.
 


Le marmotte

Non è lontana
la siepe del rosmarino
dal muretto
che divide la salvia
dalle rosacciocche
la menta odorosa
da quel che resta
di un cespuglio di more.
Due marmotte in lotta
ne hanno spezzato i rami
e scomposto l’armonia.
 


La filigrana

(L’animo)
L’animo è una filigrana di cristallo.
Mossa appena emette un suono
sottile acuto incantato,
ma se viene scossa
senza cura né amore
si rompe in minuscoli pezzi.
Si frangono gli arabeschi d’argento
e non ha più richiami sonori.
 


La farfalla

… come quando d’estate
una farfalla calda di sole
s’inebria e vola
con le sue ali di madreperla
iridescente,
si ferma, poi, nel calice
di una petunia rosaviola
ne sugge l’umore
né s’accorge del geco che
con gli occhi sporgenti
segue occulto il suo volo,
così vorrei che l’anima mia
dimentica dei mali dell’oggi
violento e confuso
voli in alto nel cielo
e trovi una patria nuova.
 


Rondini

Che magico ottobre!
Magico nella luce bianca
che disegna i monti all’orizzonte,
nell’erba dei prati ancora verde
e ci fa credere che la pioggia
il vento anche la neve siano prigionieri
di un mago pietoso.
Diresti che è maggio.

Ma il vecchio dalla barba bianca,
il tempo, continua il suo cammino.
Verrà novembre, il mese dei morti,
dicembre e l’incanto del Natale,
gennaio e la speranza
di un nuovo anno favoloso.
Ahimè! Non per tutti
tornerà l’equinozio di primavera,
che la notte fa pari al giorno
e le rondini hanno sulle ali
la sabbia d’oro di paesi lontani.
 


Forse

È un regalo questo nuovo giorno.
Cosa farò perché non vada
perduto il suo ricordo?
È aprile: canterò i rami
di mandorlo in fiore,
Cristo risorto sulla via di Emmaus
ancora livido e ferito nel costato.
Canterò gli amori che si perdono
mentre i sogni continuano
a nutrirci di stelle.
È sera e non ho ancora scelto
le note del canto. Domani, forse…
 


Il cerchio

Il tempo non mi appartiene più
né prefigura (lascia tracce nel)le mie giornate.
Spento ogni possibile progetto
non fioriscono speranze ardite
o sogni che incantino l’animo.
Solo il rimpianto di un passato vissuto
nella quotidianità disarmante
senza il coraggio dell’avventura.
È tardi ormai: pochi battiti ancora
e il cerchio si chiude.
 


Trasmigrazione

(È aprile inoltrato
e) L’aria tutt’intorno
brilla di cento punti di luce.
Il sole è caldo di vita
(e l’erba e i fiori
crescono nei campi)
sui campi che a distesa
coprono le valli
delle mie montagne.
Perché non finirla qui.
Trasmigrare
prima che le ombre nere
tolgano lo splendore al giorno.
 


Il bottone di madreperla

Nel cassetto di un vecchio mobile
ho trovato un bottone di madreperla
con intarsi di cristalli rosantico.
Era appartenuto a nonna Adele.
Morì a vent’anni, troppo presto
per lasciar(ci)e una storia.
L’avevano vestita con l’abito da sposa
di seta bianca e intrecci di perline.
Una tristezza lontana m’incupisce
guardando il bottone di madreperla
con gli intarsi di cristalli rosantico.
È quanto (mi) resta di nonna Adele.
Domani cercherò la sua tomba a Pignola
piccolo paese arroccato su di una collina,
dignitoso e accogliente come tanti altri
della terra di Basilicata. La mia terra.
 


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