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Artisti Lucani

Guest Book

Collaborazione

Torre Molfese

le OPERE

S. Arcangelo


.
Consulti medici epistolari in Basilicata tra ‘800 e ‘900

ANTONIO MOLFESE
 


(Pubblicazione Autorizzata dall'Autore)

Condizioni sanitarie, formazione del medico,
medicina pratica ed assistenza sanitaria sul territorio

  - Presentazione (parte I)

  - Il perchè del libro

  - Introduzione

  - Mortalità per malattie infettive

  - Premessa

  - Evoluzione della legislazione sanitaria

  - Mortalità per sifilide

  - Gli ospedali

  - Nascita di associazioni e comitati medici

  - Il consulto medico (parte II)

  - Consulto medico su Andrea Alianelli

  - Com'era organizzato un consulto medico

  - Consulti medici del Prof. T. Senise

  - Consulto medico dei Proff. Cantani e Capozzi

  - Consulti medici del Prof. G. Castronuovo

  - Consulti medici del Prof. T. De Amicis

  - Consulti medici del Prof. V. Lauro

  - Consulti medici del Prof. L. Bianchi

  - Consulto medico del Dott. Cav. T. Morisani

  - Consulto Medico del Dott. A. De Stefano

  - Consulto medico del Prof. A. D'Antona

  - Conclusioni

  - Bibliografia

 

Ai miei genitori

Centro Regionale Lucano
dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria,
Centro Studi sulla Popolazione
Torre Molfese - San Brancato di Sant’Arcangelo (PZ)
 


PRESENTAZIONE

Quando un testo è monotematico, scrivere una prefazione è facile.
Si individuano le tre o quattro novità che contiene e se ne sottolinea la preziosa opera di Antonio Molfese - ci sono più argomenti che cadenzano la storia dell’arte sanitaria in un periodo storico tra l'800 e il 900 che ha coinvolto le condizioni, la formazione del medico, la pratica e l’assistenza sul territorio. Non fatevi ingannare dal titolo. Non si tratta solo della Basilicata, ma dei problemi che hanno investita tutta l'allora neonata italica nazione.
L’opera prende le mosse dal prezioso epistolario intercorso con i luminari della scienza medica investiti dai problemi che i medici condotti loro proponevano. Una sorta di telemedicina, consulti via postino che all’epoca viaggiava a dorso di mulo. Ricordi che - come dice Molfese - hanno un senso e validità se non si tramutano in evasione dal presente. Scopriamo così tutte le tappe della "lunga marcia" compiuta dalla sanità pubblica, attraverso le traversie dei medici umiliati e vessati da sindaci e podestà, ai quali competeva la nomina, la regolamentazione e la remunerazione dei condotti.
L’igiene sul territorio e quindi sui luoghi di lavoro era un compito elettivo del "condotto" per il quale troppo spesso entrava in contrasto col potente di turno e se questi sedeva nel Consiglio Comunale od aveva  con esso stretta relazione erano guai. Disparità di trattamento era un
fatto comune.. Fu necessario attendere Crispi 1881, perché i condotti ricevessero 100 lire al mese comprensivo del foraggio della mula, cavalcatura indispensabile per le visite domiciliari ed il controllo del territorio. Il condotto in caso di impedimento doveva pagare il sostituto. Il volume contiene curiosità volte a non far dimenticare lo stato di disagio che accomunava medici, scienziati e studenti. Questi ultimi impediti nell’accogliente Napoli a alloggiare in determinate zone, off-limits anche alle  prostitute ed alla gente di malaffare.
I complessi e a volte tormentati iter legislativi di tutela della salute avevano visto con la legge di Napoli, applicata per 'simpatia' anche nel nord d'Italia (vedi la demolizione di un intero quartiere di Parma focolaio di tubercolosi), gli inizi della bonifica dell'ambiente. I medesimi iter sfociarono dopo la seconda guerra mondiale nella norma costituzionale di tutela della salute che ha costituito un punto di ripartenza per approdare nel 1958 al Ministero della Sanità, creato mediante lo scorporo del Ministero dell'Interno della Direzione Generale di Sanità e nel prosieguo (1978) alla Riforma Sanitaria.
Dall'800 molte patologie sono state eliminate (lebbra, peste, vaiolo, sifilide) altre significativamente regredite - come la microcitemia, sensibilizzando su scala nazionale i soggetti a rischio - o la malaria e la tubercolosi, quest'ultima già prima dell'uso della streptomicina, mediante cure e igiene di prevenzione ambientale, mediante la creazione di innumerevoli sanatori, ed all'attuazione del "piano verde" che ha eliminato la "convivenza" di stalle ed abitazioni malsane, fonte di reciproca infezione. Il volume contiene anche il ricorso alla statistiche mediche per puntualizzare il percorso dei successi via via ottenuti dalla nostra medicina. Una parte rilevante del merito della crescita della coscienza di igiene va ascritta all’opera continua, capillare e silenziosa dei medici condotti. Un caso va narrato. Nel 1933, due luminari della scienza medica recatisi a Turi nella Casa penale per minorati fisici e psichici, si avvalsero per loro indagine dell’esperienza, delle notizie e dei suggerimenti del medico condotto che svolgeva la sua opera anche all’interno della struttura. La relazione, oltre 11 pagine, inviata al Direttore Generale per gli Istituti di Prevenzione e Pena, determinò il trasferimento del recluso nella clinica Cusumano di Formia e poi al Quisisana di Roma. I due cattedratici erano Saporito, ispettore sanitario del Ministero e D’Arcangeli,  docente di clinica medica all’Università di Roma, il recluso si chiamava Antonio Gramsci. Il nome del condotto è rimasto ignoto.

Vincenzo Marigliano, MD
Professor and Chairman
Department of Cardiovascular, Respiratory, Nephrologic,
Anesthesiological
and Geriatric Sciences
Sapienza University of Rome


IL PERCHÈ DEL LIBRO

I medici dell’antichità, a differenza di quanto si pratica ai nostri giorni, al lorché erano chiamati a visitare i malati, vi andavano seguiti dai loro discepoli, sia perché ciò rappresentava un metodo, sia perché gli allievi potessero assistere ed aiutare il maestro, sia anche perché, secondo la moda del tempo, la rinomanza e la fama di un illustre medico era valutata in ragione del numeroso corteo che lo accompagnava.
Che gli allievi presiedessero anch’essi all’esame del malato è facile rilevarlo da quell’epigramma di Marziale a riguardo del medico Simmaco: ”languivo nel mio letto; ma tu venisti, Simmaco, senza indugio, con cento alunni tuoi. Cento mi furono addosso le mani di Borea gelata: Io febbre, non avevo: l’ho ben, Simmaco, adesso”.
Fin dall’antichità, che fossero già in uso i consulti collegiali di più medici, chiamati in casi gravi,a visitare un malato, lo rileviamo dalla testimonianza di un medico ippocratico, il quale dichiarava di "non esservi nulla di umiliante per un medico di fare appello ai lumi dei colleghi nei casi più difficili".
Nei casi normali, sia che il medico accorresse al letto del malato, sia che questi si recasse da lui, l’esame si faceva interrogando ed esaminando il paziente di persona: però non mancano esempi, specialmente trattandosi di medici celebri, che questi, avendo una clientela molto estesa anche in lontani paesi, erano interrogati per lettera e davano i loro consulti e i loro responsi con lo stesso mezzo, come appunto faceva Galieno con i suoi clienti in Spagna, in Tracia, nell’Asia Minore e come presso a poco si verifica ai nostri giorni con i quesiti epistolari fatti da alcuni malati e ai quali vengono date risposte, più o meno attendibili, sulle colonne di certi periodici.
La cura della persona, in caso di bisogno per malattia, è stata sempre una prerogativa che ha interessato in particolar modo il ceto abbiente; nella seconda metà dell’800 ed ai primi del’900, con gli evidenti progressi della medicina sostenuti dalle nuove scoperte scientifiche e dal rinnovamento del pensiero medico, il rapporto medico-paziente si è fatto più stretto. Questo è il motivo per cui la classe borghese medio-alta, non accontentandosi del medico di famiglia, chiedeva di essere curata, anche mediante consulti epistolari, da luminari che solo nelle sedi universitarie potevano essere consultati. Per il Meridione, ed in particolare per la Basilicata, era Napoli la città dove convergevano tutti i pazienti che avevano bisogno di ritrovare, in seguito ad approfondite cure prescritte da valenti medici, i “professori” del tempo, lo stato di salute perduto.
Tra la fine dell'800 e i primi del '900, il consulto medico epistolare era praticato anche in Basilicata, dove medici, desiderosi di "guarire" il paziente loro affidato, si rivolgevano a professori dell'Università di Napoli affinché li aiutassero a risolvere il caso presentato. Il materiale cartaceo rinvenuto in una scrivania di mio padre, medico condotto di S. Arcangelo in provincia di Potenza, mi ha permesso di far conoscere una realtà all’epoca vissuta anche da mio nonno, egli stesso medico.
Questa usanza rappresentava una sorta di telemedicina dell’epoca però affidata alla corrispondenza trasportata dal servizio postale che viaggiava a dorso di quadrupede o in diligenza. Anche se i tempi erano lunghi (la lettera, da e per Napoli, in media impiegava venti giorni/un mese) si aveva spesso, a conclusione del consulto, la consapevolezza di seguire un iter, che avrebbe portato il paziente a curare appropriatamente la patologia presentata, con la propria soddisfazione e quella del medico curante.
Le malattie trattate nei consulti erano per lo più di natura medica, poche di natura chirurgica, per il motivo che, data l’improcrastinabilità della patologia chirurgica, il paziente era inviato repentinamente al professore ospedaliero o universitario di Napoli per la risoluzione del caso.
Come si può osservare, un solo caso su ventuno presentati era chirurgico, mentre gli altri erano di natura prevalentemente medica.
Secondo le conoscenze del tempo, i pazienti generalmente erano curati al proprio domicilio e solo pochi casi, quelli che necessitavano di indagini diagnostiche e terapeutiche complicate, erano ricoverati negli ospedali di Napoli per il tempo necessario alla cura delle loro malattie.
Si tratta di uno spaccato di storia della medicina, che mostra come il paziente era sempre al centro dell’attenzione ed i medici del tempo, interpellati per la cura dei mali, utilizzavano di volta in volta le metodi che diagnostiche più innovative ed i farmaci di ultima generazione, che avrebbero portato molto spesso alla guarigione il malato. Come si può osservare la medicina praticata e descritta nei consulti medici epistolari era una pratica permessa ad un limitato numero di persone, in quanto il costo era elevato e solo pochi potevano servirsi di questa “telemedicina ante litteram”.

 

ADDENDUM: chi scrive ha avuto la fortuna di trovare questo materiale prezioso per la storia della medicina e dell’assistenza medica sul territorio in una zona molto depressa ed in un periodo difficile per la Nazione, S. Arcangelo (PZ) dove la mia famiglia vive dal 1400 e forse anche prima. Il plauso va ai miei antenati, che sebbene per avverse vicende, come accade in ogni famiglia, hanno saputo conservare documenti che rappresentano pezzi di storia della famiglia Molfese, del relativo territorio ed eventi che ho avuto modo di riportare.
Non così è avvenuto per la famiglia Camodeca de’Coroney di Castro regio (CS), famiglia di mia madre che, dal 1400/1500 ha rappresentato per la parte nord della Calabria un faro per i paesi di lingua albanese, dopo la loro fuga dalla Morea in Grecia dove erano fuggiti gli albanesi inseguiti dai turchi. Circostanze negative concatenate hanno distrutto o forse disperso documenti della famiglia che davano indicazioni sugli avvenimenti che si sono succeduti sul territorio e che avrebbero potuto contribuire a scrivere la storia dell'insediamento di una nobile famiglia albanese in uno sperduto paese della Calabria.
Un ricordo per mio fratello Giuseppe, avvocato insigne giurista, mancato medico, di recente prematuramente scomparso, che ha avuto modo di leggere il presente volume e ne ha apprezzato il contenuto. Amava immergersi nei volumi di medicina e forse la buona conoscenza della materia gli ha procurato una certa diffidenza versoi medici e gli ospedali, circostanza per la quale accettava malvolentieri le cure mediche.


 

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