Una storia bellissima e
straordinaria, un'ardua avventura dello spirito, è stata la vita di
questa donna del XX secolo, Edith Stein, l'ebrea incredula e
filosofa che, toccata dalla grazia, percorre le vie della fede fino
a raggiungere, attraverso la croce, le vette del rapimento mistico e
della santità. Dunque, ebrea e carmelitana, folgorata dal fascino
della grande Santa Teresa d'Avila, si consegna alla nuova fede con
il nome di suor Teresa Benedetta; vive una profonda esperienza
mistica, lasciando opere di altissimo valore teologico e spirituale.
Durante la seconda guerra mondiale condivide, nella Germania di
Hitler, il calvario della persecuzione mortale contro il suo popolo.
Elevandola all'onore degli altari e proclamandola santa e martire,
papa Giovanni Paolo II dice di lei: Fece propria la sofferenza del
popolo ebraico... Sentì che nello sterminio sistematico degli ebrei
la croce di Cristo veniva addossata al suo popolo e visse come
personale partecipazione ad essa la sua deportazione ed esecuzione
nel campo di Auschwitz-Birkenau il 9 agosto 1942. Lo stesso
pontefice la proclamerà Patrona d'Europa, insieme con Santa Brigida
di Svezia e Santa Caterina da Siena. E' questa magnifica figura
femminile che Rachele Zaza, con lo stile, la delicatezza e
sensibilità che la distinguono, ci presenta come protagonista di
questo dramma sacro, scegliendo di portare sulla scena la fase
finale della vita di Edith Stein-suor Teresa Benedetta, gli ultimi
brevi anni della sua vita, i giorni bui della guerra e della follia
nazista. Ed è proprio in queste ultime scene del dramma che
emergono, come sprazzi di luce nelle tenebre, taluni squarci che
evocano la sua spiritualità ripercorrono a grandi linee il suo
pensiero filosofico, mostrano la sua incrollabile e sofferta fede,
attraverso i dialoghi intrattenuti con gli infelici suoi compagni
nell'ultimo viaggio verso Auschwitz. Una morte che si fa dono
d'amore e che riscatta la vita.
dalla Nota di G.
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