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Sancta Teresia Benedicta a
Cruce
- Teatro -
Rachele Padula Zaza |
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Suor Maria Antonia dello Spirito Santo, priora del Carmelo di Echt, vive in grande apprensione. Teme per la sorte delle due sorelle, anche perché le leggi contro gli ebrei si fanno di giorno in giorno sempre più severe e preoccupanti. PRIORA — Suor Teresa, è necessario organizzare una nuova fuga per voi e per la buona Rosa. Il pericolo é imminente. La situazione è drammatica. SUOR TERESA - A Colonia le parole del vangelo di Matteo "Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra" mi furono di aiuto e di stimolo ad andare via dal convento perché sentivo che non era ancora giunto il tempo del mio olocausto, che ora, invece, mi pare inevitabile. PRIORA — Nelle vostre parole non riconosco la forza spirituale e morale che vi ha sempre distinta di fronte agli ostacoli e alle avversità. Pensate anche a vostra sorella: è così legata al vostro destino, che addirittura pare che viva perché vivete voi. SUOR TERESA
- Mi richiamate alla responsabilità che ho nei riguardi di Rosa, ed è
giusto. È un forte richiamo d'amore. Ella rappresenta per me il passato,
il presente e il futuro così oscuro. Certo non la lascerei come feci a
Colonia. PRIORA - Ascoltatemi. Quando Matteo invita a fuggire di fronte ai persecutori, non indica quante volte il farlo é gradito o no al Signore. Le vostre sono solo giustificazioni infondate. Ognuno di noi ha il dovere di salvarsi per quanti ci amano; per quanti apprezzano i nostri pensieri e la dedizione del cuore. Insomma, noi non siamo soli al mondo, perciò, dobbiamo rispettare i vincoli di nascita e le trame che andiamo tessendo mentre viviamo. Piuttosto, ditemi, se avete degli amici su cui poter contare, e dove. SUOR TERESA - Un luogo certo e sicuro dove poter essere accolte è il Carmelo di Le Paquier, presso Friburgo, in Svizzera. Qui ci sono persone che possono offrirci l'aiuto utile al nostro scopo. PRIORA - Bene. Non perdiamo tempo. Quasi sempre vince chi fa la prima mossa. I nostri avversari sono forti e imprevedibili. Si avviano le trattative. Il Carmelo di Le Piíquier accetta di ospitare le due profughe: Edith direttamente nel Carmelo, Rosa presso le Carmelitane del Terz'ordine. PRIORA - Tutto procede per il meglio. Lo stesso Presidente svizzero, dottor Etter, si è messo a disposizione perché la fuga abbia buon esito. Mancano solo i documenti. SUOR TERESA
- Se mai tutto si risolverà con l'aiuto della misericordia, non
dimenticherò il vostro interessamento così vivo. Se, poi, non sarà
possibile che io e Rosa ci salviamo, sappiate, a vostra consolazione e
delle consorelle che partecipano così caldamente al proposito di
salvezza, che io sarò felice di morire, perché, se è l'ora della Croce,
io sono pronta ad abbracciarla. PRIORA - Voglio essere ottimista. Manca poco e l'incubo sarà finito. Purtroppo il 2 agosto del 1942 le SS bussano alla porta del convento, urlando veementemente. Le suore sono in preghiera, ma riconoscono immediatamente quel vociare inconfondibile che incute in loro paura e un profondo senso di sgomento. Accorrono subito nel cortile ed aprono il portone che i soldati spingono in avanti con i fucili. SOLDATO - Siamo qui per le sorelle Stein. Devono seguirci. SUOR TERESA - Eccoci, siamo pronte. SOLDATO - Avete cinque minuti per radunare le vostre cose. Voi, intanto, arretrate. Un silenzio pesante, doloroso cala tra le suore; è il silenzio di chi è sconfitto, di chi non è in condizione di fare nulla per risolvere una situazione di pericolo. Un sommesso mormorio si leva dal gruppo: pregano nell'attesa che le due sventurate sorelle scendano dalle loro stanze per andare via. SUOR TERESA - Addio. Vi porto nel cuore. Abbiate cura di voi e del Carmelo. Parlo anche a nome di mia sorella che è caduta in un mutismo che mi spaventa. Non ha risposto a nessuna mia sollecitazione. Né versa una lacrima. PRIORA - Per noi è uno strazio vedervi allontanare, prede di una violenza cieca, arbitraria, disumana. Soffrirei meno se fosse diretta alla mia persona. SUOR TERESA - È vero. Anche a me capita di soffrire di più per la sofferenza degli altri. Bisogna accettare anche questo. Il Signore, Dio di giustizia e di pietà, benedica le vostre opere. I soldati sospingono le due donne verso l'uscita; uno di essi lo fa con rabbia, senza un minimo di riguardo e gridando con ferocia. UN SOLDATO - Frena la tua ira; non c'è bisogno che agisca così. Non vedi che non oppongono resistenza. L'ALTRO - A te che importa. Le mie urla e i miei modi brutali non sono rivolti a loro, ma servono a far capire a quelli che assistono alla scena chi è che comanda. Anzi, sarò ancora più crudele: le prenderò a calci. Il soldato sta per colpire le due suore quando un frustino si abbatte violentemente sulla sua gamba già levata in aria. È Franz Heller, un ufficiale della Gestapo, compagno di studi di Edith Stein a Gottinga. HELLER - Sciocco, le devi accompagnare, non malmenare. Sono inermi. Non è così che si dà prova di forza. Signorina Stein, lo scusi, non sa quello che fa. Mi sono informato: lei ora è suor Teresa Benedetta dalla Croce. Noi, intanto, ci rivediamo. SUOR TERESA - Mi incontra in una condizione di completa inferiorità. Io e mia sorella Rosa siamo destinate ai campi di concentramento. HELLER - Non ho mai condiviso le sue scelte. I nostri contrasti passati non hanno trovato un pacifico confronto: troppe diversità di pensiero e di intenti. Non sopportavo la sua insanabile voglia di emergere e di potere. E, poi, ora la sua conversione non mi convince. Era un'atea accanita. SUOR TERESA
- Non confutavo a lei l'essere cattolico, ma il suo inutile e
irragionevole conformismo. Non hai mai pensato di sbagliare
nell'esprimere giudizi tanto negativi nei miei confronti? Nel non voler
comprendere gli sforzi che facevo per capire cosa volessi davvero in
fondo al cuore? HELLER - Ha dovuto rinunziare a molte cose per la pace del suo spirito inquieto. SUOR TERESA - Ho sacrificato affetti, anche i più grandi, amicizie, studi, ricerche, successi e non senza sofferenza. Ma, le posso confessare in tutta sincerità di non essermi pentita perché in Cristo Gesù ho trovato il pieno appagamento. Lei, piuttosto, ha tradito ogni etica filosofica e umana asservendosi a gente fanatica che compie misfatti e violenze inenarrabili. HELLER - Stia attenta a quello che dice. Potrebbe pentirsi, anche per il fatto che non la riscatta dalla sua condizione. Ora ha bisogno del mio aiuto. Voglio salvarla, non perché è ebrea, non perché é diventata una fervente cattolica, ma per la sua superiorità intellettuale e culturale che le ho sempre invidiata. Talvolta, per lei non avrei voluto essere un nemico, ma un amico e forse di più. SUOR TERESA - Torniamo all'emergenza presene. HELLER - Mi faccia riflettere. Cercherò di farla fuggire. SUOR TERESA - Non mi renderebbe un buon servigio, perché mi toglierebbe la gioia di morire con il mio popolo e per il mio popolo. E tempo di accettare il peso della croce: la nostra unica speranza di riscatto e di salvezza. Io e mia sorella Rosa siamo tra i deportati e lei non ci può aiutare. HELLER - Ci sarebbe qualche possibilità, ma manca il tempo necessario. Forse se... SUOR TERESA
- Franz, torniamo al tu della nostra giovinezza. È tardi per qualsiasi
strategia. Dovresti poter salvare tutti gli infelici che sono con me; e
questo è impossibile. Io non abbandonerò questi miei sventurati
fratelli; hanno bisogno di me, del mio sostegno spirituale. HELLER - Edith, togliti il velo e
il soggolo; nel camion fa molto caldo e, poi, basta l'abito per indicare
la tua promessa monacale. ROSA — Edith, che sarà di noi? EDITH - Dio sia lodato! Hai ripreso a parlare. Ti rispondo che non lo so. D'ora in poi le nostre vite e quelle dei nostri compagni di viaggio contano poco; quello che è importante è tenere fermo e forte il nostro animo alla sopportazione e al superamento di qualsiasi vicenda ci aspetta. Giunti alla stazione sono fatti salire su un convoglio di un lungo treno in sosta sui binari. Il treno è carico di deportati che gridano, chiamano, chiedono, invocano. Assiepati ai bordi dei vagoni cercano di respirare profondamente l'aria e la libertà perché sanno che presto saranno loro tolte. Ad un ordine perentorio segue la chiusura dei vagoni, all'interno dei quali si fa buio fitto, interrotto da qualche striscia di luce che entra dalle fessure. ROSA - Perché questa tortura? Perché a loro? Perché a noi? Di fronte a tanta sofferenza, a tanto dolore perché Dio non stermina i signori del male? Perché non invia un esercito di angeli e libera tutte le vittime innocenti? EDITH - Non così, Rosa. Ti prego di calmarti e di non lasciarti trascinare dalle emozioni dell'ora così violenta. ROSA - Non posso. Un forte senso di ribellione mi sale dal cuore e infiamma le mie idee. Quieta ho assecondato la mia vocazione, ad imitazione della tua, e mi sono uniformata alle rinunzie, ai sacrifici, alla vita del convento in nome di Gesù, che è nostro Salvatore e Signore e di cui mi sono innamorata. Ma questo orrore che vedo intorno mi sconcerta; fiacca la mie certezze. Questa ferocia è inaccettabile. La giovane donna che vedi distesa non può alzarsi: ha le ossa spezzate perché ha osato difendersi dallo stupro cui è stata sottoposta da un gruppo di soldati nazisti. Si chiama Celeste, ma il cielo non la ha aiutata. Sta per morire ed io provo per lei una pena immensa, inconsolabile. Può una donna essere violata fino a questo punto nella sua essenza umana, nella sua intimità, nella sua Spiritualità? EDITH — Celeste è una martire e certamente avrà un posto in Paradiso. Le tue parole, però, mi addolorano più della orrenda esperienza che stiamo vivendo. Non lasciare che le ombre del dubbio e della miscredenza oscurino la luce della tua coscienza così pura e gioiosa. Non è certo Dio a volere queste atrocità, ma gli uomini che si sono allontanati da Lui e addirittura si sono sostituiti a Lui nel decidere la sorte di tante migliaia di innocenti. Sono uomini che hanno perduto Dio e, forti del loro libero arbitrio, non hanno scelto il bene e l'amore per i fratelli, ma l'abiezione, l'abuso, l'odio e la discriminazione. ROSA — Ma noi siamo soli e senza alcuna difesa; chi verrà in nostro soccorso? Io ho paura per me, per te, per tutti gli infelici, vittime delle disposizioni malsane e mostruose di Hitler. EDITH — Non credere che il Signore ci abbia abbandonati. Ognuno di noi è suo figlio ed Egli, come ogni buon padre si compiace se le nostre azioni sono dirette al bene secondo la sua volontà e soffre, invece, se traligniamo e ci allontaniamo dalla sua Parola. Tremenda sarà la sua condanna per gli artefici del male, mentre, i perseguitati vedranno il suo volto nell'alto dei Cieli. ROSA — Sì, però, ora.. .che faremo? Dove ci porteranno? Io ho paura per noi, per loro... EDITH — Davanti a tanta angoscia è umano rivolgere a Dio la nostra delusione e rimproverargli il suo silenzio e la sua assenza. Sappi, però, che egli non abbandona mai le sue creature; il suo fine, però, è imperscrutabile e noi rimaniamo sospesi, talvolta sconvolti. Vorremmo il suo aiuto e non comprendiamo il perché ci metta così dolorosamente alla prova. Dobbiamo accogliere la sua volontà nella nostra volontà e cercare di capire il suo silenzio nel silenzio del nostro cuore. Abramo è l'esempio più alto del vero credente: fiducioso in Dio accettò di partire per una terra sconosciuta e sacrificare il figlio Isacco. Dio fermò il suo braccio nel momento in cui l'ascia stava cadendo sul collo del figlio e gli asciugò le lacrime. La prova era stata terribile ed egli divenne caro al Padre che vive nell' alto dei Cieli. DAVIDE — Ho ascoltato il vostro dialogo con molto interesse e vorrei chiederle, madre superiora, chi mi ridarà i genitori che sono stati portati via lontano da me? Sono anziani e di salute cagionevole. Chi mi ridarà la speranza nel futuro? Chi mi farà rivivere secondo giovinezza? Ormai tutto è perduto. Parlano di campi di concentramento, di sterminio, di eliminazione sistematica e totale. Mi chiamo Davide e studiavo fino a dicembre scorso all'università di Amsterdam, poi, tutto é precipitato senza rimedio. La mia vita ora non vale un centesimo. SUOR TERESA - Non sono madre superiora e mai come in questo momento i titoli sono superflui. Sono semplicemente una suora, una serva del Signore. Sono suor Teresa Benedetta dalla Croce ed ho preso i voti nel Carmelo di Colonia. Io vi invito soltanto ad abbracciare la nostra croce come Cristo ha abbracciato la sua per salvarci. La Croce è la sublimazione di qualsiasi forma di sofferenza; é il punto più alto del dolore umano; è il riscatto della nostra vita di miserie e di peccati, di imperfezioni. Essa ci porta alla santità. DAVIDE - Lei è fortunata. È chiaro che la sua fede la conforta in questa tragica avventura. Ma per me non vale: io sono ateo e non ho alcun Dio a cui appellarmi. Avrei voluto vivere semplicemente; di poche cose. Amavo una ragazza più di me stesso e la mia aspirazione più grande era quella di costruirmi una vita di serenità e di trepidi affetti accanto a lei; ma mi è stato negato. Non so dove sia finita e non sono più riuscito ad avere sue notizie. Mi parla di santità: io non so cosa sia la santità, né aspiro ad essa. Per ora mi sento dolorosamente vinto da un regime che ha un capo folle e disgustoso che è riuscito ad annullare la coscienza di un intero popolo. SUOR TERESA - Provi a vivere senza considerare le circostanze oggettive che la circondano, sottovalutando costantemente le necessità del suo corpo; viva solo per quello che pensa, che sente, cioè per gli impulsi del cuore e della mente, e vedrà che si sentirà più libero, teso verso un altrove. DAVIDE - Avrei voluto sentire la grazia vicino a me; provare il calore della sua consolazione, ma essa non è scesa nel mio cuore, non ha vinto le difese della mia ragione, non ha illuminato il mio pessimismo. SUOR TERESA - La capisco. Non è facile costruirsi un credo che colmi il vuoto dell'animo. Anch'io ho vissuto a lungo come lei in un niente assoluto. La mia conoscenza partiva da dati empirici indubitabili; dalla ricerca di fenomeni così evidenti da non poter essere negati, a prescindere da una loro interpretazione secondo leggi, da giudizi di valore o dal tentativo di spiegarli facendo ricorso a entità astratte e ideali. Insomma, la credenza in un mondo di cose; un ritorno alle cose stesse, sulle cui basi, poi, costruire l'edificio filosofico. DAVIDE - E poi? Com'è arrivata alla conversione e ad essere Suor Teresa Benedetta dalla Croce nel Carmelo di Colonia? SUOR TERESA - Oh! Attraverso tanti incontri, tante letture e notti insonni. In qualità di allieva e assistente del fenomenologo Edmund Husserl ebbi modo di conoscere Adolf Reinach, suo braccio destro e il filosofo Max Scheler, attraverso il quale entrai per la prima volta in contatto con le idee cattoliche. Suor Teresa con la chiarezza che le è solita spiega come Scheler analizzi i legami interfunzionali tra le diverse forme di sapere: teologico, metafisico e scientifico e, inoltre, esamini il rapporto tra monoteismo giudaico - cristiano e la scienza. Certamente, ella dice, l'incontro con il pensiero di Scheler non la condusse subito alla fede, ma le rivelò una sfera di eventi, di riflessioni che ella non poteva più trascurare. DAVIDE - Quanto mi affascinano le sue parole! Continui. SUOR TERESA
- Non subito mi occupai sistematicamente della questione religiosa: mi
accontentai di accogliere in me, senza opporre resistenza, gli stimoli
che mi venivano da più parti del mondo circostante, restando trasformata
senza accorgermene. DAVIDE - Il cammino è lungo e
faticoso ed è pur vero che c'è sempre tempo per ricrederci, per cambiare
o per radicare in noi più profondamente i nostri convincimenti. Ma le
chiedo, suor Teresa: "Per me, anzi per noi, è riservato ancora un po' di
tempo? A me pare che esso non dipenda dalla nostra volontà; non siamo
più noi a gestirlo; siamo come le foglie in balia del vento impetuoso di
novembre. È troppo tardi ormai; non c'è scampo". ROSA - Mio Dio! Celeste è spirata. Ho cercato di alleviarle il dolore tenendole la testa poggiata sul mio grembo, ma la sua sofferenza è stata terribile. Alla fine dell'agonia il suo volto si è disteso e un sorriso dolcissimo ha illuminato i tratti prima contratti e snaturati. Come viatico le ho messo al collo il mio crocifisso. Ora le pulisco il viso con le sue stesse lacrime e copro il suo corpo straziato con il mio scialle. Preghiamo tutti insieme. CORO - Angeli santi, accogliete
l'anima di Celeste e presentatela al trono dell'Altissimo. È creatura di
dolore e di morte violenta. Passano trentasei ore di un viaggio lungo, faticoso, allucinante e giungono nel campo di raccolta di Westerbork, ancora in Olanda. Due bambine accorrono presso suor Teresa attratte dal rosario che pende dalla cintola del suo abito e chiamano gli altri perché vedano come sono luminosi i grani che si alternano nella corona. In breve, un folto gruppo di fanciulli si riunisce intorno alla suora che, commossa, carezza loro i capelli incolti. Ha la forte sensazione di udire una voce che le affida quei piccoli innocenti e tutti gli altri infelici che sono in attesa di conoscere la loro sorte. Una calda preghiera, allora, le sale dal cuore. CORO - Essere uno dei dodici
apostoli! Tommaso Giacomo Matteo o Pietro il grande edificatore, colui
che Ti seguì ignaro; rapito dalla tua parola prima di tutti, senza lotta
o difesa alla chiamata. Starti vicino nella Pasqua quando spezzasti il
pane bianco e il vino divenne sangue nell'attesa della crocifissione! DAVIDE - Sono tutti figli di madri disperate, che, annullate nella volontà, non sentono più prepotente l'amore materno. Oramai vivono estranee a loro stesse e ai loro sentimenti. SUOR TERESA - Non mi è mai capitato di vedere o di immaginare un luogo come questo. La gente siede o cammina con lo sguardo vuoto; sembrano spaesati come fossero ombre. DAVIDE - E lo sono ormai. Le bestie hanno un covo e la natura le sostenta: non hanno razionalità e non soffrono crisi spirituali; per l'uomo è diverso. Ha bisogno prima di tutto della pace dell'anima, di sognare, di sperare e, poi, necessita di cibo nutriente e appropriato. Vede, suor Teresa, credo che ora tutti noi vorremmo essere uccelli e volare alto nel cielo, lontano da questo lago di sofferenza. ROSA - Quanti bambini! E vengono tutti da te. Vuoi che li mandi via, dai loro parenti. SUOR TERESA - Che dici mai? È il Signore che vuole così. Mi assegna il compito di dare a questi bimbi l'illusione che sia un gioco il ritrovarci insieme in questo spazio. Racconterò loro delle fiabe, cercherò di distrarli; non posso sopportare che nei loro occhi sia spento l'incanto della loro età. Le madri sono annichilite da un dolore che parte dal ventre che li ha partoriti e investe cuore e cervello. ROSA - Ti aiuterò. Ad uno ad uno li metteremo in ordine: li pettineremo e laveremo i loro visi con l'acqua che scorre da quella fontanella. Andiamo. DAVIDE - Devo lasciarla, suor Teresa; noi giovani, e siamo pochi, abbiamo ricevuto l'ordine di raggiungere un campo di lavoro. Tra poco verranno a prenderci. Si prenda cura di questi bambini. SUOR TERESA - Come potrei non farlo. Essi hanno diritto di cittadinanza in Cielo e i Santi del paradiso sono loro concittadini. Addio, Davide, il Signore, a cui lei nega di appartenere, la protegga. Passano due giorni di
un'occupazione febbrile per le due sorelle. Tutti si meravigliano della
capacità che ha suor Teresa di tenere tranquilli i bambini. Sono
convinti che è stato il Cielo a volere la sua presenza tra loro.
Ritrovano per qualche attimo anche il sorriso. Ella è la loro
consolazione. CORO — Il delitto s'annunzia greve
di pianto. Il convoglio riparte l'8 agosto e giunge ad Auschwitz il 9. Questa è la destinazione finale per i prigionieri. La voce macabra e gracchiante dell'altoparlante invita i nuovi arrivati a spogliarsi e a lasciare i propri abiti dove sarà indicato dalle guardie. Dopo dovranno dirigersi verso il capannone posto di fronte alla stazione ed entrare in una grande sala dal cui soffitto cadranno forti gettiti di acqua. Nessuno pianga o strepiti: è più che mai necessario che si lavino. ROSA —Edith, non voglio denudarmi e lasciare il mio abito monacale. Ho vergogna; il pudore mi impedisce di farlo. SUOR TERESA — Non credo sia possibile ribellarci all'ordine. Le tue perplessità sono le mie; anch'io soffro a compiere quanto mi viene imposto; nell'abito che indosso mi sento difesa, senza di esso mi sentirò inerme e priva di dignità. Mi viene, però, in aiuto il pensiero che Dio creò nudi Adamo ed Eva nella loro primigenia purezza. Il male non esiste se non nella mente di chi perverso, perciò, invito te e tutti ad affrontare con forza d'animo questa ulteriore prova. ROSA — Va bene. Accetterò il tuo
consiglio. Posso, però, dirti che mi pesa molto il farlo. Le parole di suor Teresa risuonano nitide; tutti, come per incanto, si sentono pacificati e convinti. Asciugano le lacrime e si accingono a spogliarsi. SUOR TERESA - Miei cari amici, non so quello che ci aspetta, perciò, voglio salutarvi calorosamente. Mi siete tutti fratelli e sorelle nel dolore. Nel dirigermi verso il capannone io inneggerò alla Croce Santa e mi affiderò ad essa. Chi vorrà rispondere alle mie invocazioni lo faccia, questo darà loro coraggio e rassegnazione; gli altri, anche se le ascolteranno soltanto, sono certa che riceveranno lo stesso conforto e sostegno. Incamminiamoci.
Camminano verso il capannone
mentre suor Teresa scandisce le litanie della Croce. Hanno lo sguardo
fisso in lei, da cui emana un forte senso di pace e di liberazione. Si
stringono tra di loro, quasi a proteggersi e a coprire la propria
nudità, quando all'improvviso avviene un evento straordinario. Il cielo
che era denso di nubi si apre per un breve tratto ed un cono di
intensissima luce solare, la cui punta è fissa in alto, filtra e scende
su suor Teresa e si allarga in cerchio fino a coprire gli oppressi che
sono con lei. Tutti, circonfusi e inebriati di luce, entrano nella
grande camera dove muoiono lentamente asfissiati dal gas. |
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