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MONS. PIETRO CAMODECA
ANTONIO MOLFESE

 

Per l’archimandrita Pietro Camodeca de’ Coronej
( video )

 

Per l’archimandrita Pietro Camodeca de’ Coronej
( libro )

 

ROMA 25 MAGGIO 2019
PRIMO CENTENARIO DELLA EPARCHIA DI LUNGRO (CS) DEGLI ITALO ALBANESI DI RITO BIZANTINO.
FESTEGGIAMENTO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO ED UDIENZA CON PAPA FRANCESCO

La ricorrenza del primo centenario della Eparchia di LUNGRO (CS) è stata festeggiata nella BASILICA di San PIETRO, dove, all’Altare della CATTEDRA, è stata celebrata da S.Ecc MONS Donato OLIVERIO, il 24 Maggio 2019 una messa, alla quale hanno partecipato migliaia di italo albanesi provenienti dal Sud Italia. Il giorno 25 Maggio il SANTO PADRE, PAPA FRANCESCO, ha ricevuto in udienza la comunità italo-albanese nella sala NERVI.
Pietro Camodeca discendente di una nobile e ricca famiglia di Castroregio, per essere ordinato sacerdote nel 1871 aveva dovuto chiedere alla Sacra Congregazione il permesso di ricevere la ordinazione sacerdotale da un vescovo latino, MONS ACCIARDI, della Diocesi di ANGLONA-TURSI.
I rapporti degli italo-albanesi con il clero latino avevano raggiunto limiti non più superabili e la situazione di disagio in cui versavano le comunità albanesi di rito greco non sfuggì al Camodeca, il quale era stato costretto a farne quotidiana esperienza nell'assolvimento della sua attività di sacerdote e di parroco. Gli italo-albanesi, dunque, con il clero latino vivevano ormai da tempo, in un clima di diffidenza latente, ma continua; era stata, in ogni tempo, da parte degli ordinari diocesani un'azione di lenta erosione e di sottile distruzione del rito: né erano mancate, a seconda dei casi e delle circostanze, le lusinghe e le minacce. Molti nuclei albanesi non avevano saputo opporsi e avevano dovuto abbandonare il rito tradizionale per cambiarlo con quello latino, quello del proprio vescovo. Il disegno della creazione di una diocesi autonoma già occupava la mente di Pietro Camodeca ed a lui va il merito di averlo espresso e di aver reso di pubblico dominio il progetto per il quale tante battaglie aveva combattuto. I vescovi ed i parroci latini, calpestando le Bolle papali, li tormentavano incessantemente per la loro religione greca.
La Bolla di Leone X del 18 maggio 1521 così si esprimeva: « Tamen Ordinarii locorun latini, ubi in praesenti Graeci morantur; quotidie molestant, perturbant, et inquietant ». « Questo dualismo di greci e latini fu mal tollerato dai vescovi diocesani, i quali, approfittando dei tempi e delle circostanze, commisero non lievi usurpazioni ai privilegi, alle usanze ed ai riti, fino a latinizzare la maggior parte dei paesi ».
Tutto preso da questo grandioso disegno, Camodeca si rivolse, nel novembre del 1886, a tutti i confratelli di rito greco e li incitò a collaborare e sentire tutta l'importanza e la portata dell'avvenimento. Nel gennaio dell'anno successivo inviò una lettera circolare ai vescovi di Anglona- Tursi, di Cassano Ionio, di Rossano e delle diocesi riunite di San Marco e Bisignano. Le sue idee erano chiare: egli andava diritto allo scopo e sapeva che la meta doveva essere raggiunta. Camodeca si fece propugnatore di una diocesi autonoma (eparchia), dal momento che rappresentava una esigenza sentita e reale.
In una memorabile accademia in onore del papa Leone XIII, tenuta a CHIAROMONTE (PZ) nel 1888, alla quale con il vescovo ed il clero parteciparono i notabili della Diocesi di ANGLONA-TURSI, il Camodeca chiese l’autonomia ecclesiastica per gli italo-albanesi con un vescovo di rito greco.La stampa, e non solo quella cattolica,non potè ignorare una proposta di così grande portata e si espresse favorevolmente al progetto. Scrissero parole di assenzo “LA LIBERTA CATTOLICA DI NAPOLI” del 3 Agosto 1887,la “VOCE DELLA VERITA’” dello stesso giorno e il “FIAMURI” del DE RADA.
Ardentemente richiesta da Mons Pietro Camodeca de’ Coronej, con scritti, convegni e manifestazioni di popolo al Sommo Pontefice LEONE XIII,la diocesi, che doveva sovraintendere alle chiese di rito bizantino della Calabria e della Basilicata, fu istituita a LUNGRO (CS) da PAPA BENEDETTO XV solo nel 1919 ad un anno della morte dell’ARCHIMANDRITA Mons Pietro Camodeca de’ Coronei, uomo di salda cultura umanistica per formazione spirituale,per carattere e per censo.
Era il primo traguardo che il rito Bizantino sperava di perseguire sul suolo italiano, sebbene fosse stato richiesto già prima e fosse osteggiato dai Vescovi di rito Latino.Fino ad allora infatti ogni parrocchia di rito bizantino si appoggiava alla Diocesi di appartenenza senza che si avesse una propria diocesi. Fu allora raggiunto un grande risultato, anche perché tra sacerdoti di rito latino e di rito bizantino vi erano molte incomprensioni.

Estratto da: Francesco, Giuseppe ed Antonio Molfese “Per l’archimandrita Pietro Camodeca de’Coronej al centenario della sua morte.” Centro Studi Sulla Popolazione Torre Molfese S.Brancato di S.Arcangelo(PZ)

 

PER L'ARCHIMANDRITA PIETRO CAMODECA de'CORONEJ
Camodeca dei Coronei
PER L'ISTITUZIONE DELL'EPARCHIA DI LUNGRO APPELLO AL PAPA DAGLI ALBANESI DI CALABRIA E DI BASILICATA
"Morituri te salutant !"
di Eleuterio F. Fortino

JETA E KRÉSHTERE
Nel 1888, in occasione del giubileo sacerdotale del Sommo Pontefice Leone XIII, abbiamo avuto l'onore di umiliare a Sua Santità il presente Indirizzo, unitamente a parecchie migliaia di firme di Albanesi italo-greci delle nostre colonie, allo scopo di felicitarci con Lui del lieto avvenimento, e di reclamare la nostra autonomia ecclesiastica con la creazione di una dio-cesi a parte con a capo un vescovo indigeno del nostro rito": Così, l'Arciprete Pietro Camodeca dei Coronei, nato a Castroregio, scriveva nella prefazione alla 2^ edizione dell'opuscolo in cui pubblicava il memorandum presentato a Leone XIII per reclamare L'autonomia ecclesiastica degli Italo-Albanesi delle Calabrie e della Basilicata (Roma, Tip, A. Befani, 1903). Il memorandum con 2.500 firme è stato inviato a Roma, ma pri-ma declamato nell'accademia tenuta in occasione del giubileo sacerdotale di Leone XIII in Chiaro-monte il 26 luglio 1887.

Preparazione
L'arciprete Camodeca al tempo era parroco e vicario degli Italo-Greci nonché giudice ed esaminatore sinodale della diocesi di Anglona e Tursi nella cui giurisdizione si trovavano varie parrocchie italo-albanesi della Basilicata. Egli però redigeva il memorandum a nome di tutti gli Italo-Albanesi di rito greco di Calabria e di-Basilicata. A questo scopo egli con preveggenza e con prudenza ha contattato tutti i vescovi di quelle diocesi dove si trovavano Italo-Albanesi. Già nel novembre del 1886 egli scriveva una lettera circolare "Ai reverendi arcipreti, economi curati, sacerdoti e connazionali albanesi della Provincia di Cosenza e della Basilicata. Poco dopo da Castroregio il 7 gennaio 1887, scriveva "ai Rev.mi vescovo di Anglona e Tursi, di Cassano Ionico, di Rossano e delle diocesi riunite di S. Marco e Bisognano". Nel primo documento, cioè nella lettera a-gli Italo-Albanesi, egli presenta le modalità e il significato della proposta di fare un appello al Papa in difesa degli Italo-Albanesi preparando un memorandum e recandosi in pellégrinaggio popolare a Roma per le celebrazioni del giubileo di Leone XIII Dopo aver menzionato l'emigrazione in Italia "ove per opera dei romani pontefici si ebbero asilo e beni di fortuna", ricorda anche le provvidenze particolari della fondazione (1732) del Collegio Italo-Greco Corsini e delle prescrizioni della costituzione Etsi pastoralis (1742). E-gli rileva pure che gli Albanesi hanno vissuto per tre secoli "in mezzo ad un popolo che incessante-mente ha lavorato a spegnere le nostre usanze", pur avendo essi sempre lottato per "mantenere la fede, i riti, i costumi e costante l'ubbidienza ai ro-mani pontefici". Introducendo lo scopo della lettera il Camodeca scrive che a causa di varie circostanze sia "per mancanza di mezzi sia per mancanza di spirito di associazione" gli Italo-Albane-si non si erano mai recati in gruppo consistente a Roma: "Noi non fummo mai rappresentati a Ro-ma né nei grandi avvenimenti della Chiesa né nel-le letizie particolari dei Pontefici". A questo punto presenta l'idea di un grande pellegrinaggio. "Questa nobile idea — egli spiega — perché il clero e gli Albanesi di rito greco della provincia di Cosenza e di Basilicata vengano in comitato rap-presentati nel prossimo giubileo sacerdotale di Leone Iati, noi la caldeggiamo fortemente e viviamo nella grande speranza che tutti voi, o signori, uniti in un sol pensiero, non siate per rispondere negativamente al nostro generoso appello". Il Camodeca è orgoglioso della sua gente, nonostante le avversità e le congiunture storiche. Cosa presentare al Papa, quale omaggio, quale do-no? "La nobiltà dunque dei natali — egli risponde — l'entusiasmo sempre vivo nella religione, l'infortunio politico che da secoli opprime l'Albania ecco i doni che offriremo". Egli aggiunge che "nell'indirizzo da leggersi al cospetto del Papa" si indicheranno i bisogni attuali degli Italo-Albanesi. "Noi sottoporremo alla Sua saggezza, alla Sua grande bontà, i bisogni delle nostre chiese, la necessità di una disciplina più severa per il clero, il bisogno dell'insegnamento dei riti, del canto, della lingua greca e delle altre discipline ecclesiastiche, cose tutte fino ad ora trascurate". Allo scopo dì realizzare questa prospettiva egli aggiunge la proposta concreta da inserire nel memorandum. Egli scrive: "Noi esporremo le vicissitudini del nostro collegio di S. Adriano quali erano prima del 1860, e quali ora sono, e da ciò faremo emergere la necessità di domandare la nostra egemonia ecclesiastica, ossia di una diocesi a par-te che comprendesse i 20 paesi albanesi esistenti nella Provincia di Cosenza e di Basilicata. Il ve-scovo dipenderebbe direttamente da Roma, e i be-ni dell'attuale mensa di S. Adriano e dell'Abbazia di S. Nilo, formerebbero la temporalità del nuovo ordinario diocesano". Egli assicura l'accordo dei vescovi latini interessati. Chiede che Ciascuno apponga la sua firma in una scheda Perché tutte le firme vengano stampate in un album da presentare con il memorandum al Papa "col motto in lingua nostra" cioè in arberesh in un suo alfabeto: 'Te Arbyrest e Calavris e ty Basilicats Paps Liunit XIII". Nella successiva lettera del 7 gennaio 1887 informava i vescovi, nel cui territorio vivono comunità italo-albanesi di rito greco, dell'iniziativa e chiede loro il proprio parere di assenso o dissenso e nel caso di assenso dichiarare se non disposti "a cederci le poche parrocchie albanesi" facenti parte finora delle loro diocesi. In questa lettera circolare il Camodeca fa riferimento anche a Spezzano Albanese. Egli scrive eli domandare al Papa "di costituirci autonomi, con la decisione di una nuova diocesi a parte, che comprendesse i 20 paesi albanesi e, se fosse possibile, anche Spezzano di Sibari come sede dell'arcivescovado".

Il Memorandum
L'indirizzo di 10 pagine stampate espone i lineamenti storici classici nella schematizzazione italo-albanese (resistenza di Skanderbeg contro i Turchi, emigrazione in Italia, protezione dei pontefici, avversione dei vescovi e dei baroni locali, strumentalizzazioni politiche antiecclesiastiche, decadenza del rito greco, urgenza di riforma). Quindi si presentano gli auguri al Papa e poi segue la domanda esplicita. Il Memorandun s'in-dirizza direttamente al Papa: "Ora spetta a Te, o Leone, di infonderci novella vita, dandoci l'autonomia; sì a Te spetta, perché il Romano Pontificato ha riservato a sé ab immemorabili il diritto di amministrare gli Albanesi. E sarà questo il primo passo per la riconquista degli altri confratelli albanesi di là dal mare, che gemono abbruttiti sotto il peso della Sublime Porta! Santità, oggi in mezzo alla gioia che tanto Ti abella questo giorno, non Ti dispiaccia accettare i nostri auguri, e di sentire benignamente i nostri lamenti! Anche un tempo in questa Roma, i gloriosi vincitori -delle grandi battaglie, nei loro trionfi, non ingegnavano il grido dell 'Io triumphe! ...Ti allieti dunque la pace, la concordia e l'ubbidienza del Tuo gregge universale, e mentre hai parole di conforto per tutti e la paterna benedizione per tutti, benedici e conforta anche i tuoi figli della sventura, e non voler sentire con un tuo diniego il mesto e doloroso addio degli schiavi: Ave morituri te salutane"... Mesta e dolorosa questa chiusa del memorandum. Emerge lo sconforto degli Italo-Albanesi del tempo. Anche il poeta Bernard Bilotta nei suoi "Versi Lugubri" (1894) scriveva che fra cento an-ni nessuno più avrebbe potuto leggerli. Il Memorandum però termina con tre puntini di sospensione. Quei tre puntini sono stati riempiti nel 1919 con la creazione dell'eparchia di Lungro.

Creazione dell’eparchia.
Nella prefazione della citata sua pubblicazione il Camodeca scrive con evidente amarezza: " Sua Beatitudine (il Papa), con lettera della Segreteria di Stato dell' l l febbraio 1888, ha gradito i sentimenti della nostra devozione, ma restò senza effetto la seconda parte delle nostre aspirazioni", la questione della nomina di un vescovo. Un segno positivo all'iniziativa Roma però lo aveva già dato. Con lettera del 10 maggio 1887 il Prefetto della Congregazione di Propaganda Fi-de per gli Affari Orientali, il Cardinale Simeoni, aveva.ringraziato per l'informazione ricevuta sul-la partecipazione degli Italo-Albanesi alle celebra-zioni giubilari di Leone XIII e aveva aggiunto: "Accogliendo poi di buon grado la domanda che Ella mi ha fatto nello stesso foglio, non mancherò di far eseguire in questa tipografia poliglotta, e a spese di questa S. C. la stampa dell'indi-' rizzo e relativi documenti e firme, che V. S si darà cura di trasmettermi". Certamente non era la prima richiesta per la creazione di un'eparchia propria per gli Italo-Albanesi dì rito greco che perveniva a Roma, ma era la prima volta che la richiesta veniva presentata con la firma di migliaia di persone. Le Congregazioni romane hanno studiato in due sessioni la questione della creazione di una diocesi e della nomina del vescovo prendendo in considerazione le varie relazioni e proposte ricevute. La Costituzione Catholici fideles ( 1919) di creazione dell'eparchia, si riferisce, più esplicita-mente, a due sessioni plenarie delle Congregazioni. La prima si è tenuta il 19 novembre del 1917 a Propaganda Fide e l'altra il 10 febbraio1919 nel-la nuova Congregazione per la Chiesa Orientale, creata di recente (1917) e che sostituirà quella col-legata alla Propaganda Fide. Le due assemblee presero due decisive deliberazioni. La prima affrontò due "dubbi", cioè due questioni: Se e quali provvedimenti adottare per il buon governo dei fedeli albanesi di rito greco della Sicilia; Se e quali provvedimenti adottare per il buon governo dei fedeli di rito greco della Calabria. Dopo aver studiato il primo quesito si decise di rinviarne ad altro tempo la soluzione. Per quanto riguardava i fedeli di rito greco di Calabria, si stabilisce che si "costituisca una dio-cesi di rito greco sotto l'ordinaria giurisdizione di un vescovo dello stesso rito". La Congregazione decise inoltre che "La residenza ordinaria del vescovo sia nel paese detto Lungro". Questa decisione della Congregazione, firmata dal Card. Micolò Marini, è stata approvata da Benedetto XV nell'udienza del 28 novembre 1917. La seconda assemblea plenaria (10 febbraio 1919) indicava il sacerdote Giovanni Mele quale candidato da proporre al Papa piar la nomina a ve-scovo di Lungro. Il Papa ha approvato la decisione il 13 febbraio 1919. E questo è il giorno dell'istituzione dell'-parchia di Lungro.

Osservazione conclusiva.
Il Camodeca concludeva il suo Memorandum, qualora il Papa avesse risposto negativa-mente alla domanda di creazione di una diocesi per gli Italo-Albanesi, con il tragico saluto degli schiavi: "Morituri te salutant". Ma 21 anni dopo veniva di fatto istituita l'eparchia e nel 90° da quell'istituzione non soltanto gli albanesi di rito greco non sono morti, ma l'eparchiaa manifesta un nuovo volto neo-bizantino ed esprime desideri e possibilità di rinascita. L'applicazione degli "Orientamenti pastorali e norme canoniche" del II Si-nodo Intereparchiale (2004-2005) la sosterranno e guideranno nel prossimo futuro.


Francesco Molfese, Giuseppe Molfese Antonio Molfese : “Per l’archimandrita Pietro Camodeca de’ Coronej, al centenario della sua morte”. – Centro Studi sulla Popolazione ; Torre Molfese S. Brancato di S. Arcangelo - 2017
 

 

 

 

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