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Come Pierrot

- Poesie -

Rachele Zaza Padula
 

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Lucania anni ’20

L’odore di stallatico
impregna il buio
della stanza.
Nella madia avvolti
in un telo pezzi
di pane raffermo
e tante mosche sull’aia.

Padrone del sole
un geco sul muro
appena un fruscìo
si mimetizza e scompare.
 


Una orlatura d’oro

Il cielo denso di nuvole nere
avvolge le case in salita
e i monti lontani.
… all’orizzonte dove la terra
sembra finire a strapiombo
un fuoco di luce si diffonde a tondo.
I raggi del sole coperto dalle nubi
si sono rifugiati ai margini estremi
e hanno formato una orlatura d’oro.
 


Il picchio e il topo di campagna

Lavora a tondo sul tronco rugiadoso
dell’albero che cresce sotto il mio balcone.
Lavora a cottimo
dall’alba a mezzogiorno,
poi, ricompare a sera
nero come le ombre che s’allargano
a coprire il bagliore delle stelle.
Domani scoprirò l’effetto
del ticchettio cadenzato del suo becco.

Sul tronco appare un cerchio perfetto
quasi tracciato da un compasso
prima dell’intervento
dello strano tornitore.
Infila il capo nel piccolo tunnel,
lo estrae, scuote le ali e vola via.
Un astuto topino s’allegra
al pensiero d’aver trovato
una tana con vista e s’arrampica.
Ahilui! Il buco è stretto
e pur con grande sforzo
entrare risulta impossibile.
Sarebbe stato bello
ripararsi durante i temporali,
sporgersi appena
per una doccia sotto le foglie.
Scende e guarda in alto
il bene negato.
 


La tartaruga

Come una tartaruga annosa
cammino lenta nel tempo.
Sul dorso porto la mia casa
col peso dei ricordi mentre
i malanni spengono ogni bellezza
nell’inganno della longevità.
Solo l’ardimento dei miei nipoti
consola l’anima sperduta.
 


Ottobre

All’ombra d’un platano
dalle foglie d’oro
il sorriso di un bambino
mi ha colto di sorpresa
e ha sgranato la rete
della mia malinconia.
 


Alla finestra

Din don… il rintocco amico
delle campane della Chiesa
di sant’Anna. Sono le otto.
Mi affaccio alla finestra.
Giovani scolari raggiungono
il Liceo classico Orazio Flacco,
il poeta lucano dell’età di Augusto;
qualcuno non sa se entrare in classe
o andar per campi a rincorrere il vento.
Un vecchio signore porta a spasso
i cani, uno pezzato l’altro bianco
con il muso nero.
La signora Cesira scende
alla curva di Castello dal fruttaiolo
che ha una bancarella ricca di colori.
La solita coppietta è tutta un abbraccio
incurante del fastidio che reca loro
lo zaino nella stretta.
Sono tante le persone
che ho imparato a riconoscere
e che talvolta immagino alzino
lo sguardo a salutarmi. Mi illudo.
Alle mie spalle regna
il silenzio e non c’è richiamo.
Sono sola. Lascio la finestra.
Ho deciso, mai più spierò
le vite degli altri, mi pare
di rubarle. Quasi un sopruso.
Domani guarderò in alto,
abbraccerò le nuvole e accetterò
il tedio delle ore senza attese.
 


Le matite

Regalatemi uno spazio di cielo
in cui possa portare le mie cose
che fanno di me quella che sono:
le matite appuntite con estrema cura
i fogli bianchi nell’attesa
che li riempia di parole
la sedia ricoperta di lampasso
con lo schienale alto
per attenuare i miei dolori
i colori pastello di Giulio il nipote
angelico che viene da me a disegnare.
Non voglio che vadano perdute
quando il buio mi toglierà la luce.
 


I Re Magi

Signore fa’ che possa vivere
questo nuovo tempo d’avvento,
l’incanto della stella cometa
e l’arrivo dei magi alla tua grotta.
Le luci multicolori siano nel cuore
non sull’albero finto nel salotto.
Non c’è più il mio sposo che a fatica
portava un abete sottratto al bosco.
Il suo odore resinoso di terra e ombra
invadeva la casa. Era Natale!
 


Il Compianto

Hanno abbattuto la quercia
sul declivio dietro il caseggiato.
Era riparo alle ghiandaie ai merli
alle querule gazze ai gufi curiosi.
Sfrondato dalla sega elettrica
ora è solo un tronco con bianche
ferite rotonde al posto dei rami.
I suoi abitatori per tutto il giorno
nascosti tra il verde degli alberi vicini
hanno cantato la fine del rifugio amico.
 


Ad Avigliano

Avevano bombardato
la nostra casa e ci rifugiammo
ad Avigliano un paese vicino,
dove mio padre
aveva il lavoro e gli antenati.
Ero nell’età in cui non si sa
cosa fare
dove andare e con chi.
E fu proprio in quell’inverno
lungo di neve e ghiaccio
che divenni donna
credendo di morire.

… non più giorni spensierati
con i compagni d’estate
sulle colline in fiore.

 


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