IL COMPARIZIO
DELL’ANNUNZIATA
Il rapporto di comparatico che si stabilisce tra due
o più persone o tra due famiglie è molto sentito in Albano di Lucania.
Esso si contrae mediante l’esecuzione di cerimoniali privati o pubblici,
laici o religiosi ed è soggetto a norme trasmesse dalla tradizione
popolare. Talvolta il legame di comparatico lega in un rapporto di
amicizia non solo i contraenti e i loro familiari, ma anche i
discendenti. Sono interessate a questo patto di alleanza le fasi più
salienti della vita: nascita, battesimo, cresima, matrimonio o un
particolare momento dell’esistenza.
Nel nostro paese, nel passato, mancando le
levatrici, le partorienti erano assistite dalle “mammane” le
quali, per tradizione, diventavano comari. Per la loro preziosa
collaborazione erano considerate una seconda madre, confidenti, custodi,
modello a cui attingere, durante la vita.
— Io sono cummare di mezzo paese, — ci ha riferito
in un’intervista zia Carmela Valenzano. — Prima non c’erano le
levatrici; si partoriva in casa. Per il parto venivano chiamate le donne
più esperte. Io ho tirato tanti bambini. Chi tirava i bambini diventava
cummare e faceva da cummare al bambino anche al battesimo. Guardate
quante fotografie tengo. Sono tutte fotografie di battesimo. Io sono
cummare di mezzo paese. Tutte le cummare mi rispettano ancora.
Diventava comare o compare anche chi effettuava il
primo taglio delle unghie al neonato. Per l’operazione venivano scelte
persone del vicinato; conoscenti con i quali si voleva rinsaldare,
mediante una cerimonia ritenuta quasi sacra, un preesistente vincolo di
amicizia o di affetto; rappresentanti del ceto sociale superiore che
avrebbero potuto proteggere il bambino, durante la crescita; persone
colte e stimate. Prima del taglio delle unghie, si inserivano tra le
mani del bambino delle monetine o, quando queste scarseggiavano, si
donavano dolci, caramelle, taralli, frutta secca, giuggiole, ecc.
Quest’usanza, caduta ormai in disuso, vive nel ricordo degli anziani.
Il più caratteristico tipo di comparatico era
costituito dal comparizio dell’Annunziata, praticato fino al 1965, anno
in cui la cappella, situata in periferia nord del paese, è stata
dichiarata inagibile ed ancora oggi è in fase di restauro. La festa
della Madonna dell’Annunziata, che cade il 25 marzo, si svolgeva senza
manifestazioni esteriori, come processione, sparo di fuochi pirotecnici,
accompagnamento di banda musicale. Dopo la cerimonia religiosa,
allietava la ricorrenza una genuina scampagnata nella adiacente villa
comunale, per consumare la colazione. Il rito della merenda all’aperto
si praticava per festeggiare coloro che si erano uniti in un vincolo di
comparatico. Quest’ultimo veniva ufficializzato dal celebrante in
mattinata, al termine della messa, o nel primo pomeriggio, dopo la
funzione religiosa. Partecipavano alla cerimonia rappresentanti di ogni
ceto sociale e d’ogni età, ma la maggioranza era costituita da bambini e
ragazzi di età scolare. Per consuetudine, coloro che avevano stabilito
di diventare compari effettuavano, a coppie o a gruppi, tre giri intorno
alla cappella, incrociando i mignoli. (Ancora oggi, i bambini che
desiderano “fare la pace” dopo un litigio, incrociano i mignoli). I tre
giri venivano ripetuti al termine della cerimonia religiosa, apportando
la seguente variante: si usciva dalla porta principale, quella rivolta a
est, si compiva un giro antiorario e si rientrava dall’ingresso
secondario. Durante l’attraversamento della cappella, si sostava dinanzi
all’immagine della Madonna, si recitavano tre Ave o la litania, ci si
segnava con la croce, e si usciva un’altra volta dalla porta principale.
Al termine il sacerdote impartiva la benedizione collettiva,
ufficializzando il legame di comparatico. Durante i tre giri intorno
alla cappella, si recitava cantilenando la formula:
Cummar’ a San Giuan’ battezzam’ ‘stu pann’, 'stu
pann’ è battezzat’ sempr’ cummar’ n’amma chiamà.
Quann’ avimm’ ‘na cosa cosella l’amm’ spart’ ca
cummarella e quann’ avimm’ ‘na cosa cuson’ l’amm’ spart’ cu cumparon’.
Catenella, catenella, chi si scocchia va
all’infern’; chi scocchia l’Annunziat’ Santa Lucia 1’ faggè cecata.
I suddetti versetti non sono originari di Albano:
derivano da riti religiosi praticati da tempi remoti in molte zone
dell’Italia centromeridionale. L’antropologo prof. Enzo Spera,
nell’articolo “Pupe di San Giovanni e battesimo di bambole”, in
seguito a informazioni fornitegli dagli alunni della Classe III A sul
comparatico dell’Annunziata di Albano di Lucania, scrive: “1) la
prima strofa è in tutto simile alla formula rilevata a Barile, tranne
che nel primo verso, dove in luogo di pupa, vi è cummar’, così come
nella formula di Amantea; 2) l’impegno dichiarato nella seconda parte
della formula e relativamente allo scambio, che in sostanza pone ed
esplicita i termini di reciprocità che il comparatico comporta, è del
tipo già visto presente nel cerimoniale seguito a Fossacesia, per il
comparatico di San Giovanni, ed in quello del battesimo delle bambole,
sempre nel ciclo di San Giovanni, dalle bambine di Amantea; 3) nel
cerimoniale di Albano di Lucania è previsto che i contraenti si
colleghino fra loro tenendosi con i mignoli incrociati, azione simile,
anche questa, a quella descritta dalla Florio De Luca e dal De Nino
“2
I fatti e i luoghi menzionati dal prof. Spera (li
riportiamo in sintesi o integralmente) concernono il battesimo delle
bambole, rito praticato a Barile (Pz) e ad Amantea (Cs) e lo scambio di
fiori e giocattoli tra i bambini di Fossacesia (Ch). A Barile, nel
pomeriggio di San Giovanni Battista, coppie di bambini, nei pressi della
stazione, depongono per terra una bambola di stoffa e la scavalcano tre
volte, cantilenando la formula:
Pupa di San Giuanni battizzami si panni
sti panni so’ battezzati
tutte commari sime chiamate.
A conclusione del cerimoniale, le coppie di bambine
diventano comari.
Ad Amantea, scrive Florio De Luca M.T., si stabiliva
un legame di comparatico quasi simile a quello di Barile: “Il giorno
di San Giovanni le bambine che desiderano diventare ‘cummari’ vanno in
chiesa nel pomeriggio per fare il battesimo delle bambole, poi tenendosi
per il mignolo si strappano un capello per ciascuna e lo fanno volare
contemporaneamente, inoltre, sempre tenendosi per il mignolo, dicono:
‘Simu cummari, si avimu ‘na cosicella ni l’avimu a spartiri’. In fine,
sollevando, per tre volte le mani legate dal mignolo, cantano:
Cummari ‘e San Giovanni
vattiamu ‘sti panni
i panni e li pannizzi
a Madonna ccu li trizzi,
li trizzi ‘ncannulati
a Madonna d’ ‘a pietà”3.
‘Per l’Abruzzo, il De Nino così descrive il
semplicissimo cerimoniale eseguito dai bambini, dalle bambine e
adolescenti di Fossacesia, in provincia di Chieti, il 24giugno, nei
campi intorno alla chiesa di San Giovanni in Venere: ‘Al suono del
campanone, le fanciulle e i fanciulli si stringono a vicenda il dito
mignolo della mano destra, dicendo:
Cumpare e cummare, San Giovanni Natale; Quandi
tiè caccòse tu, li dienn’ a mme
Quandi tienghi caccòse ji,
li diengh ‘a tti.
Segue per ultimo lo scambio dei fiori tra le
commarelle, e di giocattoli tra comparucci’ .
Confrontando le notizie attinte dall’articolo del
prof. Spera con il comparatico dell’Annunziata di Albano, possiamo
esprimere le seguenti considerazioni:
1) la formula pronunciata durante i tre giri intorno
alla cappella non è originaria del luogo; i contraenti il comparatico
preferiscono definirsi compari di San Giovanni e non dell’Annunziata,
mentre la cerimonia si svolge il 25 marzo, festa dell’Annunziata e nella
cappella omonima;
2) in Albano esisteva una cappella dedicata al culto
di San Giovanni; essa fu abbattuta nel 1920, per erigere l’attuale
edificio della Scuola Media. Intorno vi era spazio sufficiente per
effettuare, volendo, i famosi tre giri, ma il rito del comparatico si
svolgeva, anche allora, nella cappella dell’Annunziata;
3) nei versetti si fa menzione al “pann” che
altrove significa bambola; qui, invece, nessuno ha saputo spiegare il
significato preciso del termine. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che non
si tratta di “pann”, ma di “pan’ “, pane, con riferimento
alla colazione che si consumava nei dintorni della cappella, dopo la
cerimonia;
4) la terza parte della formula, relativa alla
rottura del comparatico, sembra sia stata aggiunta da qualche pia devota
locale, giacché non tutte le persone interpellate sono a conoscenza
della sua esistenza;
5) il rito della colazione è in comune col battesimo
delle bambole di Barile.
La festa dell’Annunziata non è legata soltanto al
rito del comparatico, ma anche alla terapia dell’ernia. Affluivano a
gruppi familiari o in processione con ceri, fedeli dai paesi limitrofi,
con la speranza che la Madonna, considerata particolarmente miracolosa,
guarisse il male. Chi riteneva d’aver ottenuto la grazia, ritornava ogni
anno, per manifestare la propria gratitudine. Per consuetudine, il
bambino affetto da ernia, prima di essere introdotto nella cappella,
doveva essere portato in braccio da un compare. Assumeva la funzione di
padrino, per i maschi, e di madrina, per le femmine, la prima persona
incontrata nei pressi della cappella. Secondo alcuni informatori, il
bambino veniva deposto direttamente in braccio alla prima persona
incontrata, senza alcuna formalità di presentazione o di richiesta.
Nessuno dei prescelti si sottraeva al compito di comparatico, in quanto
il diniego era considerato una scortesia o addirittura un affronto. In
seguito i familiari ed il compare col bambino in braccio compivano tre
giri intorno alla cappella, recitando la formula, assistevano alla
cerimonia religiosa, ripetevano per la seconda volta i giri e, al
termine, ricevevano la benedizione collettiva impartita dal celebrante.
Chiudeva il rito una festosa scampagnata nell’adiacente villa comunale,
per consumare la merenda a base di frittata, salsiccia e vino paesano.
Riportiamo alcune interviste rilasciate da cittadini
che hanno vissuto personalmente l’esperienza del comparatico
dell’Annunziata e di altri comparizi minori.
Carmela Valenzano, anni 84.
— Peccato che non si fa più la festa
dell’Annunziata. La Madonna faceva tante grazie. Venivano anche dai
paesi vicini, soprattutto da Brindisi di Montagna. Venivano scalzi.
Portavano candele alla Madonna e facevano offerte. La Madonna curava
l’ernia. I genitori portavano i bambini malati. Facevano tre giri
intorno alla cappella, mettevano il bambino sull’altare o ai piedi della
Madonna e chiedevano la grazia. Venivano anche uomini grandi che avevano
l’ernia. Pure loro erano scalzi. Dopo la messa, tutti quelli che
volevano diventare compari facevano tre giri intorno alla cappella. Si
tenevano con i mignoli incrociati. Si entrava dalla porta laterale, si
diceva un’Ave davanti alla Madonna e si usciva dalla porta più grande,
quella che dà sulla gradinata. Poi il prete dava la benedizione ai
presenti e si diventava compari. I forestieri sceglievano per compari ai
figli la prima persona che incontravano nei pressi della cappella. Un
uomo per i bambini, una donna per le bambine. Quando si facevano i tre
giri e durante la benedizione, il bambino era tenuto in braccio dal
compare. Dopo andavano nella villa a mangiare la colazione. Era una
festa importante e anche bella. E il comparizio veniva rispettato per
tutta la vita.
Rocco Di Perna, anni 86.
(L’intervista è stata effettuata per strada)
— Veniva tanta gente da fuori. Alle volte venivano
in processione e portavano anche il cero. Alcune famiglie ritornavano
ogni anno per aver ricevuto una grazia.
—
La Madonna dell’Annunziata era famosa perché curava in particolare
qualche malattia?
— Non ricordo. Lo chiederò a mia moglie e ve lo farò
sapere. Allora non c erano i mezzi di oggi. Venivano col treno fino alla
stazione, poi facevano la salita a piedi. Alcuni venivano con la
cavalcatura. Portavano pure i bambini. La prima persona che
incontravano, vicino alla cappella, doveva fare da compare al bambino.
Una volta stavo seduto sui gradini della cappella. Si avvicinò una
forestiera e mi chiese, con gentilezza, se facevo fa compare al bambino.
Lo presi in braccio e facemmo tre giri intorno alla cappella. Allora si
facevano tre giri tenendosi con i mignoli legati.
—
Perché con i mignoli?
— I mignoli rappresentavano gli anelli della catena
dell’Annunziata che non si deve mai spezzare. Significa che bisogna
sempre volersi bene; bisogna sempre rispettarsi. Io ho quattro compari
dell’Annunziata: tre paesani e un forestiero.
—
In quale momento della Messa si diventava compari?
— Alla fine della Messa si facevano altri tre giri
sempre tenendosi così (ripete il gesto dei mignoli). Poi il prete dava
la benedizione a tutti e si diventava compari. Alla fine della festa si
andava al Monte (villa) a farsi una scorpacciata.
Il giorno dopo:
— La Madonna dell’Annunziata curava l’ernia.
Venivano ad Albano non solo i piccoli, ma anche i grandi.
Un signore.
Un signore che ha voluto rimanere nell’anonimato ci
ha raccontato una singolare avventura che ha vissuto nel giorno
dell’Annunziata:
— Stavo passeggiando con la mia fidanzata nei pressi
della cappella. Si avvicinarono due coniugi con un bambino in braccio,
dicendo che venivano da Brindisi e che avrebbero avuto piacere se fossi
diventato il compare del bambino. Poiché non conoscevo la consuetudine,
rifiutai. Alle loro insistenti preghiere, indispettito e un po’
spaventato, perché li avevo scambiati per zingari, fuggii in direzione
della villa. Fui inseguito da tre o quattro paesani che avevano
assistito alla scena e dai due forestieri. Mi supplicarono di accettare,
per il bene del bambino. Alle loro reiterate insistenze non ebbi più il
coraggio di oppormi, perché i genitori avevano le lacrime agli occhi.
Dopo la messa, il prete impartì la benedizione al bambino che tenevo in
braccio. Ma alla fine me la svignai definitivamente, per non correre il
rischio di recarmi al loro paese ed assolvere ad altri doveri. D’allora
non li ho rivisti più. Ricordo che si trattava di un bel bambino biondo.
Era il 1964.
Il rito del comparatico tra bambini e adolescenti
può sembrare, a prima vista, una manifestazione puramente ricreativa, ma
in realtà presenta dei fini etico-religiosi. L’asserzione è avvalorata
dalla presenza, nella catena dell’Annunziata, di giovani e adulti che vi
partecipano come compari prescelti o perché sperano di guarire
dall’ernia se stessi o un congiunto. I bambini, sotto forma di gioco,
imparano a rinsaldare il senso della fratellanza, della solidarietà
umana, della fedeltà agli impegni assunti. Nel comportamento, negli
atteggiamenti, nelle attività di relazione imitano le espressioni di
vita del mondo degli adulti. Nel contempo gli adulti, inserendosi nelle
attività ludiche dei bambini, vi apportano i loro problemi quotidiani,
cercando di risolverli con l’aiuto di una forza soprannaturale, nel
nostro caso invocando la grazia della Madonna dell’Annunziata. Fuori e
dentro la cappella, i due mondi convivono, si intrecciano e si
sovrappongono, sebbene ognuno manifesti forme ed obiettivi diversi. Lo
spazio, il tempo, l’incrocio dei mignoli, la recitazione cantilenata
della formula, il rito dei tre giri, l’attesa della benedizione
collettiva, la consumazione della colazione sull’erba, sono elementi che
accomunano tutti i partecipanti alla festa, senza distinzione di età e
di sesso.
La ricerca sul comparizio dell’Annunziata è stata
condotta per ricucire, mediante la testimonianza dei nostri
concittadini, una tradizione popolare che, sebbene praticata fino a
vent’anni fa, stava diventando un ricordo così labile e frammentario da
rischiare di naufragare entro breve tempo. Infatti, soltanto poche donne
anziane hanno saputo ripetere integralmente la formula. Essa, inoltre, è
servita a farci capire che la cultura albanese deve collegarsi a fatti e
fenomeni popolari che hanno interessato, in tempi lontani, l’Italia
centrale e meridionale. Spetta ad altri il compito di indagare su
quando, come e perché questi riti si siano diffusi in zone così vaste. A
noi preme sottolineare l’urgenza di restaurare il più presto possibile
la cappella dell’Annunziata, per ripristinare, in Albano, una tradizione
popolare ricca di fascino e di valori.
2 E. SPERA, Pupe di San Giovanni e battesimo di
bambole, in « Bollettino della Biblioteca Provinciale di Matera », Tip.
BMG Matera, Anno V, N. 8, 1984, pag. 42.
3 M. T. FL0RI0 DE LUCA, Amantea. Tradizioni e
folklore, Cosenza 1971, pag. 42.
4 A. DE NINO, Tradizioni popolari
abruzzesi, L’Aquila 1971, pag. 257. |