Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"
|
|||||||||
Ancora Valeria Viola ci dice che “como Iquique era tan pequeno, todas las personas se conocian, y todos los italianos se reunían, y cuando llegaba alguien de Italia, todas se enterabamm y lo invitaban a las casas. Mi padre siempre invitaba a la gente que venía de Italia, le gustaba mucho conacer las noticias de allá, como iba la politica y ese tipa de cosas... “.
Sensibile alla realtà delle diverse presenze che hanno contribuito
negli anni all’attuale volto di Iquique,
l’Alcalde
(sindaco) Jorge Soria Quiroga ha in animo di dedicare una delle
strade che portano alla costa, alla ‘storia delle identità’. Secondo
il progetto, le piazze che incrociano testimonierebbero, in ordine
cronologico, le civiltà precolombiane, quindi le immigrazioni:
cinese, genovese, lucana, ciascuna con un significativo segno della
propria presenza.
Sensibilità reciproca, giacché la Regione Basilicata ha di recente
approvato alcune leggi che mostrano una nuova attenzione ai lucani
che vivono fuori del territorio regionale. Una di queste istituisce
la ‘GIORNATA DEI LUCANI NEL MONDO’105
fissata al 22 maggio, data di approvazione dello Statuto regionale
(anno 1971), che a partire da questo anno in corso (1999) unisce
idealmente tutti i lucani ovunque si trovino e soprattutto fa
sentire la reciprocità di un legame, sentimento che troppo spesso,
oltre i confini amministrativi, viene avvertito come unilaterale. .
105 L. regionale n. 10 del 6 aprile 1999
Inoltre, la Commissione Regionale dei Lucani nel Mondo, come
articolazione della Regione Basilicata, di concerto con la
Deputazione di Storia Patria, ha promosso un paziente lavoro di
ricerca per la creazione di una banca dati relativa alle
“Fonti per la storia dell’emigrazione
della Basilicata"106.
Il corpo principale è costituito da un archivio anagrafico che
contiene nomi, data di nascita, paesi di provenienza e di
destinazione, mestieri degli emigrati a partire dal 1861; dati
desunti dai registri dei passaporti conservati nell’Archivio di
Stato di Potenza. Purtroppo sono andate perdute le registrazioni di
un trentennio fondamentale, tra il 1871 e il 1900. Sarà necessario
quindi integrare i dati con quelli conservati in altri archivi:
quelli dei porti di Napoli e Genova e quelli dei porti di arrivo. La
banca dati conterrà anche schede informative e collegamenti con i
siti Internet dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Archivio
Storico diplomatico del Ministero degli Esteri, della Federazione
Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie (FILEF) e del Centro Studi
Emigrazione (Congregazione degli Scalabriniani). Inoltre, alcune
pagine sono dedicate alle fotografie, alle tradizioni e feste
popolari, ad una galleria di brevi biografie di emigranti, che si
siano o no affermati con successo. Che va ad aggiungersi alla
raccolta di testimonianze orali le quali danno voce nel tempo
presente alle tante storie di uomini e donne che rischierebbero,
invece, l’anonimato e il risucchio in meri dati numerici e
statistici.
Avere ben chiare le proprie radici significa sapere come collocare
se stessi, in un preciso quadro di riferimento culturale.
“La comunità italiana in
Cile — ha scritto l’On. Lamberto Dini — ha saputo acquisire il
rispetta e l’ammirazione di tutti conservando
allo
stesso tempo la ricchezza della cultura e delle
tradizioni dei nastro Paese”’107.
In questo senso vanno gli intenti delle Associazioni lucane di
realizzare corsi d’italiano, mostre sulla Basilicata e l’Italia108,
rievocare gastronomia e danze regionali, feste patronali e così via.
Anche coloro che hanno perso dimestichezza con la lingua italiana
conoscono l’inno nazionale e considerano il 2 giugno tra le San Rocca, Sant’Antonio, San Nicola...
.
106
A cura di M. Ostuni, A. Meneghini, per I’ASPz, DSP, CRLM. (ricerca in
corso).
107 Lettera del Ministro Lamberto Dini alla sig.ra Anna Odone,
Presidente Com.It.Es. Cile, in
Presenza, quindicinale della Comunità Italiana in Cile, 1° dic.
1998. 108 Di recente l’Associazione lucana Región Norte de Chile ha organizzato la mostra “Vistas de la Bella Italia”(giugno-luglio 1999) presso la sede dell’Academia de Idiomas del Norte.
Ma tutto questo non basta. C’è, in quell’estremo lembo del mondo, il
sentore di una perdita progressiva della componente culturale della
propria famiglia ‘verticale’, nel senso delle generazioni. Prendiamo
Iquique, dove non c’è né l’Istituto Italiano di Cultura109,
né la sede consolare (c’è un viceconsole) e la lingua d’origine si
va naturalmente perdendo. Qui i lucani (che, ricordiamo,
rappresentano la seconda presenza italiana), avvertendo da tempo
l’esigenza di un legame più ufficiale con il nostro paese, hanno
chiesto l’apertura di una “Scuola Italiana”, per gl’italiani e per i
cileni che vogliano apprenderne lingua e cultura110.
“Al
fin! Tendremos una Scuola!
Recobraremos las amadas palabras
y ci cantarino acento conque fueron mecidas nuestras cunas”,
esulta
Iris Di Caro111’’.
Che la dimestichezza con la lingua d’origine si sia persa è di per
sé comprensibile e naturale, per chi è partito oltre mezzo secolo
fa, e soprattutto per chi è oriundo italiano ma nativo cileno. Si
noti che molti giovani, pur non parlando affatto né il dialetto
lucano né l’italiano, comprendono abbastanza bene il senso di una
conversazione, ancora di più se in dialetto, per una certa
consuetudine all’ascolto di genitori e nonni in ambito familiare.
Bisogna considerare che l’adattamento allo spagnolo è
dovuto
avvenire, in alcuni casi forzatamente anche in famiglia, per
difendersi e difendere i propri figli dalle difficoltà e
dall’emarginazione. “Me hacian bromas porque hera extrangero”
(“Mi prendevano in giro perché ero straniero”), ricorda Felice
Abiuso. “Non capivo il linguaggio che si parlava intorno a me. E’ stato duro
impararlo! Non mi fu permesso di parlare il mio dialetto. Papà mi insegnava
le parole e dovevo
parlare
lo spagnolo
per bene
in
modo da non essere chiamata
'la gringa’ quando qualche
mese dopo avrei cominciata a frequentare
le elementari. Sia in Argentina
che in Uruguay (e in Cile, Ce lo conferma Antonio Inserrato: “L’inserimento è stata difficile, sia per la lingua sia per la diffidenza dei cileni. Ancora bambino, preferivo rimanere in casa (per questo parlo benissimo il dialetto lucano) perché nel negozio sentivo i clienti che ci chiamavano ‘gringo e spatriati!”. E il fratello Gerardo ricorda i tentativi di fuga del fratello Rocco, che scappò all’ambasciata per rimpatriare: “Scappava senza saper parlare lo spagnolo. E neanch'io. Io chiamavo i carabinieri in italiano e loro non capivano niente “. Come spesso accade, la lingua segna una diversità che può rappresentare una frattura. “L’idioma è stato un ostacolo, sin quando abbiamo potuto farci capire. Ora tutti parliamo il castigliano, ma questo ci fa dimenticare la bella lingua italiana “, sottolinea con rammarico Maria Di Beno.
109 C’è la Casa degli Italiani, ma come associazione di
volontariato. Se n’è parlato in precedenza:
v. Iquique.
110 La richiesta è stata inoltrata alla Regione Basilicata che ne ha
di recente approvato i criteri (1999), mentre il personale
scolastico sarà individuato dal Ministero della Pubblica Istruzione
per il tramite dell’Ambasciata d’Italia. “Finalmente! Avremo una Scuola (d’italiano)! Recupereremo le amate parole e la musicalità dell’accento con cui fummo cullati.” Lettera agli iscritti dell’Associazione Lucana Region Norme, dic. 1998.
112 Testimonianza di
Raffaella AteIla Reale,
Mamma contadina, mamma cittadina..., racconto autobiografico,
concorso letterario “Storie di donne lucane”, sez. Sud America, a
cura delle Commissioni Regionali Pari Opportunità — Lucani nel
Mondo, maggio 1999.
Feste patronali, tradizioni gastronomiche
«La festa di Sant’Antonio in Santiago cominciò per iniziativa di un
gruppo di emigranti italiani di Oppido Lucano, che desideravano
mantenere la ricorrenza del paese d’origine.»
Cos' ci racconta Teodoro
Vaccarella, coordinatore del Comitato Sant’Antonio
e presidente dell’Associazione lucana, insieme a Felice Abiuso e
Paquale Miranda.
“Fui
el
fundador’
della
festa di Sant’Antonio
in Cile”, asserisce con
orgoglio Giuseppe Scelsi, da 38 anni lontano da Oppido; ed
era il 1986.
“A Santiago
tutti gli anni festeggiamo San
Rocco
e Sant’Antonio
per le comunità originarie di Tolve
e di Oppido, con la messa, la processione, i fuochi d’artificio,
balli folklorici,
naturalmente nella
parrocchia italiana
“, dice Antonio Inserrato, mentre
Rocco
Mussuto tiene a precisare che “Noi siamo cresciuti insieme alla
nonna, con lei abbiamo imparato le tradizioni. Apparteniamo al gruppo folklorico di San Rocco”
(Elias Cantillana, che
ha vinto anche due festival della canzone italiana).
Naturalmente la festa di Sant’Antonio è più vissuta là dove la
comunità di oppidesi è più numerosa, cioè a Iquique.
“San Antonio de Padua es
el
Santo
Patrono
y protector del
paese di Oppido Lucano y cada 13 de junio toda la camunidad oppidesa
iquiquena
se
junta
para
recordar a sus ancestros y
convivir de acuerdo a
las costumbres,
tradiciones y espiritú patriotico que padres y abuelos supieron dejar como herencia113. E’ interessante notare come in queste occasioni i gesti della ritualità rimandino alla condizione dell’emigrato. Durante la messa, “el pan y el vino simbolizan la comunión de ideales de un pueblo antiguo, que al proyectarse hacía el futuro, se engrandece en el recuerdo114. E, nella festa del patrono, la comunità si incontra idealmente con i compaesani lontani diecimila chilometri. 113 “Sant’Antonio da Padova è il santo patrono e protettore di Oppido L., e ogni 13 giugno tutta la comunità oppidese-iquiqueña si riunisce per ricordare le proprie origini e condividere usi, tradizioni e identità di nazione che i padri e i nonni seppero lasciare in eredità”, in “Oppido Lucano, un lejano pueblo de los Apeninos italianos, sus raices en Iquique y el dia de San Antonio”, Andiamo, cit., p. 5.
114 "Il pane e il vino simboleggiano la comunione ideale di un popolo antico, che nel proiettarsi verso il futuro si
ingrandisce col ricordo del passato", in
Se le feste hanno la magia di unire terre tanto distanti, sapori e
profumi possono evocare proustianamente memorie di generazioni.
Certo ai piatti tipici lucani si è sostituita man mano la cucina
cilena. Molte mogli sono cilene, e trattano la gastronomia lucana
come stravaganza esotica.
Dal canto loro, solo all’arrivo in Cile i lucani hanno scoperto la
commestibilità di alcuni cibi: “Existian cosas que mi mamá
jamás
había probado, como el maiz, que donde
el vivía se
lo daban a los cerdos, y
aquí
es uno de los platos tipices. Aprendió
a comer
las cosas de acá, peró siempre modificaba las recetas, era muy complicado115.
Curioso è riconoscere le preparazioni regionali dietro nomi come
souzitza
(o sautciza),
cauzone, probolone,
schiccilo,
scarpella,
bacalao, fabe,
oricciett',
patate arraganate, cartidatt’,
fogazze,
mastachuelos...
Le petolas
di Natale sono “rosquillas
triples de
masa, banadas
en miel”;
la “focaccia di Oppido”
è “pan con aceite de oliva,
cebolla,
tomate
y queso rallado,
muy surena
“. Non manca le sanchic
(il sanguinaccio), “pastel
con la sangre del
maiale con nueces, uvas, canela
y
azucar”,
precisa Felice Abiuso.
Le tradizioni lucane? “E’'
difficile spiegarlo, ma i figli le trovano divertenti” (Sebastian De Vice). “Pienso
que
las tradiciones
hay que
mantenerlas,
tratar
que
no
se olviden,
ensenarlas
a los jovenes”
(“Penso che occorra mantenere le tradizioni, praticarle per non
dimenticarle, insegnarle ai giovani")
(Gerardo Baccelliere).
Questo che segue è il parere di Rocco Inserrato: “Nel 1978 abbiamo
cominciato a costruire la nostra associazione in Cile
attorno alla figura di un santo (San
Rocco),
per conservare la nostra identità, i nostri
valori.
Per far comprendere ai nostri
figli che esiste una terra
lontana, l’Italia. Noi vogliamo
che loro siano italiani. Siamo ambasciatori dell’Italia;
svolgiamo
il
nostro lavoro
con sacrificio. Sono un docente universitario
e chiedo che vengano intensificati
gli scambi culturali.
Ed anche
tecnologici.
Gli abitanti
della Basilicata sono
bravi nel lavorare la terra, e noi
in Cile ne disponiamo di tantissima.
Per questo vogliamo dei tecnici che ci istruiscano,
e noi dal canta nostro cercheremo
di pubblicizzare
ai meglio il predotte
lucano. Poi vogliamo cercare di divulgare
soprattutto la lingua italiana. “116
.
115 C’erano cose che mia madre non aveva mai provato, come il mais,
che al suo paese si dava ai maiali, mentre qui è uno dei piatti
tipici. imparò a mangiare le cose di qua, però sempre modificava le
ricette, era molto complicato" (Valeria Viola). 116 Intervento alla conferenza “Da Emigranti a Cittadini”, Nova Siri, settembre 1997.
.
Tante attenzioni servono a mantenere viva la propria ‘carta
d’identità’, la definizione di una parte basilare della propria
storia, come individui e come collettività di lucani. Ma,
realisticamente, non più di questo. Per quasi tutti, il desiderio di
tornare in Basilicata è un sentimento che attiene la sfera emotiva e
che concretamente significa voler rivedere i luoghi, o conoscere
quelli della propria famiglia, in modo comunque
temporaneo. “Ci piacerebbe molto
conoscere il paese dove siamo nati “, oppure
“dove sono
nati
i nastri genitori”, è la risposta più frequente. Ai giovani come
Gianni Corvalan e Gianfranco Da Ponte piace partecipare alle
riunioni degli italiani perché i nonni sempre raccontavano loro
dell’Italia. “La
nostalgia dell'Italia non se ne va mai “, dice Vito
Abbruzzese;
“Il sangue tira —
aggiunge in modo colorito Rocco Natalino
—
però per viverci no”. Ed
entrambi aggiungono: “Ormai siamo sistemati qua “. Maria Di Beno esprime con molta razionalità
il sentimento comune:
“No, non tornerei a vivere in Basilicata. Ci siamo molto
abituati a vivere in Cile
e dopo tanti anni
non si ha nessuna voglia
di ricominciare. Penso che tutto sia cambiato,
sia perché le nuove generazioni
hanno ‘un altro criterio’,
e sia perché cambiare è necessario. Le tradizioni del
paese d’origine sano state un
po' dimenticate anche dagli italiani che stanno in Italia —non è così? —
perché i cambiamenti, l’evoluzione, sono stati molto
rapidi, e per questo le tradizioni
sono
rimaste solo
un
racconto.
Al
paese tornerei
per rivivere
un
ricordo,
per nostalgia...,
ma non per restarci.” |
Dove la terra finisce
"I lucani in Cile": .
|
[ Mailing List ] [ Home ] [ Scrivici ]
.