PRESENTAZIONE
Fin dagli anni dell'Unità d'Italia la Regione Basilicata è stata
caratterizzata da un costante ed intenso flusso di emigrazione, che oggi
ci consente di stimare la popolazione di origine lucana residente
all'estero pari alla popolazione residente in Regione.
Alla luce dei dati si comprende bene che il tema dell'emigrazione diventa
una questione fondamentale, che le Istituzioni hanno l'obbligo di curare
per tentare di ricomporre il patrimonio umano e valoriale disseminato in
tutto il mondo intensificandone le relazioni.
Il testo del professore Molfese nasce dalla volontà di ricostruire,
attraverso i documenti e le leggi promulgate, l'attività legislativa
nazionale nonché regionale rispetto al tema dell'emigrazione,
analizzando nel dettaglio provvedimenti concreti, i dati ed i flussi
migratori di ogni singola regione.
La regione Basilicata da tempo tesse rapporti intensi con le Comunità dei
lucani residenti all'estero mettendo in campo progetti dinamici e
concertati e che apportino vantaggi reciproci, superando, di fatto,
politiche meramente assistenzialiste.
L'idea è quella di dare una giusta risposta all'esigenze dei nostri
emigranti e soprattutto ai loro figli, al fine di creare nuove
attrattive di connessione con il paese di origine.
Nell'opera del Molfese si intravede una chiave nostalgica del fenomeno
migratorio, ma è evidente l'impegno parallelo di "due basilicate", in
apparenza distanti, ma molto simili nella volontà di disegnare e
realizzare un comune percorso di crescita.
Avv. Prospero De Franchi
Presidente Consiglio Regionale della Basilicata
INTRODUZIONE
L'emigrazione verso la fine del 1800 e finto agli anni 50 è stata un
fenomeno che ha interessato numerose regioni d'Italia, tra cui la
Basilicata, così massiccio che si è ipotizzato che per numero di
emigranti un'altra Basilicata sia dispersa nel nuovo mondo.
Il volume racconta la storia dell'emigrazione in un piccolo paese della
Basilicata.
Il dottor Antonio Molfese, medico giornalista, illustra le cause che hanno
determinato l'evento, che mostra sempre ed in tutti coloro che ne sono
stati protagonisti un comune denominatore di natura psicologica : il
desiderio e la speranza di vivere nella nuova sede una vita migliore;
certamente non dobbiamo dimenticare che accanto ai motivi economici per
alcuni ha contato anche l'effetto propaganda.
Nel paese di cui sono sindaco l'emigrazione è stata causata dalla
insufficienza dei mezzi di sussistenza per mancanza di lavoro, per
l'esiguità del reddito e per l'esaurimento delle risorse naturali
rispetto alla popolazione.
Negli otto capitoli del volume viene illustrato anche con dati statistici
il problema in generale, viene descritto come avveniva il trasporto per
via mare, le patologie che potevano insorgere, sia negli adulti che nei
minori, ed infine una testimonianza autografa di emigrati che, rientrati
nel paese di origine, raccontano quanto hanno vissuto di persona.
Il dettagliato elenco degli emigrati in Argentina dal dopoguerra fino agli
anni 60, opera di un ex impiegato del Comune che non è più tra noi,
vuole essere una ulteriore testimonianza di amore per la propria terra.
Antonio Molfese, medico di bordo part-time, ha saputo cogliere fin nei
particolari, in quanto le ha vissute con gli ultimi emigranti, le
angosce che il viaggio per mare procurava, in particolare alle donne,
che con il solo figlio si avventuravano verso il nuovo mondo per
raggiungere il marito che le aveva precedute.
Le foto storiche riportate, che ritraggono il nostro paese, mostrandoci
una Sant'Arcangelo di altri tempi, non fanno che impreziosire l'opera.
Mi auguro, inoltre, che il volume possa riaccendere nei nostri compaesani
residenti all'estero l'amore verso il loro paese, che hanno lasciato da
troppi anni, ma che è sempre pronto ad accoglierli a braccia aperte.
Nelle mie due visite fatte ai connazionali a Buenos Aires, tra il 1995 e
il 2004, ho molto apprezzato l'attaccamento al nostro paese ed alle
nostre tradizioni, anche da parte dei figli dei nostri emigranti, che
oltre a ricordare il dialetto, conoscono bene la storia di
Sant'Arcangelo.
Domenico Esposito
Sindaco del Comune di Sant'Arcangelo
IL PERCHÉ DEL LIBRO
Il volume "IMMIGRAZIONE DA UN PAESE AGRICOLO DELLA BASILICATA
SANT'ARCANGELO TERRA D'EMIGRANTI" è stato concepito durante l'imbarco
come medico di bordo sulla Michelangelo avvenuto verso la fine degli
anni 60 nel tratto Genova - New York; il viaggio in nave, come medico,
mi ha permesso di osservare ancora (anche se pochi) passeggeri di terza
classe considerati a tutti gli effetti emigranti, di osservare la vita
che essi conducevano a bordo.
Con l'avvento delle nuove tecnologie, la turbonave Michelangelo, fiore
all'occhiello con la gemella Raffaello, della compagnia Italia
Navigazione impiegava sei giorni per la traversata ed era considerata un
salotto galleggiante per gli ambienti comodi, costosamente arredati e
per l'impeccabile servizio che veniva fornito a tutti i passeggeri.
Non così quando con le navi a vapore si impiegava un mese per la
traversata ridotta poi a 15 giorni con l'avvento del motore a scoppio
che ha completamente rivoluzionato il settore.
Ricordo ancora quanto per ragioni di servizio mi avventuravo nelle
cuccette dormitorio (molto contenute nel numero degli occupanti rispetto
alle navi dell'800) scrutavo il volto delle donne che, in compagnia del
solo bambino, si imbarcavano per raggiungere il marito "nel nuovo
mondo".
Portavano tra l'altro immancabilmente con loro una piccola valigetta di
legno con un manico nella quale ponevano le cose più care dalle quali
non si separavano mai; questa conteneva lettere del marito, fotografie
di parenti e amici, figure di santi, un crocifisso, una corona del
Rosario, il passaporto un messale, una candela, un pacco di fiammiferi,
monete d'argento e valuta corrente...
La valigetta sia di giorno che di notte (come cuscino) era sempre con la
donna.
Il problema dell'emigrazione è stato preso in considerazione dal punto di
vista generale con l'analisi del fenomeno nelle varie regioni di Italia
e delle differenti cause che le hanno generate.
È stato analizzato anche ciò che è avvenuto in Italia, in Basilicata ed in
particolare in un paese agricolo dove la emigrazione è stata
approfondita nei vari aspetti, e dal quale è scaturito uno studio
dettagliato del fenomeno.
L'elenco accurato poi degli emigrati nella Repubblica Argentina dal
dopoguerra fino agli anni 70 permette un'analisi approfondita delle
composizioni delle famiglie, delle classi sociali e delle cause che
hanno determinato il fenomeno.
I dati riportati nella pubblicazione potranno rappresentare la base di
partenza da parte di analisti del settore, qualora si volesse
approfondire il problema.
Il volume descrive il fenomeno in generale, e riguarda tutte le regioni di
Italia, riporta in particolare la storia della emigrazione e le vicende
di un paese agricolo di Basilicata dove sono nato.
Verso la fine dell'Ottocento e fino agli anni '50 e '60 si è verificato in
Italia il grande movimento migratorio verso le Americhe, alla ricerca di
una fortuna che per molti non giunse mai: iniziò allora l'epoca dello
sfruttamento in grande stile degli emigranti da parte di taluni armatori
senza scrupoli, che si gettarono a corpo morto nel colossale affare,
favoriti dalle leggi ancora carenti.
Le prime leggi sull'emigrazione, che portarono un po' d'ordine nella
materia, furono emanate dal parlamento italiano il 30 dicembre 1888;
secondo le nuove disposizioni, coloro che volevano stipulare contratti
di passaggio da parte delle compagnie armatrici avrebbero dovuto munirsi
di apposita licenza, concessa dal Ministero degli Interni. Il contratto
doveva essere comprensibile anche da parte degli analfabeti (molti in
quei tempi); una volta giunti sul fiume Hudson c'erano ad attenderli i
controlli di Ellis Island, l'isola dove sostavano gli emigranti in
attesa delle visite mediche e psico-attitudinali per essere ammessi
negli USA.
Nell'emanazione delle nuove leggi il legislatore si prefiggeva con le
numerose disposizioni legislative in materia di Sanità marittima:
l'assistenza sanitaria dei passeggeri, la tutela dell'emigrante, la
tutela igienica delle navi, mediante il controllo dei viveri, dell'acqua
(sia da bere che di lavanda), pulizia dei locali e dei dormitori, carico
delle merci.
Nella Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi del 1851, fu
affrontata a fondo la questione dei medici e della sanità a bordo, e fu
redatto il seguente comunicato: "I bastimenti a vapore, che trasportano
passeggeri devono avere un medico, e costui deve vegliare sulla salute
dei passeggeri e dell'equipaggio, sulle regole igieniche, e deve tenere
un diario di viaggio giorno dopo giorno per annotare le malattie e gli
incidenti."
Si ribadiva che l'assistenza doveva essere gratuita per alcune categorie
di passeggeri e per l'equipaggio e già si evidenziavano le competenze
dell'ufficiale sanitario governativo, con la piena indipendenza del
medico dal Regio Commissario, principio, questo, che era stato
circostanziato a più riprese.
Nella conferenza internazionale di Roma del 1924 venne definito emigrante
"colui che lascia il proprio paese per cercare lavoro all'estero".
La legge del 1901 mise ordine per quanto riguardava la tutela
dell'emigrazione, divisa in centrale e periferica: quest'ultima era
composta da comitati comunali di cui facevano parte il sindaco, o
pretore, il medico condotto, il parroco e un rappresentante della
Società di Mutuo Soccorso o delle delegazioni provinciali, che
perseguivano lo scopo di sottoporre a visita preliminare color che
volevano emigrare.
Gli organi periferici di assistenza agli emigranti avevano poi il compito
di impedire la partenza ai soggetti non adatti fisicamente, che
sicuramente sarebbero stati respinti una volta giunti a destinazione; i
comitati provinciali e comunali effettuavano una prima cernita, ed
inviavano i prescelti agli Ispettorati nei porti d'imbarco (Genova,
Napoli, Trieste), dove nelle stazioni sanitarie di bonifica i candidati
subivano due visite: la prima dai Sanitari dell'Ispettorato e dai Medici
di Porto, e la seconda, al momento dell'imbarco, dal Medico della Marina
(Regio Commissario) e dal Medico di Bordo.
Gli emigranti, giunti nel porto estero di destinazione, subivano altra
visita medica e psicologica, in base alla quale avrebbero potuto essere
qualificati, dagli esaminatori, in: contagiosi, tarati mentali o
inadatti al lavoro. Alcuni di essi, che avevano già superato tutti gli
esami in patria, vennero respinti, non si sa bene se perché veramente
ammalati, e perciò incapaci al lavoro, o per un certo pregiudizio nei
riguardi delle popolazioni meridionali dell'Europa (degli italiani,
innanzi tutto). Le compagnie avevano tutto l'interesse a non far partire
dall'Italia gli individui non idonei, perché sarebbero state costrette a
riportarli indietro, specie se si considerava che già ad ogni viaggio di
ritorno c'era un discreto numero di passeggeri rimpatriati dal consolato
ed ammalati indigenti; le agenzie in patria, quindi, raccomandavano il
massimo rigore nel selezionare i partenti.
Appartiene alla storia dell'emigrazione quell'isolotto grigio (Ellis
Island) di fronte a Manhattan, guardato con apprensione da milioni di
emigranti da tutto il mondo, dove venivano visitate le famiglie prima di
essere avviate alle rispettive destinazioni. Ma il calvario del
candidato alla naturalizzazione non era finito, perché doveva sottostare
alla "bossatura", che era un "pizzo" di 50 lire da pagare a qualche boss
della camorra, se voleva ottenere un posto di lavoro qualsiasi, vuoi
agricolo che industriale. Ma che cosa avrebbe potuto offrire l'America
di meglio a quel popolo di analfabeti, che non conosceva una parola di
inglese, ma parlava solo il dialetto del paese d'origine?
La fine del 19° secolo e la prima metà del 20° secolo sono state
caratterizzate da un importante progresso in termini di potenzialità
dell'assistenza medica ai naviganti; l'avvento della radio nel 1897,
fornì le basi tecniche per potere assistere a distanza i marittimi
imbarcati su navi da parte di un medico lontano. Il 18 novembre 1920 fu
la data di concessione della prima licenza radio del mondo rilasciata al
Seamen's Church Institute of New York per fornire assistenza e consigli
medici ai naviganti, da parte di un team di medici specializzati.
Il 12 dicembre 1901 fu il giorno della prima trasmissione radiotelegrafica
attraverso l'Oceano Atlantico ad opera di Guglielmo Marconi.
Senza la sua prodigiosa invenzione, senza le applicazioni della radio, tra
cui anche quella di un "matrimonio" tra radio e medicina, dal quale è
nata la moderna telemedicina, non sarebbe nato il CIRIv1 ed altre
organizzazioni similari.
Non possiamo, con la memoria, non pensare alle migliaia di ammalati curati
dal CIRM nei mari e negli oceani, anche ai giorni nostri, ed essere
commossi riflettendo al bene che tale straordinaria invenzione ha
consentito di operare.
PREMESSA
L'emigrazione e la ripercussione che questo evento sociale ha avuto sulla
popolazione, specie per alcune regioni è stata molto devastante.
La grande vicenda dell'emigrazione, e dell'emigrazione transoceanica in
particolare, rappresenta l'aspetto più doloroso dal punto di vista umano
e più gravoso dal punto di vista del mancato sviluppo anche della
questione meridionale; ha investito non solo l'economia, ma la società,
la cultura, le tradizioni, la coscienza di un popolo, la stessa
struttura geofisica di molte regioni è stata messa in discussione. Ma
quali sono le cause di questo esodo secolare, che ha dissanguato intere
regioni, specie meridionali, delle migliori energie, della forza
creatrice di ricchezza e di progresso?
I governanti, gli economisti, i sociologi borghesi hanno sempre fatto
ricorso al problema della sovrappopolazione per sostenere l'esigenza di
una emigrazione in massa di lavoratori italiani, e soprattutto di
lavoratori meridionali; hanno parlato di pressione demografica
differenziale tra luogo di provenienza e luogo di destinazione. Neppure
la scarsezza di manodopera, dopo le prime grandi emigrazioni, convince i
grandi proprietari terrieri a trasformare i metodi produttivi; pur di
impedire un rinnovamento dell'agricoltura, essi riducono l'estensione
della superficie agraria da coltivare; ai grandi proprietari necessita
avere una sovrappopolazione artificiale nelle campagne, perché solo in
queste condizioni possono imporre duri patti agrari ai contadini (questa
è stata la teoria degli economisti impegnati). È dunque al regime
proprietario esistente nelle campagne, specie del meridione, che bisogna
risalire per trovare le cause che hanno determinato una fuga così
ingente di lavoratori.
Il contadino prima, gli artigiani poi non solo vengono espulsi dalla loro
terra e dalle loro botteghe, ma espulsi anche a livello -nazionale; non
resta loro che prendere la nave per le Americhe. Non sono le condizioni
naturali, ma le condizioni e i rapporti di produzione nelle campagne che
generano una eccedenza di popolazione, una sovrappopolazione artificiale
che deve essere convinta a emigrare. È, dunque, al modo in cui si è
compiuta l'unificazione politica del paese, alla incompiutezza della
rivoluzione borghese e alla mancata rivoluzione agraria, al modo
particolare e distorto dello sviluppo del capitalismo italiano che
bisogna risalire per trovare le ragioni vere del secolare esodo
migratorio.
L:emigrazione si sviluppa inizialmente nelle zone montane, poi discende in
collina e in pianura e si dirige in prevalenza verso l'America Latina ma
anche verso il Nord America.
Comunque, è solo dal 1876 che nel nostro Paese esiste una vera e propria
rilevazione statistica dell'emigrazione verso l'estero; di anno in anno,
il contingente delle persone che abbandona l'Italia in cerca di un
lavoro all'estero si ingrossa sempre più. Dagli anni ottanta in poi
l'emigrazione acquista le caratteristiche di un vero e proprio esodo;
infatti, all'inizio di quel decennio la crisi agraria che investe tutta
l'Europa, mentre nella valle Padana mette in moto un processo di
trasformazione colturale, nelle regioni meridionali pone semplicemente
fine alla congiuntura favorevole che aveva sollecitato la rapida
espansione della coltura del grano nelle campagne. Avvenuta
l'unificazione italiana le economie maggiormente protette e meno solide
accusarono il colpo improvviso e violento; fra queste, in prima linea,
quelle dell'antico Regno delle Due Sicilie. A mala pena la scarsità
estrema della viabilità, che rendeva ogni penetrazione lenta e
difficile, e la saldezza di certi costumi poterono attutire tale scossa
economicamente rivoluzionaria nel mezzogiorno, le vecchie industrie
locali, ed anche la maggior parte delle altre che avevano forme più
moderne e grandiose, non poterono resistere alla concorrenza, insieme
combinata, dei prodotti settentrionali d'Italia e di quelli esteri.
Quanto alla agricoltura, essendo essa divenuta sempre più bisognosa di
vendere una parte dei propri prodotti fuori della zona per comperare
manufatti, si trovò vivamente esposta alle vicende del mercato interno
ed esterno e quindi colpita da frequenti crisi e messa nella necessità
di trasformare le proprie colture con ingenti perdite e spese per una
agricoltura nella quale avevano così alta e naturale importanza le
colture arboree. A scambiare le merci che venivano da fuori ed a pagare
nuovi e svariati tributi, i prodotti agrari si resero presto
insufficienti. L'emigrazione legale (cioè di persone munite di
passaporto) da sessantotto province italiane, esclusa la sola Roma, fu
nell'anno 1870 di 101.815 individui, cifra corrispondente al quattro per
mille della popolazione accertata dal censimento del 1861 ed equivalente
all'eccesso medio annuale dei nati sui morti. Vi fu, inoltre, in
quell'anno, una emigrazione clandestina di 8643 individui, e quindi gli
emigranti arrivarono in totale a 110.458. La nostra emigrazione non era
quindi in ragione diretta della ricchezza, dell'istruzione e
dell'incivilimento, ma per ogni regione vi furono delle cause ben
precise.
Il difetto principale, il vizio cardinale comune dell'emigrazione italiana
fu la quasi assoluta deficienza di capitale: erano braccia di uomini che
partivano mancanti di ogni fondo di riserva e che, così abbandonati a se
stessi, andavano a cimentarsi con tutti i pericoli, con tutte le
difficoltà, con tutte le concorrenze!
Da la "Basilicata e il Nuovo Mondo" riportiamo alcune notizie riguardanti
Emigrazione e processi di mutamento nelle culture locali. Problemi e
prospettive per la ricerca storico-antropologica.
Gli studi sull'emigrazione e la ricerca sociale (1868-1912) ebbero diverse
matrici; essi, condotti su un unico tema l'emigrazione in relazione ad
area geografica limitata - la Basilicata, trassero origine da numerosi
studi ed indagini.
La ricerca condotta da Ausonio Franzoni, tra il 12 novembre ed il 14
dicembre del 1902, ad esempio, fu voluta dalla Presidenza del Consiglio
e promossa dal Commissariato dell'Emigrazione per poter arrestare
l'esodo lucano che aveva assunto proporzioni che sembravano sempre meno
tolleranti; il viaggio di Adolfo Rossi rientrò nelle iniziative
intraprese dal Commissariato dell'Emigrazione volte a verificare come
mai i Comitati Mandamentali di Emigrazione non funzionassero e con cosa
si potessero sostituire; lo studio di Eugenio Azimonti, indirizzato a
capire cause ed effetti dell'emigrazione fu invece richiesto dal R.
Istituto d'Incoraggiamento di Napoli mentre le indagini di Ascanio
Branca e di Francesco Saverio Nitti, si collocarono rispettivamente
nell'ambito delle inchieste parlamentari Jacini Sulle Condizioni della
Classe Agricola e Faina Sulle condizioni dei Contadini. Oltre a questi
interventi in cui il committente fu un soggetto pubblico ed almeno parte
delle motivazioni risiedevano nell'individuazione di specifici
provvedimenti pratici da avviare in base ai quali è dato asserire che si
trattasse di ricerche-intervento, nell'itinerario di lettura proposto
compaiono studi che trovarono le proprie ragioni in motivazioni di altro
genere. L'indagine di G. Spera, ad esempio, venne a legarsi alle
attività del Circolo lucano di Roma presieduto da Giacomo Racioppi,
mentre il contributo di Pietro Lacava andò a collocarsi in un denso e
nutrito dibattito teorico-politico che, oltre ad essere di scena nelle
aule parlamentari, fu discusso sulle pagine di una importante rivista
nazionale, la Nuova Antologia. I contributi di Stéphane Piot, di
Francesco Coletti e di Costantino Ottolenghi sono invece riconducibili a
motivazioni specificatamente accademiche maturate nell'ambito di corsi
universitari di Statistica e di Economia Politica, quello del Prefetto
di Potenza, Evandro Caravaggio, fu legato al ruolo istituzionale, mentre
l'indagine fatta a Parigi dagli esponenti della Società Italiana di
Beneficenza, si collegava alle iniziative intraprese dall'Ambasciata
Italiana a Parigi. Gli approcci seguiti da Leopoldo Franchetti, dal
consigliere provinciale Andrea Corbo e dal medico Giovanni Pica si
collocarono in quell'importante filone di studi relativi
all'approfondimento di alcuni temi della questione meridionale.
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Emigrazione" SEGUE >>
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