MIRACOLI RICONOSCIUTI PER LA BEATIFICAZIONE DI S. GERARDO
Primo miracolo
Il 5 settembre del 1849 la signorina Anna Maria Teresa Deheneffe, damigella
d'onore della Contessa di Morogna, ricevette una coltellata al fianco
sinistro, da un giovinastro, che inutilmente cercò di farle violenza.
La ferita larga 3 centimetri e profonda 8, sfiorò l'osso dell'ileo,
provocando una abbondante emorragia, seguita da uno svenimento.
Per non compromettere il feritore e per pudore ella provvide da sé, una
sommaria medicazione, fasciando la ferita come meglio poteva. Benchè non
fosse stata lesa alcuna parte vitale, tuttavia per mancanza di una adeguata
medicazione, la ferita in breve tempo peggiorò, causando un deperimento
organico molto evidente.
Il dolore si fece sempre più acuto, l'aspetto della ferita rosso ed
infiammato, e già cominciavano a comparire delle cellule di degenerazione.
Si manifestarono dei sintomi molto marcati: pallore, inappetenza, l'incedere
sempre più difficile, dolori acuti, debolezza generale ed impossibilità a
vestirsi e calzarsi da sola. Una febbre alta e persistente le provocava
un'arsura fortissima, deliri e sincopi frequenti.
Man mano che il tempo passava la ferita diventava sempre più purulenta. Una
tosse secca e continua le impediva di riposare di giorno e di notte. Tutti
questi sintomi facevano pensare che il male da locale diventava generale,
procurandole certamente una tisi per presenza di cellule infette nei
polmoni.
Questa grave sindrome si protrasse per ben due anni e dieci mesi. La
contessa, visto il progredire del male, dietro consiglio del confessore,
persuase la Deheneffe a farsi visitare dal dottor Fallò, che ritenne urgente
una operazione per asportare dalla ferita la parte infetta.
Il 18 luglio del 1852 all'albergo Bellevue a Bruxelles il professor Daubioul
alla presenza del dr. Fallò, della contessa e di una suora dell'ospedale,
sottopose ad operazione la paziente con la speranza di una pronta
guarigione.
Terminato l'atto operatorio, la Deheneffe fu riportata al suo domicilio. Ma
dopo 4 giorni il quadro clinico non migliorò: la febbre divenne continua con
maggior violenza e le fu impossibile qualunque movimento.
Visto che l'operazione non aveva apportato alcun sollievo, anzi la
situazione appariva più grave, Anna Maria Teresa si rivolse all'allora
Venerabile Gerardo Maiella, in onore del quale celebrò due novene con tanta
fede nell'efficacia del suo intervento.
La notte del nono giorno della seconda novena l'ammalata si coricò con le
medesime sofferenze, ma dopo un pò potè riposare tranquillamente.
Al mattino, quando si risvegliò, si sentì guarita. La contessa di Morogna
venuta come di consueto, per medicarle la ferita, trovò le fasce distaccate,
la ferita assolutamente scomparsa e quel che è più notevole, non trovò
traccia di cicatrice. La pelle era completamente uniforme. La febbre
scomparve all'istante, i dolori e la tosse cessati e trovò la sua damigella
in perfetta salute e con nuove forze fisiche.
Tutte e due gridarono al miracolo.
Sottoposta ad ulteriori visite dai medici curanti, fu riscontrata la
perfetta scomparsa del precedente male.
Dopo ulteriori accertamenti fu dichiarato dal dottor Filippo Pelagallo della
S.R.C.: "L'istantanea e perfetta guarigione della Deheneffe fu superiore
alle forze e alle leggi naturali, specialmente se si tiene conto
dell'assenza di qualsiasi cicatrice e del ripristino istantaneo non solo ad
integrim, ma in meglio delle condizioni e delle forze fisiche, che erano
state perdute durante la malattia. Ciò si deve ritenere il fatto un
miracolo".
Veramente il nostro Santo da par suo compì il miracolo facendo scomparire
ogni segno della precedente malattia.
Secondo miracolo
Nell'aprile del 1467 il piccolo Lorenzo Riola di aieci anni, di temperamento
linfatico, trovandosi nel collegio Giannone di Benevento, cominciò a star
male. Il malessere, l'inappetenza, il pallore crebbero fortemente, mentre
tutti i gangli linfatici, specialmente quelli del collo, dei sottoascellari
e inguinali, mostrarono un turgidimento molto evidente.
L'aggravarsi del male fu attribuito al troppo studio, all'alimentazione del
collegio e al regolamento. Nel mese di maggio il medico dello stesso
collegio, notando tale peggioramento, consigliò i genitori a riportare a
casa il fanciullo, pensando che l'aria nativa procurasse un benessere al
piccolo.
Tornato a San Giorgio La Molara, Lorenzo fu visitato dal dottor De
Cristofori che gli prescrisse una cura secondo il caso. Ma il male parve
aggravarsi sempre più. L'addome andava gonfiandosi, forti dolori, febbre e
difficoltà della funzionalità di tutti gli organi accrescevano il male.
Dopo un mese e mezzo di inutili cure lo stesso dottor De Cristofori
consigliò un consulto presso Angelo Maria Rossi di Benevento. Questi
confermò la diagnosi fatta e prescrisse un'altra cura per diminuire l'ascite
che si faceva sempre più evidente.
Tuttavia anche questa cura risultò inutile, aggravandosi ancor più lo stato
del piccolo per la presenza di edemi negli arti inferiori. Le urine ancor
più scarse, il pallore più evidente, una sete divorante rendevano il
fanciullo una vera immagine del Cristo sofferente.
Verso la metà di luglio la povera madre condusse il figlio a Napoli presso
il professor Ramaglia. Questi, dopo aver riconfermato le precedenti
diagnosi, consigliò il ricovero del fanciullo all'ospedale di Torre del
Greco, ove venivano curati gli idropici.
La madre pensò invece di portarlo a Castellamare sperando nell'azione
diuretica ed evacuante delle acque minerali. Ma il fanciullo fu assalito da
forte febbre e il medico del luogo consigliò che si praticasse la
paracentesi addominale.
Ricondotto a Napoli il professor Jacolucci sconsigliò fatto operatorio
perché le condizioni del piccolo erano più che gravi.
Egli consigliò la desolata madre di riportare il figlio a casa perché non vi
era più nulla da fare e non rimaneva alcuna speranza di guarigione.
Riportatolo a casa, il medico di famiglia, viste le gravi condizioni,
consigliò al piccolo Lorenzo di fare una novena ad un giovane religioso
della Congregazione del SS. Redentore, morto in concetto di santità, la cui
intercessione poteva ottenergli la guarigione.
Ecco il racconto del piccolo: "Io non mancai di eseguire il consiglio del
medico recitando i tre Gloria Patri. Dopo 8 giorni in uno dei mesi
dell'estate (per la precisione in agosto) verso le ore 22 di un giorno di
giovedì o venerdì, non ricordo, fui sorpreso da un sonno e durante tal
sonno, mi pareva di vedere una scala dorata, la quale poggiando sulla mia
testa si elevava al cielo. Da questa scala io vidi scendere un religioso che
portava nel braccio sinistro un Crocifisso. Riconobbi in lui fratel Gerardo
perché rassomigliava all'immagine recatami dal dottore. Egli, giunto sopra
di me, mise tutte e due le mani nel suo viso e chinatosi con la testa si
appoggiò sull'addome, ve la mantenne per qualche tempo dopo di che tutto
disparve.
Svegliatomi raccontai il sogno a mia madre gridando: fratel Gerardo mi ha
guarito, mi ha fatto la grazia. Infatti immantinente la febbre scomparve e
dal quel giorno riprese la funzionalità dei reni e dell'intestino. Dopo
alcuni giorni il gonfiore dell'addome cominciò a diminuire, scomparvero
tutti gli altri segni della mia malattia e mi ritrovai guarito".
Il medico curante, il dottor De Cristofori, confermò quanto deposto dal
piccolo Lorenzo, in tali termini: "Da quel giorno posso coscienziosamente
attestare che cominciò il processo di funzionalità dei reni e in base a 4-5
giorni il fanciullo Riola era sano, non mostrando il sistema linfatico
alcuna traccia di malattia. Dopo l'apparizione del Venerabile tutto il
quadro clinico cambiò.
Da queste deposizioni confermo che la guarigione del piccolo Lorenzo Riola
fu istantanea".
Tutti i medici precedentemente consultati constatarono la perfetta
guarigione riconoscendo che con la sola forza della medicina il male non
poteva regredire così velocemente e con l'esito positivo ottenuto nel giro
di 4-5 giorni.
Terzo miracolo: guarigione istantanea e perfetta di Orsola
Solito
Orsola Solito, di mestiere operaia, aveva goduto fino all'età di 43 anni
ottima salute. In quell'epoca le si presentò sulla coscia una eruzione
cutanea di natura erpetica acre. Guarì ben presto, ma poco dopo le comparve
un'altra eruzione sul volto sotto l'occhio sinistro che si mostrò resistente
a qualsiasi medicamento.
Col passare del tempo sopra questa eruzione si formò un tubercolo che nel
giro di 15 giorni divenne come un pisello di color rosso. Era durissimo e
provocava dolori lancinanti a tutto il volto, si chè (inferma non poteva
riposare nè giorno nè notte.
Il dottor Casalini, consultato, diagnosticò il male di natura tumorale. Una
erisipela invase tutto il volto. Il medico curante richiese un consulto d'un
altro famoso collega, il dottor Maggiulli che dichiarò trattarsi di lupus.
Il male si faceva sempre più grave e resistente a qualsiasi lenimento, tanto
che lo stesso medico consigliò all'ammalata di farsi amministrare i
sacramenti poiché la sua fine era prossima.
Un'amica di Orsola, Anna Maria Giancola, molto devota del Venerabile Gerardo
Maiella, le consigliò di ricorrere all'intercessione del fraticello.
Orsola acconsentì e pose sulla fasciatura del tumore (immagine del
Venerabile. Qualche istante dopo avverti una scossa al capo, come se
qualcuno le avesse inferto un colpo. Calmatosi un pò il dolore placidamente
si addormentò.
Al mattino, allo svegliarsi si ritrovò perfettamente guarita.
Il dottor Casalini, venuto per osservare il tumore e per la medicazione, non
trovò più alcuna traccia del male, solo un leggero arrossamento della cute
ove risiedeva il male. La febbre scomparve, l'edema, l'erisipela, i dolori
violentissimi non si verificarono più e l'inferma si ritrovò perfettamente
guarita. Le forze le ritornarono e la sua vita riprese come prima della
malattia.
Fu chiamato anche il dottor Maggiulli ed anch'egli constatò, con sua grande
meraviglia, la pronta e completa guarigione, non certo per arte ma per
intervento di una forza superiore.
Quarto miracolo: guarigione istantanea e completa del dottor
Giuseppe Santorelli
Nel 1824 all'età di 40 anni, il dr. Giuseppe Santorelli, di professione
medico, fu colpito improvvisamente da una forte febbre, che fin dal primo
giorno si mostrò assai grave.
Furono consultati due colleghi, il dr. Andrea Cleffi e il dr. Lorenzo
Ilaria. Il primo diagnosticò: febbre "putrida e nervosa maligna"; l'altro,
"febbre tifoidea".
Ogni cura medica si mostrò inefficace, tanto da disperare della salute del
malato. Verso il diciannovesimo giorno di tanta febbre si pensò di
amministrare i santi sacramenti all'infermo. Era ormai giunta l'agonia.
Si era nella novena della Concezione Immacolata della Vergine Maria e tutta
la famiglia si apprestava a preparare per l'imminente morte quanto era
necessario.
Mentre il malato mostrava i segni della morte, ad un certo punto lo si vide
alzarsi, prendere (immagine del servo di Dio Gerardo, tagliarla a pezzetti,
masticarla ed ingoiarla. Piangendo per l'emozione raccontò d'aver visto il
servo di Dio che gli diceva di alzarsi. Infatti si alzò dal letto e a gran
voce gridò: "Fratel Gerardo mi ha fatto la grazia".
Per provare che si sentiva bene e che era guarito, chiese subito qualcosa da
mangiare. Gli furono portati dei maccheroni, dell'affettato, del formaggio,
chiamato comunemente "quaglio" e seduto sul letto consumò tanto quanto una
persona perfettamente sana.
Grande fu la meraviglia e la gioia di tutti, sia per l'istantanea
guarigione, sia per la completa ripresa della salute.
I medici curanti, che pur avevano dissentito nella diagnosi, furono concordi
nell'ammettere che tale guarigione si doveva solo per intervento del Servo
di Dio Gerardo Maiella.
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