Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"

 

 

PARTE III°  -  I LUCANI A SANTIAGO - Maria Schirone
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I lucani a Santiago - 1° I lucani a Santiago - 2° I lucani a Santiago - 3°
I lucani a Santiago - 4°

Un rapido sguardo all’anno di arrivo dei lucani in Santiago del Cile83 e il dato che se ne ricava è nitido ed eloquente: l’emigrazione verso la capitale è avvenuta in maniera mirata, dunque non più avventurosa, e concentrata dal 1947 al 1961, negli anni della forte ripresa migratoria all’indomani del secondo conflitto mondiale. Poche le partenze precedenti (in genere emigrazione di richiamo) e successive.

Sono gli anni dell’ultimo esodo di massa, quando interi paesi si spopolano per andare a ‘replicarsi’ e ricomporsi altrove, generalmente nei paesi europei o del nord Italia. E trovandosi comunque nella necessità di partire, la scelta più conveniente resta quella di raggiungere i compaesani che hanno trovato altrove una dignitosa collocazione. Dunque Oppido e Tolve riprendono l’esodo verso il Cile, sulle orme di genitori e nonni, stavolta attraverso il più agevole canale di Panama e sapendo che cosa si andrà a fare e dove.

Contemporaneamente le aree dei nitrati vivono la crisi definitiva, sicché quella parte di lucani che in Iquique e Pica non ha potuto far evolvere le attività ‘di servizio’ descritte in precedenza, tenta anch’essa la via della capitale.

 

83 v. in apertura del presente lavoro.

 

 

SCHEDA IX

 

SANTIAGO conta circa quattro milioni di persone ed è una città ricca di contrasti più di quanto appaia, poiché coesistono una dignitosa miseria e una ricchezza poco ostentata (meno che in altre città coloniali).

Fu fondata nel 1541 dallo spagnolo Pedro de Valdivia (il successore di Pizarro), dopo aver sopraffatto gli indios della valle Mapocho, dai quali sarà ucciso dodici anni dopo.

Alla fine del XVI secolo era un insediamento di appena 200 case abitate da circa 700 spagnoli e mestizos e alcune migliaia di indios in condizioni servili. Quando il governo coloniale ebbe termine (all’inizio del XIX sec.) Santiago contava 30.000 abitanti e poche strade lastricate. Alla metà del secolo fu attivato il primo collegamento ferroviario e telegrafico con Valparaíso. L’aristocrazia terriera costruiva case sontuose, le adornava di un lusso importato, fondava prestigiosi circoli sociali e mandava i figli a studiare in Europa.

Nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la rapida industrializzazione ha creato opportunità di lavoro nella capitale, richiamando immigrati dall’estero e dalle aree interne. Ciò ha provocato la formazione di insediamenti abusivi noti come callampas: ‘funghi’, perché spuntavano nel tempo di una notte. Corrispondono alle favelas brasiliana, in stridente contrasto con i benestanti sobborghi di EI Golf, Vitacura, La Reina, Las Condes, Providencia ecc.

Oggi Santiago è una delle città più importanti del Sud America. Benché il centro sia relativamente piccolo, è vasta perché attorniata da altre 31 comunas, più o meno antiche, fuse alla capitale nella Regiòn Metrópolitana.

 

 

 

Il Cile dal secondo dopoguerra ad oggi. I lucani a Santiago

 

Dal 1946 fu presidente Gabriel González Videla, che avviò dapprima un governo con la sinistra (tre comunisti in rappresentanza delle organizzazioni minerarie e delle fabbriche). L’intenzione, nemmeno troppo velata, era quella di neutralizzarne la forza. Quando fu evidente che questa tattica non avrebbe funzionato, Videla aprì uno scontro sempre più aspro contro la sinistra comunista: dalla destituzione dei tre ministri a quella, nel ‘48, del senatore Pablo Neruda, uno dei più grandi poeti dell’America latina, Premio Nobel nel 1971 . A quel punto, perfino l’ottuagenario ex presidente Arturo Alessandri si dimise dal Senato denunziando gli arbitri di Videla. Nello stesso anno il Partito Comunista fu dichiarato fuori legge.

Intanto il censimento dell’agricoltura del 1955 rivelava che nella nazione circa il 39% dei coltivatori possedeva meno del 3% di tutti i terreni coltivati, mentre meno del 3% ne possedeva il 37%. Nelle province centrali come Santiago e Valparaíso, dov’è la terra migliore del paese, la distribuzione era ancora meno equa, con il 7% dei proprietari terrieri aventi il controllo del 92% della terra e dell’acqua da irrigazione84. Scrive in proposito G.C. Pellegrini: “In un economia complessivamente vacillante, il settore agricolo era il più arretrato, governato da rapporti di produzione cristallizzati da secoli, capaci di garantire ricchezza e potere solo ai grandi proprietari terrieri, mentre i contadini stentavano a sopravvivere. (L’ingiustizia nella ripartizione della proprietà era tanto evidente, già nel 1928, che il governo dell’epoca aveva tentato le prime riforme, scatenando la reazione dei latifondisti) 85.

Alla fine degli anni ‘60 i problemi erano ancora il predominio del latifondo nelle mani di una piccola oligarchia di privilegiati e una grande ricchezza mineraria sotto il pesante controllo straniero, soprattutto USA. Intanto, con la definitiva crisi del nitrato di soda, si spopolavano le aree minerarie (Chaeabuco, Huantajaya, Humberstone...) a favore dei grossi centri portuali (Valparaíso, Antofagasta, Iquique) e della capitale, dove comparvero le bidonvilles come conseguenza della rapida urbanizzazione.

In questa fase la sola città di Santiago accoglie circa il il 78% dei migranti interni. I quali però, una volta in città, si devono accontentare di sottoccupazioni mal pagate, come dimostreranno anche alcune testimonianze che riportiamo più avanti.

Alle elezioni del ‘64 (siamo in piena 'guerra fredda’) per la prima volta si presenta l’alternativa: da una parte il FRAP con la candidatura di Salvador Allende Gossens; dall’altra la Democrazia Cristiana con Eduardo Frei Montalva. Washington, discretamente fingendo la neutralità, sostiene Frei. Mosca, più apertamente, Allende. Vince Frei, con un programma di ‘ellenizzazione’86 del rame e graduale riforma agraria con ampi indennizzi ai latifondisti. Troppo per l’estrema destra e troppo poco, di lenti e scarsi effetti, per la sinistra. Nel frattempo, se prima della guerra il Cile esportava un sostanziale volume di generi alimentari, dopo il ‘64 ebbe bisogno di acquistare grano e carne dall’Argentina e dal Perù. La stessa industria, benché assai sviluppata rispetto ai parametri medi dell’America latina, non era proporzionata alle effettive potenzialità e non costituiva un fattore propulsivo di sviluppo interno. Si avvertiva sempre più nettamente il peso di un settore minerario per troppo tempo gestito da mani straniere, che lo avevano indirizzato tutto all’esportazione, senza porlo anche al servizio dello sviluppo locale87. (In quegli anni Pablo Neruda cantava di una patria in cui cobre y petroleo lentamente se convierten en oro para reyes ajenos “, rame e petrolio lentamente si mutano in oro per i re stranieri88).

La situazione di indebitamento e povertà tangibile accrebbe la popolarità di Allende.

 

 

84 Cfr. HERRING H., Storia dell’America Latina, p. 964 n. 8.

85 G.C. Pellegrini, Il mondo attuale, L’America Latina, 20 voI., 1987, p. 239.

86 'cilenizzazione’: attraverso l’acquisto delle azioni dalle società americane; questa forma avrebbe comunque mantenuto le miniere di rame in mani USA.

87  Cfr. CC. Pellegrini, L’America Latina, cit., p. 247. Si noti che questa sarà una eredità negativa che peserà sul futuro governo di Allende.

88  P. Neruda, in Que despierte el Lenador  

 

Nel 1970, il 4 settembre, Salvador Allende ottenne la maggioranza relativa a capo di Unidad Popular (socialisti, comunisti, radicali, cattolici di sinistra) con un programma dirompente: 1) distribuzione della terra ai contadini, attraverso una riforma agraria accelerata da provvedimenti di confisca del latifondo; 2) ‘nazionalizzazione’: delle miniere di rame, ferro, saInitro, sodio e carbone, affermando la sovranità del Cile sulle proprie materie prime; delle banche e del commercio estero; delle attività basilari dell’economia: energia elettrica, trasporti, comunicazioni, siderurgia89. Ciò avrebbe dovuto migliorare il tenore di vita dei cileni, con conseguente allargamento del mercato interno. Una politica che però mobilitò contro il presidente tutti gli interessi colpiti, interni e stranieri, senza riuscire a placare la sinistra estrema del MIR.

Gli anni ‘72-73 videro un generale peggioramento dell’economia. Gli USA, che già da diversi anni pilotavano verso una configurazione politica autoritaria del cono sudamericano90, fecero crollare il prezzo del rame per danneggiare le esportazioni cilene. Tutta la fascia del terziario e del commercio risentì dei contraccolpi della crisi. L’aumento incontrollato del costo della vita e la scomparsa dal mercato di beni fondamentali suscitarono reazioni popolari. Uno sciopero dei camionisti provocò uno stato di caos e di tensione sociale. Il malcontento dilagò anche negli strati medi e bassi della popolazione.

Come vedremo, è un momento di disagio anche per i lucani che a Santiago si collocavano proprio in questa fascia, del terziario e del commercio.

“Bisogna puntualizzare una volta di più che i problemi attuali derivano in grande misura dalI'eredità del passato, da tutto un quadro di sviluppo capitalistico dipendente che ha deformato a tal punto la struttura dell' economia cilena che sarà necessario un lungo tempo per superare tali deformazioni “, scriveva nel ‘72 Pedro Vuskovic, Ministro dell’Economia nel governo di U.P.91.

 

89 v. in appendice due documenti di di Salvador Allende: stralci del programma di Unidad Popular. del gennaio 1970, e il decreto relativo alla nazionalizzazione delle miniere di rame.

90  In nome dell’anticomunismo si insediano una serie di regimi autoritari militari: 1954, in Guatemala; 1964. in Brasile: 1965, nella Repubblica Dominicana; 1966, in Argentina: 1968 in Perù; 1972 in Ecuador (questi ultimi due si definiscono ‘progressisti’); seguiranno il Cile (1973. golpe di Augusto Pinochet Ugarte), Uruguay e ancora Argentina (1976, golpe di Jorge Videla).

91 Due anni di politica economica del Governo Popolare, di P. Vuskovic, 1973. V. in Appendice stralci della relazione, pubblicata in Revista de la Universidad Tecnica del Estado, 11-12. nov-dic. 1972/ gen.-feb. 1973, trad. in Movimento Studentesco, Milano, n. 1.  

 

Il 9 settembre 1973 il segretario socialista Carlos Altamirano, parlando nello stadio di Santiago, denunciò l’imminenza di un golpe militare. Due giorni dopo il generale Augusto Pinochet, favorito dagli USA92, attuò il colpo di stato. Allende fu trovato morto, dopo aver resistito fino all’ultimo con le armi nel Palazzo della Moneda. Si troncava così un’esperienza, quella cilena, cui tutto il mondo guardava con interesse.

 

“Il nostro governo era troppo radicale, non avevamo nel paese un appoggio sufficiente per poter espropriare i latifondi e nazionalizzare le miniere di rame “, dice oggi Altamirano. ‘Non era un errore economico, ne sono ancora convinto, ma politico"93. Resta da capire come un Paese così orgoglioso della propria storia in difesa dell’indipendenza e così teso alla riappropriazione della propria identità culturale ed economica possa aver accettato una così pesante ingerenza a tutto campo da parte degli USA.

 

Sul piano economico, Pinochet provvide da subito a liquidare le riforme di Allende all’insegna di un liberismo totale, secondo i dettami della “scuola di Chicago”, e riconsegnando le maggiori ricchezze cilene in mani straniere; sul piano politico e sociale introdusse un regime di repressione delle libertà civili e persecuzione degli oppositori, "interpretando ‘alla ciIena’ quella dottrina della sicurezza nazionale impartita nelle accademie militari USA ai quadri degli eserciti sudamericani [...] ideologia cilena per la quale un confronto politico diventa 'guerra interna’ (e di conseguenza l’avversario un nemico da uccidere, anche se inerme)”94. Alcuni ex villaggi di minatori furono trasformati in campi di concentramento e tortura, come l’Oficina di Chacabuco dove ancora ci sono le mine collocate dai militari nel 1973.

 

92 Com’è stato subito noto in tutto il mondo democratico (le conferme ufficiali arrivano oggi con l’apertura degli archivi della CIA). Fu per questo che in Cile e in tutto il Sudamerica l’opposizione intellettuale assunse le forme di un forte antiamericanismo: tra gli altri, P. Neruda (‘Incitamento al Nixonicidio “) e il gruppo teatrale argentino “Comuna Baires” (‘Washington-Washington”).

93 La Repubblica, 20 dic. 1998, p. 23. Dopo la fuga e quasi vent’anni di esilio, scampato al famigerato Piano Condor (v. riquadro), Altamirano è rientrato in Cile nel ‘90, successivamente all’elezione di P. Aylwin.

94 G. Rampoldi, Nel palazzo del terrore dove il Cile moriva, "La Repubblica”, 28 nov. 1998. Furono perquisite e saccheggiate anche due delle tre abitazioni di Pablo Neruda, a Santiago e Valparaíso, mentre il poeta era in fin di vita.  

 

Man mano, anche parte della D.C. e della chiesa cattolica iniziarono a far sentire la propria voce contro la gravità della situazione sotto il regime militare, finché il 5 ottobre 1988, in un referendum sul futuro istituzionale del paese il generale Pinochet — oggi incalzato da quattro denunce di Amnesty International — risultò sconfitto, pur rimanendo capo supremo delle Forze Armate e senatore a vita, cariche che egli stesso si era garantito in precedenza con una modifica della Costituzione. Il potere passò quindi a Patricio Aylwin, eletto democraticamente nel 1990. Le successive elezioni presidenziali furono vinte da Frei a capo di una coalizione di centrosinistra. Ma i militari del golpe sono rimasti intoccabili.

21 settembre 1998: Pinochet è arrestato in una clinica di Londra su ordine della magistratura spagnola. Il giudice Baltasar Garzón lo accusa di crimini senza prescrizione, secondo il diritto internazionale: torture, sequestro di persona e decine di casi di desaparecidos. Crimini contro l’umanità.

 

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