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IGIENE NAVALE

ANTONIO MOLFESE
 

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EPIDEMIOLOGIA GENERALE E SPECIALE DI MALATTIE COMUNI E QUARANTENARIE

 

ORIGINI DELL'IGIENE NAVALE

Le prime note che trattano della vigilanza sulla salute degli equipaggi si ritrovano nella leggenda che narra il viaggio degli Argonauti verso la Grecia e la Colchide e dei Greci che portano guerra a Troia.
Nulla ci è pervenuto sulle misure igieniche delle navi egizie, sappiamo però che tutte le prescrizioni che venivano adottate per la salvaguardia della salute avevano carattere religioso.
Nel 415 a.C., durante la spedizione ateniese in Sicilia, promossa da Akibiade, fu deliberato che un medico fosse a bordo delle navi. A Costantinopoli vi è una lapide (risalente al I sec. a.C.) che porta i nomi dei componenti lo stato maggiore della nave Therapéia, probabilmente una nave ospedale, e dopo il nome del comandante compare la parola « iatros » (medico).
In epoca romana, sotto Augusto, con il riordino delle forze militari, si istituisce un vero e proprio servizio sanitario sulle navi, che prevede un medico ogni 200 uomini; vi era una base navale a Miseno ed una a Classe in provincia di Ravenna.
I medici erano considerati « immunes », cioè non facevano esercizi gravosi e godevano dello « ius restitutionis », vale a dire veniva loro restituito ciò che avevano perduto durante il servizio.
Con le crociate prima e con le repubbliche marinare poi si apre una nuova era nel traffico navale.
Paolo D'Egina, medico bizantino, tratta dell'igiene sulle navi nel « De arte medendi», vale a dire nel primo trattato di medicina navale, ed elargisce consigli su come evitare infortuni e malattie a bordo.
Anche Avicenna detta precetti di igiene navale, mentre Gilberto Anglico nel suo « Compendium Medicinae » dà suggerimenti su come mantenere l'igiene a bordo.
La Repubblica di Venezia, per prevenire i contagi allora molto frequenti, emana nel 1374 un provvedimento che vieta alle navi ritenute infette e provenienti da località infette di entrare nel porto, se non dopo essersi assoggettate a diverse procedure di bonifica sanitaria.
E' però la Repubblica di Ragusa che, in Jugoslavia, promuove la costruzione del primo lazzaretto.
I lazzaretti erano costruiti a debita distanza dall'abitato (non troppo breve per evitare il contagio, ma neanche eccessiva per evitare che gli ammalati, già deboli per le loro affezioni, fossero costretti a compiere lunghi percorsi), orientati in modo da evitare i venti occidentali considerati putridi, predominando in quel tempo la teoria miasmatica del contagio. La teoria miasmatica stabiliva infatti che il contagio avvenisse mediante aria corrotta, miasmi emessi dal terreno; a questa teoria si contrappose in seguito quella vitalistica, secondo la quale esseri viventi, anche se piccolissimi, erano la causa delle infezioni e queste erano trasmesse da uomo malato ad uomo sano.
I lazzaretti erano separati dalla terraferma in quanto costruiti su isole o circondati da fossati ripieni di acqua a protezione. All'arrivo in questi luoghi i malati erano spogliati dei loro indumenti, che assieme alle masserizie venivano depurati (non poteva ancora chiamarsi disinfezione), mediante esposizione a fumi ottenuti da fuochi vivi sui quali venivano bruciate spezie e sostanze odorose.
I lazzaretti erano edificati di preferenza negli scali marittimi con lo scopo di sorvegliare lo sbarco di mercanzie e viaggiatori provenienti da Paesi lontani, specie dall'Oriente, dove erano endemiche molte malattie.
Erano costruiti con tipologia a blocchi e constavano di edifici di due piani; un edificio era destinato agli Uffici, uno alle mercanzie non infette, uno ai malati comuni ed al personale parasanitario, un altro ai malati ed alle mercanzie sospette e un quarto, molto più spazioso, ai malati accertati e fonte di contagio, che erano guardati a vista dalle sentinelle. Quest'ultimo edificio era costruito isolato e a una distanza non inferiore a 500 metri dagli altri.
Le navi, all'arrivo nel porto di destinazione, gettavano l'ancora alla fonda e il comandante a bordo di una lancia innalzante bandiera gialla raggiungeva la riva e, previo giuramento che a bordo non si erano manifestate malattie o morti durante la navigazione, e dopo aver mostrato le carte sanitarie di bordo riguardanti l'equipaggio, eventuali passeggeri ed il carico trasportato, otteneva la « libera pratica » da parte del medico di porto, autorità sanitaria del luogo. Poteva cioè attraccare e compiere tutte le operazioni necessarie.


Sanità Marittima ed Aerea - Legislazione

Le leggi sulla sanità marittima, aerea e di frontiera mirano a salvaguardare la salute pubblica, nell'interesse sia della collettività che del singolo, e ad impedire la introduzione e la diffusione di malattie infettive e contagiose.
L'obiettivo quindi della Sanità marittima collima con quello della sanità interna che riguarda la tutela della salute pubblica, con esigenza a carattere internazionale uniforme con altri paesi, secondo i principi stabiliti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, agenzia specializzata delle Nazioni Unite.
La necessità di ostacolare la diffusione delle malattie contagiose che provocano epidemie risale allo sviluppo della marineria
Le terribili pestilenze che si abbatterono sull'Europa, provenienti dall'Oriente, obbligarono la Repubblica di Venezia e di Genova, a causa dei loro commerci, ad adottare le misure idonee a prevenire l'introduzione di queste malattie.
Era previsto l'isolamento delle persone e delle navi, giunte da paesi ritenuti infetti, in speciali porti o luoghi denominati lazzaretti per un periodo non inferiore a 40 giorni, donde « quarantena ».
La legge napoleonica per il regno d'Italia già istituiva nel 1807 un organo supremo di vigilanza denominato « Magistrato di sanità marittima di Venezia », mentre per gli Stati italiani prima della unificazione va ricordata la legislazione sanitaria del Piemonte, del Lombardo-Veneto, dello Stato Pontificio e, per quanto attiene specificamente alla Sanità marittima, il Regolamento del 1° gennaio 1820 del Regno delle due Sicilie. Numerose leggi, la n. 64 del 30 giugno 1861 e la n. 5784 dell'11 agosto 1870 e del 18 ottobre 1870, tentarono di unificare le disposizioni relative al servizio sanitario marittimo interno, mentre la Convenzione sanitaria internazionale, firmata a Parigi il 3-2-1852, approvata dal Parlamento subalpino con legge 2-12-1852, stabiliva i regolamenti per quanto concerneva i traffici internazionali.
Sulle basi delle precedenti esperienze la materia riguardante la Sanità Marittima fu modificata e fu emanato il regolamento di Sanità pubblica per la Sanità Marittima (art. 17 legge 22-12-1888).
L'art. 1 del regolamento, approvato con R.D. 29-9-1895 n. 636, prevedeva un'attiva vigilanza sull'igiene e sanità pubblica nei porti, sulle navi ancorate, su quelle in arrivo o in partenza.
Il Ministero degli Interni, tramite la Direzione Generale di Sanità Pubblica, l'Alto Commissario per l'igiene e la sanità (ACIS) (D.L.L. 12-7-1945 n. 417) e poi il Ministero della Sanità, costituito con Legge 31 Marzo 1958 n. 296, hanno reso operante il regolamento con tutte le modifiche che sono state apportate per adeguare il servizio a sempre nuovi e più vasti compiti.
Infatti la Sanità Marittima, regolata dal D.C.G. 12-1-1930, quale organo periferico del Ministero della Sanità, ed il medico di Porto che la dirige svolgono la funzione preminente di salvaguardare il territorio nazionale dall'introduzione di malattie infettive e contagiose ad opera di viaggiatori, animali o merci che provengono da Paesi esteri. Il principale compito di istituto consiste quindi nell'assicurarsi dello stato di salute dell'equipaggio e dei passeggeri, della condizione igienica della nave e del carico.
Tutto ciò avviene in condizioni normali per via radio, sia la richiesta di libera pratica da parte del comandante della nave e sia la sua concessione da parte del medico di porto (tranne a controllare la esattezza della richiesta).
A completare il servizio di Sanità Marittima e per far fronte a particolari esigenze erano state attrezzate alcune stazioni marittime per arginare le malattie infettive e diffusive, la cui funzione era quella di « bonificare » nave, equipaggio e carico merci o passeggeri con idonee misure di ordine igienico - sanitario e medico.
Le strutture ancora esistenti sono state superate e sostituite da reparti specializzati in malattie infettive e tropicali, che formulano una diagnosi e curano dal punto di vista medico i pazienti bisognosi di isolamento, assistenza e cura.
Con il recente D.P.R. n. 614 del 31-7-1980 è stata operata una ristrutturazione o un potenziamento degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, anche in vista dei nuovi compiti che sono stati loro affidati (D.P.R. n. 620 del 31-7-1980) e relativi all'assistenza sanitaria del personale navigante e marittimo e dell'aviazione civile.
Inoltre è stata prevista la promozione di corsi di pronto soccorso per il personale navigante di navi operanti oltre gli stretti, come disposto dal recente D.M. del 7-8-1982.
 

EPIDEMIOLOGIA GENERALE DELLE MALATTIE INFETTIVE

L'epidemiologia studia la diffusione, la distribuzione geografica delle malattie, le loro cause (agenti, sorgenti e veicoli di infezioni), le vie di penetrazione dei germi nell'organismo, le condizioni che favoriscono o ostacolano la loro insorgenza.

Diffusione
In base alla diffusione le malattie infettive si dividono in:
1. Sporadiche, quando si verificano isolatamente con qualche singolo caso (es. tetano);
2. Endemiche, quando si verificano abitualmente in una data area (colera in India, febbre tifoide in Italia);
3. Epidemiche, quando, pur rimanendo circoscritte in una data regione, si estendono però ad un numero più o meno rilevante di individui (influenza);
4. Pandemiche, quando si diffondono rapidamente in diverse nazioni e si estendono ad un numero elevato di individui.

Distribuzione geografica
In base a criteri geografici le malattie infettive vengono distinte in esotiche e endemiche.
Dicesi esotica la malattia che normalmente non esiste in un determinato Paese, ma che compare per particolari situazioni (importazione sporadica di malattie). Sono considerate malattie esotiche il colera, la peste, il tifo petecchiale, la febbre gialla; sono, invece, malattie endemiche la febbre tifoide e l'epatite virale.
I dati geografici permettono talora di stabilire rapporti epidemiologici di importanza fondamentale, come ad esempio: il rapporto tra le zone acquitrinose, la zanzara anofele e l'infezione malarica, la zanzara Aedes Egypti e la febbre gialla.


Agenti di infezione
Si riteneva un tempo che le malattie contagiose fossero dovute ad aria corrotta, a miasmi, i quali in seguito ad inspirazione penetravano nell'organismo (teoria miasmatica).
Ben presto si capi che il diretto contatto tra sano e malato aveva una importanza fondamentale. Alla teoria miasmatica si sostituì quindi la teoria vitalistica sostenuta dallo Spallanzani, secondo la quale l'origine delle malattie era dovuta alla penetrazione nell'organismo di piccoli elementi chiamati microbi o germi.

Numerosi sono gli agenti di infezione:

i batteri, microrganismi monocellulari visibili al microscopio ottico, con propria autonomia;

i virus, più piccoli dei batteri, che richiedono per la loro osservazione l'impiego del microscopio elettronico;

le rickettsie, parassiti umani e di alcuni roditori, a metà strada fra batteri e virus;

i funghi, organismi uni o pluricellulari privi di clorofilla, che si sviluppano formando le ife ramificate ed intrecciate fra di loro, le quali danno luogo ad una particolare struttura chiamata micelio;

i parassiti, organismi mono o pluricellulari, che si distinguono in ecto ed endoparassiti;

gli ectoparassiti, che svolgono la loro azione sulla superficie esterna del corpo (pidocchi, pulci, acari); gli endoparassiti, che invece la svolgono all'interno del corpo umano (tenie, ossiuri).

A seconda dell'agente di infezione distinguiamo le malattie in:

- infezioni, quando sono determinate da microrganismi patogeni monocellulari;

- infestazioni, quando sono determinate da microrganismi patogeni pluricellulari e da macroparassiti, quali tenie, acari, pidocchi.

Sorgenti di infezioni
Sorgenti di infezioni sono quelle nelle quali gli agenti patogeni vivono, si moltiplicano e si conservano per un tempo più o meno lungo. La più importante sorgente d'infezione è l'uomo malate, il quale emette all'esterno i germi con vari mezzi, quali feci, urina, sputo, vomito, secrezioni e desquamazioni.
Oltre al malato è sorgente d'infezione il portatore convalescente di malattia infettiva, dal momento che, quando l'individuo si ristabilisce, i germi non scompaiono rapidamente dal suo organismo, ma possono persistere a lungo ed essere lentamente eliminati anche a distanza di anni (portatore cronico); esiste anche il portatore sano, cioè l'individuo che ospita nel suo organismo germi patogeni specifici senza presentare i sintomi caratteristici della malattia.
Sorgente d'infezione possono essere anche gli animali, che si ammalano di forme infettive trasmissibili all'uomo che vengono chiamate zoonosi (es. la peste per i ratti, la rabbia per i cani).

Veicoli di infezione
La trasmissione delle malattie infettive può avvenire in forma diretta e in forma indiretta:

diretta: quando il contagio avviene per contatto più o meno intimo tra il malato e il sano, come nel caso di malattie veneree, della meningite cerebro spinale o nel caso di inalazione di goccioline proiettate da colpi di tosse del malato (influenza);

indiretta: quando gli agenti d'infezione sono veicolati dall'aria, dal suolo, dall'acqua, dagli alimenti e dagli oggetti (stoviglie, libri, giocattoli, ecc.).

Per molte malattie il contagio avviene contemporaneamente per via diretta ed indiretta (esempi sono: la febbre tifoide, la difterite, la poliomielite).

Oltre ai veicoli, mezzi inanimati di trasmissione delle malattie, i sono anche i vettori, mezzi animati tra i quali distinguiamo:

- vettori passivi: insetti (es. mosca), che possono trasportare meccanicamente ed accidentalmente germi patogeni da materiali infetti (pus, escreati, ecc.) su alimenti o oggetti, i quali pervengono poi all'uomo;
- vettori attivi: insetti, nei quali l'agente infestante deve compiere necessariamente un ciclo evolutivo completo, prima che, inoculato, possa produrre la malattia (zanzara anofele per la malaria).

Vie di penetrazione
Numerose sono le vie di penetrazione dei germi nell'organismo.

Cute: la cute integra non permette la penetrazione dei germi a meno che non si produca su di essa una lacerazione o una escoriazione o venga attraversata dal pungiglione di un insetto.

Mucose: in generale le mucose rappresentano una facile porta di ingresso per i germi, quando si verificano in esse lesioni o stati infiammatori, che diminuiscono o annullano i naturali mezzi di difesa.
La mucosa gastrointestinale offre inoltre in condizioni normali una certa resistenza alla penetrazione dei germi per la presenza dei succhi gastrici che esercitano in genere azione battericida, così come la mucosa dell'apparato respiratorio, provvista di un notevole potere di difesa (secrezioni catarrali, movimento delle ciglia vibratili), che tende ad espellere le particelle estranee che in essa penetrano.

Altra via è rappresentata dalla penetrazione diretta dei germi nei tessuti e nel torrente circolatorio. Esempi sono: il bacillo del tetano, i plasmodi malarici.

Il periodo che decorre tra la penetrazione di germi nell'organismo e la comparsa dei primi sintomi clinici della malattia dicesi periodo di incubazione.
Il periodo di incubazione delle principali malattie infettive varia quindi da malattia a malattia.
La conoscenza di tale 'periodo ha importanza dal momento che per alcune malattie è necessario intervenire, per esempio, con la somministrazione di siero (tetano) tempestivamente, perché differente sarebbe la terapia medicamentosa a sintomi conclamati.
Inoltre l'isolamento delle persone sospette, portatrici di malattie, o di conviventi con ammalati affetti da malattie infettive, dovrà protrarsi per un periodo corrispondente a quello di incubazione (es. colera).

Azione di germi patogeni sull'organismo
Condizione essenziale perché l'infezione si manifesti è che i germi patogeni penetrati nell'organismo vi attecchiscano e si localizzino negli organi bersaglio; tutto ciò è condizionato dalla resistenza opposta dai mezzi difensivi dell'organismo parassitato e dall'esistenza dei mezzi nutritivi necessari per la vita e la moltiplicazione dei germi. La maggior parte dei germi si diffonde nell'organismo per continuità, per mezzo del torrente circolatorio o per le vie linfatiche. I germi patogeni possono localizzarsi nel punto di penetrazione (es. tetano), oppure invadere l'organismo intero come avviene nelle setticemie carbonchiose.
L'azione patogena svolta nell'organismo è da mettere in relazione alle attività biochimiche svolte dai germi ed alla produzione di sostanze tossiche dette « tossine ».
Queste vengono distinte in esotossine, se sono prodotte dall'attività vitale del germe, e in endotossine, se provengono invece dal disfacimento dei corpi batterici stessi. In talune infezioni prevale la produzione di esotossine (tetano), in altre quella delle endotossine (carbonchio, colera, peste), mentre in altre ancora si hanno entrambe

 

Condizioni che favoriscono o ostacolano l'insorgenza delle infezioni
Vi sono numerose condizioni che possono favorire nell'individuo l'insorgenza delle malattie infettive. Alcune sono legate all'organismo (cause organiche), altre all'ambiente in cui esso vive o lavora (cause sociali).
Alcuni individui possono accogliere e detenere nel loro organismo germi patogeni viventi senza presentare i sintomi della malattia; non basta infatti la penetrazione dei germi patogeni nell'organismo per aversi la malattia, ma occorrono anche particolari condizioni affinché essi possano svilupparsi, moltiplicarsi e determinare lo stato di malattia, occorre cioè lo stato di recettività e la disposizione ad ammalarsi. Ciò dipende dal risultato della lotta che si instaura tra i germi e l'ospite (uomo).
Tra le cause sociali ricordiamo: le attività lavorative (malattie professionali specifiche per il tipo di lavoro es.: asbestosi); l'alimentazione (diete ricchi di lipidi e glicidi favoriscono l'insorgenza di accidenti cardiovascolari); le condizioni geografiche e climatiche che favoriscono alcuni tipi di malattia (febbre gialla, malaria).
Vi sono poi malattie che seguono l'andamento delle stagioni: la malaria per esempio si sviluppa per lo più in primavera e in estate ed è legata al ciclo biologico delle zanzare.

I meccanismi di difesa dell'organismo
I meccanismi di difesa dell'organismo che ostacolano l'insorgenza delle infezioni sono numerosi.
Il nostro organismo tende ad allontanare meccanicamente i microrganismi (patogeni e non) con il continuo sfaldamento delle cellule cutanee e degli epiteli di rivestimento, con la secrezione muco- nasale e bronchiale e con l'aumentata peristalsi intestinale (diarrea).
Le lacrime, la saliva, le secrezioni vaginali e nasofaringee inoltre contengono il lisozima che attacca i batteri.
I più importanti e validi mezzi di difesa sono però i meccanismi immunitari.

Fenomeni immunitari
Per lungo tempo due teorie si contesero la spiegazione dell'immunità, la teoria cellulare e la teoria umorale.
Per la teoria cellulare sono i leucociti del sangue (fagociti), rappresentati per lo più dai polinucleati neutrofili (microfagi), ma talora anche dai monociti (macrofagi), che possono inglobare i germi per una attività enzimatica loro propria, determinandone la dissoluzione e la morte.
In contrapposizione alla teoria cellulare sorse la teoria umorale.
Questa teoria sosteneva che nel sangue di soggetti immuni esistevano componenti chiamati anticorpi, tutti a significato difensivo dell'organismo, e cioè le batteriolisine (sostanze capaci di distruggere e di dissolvere i batteri), le agglutinine (che riuniscono i batteri in ammassi e li fanno precipitare), le precipitine, le opsonine (sostanze contenute nel siero di sangue, capaci di rendere i germi suscettibili alla fagocitosi) *.
Oggi dunque dobbiamo ritenere che i due meccanismi difensivi, cellulare e umorale, coesistono e fin dove possono si integrano, predominando in talune infezione l'uno o l'altro meccanismo immunitario.
Per immunità si indica lo stato di aumentata resistenza specifica, che un organismo può presentare contro infezioni e malattie,
e si basa sullo sviluppo di anticorpi prodotti dall'organismo umano contro determinati agenti patogeni.
Questa aumentata capacità di resistenza fa si che un nuovo incontro dell'organismo con gli stessi agenti patogeni avvenga senza sifitomi evidenti di malattia.

Si distingue:

* Per fagocitosi si intende la capacità da parte dei leucociti di distruggere completamente gli eventuali microrganismi patogeni mediante azione di avvicinamento, inglobamento, digestione e distruzione.

L'immunità naturale attiva si determina in seguito a malattie superate, dal momento che l'organismo produce anticorpi specifici contro gli agenti patogeni; anche il ripetuto contatto con essi stimola l'organismo a produrre anticorpi senza che si determini malattia (questa immunità naturale se la procura soprattutto il personale di assistenza ai malati).
L'immunità naturale passiva si determina nel neonato (può essere immune contro particolari malattie per 3-6 mesi), avendo ottenuto gli anticorpi dalla madre attraverso la circolazione placentare o il latte materno.
L'immunità artificiale si distingue in attiva e passiva.
L'immunità attiva si determina in seguito a vaccinazione preventiva o vaccinoprofilassi, che si pratica somministrando specifici agenti patogeni (ceppi particolari) vivi, attenuati o uccisi, o la loro tossina detossificata chiamata « anatossina », che non è più patogena.
L'immunità passiva si determina in seguito a sieroprofilassi o sieroterapia, che si pratica somministrando siero prelevato da animali immunizzati attivamente, o siero immunizzato umano (immunoglobuline umane), prelevato da individui che hanno già sofferto di quella malattia.
 

PROFILASSI GENERALE DELLE MALATTIE INFETTIVE

Generalità
La profilassi, dal greco « premunisco », consta di quel complesso di mezzi e di norme che si mettono in opera alla scopo di premunire l'individuo e la comunità da una data malattia infettiva, evitando così la sua diffusione.

Essa si distingue in:
— profilassi diretta o immediata;
— profilassi indiretta o mediata.

La prima consiste nell'applicazione di norme e di mezzi necessari per combattere gli agenti causali delle malattie infettive o neutralizzarne l'azione.
La seconda consiste in una serie di provvedimenti indirizzati al risanamento dell'ambiente di vita, al miglioramento della razza e alla protezione dell'individuo.
La profilassi generale è quella che pone in opera i mezzi idonei per combattere tutte le malattie infettive.
Profilassi speciale è quella che pone in opera mezzi specifici per combattere alcune malattie in particolare.
A seconda degli organismi che la attuano e della sede dove viene applicata si distingue una profilassi internazionale, una profilassi nazionale ed una profilassi locale.
La profilassi internazionale, coordinata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) con sede a Ginevra, si attua essenzialmente per le malattie esotiche, e cioè per il colera, la febbre gialla, il tifo petecchiale (il vaiolo è scomparso), la febbre di Lasse, il morbo di Marbug e le febbri emorragiche, ed ha lo scopo di porre in essere le misure di prevenzione da applicare fra Stato e Stato per impedire la propagazione delle malattie citate, soggette a denuncia internazionale, poiché altamente diffusive e contagiose.
La profilassi nazionale, coordinata dallo Stato tramite il Ministero della Sanità e le Regioni, si attua per porre difese contro l'importazione e la diffusione delle malattie infettive sul territorio nazionale.
La profilassi locale, coordinata dalle USL e dai Comuni, infine, si attua per porre difese contro la insorgenza e la diffusione delle malattie infettive nell'ambito del Comune o del Distretto.
I punti fondamentali su cui si basa la profilassi diretta o immediata sono:
— denuncia della malattia infettiva;
— accertamento della diagnosi;
— isolamento degli ammalati;
— indagine epidemiologica;
— disinfezione e disinfestazione;
— profilassi specifica (profilassi immunitaria - chemioprofilassi).

Denuncia
Le leggi sanitarie vigenti obbligano il medico che, nell'esercizio della professione o per qualsiasi altro titolo, venga a conoscenza o anche semplicemente sospetti una malattia infettiva (specificata in apposito elenco) a farne denuncia al Sindaco e alle autorità regionali e centrali allo scopo di adottare gli opportuni provvedimenti. Alcune malattie devono essere denunciate in qualunque caso (morbillo, scarlattina, febbre tifoide, difterite, meningite epidemica), mentre per altre l'obbligo della denuncia è limitato a casi particolari espressamente previsti dalla Legge R.D. 27-7-34 n. 1265 con il D.M. del 5-7-75 e con il D.M. del 28-11-86 pubblicato sulla G.U. n. 288 del 12-12-86.
L'autorità sanitaria venuta a conoscenza dei casi anche sospetti delle suddette malattie, dopo aver confermato la diagnosi deve adottare opportune misure per impedire la diffusione.
La denuncia serve anche a fornire dati statistici importanti per programmare ed attuare gli interventi sanitari sul territorio.

Accertamento della diagnosi
Il medico della U.S.L. per l'accertamento della diagnosi sospetta può ricorrere al Laboratorio di Igiene e Profilassi di appartenenza.

Si distingue:

Esame batterioscopico

L'esame batterioscopico a fresco col semplice aiuto del microscopio ottico o mediante opportune colorazioni semplici o complesse permette il rilievo di alcuni caratteri morfologici del germe; in base ad essi i più comuni germi patogeni possono dividersi in 4 tipi fondamentali:
— cocchi, di forma sferica;
— batteri, oppure bacilli, a forma di bastoncini, a seconda che diano, luogo o non alle forme di resistenza chiamate « spore »;
— vibrioni, a forma di virgola;
— spirochete o spirilli, a forma di filamento avvolto a spirale.

Esame colturale
In molti casi l'esame batterioscopico diretto non è sufficiente, o perché i germi non presentano caratteristiche specifiche, cioè non sono sicuramente identificabili, o perché presenti nel materiale in esame in quantità troppo scarsa.
Si ricorre allora all'isolamento colturale di essi in terreni speciali che permettono ai germi un'attiva moltiplicazione, una loro identificazione ed un loro più accurato studio.

I terreni di coltura possono essere:
— liquidi (brodo di carne, acqua peptonata, latte);
— solidi (agar, gelatina, patata, siero di sangue solidificato al calore, terreni all'uovo coagulato).

Prova biologica
La dimostrazione ed identificazione del germe non sempre può farsi nei modi prima esposti, ed allora per formulare una diagnosi batteriologica si inietta il materiale sospetto in animali da esperimento, che siano sensibili al germe che si ricerca.
L'inoculazione indurrà allora nell'animale dopo un certo periodo di tempo una forma morbosa chiaramente diagnosticabile, sia per i fenomeni con cui decorre, sia per le lesioni anatomo-patologiche cui dà luogo.

Esame sierologico
La diagnosi si può confermare non soltanto direttamente, ossia dimostrando la presenza del germe nel materiale proveniente dall'organismo infetto, ma anche indirettamente, evidenziando nel siero di sangue la presenza di anticorpi specifici diretti contro il germe agente etiologico della malattia che si sospetta (reazione di Widal per la febbre tifoide, Wasserman per la lue).

Prova allergica
Per la prova allergica si sfruttano le reazioni organiche, che si verificano nel soggetto in esame al contatto (cutireazione o iniezione intradermo o sottocutanea) con una sostanza estratta dall'agente patogeno o suoi derivati.
In caso positivo, se il soggetto è già venuto a contatto con l'agente patogeno, si determina nella zona di inoculazione o di contatto una reazione precoce o tardiva che va dall'arrossamento, alla papula, alla vescicola; in caso negativo non si determina alcuna reazione.

Isolamento dei malati
L'isolamento dei malati ha lo scopo di impedire la trasmissione della malattia, separando gli ammalati dai sani per la difesa di questi ultimi.
A seconda della diffusione della malattia l'isolamento può essere più o meno rigoroso.
Nulla deve uscire dalla camera dell'ammalato se prima non è stato disinfettato. Il personale, che assiste il malato di forma infettiva, deve indossare un camice per riparare i suoi abiti dal contatto col materiale infetto. Prima di uscire dalla stanza si laverà accuratamente le mani immergendole in soluzioni disinfettanti.

Indagine epidemiologica
L'indagine epidemiologica è di capitale importanza nella prevenzione e cura delle malattie infettive, dal momento che con la scoperta e la eliminazione della sorgente della infezione (alcune volte resa difficile dalla complessità dei contatti) si debella il focolaio che può alimentare l'insorgenza di numerose altre infezioni, specie nelle comunità dove lo stretto contatto favorisce la diffusione di alcune malattie (es. meningite cerebro spinale).
 

DISINFEZIONE E DISINFESTAZIONE
Oltre all'isolamento dell'ammalato è necessario provvedere anche alla distruzione degli agenti patogeni, che, per varie vie, vengono eliminati e diffusi nell'ambiente esterno.
Allo scopo ci serviamo della disinfezione, che si prefigge di distruggere e in parte bloccare lo sviluppo in un tempo relativamente breve dei germi patogeni. I mezzi a disposizione sono i disinfettanti fisici e i disinfettanti chimici.

DISINFETTANTI FISICI E CHIMICI

Con la disinfezione, i germi patogeni vengono in parte distrutti e in parte bloccati nel loro sviluppo e si ottiene solo così una loro diminuzione di numero, ma non una distruzione completa di germi.
Ciò significa che un oggetto viene liberato dagli agenti patogeni fino al punto che non è più in grado di trasmetterli.
Con la sterilizzazione si distruggono e si eliminano tutti i microrganismi (germi patogeni e non) comprese le loro forme di resistenza (spore).
L'asepsi è la condizione raggiunta attraverso tutte quelle misure che vengono messe in atto per proteggere un oggetto, o parte del corpo umano, dall'apporto di germi.
L'antisepsi si prefigge invece di impedire o rallentare lo sviluppo di germi con l'impiego di sostanze chimiche o fisiche.

La disinfezione continua si attua nella stanza ed al letto del malato, dal momento che bisogna distruggere i germi espulsi continuamente dalla fonte di infezione (paziente).
Si deve perciò disinfettare tutto ciò che è venuto a contatto con il malato e l'ambiente in cui egli vive e adottare, da parte di chi lo assiste, delle norme igieniche che brevemente si riportano:

Mani
La disinfezione delle mani, richiesta al personale a contatto con il malato, deve avvenire:
— all'inizio del lavoro;
— dopo ogni contatto con il materiale infetto o col paziente;
— alla fine del lavoro, con saponi medicati e disinfettati (riportati nella tabella).

Abiti professionali
Per l'assistenza ai pazienti infetti (pazienti con malattie infettive o ferite settiche) sopra la divisa o il normale vestito si deve indossare un camice protettivo facendo attenzione che questo chiuda perfettamente.

Disinfezione dei pavimenti, pareti, mobili
Per la disinfezione dei pavimenti, delle pareti, dei mobili e della biancheria l'uso e l'impiego dei vari disinfettanti sono stati riportati nella tavola riassuntiva.
La disinfezione chimica dell'aria viene realizzata mediante la vaporizzazione di glicole trietilico (a 125° C). La disinfezione fisica dell'aria viene invece realizzata mediante l'impiego di raggi UV emessi da speciali lampade al mercurio a bassa pressione. Vengono uccisi solo quei germi che si trovano nel cerchio di azione dei raggi della lampada UV (1 metro circa).
La disinfezione finale dell'ambiente viene eseguita generalmente mediante aldeide formica vaporizzata o nebulizzata.
I vapori di aldeide formica si liberano col riscaldamento della formalina e sono efficaci solo in condizioni di umidità dell'aria.
Per ogni metro cubo di ambiente vengono vaporizzati 5 grammi di formaldeide a mezzo di un apparecchio che lavora automaticamente. Dopo un tempo di azione di 6 ore i vapori di formalina vengono neutralizzati con ammoniaca (tempo di azione 1 ora).
La nebulizzazione a freddo (per es. per mezzo della centrifuga) assolve lo stesso compito della vaporizzazione.

Perché la disinfezione sia efficace è necessario:
— aprire armadi e cassetti e disporre i mobili in modo che il vapore
o la nebbia del disinfettante possa penetrare dappertutto;
— chiudere accuratamente porte e finestre.

E' necessario però far precedere una disinfezione del pavimento.

Sterilizzazione
Nella scelta del metodo è determinante il tipo di materiale da sterilizzare (raggiungere l'assenza assoluta di germi), avendo riguardo che il materiale non si sciupi.

Sterilizzazione col vapore acqueo saturo sotto pressione
Nella sterilizzazione a vapore si impiega vapore acqueo saturo sotto pressione in apparecchi chiamati autoclavi o sterilizzatori a vapore. Si usa per lo più per biancheria, effetti letterecci.

Sterilizzazione con aria calda
Nella sterilizzazione con aria calda si impiega l'aria secca riscaldata in apparecchi o cassette di metallo (sterilizzatrici ad aria calda). L'aria per mezzo di appositi dispositivi viene tenuta in movimento e si ottiene così la sterilizzazione in 30 minuti.

Disinfestazione
Per disinfestazione si intende l'uso dei mezzi atti a distruggere i macroparassiti patogeni ed i vettori di malattie infettive.

I sistemi per realizzare la disinfestazione sono principalmente i seguenti:

1.  i fumiganti propriamente detti a base di vapori o gas tossici adatti per la disinfestazione integrale, per cui vengono adoperati l'anidride solforosa, l'acido cianidrico e la cloropicrina;
2.  l'ossido di carbonio indicato per la distruzione dei ratti;
3.  il calore secco, indicato per la distruzione degli insetti e delle loro uova;
4.  le sostanze insetticide in genere (otoclor, estratto di piretro).

Anidride Solforosa
E' un fumigante prodotto dalla combustione dei fiori di zolfo su carbone (da usare grammi 20-30 di zolfo per ogni mc. di ambiente da trattare in apparecchi Clayton). Si usa per la distruzione delle zanzare e per la derattizzazione, ma presenta diversi inconvenienti: attacca i metalli, gli specchi, decolora i tessuti ed altera alcune derrate alimentari.
E' molto usata per la fumigazione delle navi da carico vuote.

Acido cianidrico
L'acido cianidrico si usa allo stato di vapore, facendo agire una soluzione acquosa di acido solforico al 20% con cianuro di sodio. Più efficace dell'anidride solforosa, non altera i metalli né i colori, ma presenta l'inconveniente di possedere una elevatissima tossicità per l'uomo.
Essendo solubilissimo in acqua può alterare le derrate alimentari liquide e ad elevato contenuto d'acqua rendendole tossiche. L'acido cianidrico viene assorbito in notevoli quantità da tutti
i corpi porosi, come tessuti, materassi, cuscini ecc. e da essi viene successivamente ceduto allorquando, cessato il trattamento, si produce areazione.
L'ambiente trattato deve essere sigillato per evitare dispersione di gas e poi abbondantemente areato per almeno 12 ore. Le fumigazioni cianidriche possono essere eseguite solo da personale specializzato, abile e competente.

Cloropicrina
La cloropicrina esercita azione irritante e lacrimogena. Usata nella quantità di grammi 10 per mc., nebulizzata e lasciata agire per 24/48 ore, uccide tutti gli insetti e le loro uova.

Ossido di carbonio
E' prodotto insieme ad anidride carbonica attraverso l'uso di speciali apparecchi.
E' attivo contro i ratti quando raggiunge una concentrazione del 5% per la durata di un'ora.

Derattizzazione
Per derattizzazione si intende la distruzione di ratti e topi. Essa riveste enorme importanza sociale sia per gli immensi danni economici che tali animali producono ai depositi alimentari, sia perché sono vettori di numerose malattie, tra cui la peste, il tifo murino, la leptospirosi.

Si pratica con l'impiego dei metodi descritti, scelti a seconda della circostanza:
1.  fumigazione con acido cianidrico, solforazione, ossido di carbonio;
2. rat-proofing (a prova di ratto), che consiste in un sistema di costruzione speciale o di modifica dei dettagli costruttivi delle navi, delle dispense e delle abitazioni in modo da rendere difficile la vita ai ratti.

Gli accorgimenti da adottare sono:

a) abolire qualsiasi angolo morto che possa costituire rifugio ai ratti;

b) chiudere ermeticamente tutte le aperture verticali e orizzontali in modo da evitare la fuga di eventuali ratti esistenti all'interno;

c) chiudere tutti i fori o tragitti non necessari e provvedere ad applicare delle griglie metalliche « a prova di ratto », per quelli che necessariamente devono essere lasciati aperti;

d) proteggere ermeticamente o distruggere completamente spazzature e rifiuti;

f) applicare pararatti su catene e funi di ancoraggio delle navi, allo scopo di evitare il cammino dei topi;

3. Procedimenti ausiliari.
Questi consistono in:
avvelenare esche con fosforo, paste arsenicali e simili;
usare farine miste a gesso che, dopo l'ingestione, si consolidano nell'intestino provocando estese e gravi occlusioni intestinali;
usare trappole a rete metallica; servirsi di gatti tradizionali;
usare la cumarina, sostanza anticoagulante, che viene sparsa lungo il percorso dei topi e viene da loro ingerita con l'operazione rituale di leccamento della zampa;
usare ultrasuoni, che rendono al topo la vita impossibile e lo costringono ad allontanarsi.

Profilassi specifica
Profilassi immunitaria — chemioprofilassi.

VACCINOPROFILASSI
La prevenzione dell'insorgenza delle malattie infettive si ottiene aumentando la resistenza specifica dell'individuo mediante la profilassi immunitaria attiva, o vaccinazione, e la profilassi passiva o sieroprofilassi.
La vaccinazione si propone di diminuire la ricettività individuale verso specifiche malattie infettive.
Si realizza con l'inoculazione in individui sani di vaccini, cioè di agenti causali delle infezioni, modificati però in modo tale che, pur essendo non più capaci di determinare la malattia, stimolano attivamente le reazioni difensive dell'organismo che diviene pertanto più resistente o immune.

Jenner, nel 1789, partendo dal presupposto che il vaiolo vaccino proteggeva l'uomo dal vaiolo umano, pensò di utilizzare questo particolare tipo di virus di provenienza animale a scopo immunizzante e lo inoculò al proprio figlio; il ragazzo mostrò poche pustole a lento decorso e non contrasse in seguito l'infezione, sebbene fosse, a varie riprese, inoculato con materiali virulenti provenienti da casi di vaiolo umano tipico.
L'efficacia del metodo era stata così comprovata.

Pasteur inoculò per caso delle galline con colture di colera per polli, vecchie di alcune settimane, dimenticate in laboratorio, e con sorpresa potè osservare che gli animali non manifestarono alcun disturbo.
A distanza di qualche settimana, iniettò quelle stesse galline con colture fresce e virulenti del germe in dosi mortali, e constatò che gli animali resistevano all'infezione.
Furono così scoperti i primi vaccini.

La vaccinazione antivaiolosa e la vaccinazione antibatterica (contro il colera) di Pasteur hanno difatti identico fondamento e non diversificano che per la modalità di attenuazione dei germi, che in entrambi i casi erano vivi; in seguito, con l'approfondimento degli studi, si preferì adoperare anche virus o germi uccisi.
Il termine di vaccinazione è rimasto a designare tutti i procedimenti di protezione artificiale dell'organismo, consistenti nella somministrazione di particolari sostanze, con lo scopo di stimolare reazioni che portano allo stato di immunità.
Con la vaccinazione si iniziò una nuova era della profilassi immunitaria e da allora si susseguono i tentativi e le applicazioni dei metodi di lotta contro le più varie forme di malattie infettive. Con l'identificazione degli agenti etiologici di molte malattie infettive e parassitarie si sono realizzati vaccini sempre più efficaci.

Metodi di preparazione dei vaccini
I metodi di preparazione dei vaccini sono oggi numerosi e possono essere distinti in:

1. Vaccini preparati con virus o germi vivi attenuati; quelli usati attualmente sono: vaccino antipolio, antirabbico, antitubercolare, antirosolia, antimorbillo, antifebbre gialla, antitifico - paratifico.

2. Vaccini preparati con germi uccisi.

Questi vaccini sono oggi tra i più usati e si titolano con il numero di germi per cc. di sospensione vaccinante (es.: vaccino anticolerico, antinfluenzale, antipertossico).

3. Vaccini preparati con estratti o parti di germi. Es.: vaccino antimeningococcico, antipneumococcico.

Vie di somministrazione dei vaccini
La via abituale di introduzione è la sottocutanea; essa garantisce che tutto il vaccino venga assorbito ed utilizzato. A questo fine ha anche importanza la sostanza veicolante il vaccino, per cui si distinguono gli idrovaccini ed i lipovaccini.
Altra via di introduzione è la cutanea: per scarificazione cutanea, come avveniva nella vaccinazione antivaiolosa, o per iniezione intradermica, come nella vaccinazione antitubercolare con BCG (Bacillo Calmette Guerin).
La via orale è stata utilizzata soprattutto per le vaccinazioni contro infezioni a trasmissione oro-fecale (tifo, poliomielite).
La via intramuscolare è usata specie per i vaccini associati (vaccino antitifico, antitetanico).

Reazioni di vaccinazione
Le vaccinazioni possono dare reazioni locali e generali.
Le reazioni locali sono l'edema, l'arrossamento e le vescicole nel punto di inoculazione.
Le reazioni generali sono rappresentate da febbre e da altre manifestazioni transitorie (cefalea, dolore), che guariscono in pochi giorni e raramente danno complicazioni permanenti (encefaliti post-vaccinali).
Alla vaccinazione non segue immediatamente la immunità, ma questa si stabilisce solo dopo alcune settimane.
Il periodo di immunità che consegue alla vaccinazione è sempre più breve di quello conferito dal superamento della malattia.
Talora, per rinsaldare l'effetto di una prima vaccinazione, si pratica a distanza di tempo (6 mesi, 1 anno) un'iniezione di richiamo (tetano).

SIEROPROFILASSI
La vaccinazione è un'immunizzazione attiva in quanto stimola l'organismo a produrre attivamente gli anticorpi difensivi; si può anche determinare un'immunizzazione passiva, iniettando nell'organismo, che si vuole proteggere, gli anticorpi contenuti nel siero di sangue di un animale immunizzato precedentemente contro quella determinata malattia.
E' questa la sieroprofilassi, che si pratica ad esempio per il tetano; essa immunizza rapidamente, ma ha una durata protettiva molto più breve della vaccinazione; presenta inoltre l'inconveniente di « sensibilizzare » l'individuo al siero, per cui iniettando senza particolari precauzioni, anche a distanza di molti anni, allo stesso soggetto, siero della medesima specie animale, si possono provocare fenomeni « anafilattici » gravi ed anche mortali. Si tratta di una ipersensibilità immediata, che si manifesta in forma lieve (edema localizzato e generalizzato) o in forma di grave shock da siero anche mortale, se non si interviene tempestivamente anche con calcio, antistaminici, cortisone ed adrenalina.
I sieri più comuni (antitetanico, antidifterico) si preparano per lo più da siero di sangue prelevato da cavalli, pecore, bovini, previamente infettati.
La loro attività si misura in Unità Immunizzante (U.I.).
La sieroterapia provoca una immunità passiva immediata, ma di durata breve, e può causare gli inconvenienti (reazione di ipersensibilità) prima descritti.
Si può ovviare a ciò iniettando il siero a piccole dosi e ad intervallo di tempo.
Si preferisce anche usare siero di origine umana, proveniente da convalescenti di malattie infettive, dal quale si estraggono le gammaglobuline, che possono essere di tipo:
standard: utilizzate nel trattamento di deficit immunitari, umorali, congeniti ed acquisiti (prevenzione del morbillo e dell'epatite A);
specifiche o iperimmuni: utilizzate nel trattamento di specifiche malattie (epatite B, rabbia, tetano).

CHEMIO-ANTIBIOTICO PROFILASSI
La scoperta dei sulfamidici e degli antibiotici ha avuto una notevole importanza nella lotta contro le malattie infettive. Queste sostanze vengono attualmente usate anche nella profilassi di certe malattie protozoarie e di molte malattie batteriche.
La chemio-antibiotico-profilassi consiste nella somministrazione di farmaci a soggetti esposti al rischio di contrarre malattie: esempio sono i sulfamidici nel corso di epidemia di meningite cerebrospinale, la penicillina per i contatti nei casi di scarlattina, gli antimalarici di sintesi per chi si reca in zona malarica, l'isoniazide nei soggetti predisposti alla malattia tubercolare.
 

NOZIONI DI EPIDEMIOLOGIA E PROFILASSI GENERALE E SPECIALE

Amebiasi
Malattia dell'intestino crasso dovuta all'invasione di amebe patogene. Accanto alle forme asintomatiche ed alle forme croniche debilitanti, caratterizzate da alternanza di diarrea e stitichezza, le forme acute presentano diarrea con muco e sangue (10 - 30 scariche al giorno) accompagnata da dolori addominali, tenesmo rettale (stimolo alla evacuazione anale senza emissione di materiale fecale).
Il periodo di incubazione va da 4 giorni a 3 - 4 mesi. Complicazioni gravi si osservano alcune volte al fegato per passaggio di amebe e formazione di « ascesso epatico » amebico.
La diagnosi viene effettuata con l'esame microscopico delle feci per individuare le forme vegetative di amebe (sulle feci diarroiche) o le cisti (feci formate). E' necessario saper riconoscere le amebe patogene dalle altre amebe non patogene, facili a riscontrarsi nel nostro Paese.
Sorgenti d'infezione sono le persone affette da amebiasi, sia con malattia in atto che convalescenti o portatrici apparentemente sane del parassita.
L'agente infettante è un'ameba (entameba histolytica), un organismo microscopico appartenente al gruppo dei protozoi, che vive generalmente nella mucosa dell'intestino crasso, ove si riproduce in gran numero sotto forma vegetativa. Nell'ambiente esterno per sopravvivere il parassita assume la forma di cisti, che nel suolo o nell'acqua rappresenta quindi la forma infettante per altre persone.
Nelle manifestazioni epidemiche la propagazione avviene per contaminazione di acqua o di cibi con feci infette.
La propagazione endemica avviene attraverso l'acqua, con la trasmissione mano-bocca di materiale fecale ed attraverso vegetali contaminati.
Il maggior pericolo d'infezione è rappresentato da comunità con scarsa igiene, sprovviste di latrine. La suscettibilità a contrarre malattie è universale. Misure preventive sono: smaltimento igienico delle feci umane, protezione delle risorse idriche e sorveglianza sanitaria del personale addetto alla manipolazione e preparazione di alimenti e bevande. Misure di protezione: lavaggio accurato delle mani prima di mangiare o di toccare i cibi, osservazione di norme quali: non bere acqua sospetta ma bollirla, filtrarla o disinfettarla, lavare con cura le verdure crude, proteggere i cibi dalle mosche.
La protezione collettiva si basa sulla educazione sanitaria, sulla costruzione e manutenzione igienica delle latrine, sul controllo igienico dell'acqua, sulla lotta contro le mosche, sul divieto di utilizzare concime umano come fertilizzante dell'orto ed infine sulla cura appropriata di tutti i casi accertati di amebiasi.

Tetano
Malattia acuta causata dalla tossina del bacillo tetanico, caratterizzata da contrazioni muscolari dolorose, inizialmente dei muscoli delle guance (masseteri) e del collo, secondariamente del tronco; alcune volte si può avere febbre molto elevata, crisi convulsive, stato di agitazione, ipereccitabilità.
La letalità, a seconda dell'età e della terapia, varia dal 35 al 70%.
E' diffuso nel mondo e colpisce tutte le età, sempre in forme sporadiche, mai epidemiche.
L'agente infettante è il bacillo del tetano, che si trova come normale ospite innocuo nell'intestino degli animali, specialmente dei cavalli.
La propagazione avviene nel seguente modo: le spore tetaniche penetrano nell'uomo attraverso una ferita da punta contami-nata da terriccio, feci di animali, ma anche attraverso ustioni e ferite di poco conto, specie se prodotte da ferri arrugginiti. La presenza di tessuti necrotici favorisce la moltiplicazione del germe patogeno.
Nella maggior parte dei casi l'infezione viene contratta attraverso piccole ferite ritenute insignificanti e non bisognevoli di assistenza medica.
Il periodo di incubazione varia generalmente da 4 giorni a 3 settimane a seconda del carattere, dell'estensione e della localizzazione della ferita. La ricettività è generale.
La vaccinazione antitetanica è obbligatoria per determinate categorie di lavoratori (legge 5-3-1963 n. 292 e legge 20-3-1968 n. 419).
In caso di ferita grave contaminata è opportuno pulire a fondo la ferita con acqua ossigenata e Desogen. Nei feriti non vaccinati o incompletamente vaccinati, che abbiano lesioni che possono far sospettare una contaminazione con spore tetaniche, è bene somministrare 250 unità di immuno-globuline umane antitetaniche e solo in mancanza di queste somministrare 3.000 5.000 U.I. di siero antitetanico *.
Lo schema di vaccinazione antitetanica consiste in due iniezioni distanziate l'una dall'altra di 4 settimane; si somministrano 2m1 di anatossina adsorbita. Un'altra dose viene somministrata a distanza di 6-12 mesi.
Per la immunoprofilassi passiva del tetano, allo scopo di evitare ogni pericolo di manifestazioni allergiche e di assicurare una protezione più prolungata, si consiglia la somministrazione per via intramuscolare di immunoglobuline specifiche alla dose di 5 U.I./kg di peso corporeo. Questa terapia deve essere eseguita in caso di ferite estese e contaminate, in caso di ustioni e così via.

* Fare attenzione alle reazioni anafilattiche da siero per le quali bisogna adottare una pronta terapia medica (antistaminici, cortisone e nei casi gravi adrenalina).

Malaria
Le manifestazioni cliniche della malaria, il cui periodo di incubazione varia da 10 gg a 6 settimane (raramente qualche mese), sono caratterizzate da: febbre elevata con lungo brivido, seguita da profonda sudorazione; la febbre, che può manifestarsi in modo capriccioso, è spesso intermittente (a tipo terzana, talvolta quartana), accompagnata da debolezza e pallore e, con il progredire della malattia, ingrossamento della milza e del fegato.
Il pericolo di vita sussiste nei casi di malaria perniciosa specialmente nelle prime infezioni e nei bambini; nelle donne gravide vi è pericolo di aborto. La diagnosi di sospetto viene confermata dall'esame microscopico del sangue prelevato dal dito; lo striscio viene colorato adeguatamente e si ricercano i plasmodi (parassiti malarici).
Il maggior pericolo di infezione nelle zone endemiche sussiste in prossimità di paludi e di acque stagnanti o poco correnti, durante le ore notturne, in tutte le stagioni, ma più frequentemente nelle stagioni di pioggia.
Esiste anche una malaria urbana che si può contrarre nelle periferie di centri abitati.
La sorgente di infezione è rappresentata dalle persone affette da malaria (anche senza febbre) e gli agenti infettivi sono i plasmodi della malaria, protozoi parassiti che vivono nei globuli rossi del sangue. Conosciamo 4 specie che colpiscono l'uomo; P. vivax, P. malariae, P. falciparum e P. ovale.
La trasmissione avviene mediante la puntura di zanzare femmine (anopheles) che si infettano pungendo persone malate.
Il parassita si riproduce nello stomaco della zanzara, invade il corpo dell'insetto e si fissa nelle ghiandole salivari, cosicché nell'atto di pungere l'uomo le zanzare infette iniettano con la saliva anche i plasmodi e trasmettono la malaria.
Le zanzare si riproducono in acque stagnanti, depongono le uova e queste in breve tempo si trasformano in larve, poi in ninfe e quindi in soggetti adulti che dall'acqua si leveranno in volo.
Le misure di protezione contro la malaria sono rappresentate dalla protezione individuale, la notte con zanzariere, alla sera con repellenti sulla pelle.
La migliore e più efficace profilassi è quella ottenuta con farmaci quali clorochina o pirimetamina, qualora ci si rechi in Sud America o nel Sud Est Asiatico.

Le dosi sono:
Clorochina - Adulti 300 mg. alla settimana
Bambini 150 mg.
Lattanti 75 mg.
Pirimetamina Adulti 25 mg.
Bambini sconsigliata.

Per la profilassi antimalarica, nei casi in cui non è efficace per la comparsa di ceppi di P. Falciparum resistenti ai comuni chemioterapici, è necessario usare nuovi farmaci, tipo Proguanil, alla dose giornaliera di 100 mg per adulto, o pirimetamina alla dose di 25 mg a settimana per adulto. Anche l'associazione di farmaci, pirimetaminasulfamidico ritardo, sono stati con successo usati.

Dissenteria bacillare
E' una malattia caratterizzata da retto-colite a decorso acuto, accompagnata da dissenteria sierosanguinolenta e causata da shighelle.
Si manifesta con focolai epidemici in comunità con cattive condizioni igieniche. Il contagio è interumano e la diffusione avviene con le feci (mani sporche), indirettamente per mezzo di oggetti o cibi contaminati; anche le mosche possono contribuire a propagare la malattia.
Il periodo di incubazione è breve: da 8 a 10 ore; a volte da 2 a 7 giorni.
La malattia è caratterizzata da febbre elevata, malessere generale, vomito, cefalea e comparsa di dolori addominali con sensazione di torsione e spasmi, specie lungo il colon, che si concludono con l'emissione di scariche mucosanguinolente, si possono avere anche da 30 a 40 scariche al giorno.
Nei casi lievi la febbre dura 48 ore e le scariche si limitano a 10-12 al giorno.
Nei casi gravi si possono avere anche 100 scariche giornaliere, con una intensa disidratazione e perdita notevole di ioni potassio.
La profilassi è basata sulla ricerca e bonifica dei portatori e su regole generali di igiene.

Epatite infettiva o da virus A
Caratterizzata da inizio brusco con febbre, nausea e disturbi addominali, seguiti da ittero. Si distinguono forme lievi, della durata di una o due settimane, e forme gravi, altamente debilitanti, con durata di parecchi mesi e con convalescenza prolungata.
La gravità aumenta con l'età, ma la guarigione avviene senza sequele o ricadute. Molti casi, specialmente nei bambini, decorrono senza ittero e divengono riconoscibili soltanto per la positività degli esami di laboratorio.
E' una malattia diffusa in tutto il mondo e nelle epidemie mostra delle tendenze a ricorrenze cicliche.
L'agente è un virus filtrabile, comunemente chiamato «virus A ». Il serbatoio è rappresentato dell'uomo e la propagazione avviene per contatto da persona a persona, per via oro-fecale. Nelle manifestazioni epidemiche si è ritenuto che i veicoli più comuni possono essere l'acqua, il latte, le carni affettate, le insalate, i frutti di mare e comunque alimenti infettati da feci o da urine.
Il periodo di incubazione varia da 10 a 50 giorni, in genere circa 30-35 giorni. La profilassi si basa sulla disinfezione delle feci, delle urine dei malati, nonché della biancheria e degli effetti d'uso.
La somministrazione delle gamma globuline per la protezione dei conviventi ha dato buoni risultati.

Epatite da virus B
Malattia caratterizzata da inizio insidioso, provoca disturbi addominali vaghi, nausea, vomito, disturbi che spesso progrediscono fino alla comparsa dell'ittero. La febbre può essere assente. La gravità varia da casi inapparenti, diagnosticabili soltanto con esami biochimici di funzionalità epatica, a casi fulminanti di necrosi epatica acuta.
E' una malattia diffusa in tutto il mondo, endemica, con lievi variazioni stagionali, più comune negli adulti che nei bambini. L'agente infettante è un virus filtrabile, chiamato « virus B ». L'uomo è l'unico serbatoio conosciuto. La propagazione avviene per inoculazíone (intravenosa, intramuscolare, sottocutanea) di sangue umano o di altri emoprodotti provenienti da persone infette. Il periodo di incubazione varia da 50 a 180 giorni, generalmente 80-100 giorni. In molti casi lo stato di portatore cronico persiste per anni.
Alcune persone possono essere portatori senza aver sofferto un evidente attacco clinico. La ricettività è generale. E' stato approntato un vaccino, che, somministrato tempestivamente, preserva l'individuo dall'infezione.

Infezioni alimentari
Sono delle sindromi morbose causate da microbi che trovano negli alimenti, e specie in alcuni, condizioni favorevoli alla loro moltiplicazione ed alla elaborazione di tossine (endotossine enterotossiche termoresistenti per 30' a 100°C). Queste sindromi sono caratterizzate da una sintomatologia gastroenterica acuta (nausea, vomito, diarrea), la cui insorgenza, decorso ed esito sono in rapporto alla natura degli agenti eziologici.
Vengono da alcuni autori chiamate anche tossinfezioni, dal momento che gli alimenti contaminati possono contenere nello stesso tempo tossina preformata e batteri. La prevalenza di tossine accorcia il periodo di incubazione a qualche ora e sostiene una sintomatologia gastroenterica con vomito e diarrea profusa. Se vi è prevalenza di batteri il periodo di incubazione è di qualche giorno e vi sarà la predominanza di un quadro infettivo.
La salmonellosi acuta è spesso classificata come intossicazione alimentare, ma essa è più un'infezione intestinale che un'intossicazione.
Varie altre malattie infettive possono essere trasmesse dai cibi come la febbre tifoide, le febbri paratifoidi, le faringiti streptococciche, la difterite, la brucellosi, l'epatite infettiva, e sono in genere classificate come forme di infezioni alimentari.

Salmonellosi
Malattie acute generalizzate a localizzazione intestinale sono causate da germi del genere Salmonelle e si distinguono comunemente come:
— Tifo o Febbre tifoide
— Paratifo o altre infezioni da Salmonelle (Salmonellosi) Febbre tifoide

Malattia acuta generalizzata, a localizzazione intestinale, è caratterizzata da febbre continua, malessere, polso lento, tumefazione della milza, macule rosse sul tronco e costipazione; provoca particolari ulcerazioni delle placche di Peyer (tessuto linfatico situato nell'intestino), che causano enterorragie spesso mortali.
E' diffusa in tutto il mondo ma con maggiore incidenza nel periodo primavera-estate; si hanno manifestazioni epidemiche dovute a ingestione di acqua o alimenti contaminati.
Il serbatole è l'uomo, malato o portatore, e l'agente infettante è la salmonella tiphy.
La propagazione avviene per contatto diretto o indiretto con feci e urine di malato o di portatore.
I più importanti veicoli di diffusione sono le acque e gli alimenti contaminati, quale latte, latticini, pasticceria, frutta, vegetali crudi, frutti di mare; la contaminazione in genere può verificarsi anche attraverso le mani di un portatore non conosciuto.
Casi sporadici di epidemia sono anche provocati da cibi in scatola importati ed inquinati all'origine.
Il periodo di incubazione è variabile: in media 2 settimane, con variazioni da i a 3 settimane.
La contagiosità dura fino a che i bacilli tifici sono presenti negli escreti, in genere dalla prima settimana a tutto il periodo della convalescenza e poi per un tempo variabile.
Circa il 10% dei pazienti elimina i bacilli ancora dopo tre mesi dall'inizio della malattia e di questi dal 2 a 5% diventano portatori cronici.
La ricettività è generale, anche se molti adulti, a seguito di infezioni contratte e non diagnosticate, acquistano una immunità ed in genere un'elevata resistenza.
La prevenzione si attua mediante il controllo continuo sulle acque potabili, il corretto smaltimento dei liquami, il controllo delle derrate alimentari (latte, latticini, gelati, pasticceria, frutti di mare).
Tale controllo deve essere anche esteso agli esercizi pubblici, dove si confezionano e vendono alimenti, mediante la individuazione e la sorveglianza dei portatori sani, dei convalescenti e dei portatori cronici di salmonella.
La vaccinazione antitifica per via parenterale è obbligatoria per alcune categorie, quali ad esempio il personale di cucina e di assistenza di cucina, di lavanderia e di pulizia degli ospedali.

Paratifo e altre infezioni da Salmonella
La manifestazione clinica più comune delle infezioni da salmonella è la gastroenterite acuta, una malattia infettiva caratterizzata da un inizio brusco, dolori addominali, diarrea, nausea, vomito, che provoca una spiccata e pericolosa disidratazione.
La febbre è quasi sempre presente assieme alla diarrea, che spesso dura diversi giorni. Malattia comune in tutto il mondo, è spesso classificata fra le tossinfezioni alimentari a causa della predominante e prevalente sorgente d'infezione; non sono rari gli episodi epidemici specie nelle comunità.
Gli agenti infettanti sono numerosi tipi di salmonelle patogene, sia per gli animali che per l'uomo.
I serbatoi sono gli animali domestici, le persone ammalate ed i portatori convalescenti e cronici.
La propagazione avviene per ingestione di alimenti contaminati da feci di uomo o di animale infetto (uova e prodotti di origini animale contaminati, specie pasticci di carne, salsicce, latte non pastorizzato e prodotti di latteria).
L'infezione è disseminata anche dai mangimi per animali e dai fertilizzanti contaminati.
Il periodo di incubazione dura 6 - 24 - 48 ore. Il periodo di contagiosità dura per tutta la durata dell'infezione e generalmente da 3 giorni a 3 settimane. La ricettività è generale e viene aumentata dalle condizioni dell'ospite. La profilassi è basata oltre che sulla cottura di tutti gli alimenti di origine animale, anche su tutte le norme di profilassi già esposte per la febbre tifoide.

Meningite meningococcica (o cerebrospinale epidemica)
E' una malattia batterica acuta, caratterizzata da insorgenza brusca con intensa cefalea, febbre, nausea e spesso vomito, rigidità nucale. Possono comparire macule rosacee e, molto raramente, vescicole.
La diffusione è endemica e la distribuzione geografica illimitata; l'agente infettante è il meningococco.
Il serbatoio è l'uomo e la propagazione avviene per contatto diretto, con la trasmissione per mezzo di goccioline, con le secrezioni del naso e della gola, di soggetti infetti e molto spesso non di malati ma di portatori sani.
Il periodo di incubazione varia da 2 a 10 giorni, in genere 3-4 giorni.
Il periodo di contagiosità dura fino a che i meningococchi non sono più presenti nelle secrezioni del naso e della gola; presenza che si può accertare mediante prelievo con tampone sterile, allestimento di coltura ed identificazione del germe.
I meningococchi in genere scompaiono dal naso e dalla faringe entro 24 ore dall'inizio di una approfondita terapia specifica (chemioprofilassi e terapia con sulfamidici).
I metodi di profilassi consistono: nella educazione sanitaria, che concerne l'igiene personale e la necessità di evitare contatti diretti con i portatori; nell'evitare l'affollamento nelle abitazioni, nei campeggi, nelle navi e nelle scuole.
La denuncia è obbligatoria dopo accertamento diagnostico, isolamento del malato fino a guarigione (assenza di meningococchi dal secreto naso-faringeo) e disinfezione continua del materiale che viene a contatto con il malato.

Malattia reumatica
La malattia reumatica comprende affezioni acute (poliartrite migrante, pericardite, endocardite) ed affezioni croniche (molto più numerose) a carattere infiammatorio o degenerativo, a localizzazione articolare ed extra articolare, caratterizzate da una evoluzione prolungata che spesso esita in invalidità.
E' una affezione causata da uno streptococco P-emolitico del gruppo A.
Tra le localizzazioni extrarticolari grande importanza, per i riflessi sociali che riveste, hanno le carditi e la nefropatia reumatica.
I rilievi statistici evidenziano che le reumopatie occupano il secondo posto nella morbosità dopo le malattie dell'apparato respiratorio e precedono quelle dell'apparato digerente; rappresentano anche la seconda causa di invalidità dopo le malattie del sistema circolatorio, precedendo nettamente quelle dell'apparato respiratorio e le turbe mentali.
Si tratta quindi di malattia ad elevata frequenza e ad alto rischio invalidante, che comporta un gravoso onere sociale.
Gli studi sull'epidemiologia della malattia reumatica hanno costituito negli ultimi decenni motivo di interesse in numerosi Paesi e sono stati rivolti principalmente a:

a) stabilire la frequenza e l'incidenza delle varie forme morbose della malattia;
b) migliorare ed approfondire i criteri per porre una esatta diagnosi;
c) studiare la storia naturale delle varie affezioni morbose della malattia;
d) cercare elementi utili a chiarire l'eziopatogenesi.

Anche in Italia l'incidenza della malattia reumatica è in aumento e tale da destare serie preoccupazioni.
Le giornate lavorative perse a causa di questa malattia (1975) rappresentano il 16 - 18% rispetto a tutte le altre malattie, e l'assenza dal lavoro raggiunge il 10%, mentre la invalidità si aggira intorno al 20%. Recenti statistiche confermano sostanzialmente i dati sopra riportati.

Influenza
E' una malattia infettiva acuta delle vie respiratorie, caratterizzata da brusca elevazione febbrile, brividi, cefalea, mialgia ed a volte prostrazione.
Il mal di gola è frequente specialmente negli stati avanzati della malattia e la tosse è quasi sempre presente, alcune volte accentuata e protratta.
L'importanza dell'influenza è data dalla rapidità con cui le manifestazioni epidemiche evolvono e dalla gravità delle complicazioni, specialmente le polmoniti batteriche. In genere la malattia guarisce in 2-7 giorni.
Gli esiti letali sporadici si verificano principalmente fra gli anziani e le persone debilitate da malattie croniche, cardiache, polmonari e renali.
La malattia, il cui agente infettante è rappresentato da tre tipi di virus influenzali: A, B, C, può presentarsi in forma pandemica (raramente), epidemica ed in forme localizzate o circoscritte.
Il serbatoio è l'uomo ma si sospettano anche i mammiferi.
La propagazione avviene per contatto diretto, con goccioline infette, con articoli da poco contaminati, con secrezioni del naso e della gola di soggetti infetti.
Il periodo di incubazione è breve, in genere tra le 24 e le 72 ore, la contagiosità è limitata a tre giorni dall'inizio della malattia, la ricettività è universale.
L'influenza genera immunità per lo specifico virus infettante.
La vaccinazione è discretamente efficace quando il vaccino contiene •antigeni strettamente vicini ai ceppi prevalenti del virus.

Parotite epidemica
Malattia infettiva contagiosa, di origine virale, è caratterizzata da febbre, tumefazione e dolore di una o più ghiandole sublinguali e sottomascellari.
Nei pazienti maschi, che hanno superato la pubertà, la complicanza frequente è l'orchite (20-30% dei casi) e nelle donne l'ovarite (circa il 5% dei casi); all'orchite può seguire sterilità.
Altre complicanze sono rappresentate dalle pancreatiti, neuriti, artriti, mastiti; frequentemente è colpito anche il sistema nervoso centrale.
La diffusione della parotite è molto meno frequente del morbillo e della varicella.
La maggior incidenza della malattia si ha in inverno e in primavera; è in genere sporadica, mentre frequenti e gravi sono le epidemie che si manifestano nella collettività dei giovani. In circa un terzo dei soggetti ricettivi si hanno infezioni inapparenti.
L'agente infettante è il virus della parotite, un mixovirus antigenicamente imparentato con il gruppo dei virus influenzali.
Il serbatoio naturale è l'uomo e la propagazione avviene a mezzo di goccioline o per contatto diretto con oggetti da poco contaminati con la saliva di un soggetto infetto.
Il periodo di incubazione varia da i a 6 giorni, la maggiore contagiosità si ha circa 48 ore prima che inizi la tumefazione. Soggetti con infezioni inapparenti possono essere contagiosi.

Scarlattina
Malattia acuta contagiosa è caratterizzata da un'angina streptococcica e da esantema della cute, se l'agente infettante è produttore di tossina eritrogena e se il soggetto non è ad essa immune.
I sintomi sono la febbre, la nausea, il vomito, l'adenopatia cervicale dolorosa, la lingua a fragola e l'esantema; questo si presenta come una fine eruzione, compare sul collo, torace, ascelle e superfici interne delle cosce (non colpisce la faccia) e alla pressione impallidisce.
L'agente infettante è rappresentato dagli streptococchi p emolitici del gruppo A.
Serbatoio è l'uomo, specie gli ammalati in fase acuta e i convalescenti portatori; la propagazione avviene per via respiratoria a seguito di contatti diretti o intimi con pazienti o portatori, raramente a seguito di contatti indiretti con oggetti contaminati o per diffusione di goccioline.
Il periodo di incubazione dura da 1 a 3 giorni, raramente è più lungo, mentre il periodo di contagiosità, nei casi non complicati, dura circa 10 giorni, principalmente durante l'acme della malattia.
La ricettività è generale, sebbene molte persone, attraverso infezioni inapparenti, sviluppano una immunità antitossica o antibatterica.
Gli streptococchi emolitici oltre che la scarlattina possono produrre anche la eresipela e la febbre puerperale streptococcica.
Notevole importanza pratica assume per la profilassi il trattamento con penicillina dei malati, dei portatori e dei soggetti sani esposti al contagio.

Varicella
Malattia infettiva acuta, si manifesta con febbre ed una eruzione cutanea (esantema), che inizia con macule che in breve tempo si trasformano in vescicole.
E' causata dal virus della varicella. La malattia colpisce soprattutto i bambini ed il contagio avviene per via aerea (con le goccioline di Pflugge).
Il periodo di incubazione è di 11-15 giorni e la contagiosità è elevatissima: da 24 ore prima dell'esantema sino a 6 giorni dopo.
Il quadro clinico è caratterizzato da febbre leggera ed esantema che cominciano insieme. Gli elementi eruttivi compaiono con piccole macule rotonde ed ovali; in qualche ora su ogni macula si forma una vescicola a limiti netti, talvolta eritematosa, a contenuto chiaro, trasparente. Dopo 24 ore il liquido vescicolare s'intorbida, la superficie della vescicola si affloscia leggermente e si forma al centro una crosticina che si estende verso la periferia e che al 50 giorno si stacca senza lasciare cicatrice.
L'eruzione, che è pruriginosa, avviene senza ordine, a caso, per tutto il corpo, e in ondate successive, cosicché sullo stesso paziente si possono avere contemporaneamente macule, vescicole e croste. All'esantema si accompagna un enantema (eruzione della mucosa).
Le complicazioni sono rare, si possono tuttavia avere polmoniti da virus varicelloso negli adulti, encefaliti maligne, miocarditi transitorie.
Se per il prurito e con il grattamento il paziente infetta le vescicole, si avranno pustole e cicatrici indelebili.
E' importante differenziare la varicella dal vaiolo: nella prima le vescicole si formano a ondate successive e a caso; nel secondo si formano tutte insieme e con ordine di comparsa ben preciso.
La prognosi è favorevole, riservata solo nelle rarissime complicazioni encefaliche.
La varicella assume un decorso molto grave nei pazienti in terapia con preparati cortisonici.

Infezioni erpetiche
Le malattie causate dagli herpes sono in costante aumento, specie per quanto riguarda l'herpes genitale, motivo per cui in varie parti del mondo si è cercato di approfondire il loro studio, formulare diagnosi rapide e sicure ed attuare terapie adeguate.
L'herpes virus simplex tipo 2 causa l'herpes genitale e l'herpes neonatale.
L'herpes genitale primario causa la comparsa di vescicole, contagiose per almeno 10 giorni, sui genitali maschili e femminili.
Il virus penetrato nei gangli sacrali rimane in stato di latenza e quando si riattiva causa le recidive nell'apparato genitale.
I pazienti che presentano questa malattia sono sessualmente attivi e giungono al medico dopo 3 - 4 giorni dalla comparsa dei primi fastidi. Il paziente può accusare affaticamento, leggero stato febbrile, mal di capo e sensazioni che si accompagnano all'influenza; molto spesso si associa una faringite erpetica.
Nell'uomo i sintomi predominanti sono: disuria, prurito e dolore al pene, mentre nelle donne si hanno per lo più perdite vaginali.
Le lesioni dolorose tipiche dell'apparato genitale iniziano come vescicole piccole a contenuto liquido, che diventano purulente (pustole), quindi si abradano e si ulcerano; è abituale un ingrossamento ed una dolenzia delle stazioni linfoghiandolari inguinali.
Mentre nell'uomo le lesioni sono facilmente visibili, nella donna spesso restano misconosciute per molto tempo.
La malattia è trasmessa generalmente per via sessuale, ma sono stati accertati casi di trasmissione mediante materiale contaminato (asciugamani). La malattia può essere diffusa anche in assenza di sintomi conclamati, che possono poi manifestarsi secondariamente. Quindi di fondamentale importanza è l'educazione sessuale nei portatori di forme attive.
Oltre l'herpes genitale vi è l'herpes simplex, caratterizzata da eruzione vescicolosa su cute-mucosa e che alcune volte può invadere anche il sistema nervoso centrale. Il periodo di incubazione varia da 2 a 12 giorni.
Nei casi di herpes simplex il quadro clinico si manifesta con formicolio, bruciore e congestione della cute, dove si formano piccole vescicole periate, il cui contenuto prima è limpido poi diventa purulento. Le vescicole si seccano e danno origine ad una crosta giallastra che poi cade e non lascia cicatrice.
Oltre l'herpes simplex vi è l'herpes zooster, caratterizzata da una dermatosi con eritema e vescicole che interessano unilateralmente i nervi (nervi intercostali, nervo facciale e sue branche). Il dolore nevralgico, il senso di bruciore lungo il nervo interessato e modica febbre (non sempre) sono i sintomi più eclatanti.
La cura è sintomatica, oltre all'uso di farmaci antivirali.

Pediculosi
E' una infestazione dell'uomo da parte dei pidocchi, che possono localizzarsi al capo, al corpo ed al pube (piattole). La femmina del pidocchio dopo 3 - 4 giorni dall'accoppiamento depone le uova (80 - 90) mature chiamate lendini, che si attaccano mediante una sostanza chitinosa al pelo ed alle fibre tessili e sono provviste di un guscio chitinoso resistente agli agenti chimici. Si cibano di sangue e di linfa ed iniettano saliva che irrita e sostiene il prurito.
E' diffusa in tutto il mondo ed il serbatoio è l'uomo. La propagazione avviene per contatto diretto con una persona infetta o con i suoi effetti personali. Il periodo di incubazione dura una settimana. La profilassi si basa sulla pulizia dei capelli e del corpo, la terapia sull'uso di preparati specifici e sulla rasatura della barba e dei peli del pube. Si può evitare la rasatura dei capelli, che comunque vanno accorciati.

Scabbia
Malattia infettiva della pelle è causata da un acaro, la cui femmina penetra nell'epidermide in cui scava un cunicolo e dove dopo le prime 24 ore vengono deposte le uova.
Il parassita muore in circa 3 mesi e durante questo periodo le uova si schiudono, le larve fuoriescono dal cunicolo e si stabiliscono sull'epidermide o sulle croste trasformandosi in adulti sessuati. La sede più frequente delle lesioni sono gli spazi interdigitali, le pliche ascellari, il torace, la vita, le cosce ed i genitali esterni nell'uomo, i capezzoli e l'addome nelle donne.
Il prurito è intenso specie di notte, determinato dalla penetrazione del parassita nell'epidermide. Le complicanze sono scarse a meno che le lesioni non vanno incontro ad infezione a causa del grattamento. La diagnosi viene fatta con il riconoscimento dello acaro nel suo cunicolo, mediante esame microscopico.
La malattia è diffusa specie nelle popolazioni che curano poco la pulizia, ma di recente è stata ammessa anche una scabbia che insorge nei ceti dove c'è pulizia.
Il serbatoio è l'uomo e la trasmissione avviene per contatto diretto attraverso la biancheria e lenzuola infette o durante i rapporti sessuali.
La profilassi consiste nell'accurata pulizia personale, della biancheria personale e della biancheria da letto. La terapia consiste nella pulizia del corpo con saponi medicati o con l'uso di preparati specifici (a base di zolfo).

Infezioni nileotiche
Le infezioni sostenute da funghi hanno fatto registrare nell'ultimo decennio un continuo e sempre maggiore incremento ed hanno raggiunto oggi dimensioni preoccupanti.
In Italia nel corso del 1981 sono state fatte circa 4.000.000 di diagnosi di micosi.
Alla base dell'aumento di questa patologia legata « al progresso ed al benessere » ricorrono numerosi fattori, tra cui i più importanti sono: sviluppo demografico ed indice di affollamento, turismo su vasta scala anche in paesi tropicali, igiene personale troppo scarsa o troppo accurata, uso di abbigliamento (scarpe, indumenti) in fibre sintetiche, l'accesso sempre più frequente agli impianti sportivi.
Gli agenti capaci di determinare le dermatosi, che brevemente descriveremo, sono funghi e per lo più:
- Epidermophyton interdigitale, candida albicans
- Epidermophyton rubrum ed inguinale.
Il serbatoio è l'uomo e la propagazione avviene per contatto diretto o indiretto, con lesioni cutanee di persone infette, o con pavimenti contaminati, locali, docce ed articoli usati da soggetti infetti.
Il periodo di contagiosità dura fino a che le lesioni sono presenti e le spore vitali persistono sui materiali contaminati.
La Epidermofitosi interdigitale, o piede di atleta, interessa prevalentemente i soggetti giovani, si localizza elettivamente nel fondo degli spazi interdigitali di uno o entrambi i piedi, con predilizione per il 3° e 4° spazio, o nelle pieghe di flessione delle dita; nelle zone interessate l'epitelio appare macerato, si sollevano lembi biancastri, i quali formano un collaretto intorno ad una superficie arrossata, erosa, ricoperta da essudato cremoso, solcata spesso anche da scissure ragadiformi.
Con tale quadro e con fase di remissione invernale e di accentuazione durante la stagione estiva, la dermatosi può durare a lungo senza apportare disturbi notevoli ad eccezione di prurito a volte intenso; il processo però in occasione di esacerbazione stagionale può estendersi alla faccia dorsale del piede e alla superficie plantare, mostrando grosse vescicole tese, che possono confluire formando bolle di varie dimensioni, che, se aperte, lasciano fuoriuscire un liquido vischioso.
Questi elementi descritti nelle successive evoluzioni possono trasformarsi in pustole, che, oltre ad impedire la deambulazione, possono infettarsi e dare luogo a piodermiti, linfangiti, adeniti inguinali nonché a lesioni più tipicamente eczematose (eczema micoticomicrobico).
Per quanto si riferisce alla patogenesi della dermatosi ed alle cause della sua peculiare localizzazione debbono essere considerate come condizioni particolarmente propizie all'attività patogena del parassita l'iperidrosi dei piedi, la quale favorisce la macerazione dell'epitelio, il calore, la insufficiente igiene ed in particolare la conformazione delle regioni intergitali, dove il permanente collabirnento delle superfici cutanee determina il ristagno del sudore ed una conseguente alterazione del PH cutaneo, che si sposta verso l'alcalinità.
La diagnosi in caso di lesioni a sede interdigitale o piantare è facile, dal momento che il parassita invade prevalentemente lo strato corneo, ma guadagna spesso anche gli strati più profondi dell'epidermide.
I lembi epidermici e le squame osservate al microscopio possono mostrare il parassita sotto forma di filamento miceliale e di spore più o meno abbondanti; in alcuni casi l'esame deve essere ripetuto più volte perché risulta negativo.
Tra le epidermofizie è da annoverare per l'importanza che riveste dal punto di vista pratico la epidermofizia inguinale e delle grandi pieghe.
Questa è una affezione causata da un fungo, l'Epidermophyton cruris, che vive di preferenza sulla pelle umida e macerata.
Colpisce per lo più le pieghe genito-crurali e si manifesta con chiazze di color rosso più o meno vivace con bordi netti e tendenza a risoluzione centrale.
Il processo infiammatorio è più evidente ai margini, che sono infiltrati e presentano spesso una fine desquamazione.
Possono essere colpite anche le pieghe ascellari, la rima anale, la zona sottomammaria nelle donne.
Il decorso è molto torpido e l'affezione può persistere per anni ed ha tendenza a recidivare.
La via di trasmissione avviene a mezzo di indumenti intimi e si diffonde talvolta in forma epidemica in asili, scuole, ospedali.
La profilassi generale è basata sulla disinfezione appropriata di pavimenti, tappeti delle piscine, bagni e palestre.
La profilassi individuale consiste in disinfezione della biancheria da bagno, massima igiene della pelle, lotta alla iperidrosi locale e generale.
Migliori risultati si ottengono trattando adeguatamente le scarpe, che rappresentano da recenti ricerche approfondite la catena di trasmissione del contagio e la causa di persistenza della malattia nella epidermofitosi interdigitale.
Per tale motivo gli sforzi debbono essere rivolti alla neutralizzazione delle sorgenti di infezioni.

MALATTIE QUARANTENARIE
— COLERA
— PESTE
— FEBBRE GIALLA
— VAIOLO

Colera
Grave malattia intestinale acuta, è caratterizzata da inizio brusco, vomito, diarrea acquosa, rapida disidratazione, acidosi, collasso circolatorio.
Può aversi il decesso a poche ore dall'inizio e la letalità, nei casi non trattati, può superare il 50%; nei bambini possono verificarsi casi leggeri, caratterizzati solo da diarrea.
Le infezioni inapparenti o asintomatiche sono molto più frequenti di quelle clinicamente riconosciute.
La malattia è rimasta confinata in Asia, dove è endemica sebbene si sia verificata una grave epidemia in Egitto nel 1947.
Nel 1960 è diventato un grave problema in molti paesi dell'Asia Meridionale e del Pacifico Occidentale; nel 1965 e nel 1966 si sono avute epidemie in Afganistan, Iran, Russia Meridionale, Irak; nel 1973 si sono avuti casi di colera nell'Italia Meridionale, prontamente circoscritti grazie alle vaste misure di profilassi e cura tempestivamente adottate.
L'agente infettante è il vibrione del colera, così chiamato perché a forma di virgola; il serbatoio è l'uomo.
La propagazione e la trasmissione avvengono attraverso l'ingestione di acqua contaminata dalle feci e dal vomito dei pazienti ed in minor misura per consumo di cibi contaminati da mani o utensili infetti.
Il periodo di incubazione dura da poche ore a 5 giorni, in genere da due a 3 giorni.
La ricettività è generale, ma la malattia colpisce in genere gruppi socio-economici più poveri.
La profilassi è come per le malattie a trasmissione oro-fecale. La vaccinazione antibatterica induce una immunità (50% di protezione) di breve durata.

Peste
Malattia altamente contagiosa, è caratterizzata da ingrossamento doloroso delle ghiandole dell'inguine, dell'ascella e del collo (bubbone), febbre elevata, brividi, vomito e lingua nerastra e secca.
E' causata dal bacillo della peste; i serbatoi sono i roditori selvatici e la malattia viene trasmessa dalla puntura di una pulce infettante Xenopsylla Cheopis. Nella peste bubbonica il bubbone dapprima duro va incontro a suppurazione e si apre spontaneamente facendo uscire un essudato siero-sanguinolento.
Oltre la peste bubbonica è da considerare anche la peste polmonare che viene invece trasmessa per via aerea o per contatto con goccioline di saliva o con lo sputo di pazienti affetti da polmonite pestosa.
Il periodo di incubazione è da 2 a 6 giorni nella peste bubbonica, mentre di 3 - 4 giorni nella peste polmonare. La vaccinazione con un vaccino di germi uccisi protegge per 6 mesi ed è consigliabile praticarla solo durante l'epidemia o a viaggiatori che si recano in zone ad alta incidenza.

Febbre gialla
E' una malattia infettiva acuta, caratterizzata da febbre, cefalea, nausea e vomito e sintomi emorragici, tra cui spiccano sangue dal naso e dal cavo orale, ematemesi e melena ed un ittero modesto che tende ad intensificarsi.
La diffusione è legata alla presenza di serbatoi di virus della febbre gialla rappresentati dall'uomo ammalato, dalla scimmia e dalle zanzare infette, tra cui predomina la Haedes Egypti.
Il periodo di incubazione dura da 3 a 6 giorni e la contagiosità dei pazienti da poco prima l'inizio della febbre e per i primi 3 giorni della malattia.
La letalità tra gli indigeni delle regioni endemiche è del 50%. La guarigione è accompagnata da immunità duratura. Vi sono norme di protezione individuale, rappresentate dalla vaccinazione, che dura 10 anni, e dall'uso di zanzariere al letto ed alle finestre e di repellenti sulla pelle.
La protezione collettiva si basa sulla lotta contro le zanzare.

Vaiolo
Si descrive ancora questa malattia in quanto storicamente fa parte delle malattie quarantenarie, ma è stata completamente eradicata dal mondo fin dal 1978.
Malattia infettiva acuta virale è caratterizzata da esantema papulo vescicoloso e da gravi fenomeni generali, quali febbre, cefalea violenta, rachialgia, prostrazione e a volte dolori addominali. Il periodo pre-eruttivo, che dura 2-4 giorni, spesso è simile all'influenza, poi la temperatura cade e compare l'esantema, le cui lesioni si approfondano nel derma.
L'eruzione passa attraverso stadi successivi di macule, papule, vescicole, pustole e infine croste, che cadono alla fine della terza- quarta settimana e lasciano cicatrici; spesso la febbre aumenta quando l'eruzione passa allo stadio di pustole.
Le lesioni compaiono prima sul volto e successivamente sul corpo e sulle estremità.
Il vaiolo ha rappresentato una minaccia continua per tutti gli stati, specialmente per Paesi indenni, dove poteva essere introdotto da viaggiatori internazionali.
Agente infettante è il virus del vaiolo e l'unico serbatoio è l'uomo.
La trasmissione in genere si verifica attraverso stretti contatti con le secrezioni dell'apparato respiratorio del paziente, con le lesioni della pelle e delle mucose o con materiali da poco contaminati.
Il periodo di incubazione varia da 8 a 10 giorni, il periodo di contagiosità dura dalla comparsa delle prime lesioni alla caduta di tutte le croste ed è di circa tre settimane.
Il massimo contagio avviene durante la prima settimana e la recettività è universale. Alla guarigione fa seguito una immunità permanente.
Quando la malattia era diffusa, era prevista una profilassi individuale ed internazionale mediante vaccinazione. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito la scomparsa del vaiolo dal mondo fin dal 1978.

VACCINAZIONI CONTRO LE MALATTIE QUARANTENARIE

Sono vaccinazioni che fanno parte delle misure sanitarie che regolano il traffico internazionale con zone endemiche o in occasione di epidemie.
In condizioni ordinarie vengono richieste le vaccinazioni contro colera e febbre gialla. La vaccinazione contro la peste non è più applicabile per l'ingresso in determinati Paesi. Il tifo esantematico e la febbre bottonosa da zecche sono stati da tempo cancellati dall'elenco delle malattie quarantenarie; poliomielite, malaria ed influenza sono incluse nel gruppo di malattie poste sotto la sorveglianza della Organizzazione Mondiale di Sanità.

Vaccinazione contro il colera
Il vaccino è costituito da una sospensione di vibrioni del colera uccisi con formalina o acido fenico ed ogni ml contiene 8 miliardi di vibrioni. E' sufficiente una singola dose di 0,5 ml per ottenere il certificato internazionale di vaccinazione. Per le immunizzazioni di massa in caso di epidemie si possono somministrare dosi singole di ml.
La posologia in rapporto all'età è la seguente: in bambini sotto i 5 anni 0,2 ml - da 5 a 10 anni 0,3 ml - oltre 10 anni 0,5 ml.
La protezione conferita dalla vaccinazione non è elevata e dipende, oltre che dalla potenza del vaccino, anche dall'età dei soggetti e dal loro preesistente stato di immunità, provocato da infezioni naturali o da vaccinazione. Una sola dose di vaccino conferisce una protezione attorno al 50%.
La gravità della malattia non è attenuata nei vaccinati e la vaccinazione non impedisce lo stato di portatore.
L'immunità è di breve durata (3-6 mesi). Il vaccino anticolerico provoca raramente reazioni locali e generali (cefalea, malessere, febbre).

Vaccinazione contro la febbre gialla
Il tipo di vaccino da usare deve essere approvato dalla Organizzazione Mondiale di Sanità.
Il vaccino è liofilizzato, ma il virus, anche in tale stato, è molto labile e la temperatura ottimale di conservazione è al di sotto di 0° C. In queste condizioni la validità del vaccino è di 1 anno. A temperatura ambiente non superiore a 15° C la validità è di 1 mese. Una volta preparato il vaccino deve essere utilizzato entro mezza ora.
Per la vaccinazione si inocula per via sottocutanea una sola dose di 0,5 ml eguale per adulti e bambini.
La immunità si stabilisce in poco più di una settimana e dura molto a lungo (10 anni).
Il rischio di complicazioni encefalitiche è estremamente basso.
La malattia può essere accompagnata da un marcato danno epato-cellulare, ma il vaccino non sembra avere effetto epatotossico.
Controindicazioni sono costituite dalla gravidanza e dall'età inferiore ad un anno. Nei soggetti che risultano allergici alle proteine dell'uovo la vaccinazione può essere fatta per innesto cutaneo. Si praticano due scarificazioni di 1 cm e su ciascuna si deposita e si strofina una goccia di vaccino.

Certificati di vaccinazione internazionali
Alcuni Paesi richiedono che i viaggiatori provenienti da zone specificate esibiscano per ottenere l'ingresso un certificato di subita vaccinazione contro febbre gialla o colera.
L'elenco dei Paesi e delle vaccinazioni prescritte a seconda della provenienza è pubblicato periodicamente dalla Organizzazione Mondiale della Sanità; tali elenchi sono visibili negli Uffici di Sanità. Marittima e Aerea, uffici periferici del Ministero della Sanità.

 

ELEMENTI DI PREVENZIONE

FEBBRE GIALLA
La febbre gialla sembra che già esistesse tra gli indigeni della costa del Messico all'epoca della scoperta dell'America ed a questa malattia sarebbe da attribuirsi la strage tra gli uomini della spedizione di Colombo; secondo alcuni storici quindi la storia della febbre gialla comincia con quella del nuovo mondo.
Altri autori ritengono che la malattia sia originaria delle coste africane e da qui importata nel continente americano come conseguenza della tratta degli schiavi.
Questo è il motivo che spiega la scarsa sensibilità della popolazione negra rispetto a quella indiana, interpretata come dovuta ad una resistenza acquisita attraverso le diverse generazioni (si intende infatti che sulla costa atlantica dell'Africa la malattia abbia avuto il tempo di selezionare gli individui geneticamente più resistenti, fenomeno non ancora verificatosi in America).
Per adottare idonee misure di profilassi è necessario conoscere come si trasmette la malattia.
Stabilito che la febbre gialla non è trasmessa attraverso gli oggetti d'uso dell'infermo, è necessario che il virus venga succhiato da un malato da una zanzara del genere Stegomya fasciata, la quale diventa a sua volta infettante dopo 10 giorni che ha ingerito il virus.
La distribuzione geografica di questa malattia è condizionata dal suo agente trasmettitore, il quale vive a temperatura compresa tra 16° e 43°C e raramente si trova in posti situati ad altezza superiore ai 500 metri.
Un'attiva profilassi si ottiene con la distruzione delle zanzare mediante insetticidi.
Occorre quindi conoscere le caratteristiche della loro vita; è necessario coprire con fini reti metalliche le cisterne e i cassoni d'acqua; l'acqua delle pozzanghere va cosparsa di uno strato di petrolio per impedire lo sviluppo delle zanzare.
Attualmente si ottengono risultati migliori polverizzando con apparecchi adatti dei prodotti insetticidi.
I soggetti infetti di febbre gialla o sospetti vanno isolati e protetti dalla Stegomya.
L'isolamento dell'ammalato va infatti eseguito in un ospedale o in un locale 'con aperture munite di reti metalliche.
Inoltre bisogna impedire che questi soggetti circolino e quindi diffondano il virus, qualora vengano punti dalle zanzare; occorre disinfettare i vagoni, le auto, i battelli fluviali.
Un altro mezzo veramente efficace nella lotta contro il dilagare della febbre amarillica è costituito dalla vaccinazione generale della popolazione delle zone endemiche e delle persone che in esse vi si devono recare. Mediante questa immunizzazione preventiva si è venuti in possesso di un'arma efficace che ha dato grossi successi.
Attualmente esistono due metodi di vaccinazione che, applicati correttamente, sono entrambi di straordinaria efficacia.

Colera
Dopo la dimostrazione in vitro dell'attività batteriostatica esplicata da numerosi antibiotici (penicillina, streptomicina, cloromicetina, tetraciclina, neomicina, polimixina, bacitracina, ecc.) sui vibrioni patogeni, se ne è tentata l'applicazione in terapia.
Gli effetti migliori si sono ottenuti nell'uomo con l'impiego di tetraciclina per os o per via endovenosa, capaci di attenuare il quadro intestinale e di sterilizzare rapidamente il tubo digerente.
Profilassi
La profilassi diretta si basa sulla denuncia dei casi sospetti, sull'accertamento clinico-batteriologico ed il ricovero dei malati in reparti di isolamento. I convalescenti vengono dimessi solo dopo che tre esami batteriologici delle feci, effettuati a non meno di 24 h di distanza l'uno dall'altro, abbiano dato esito negativo. La contumacia per le persone che abbiano avuto contatto con i colerosi dura cinque giorni, durante i quali viene praticato l'esame delle feci. L'ambiente, gli effetti d'uso e soprattutto i materiali patologici debbono essere sottoposti ad accurata disinfezione: a tale scopo si impiega una qualsiasi soluzione antisettica, dando preferenza ai disinfettanti acidi.
Naturalmente nella zona ove si siano manifestati casi di colera andrà intensificata la sorveglianza sugli alimenti (specie vegetali, latte, crostacei), sulle acque potabili, sull'attuazione della disinfezione dei locali pubblici e della lotta contro le mosche.
La profilassi individuale prevede il consumo di alimenti cotti o bolliti (verdure, carne, latte) e l'uso di bevande acide (vino, birra, succhi di agrumi in bottiglia).
In clima epidemico e in attesa dell'immunità conferita dalla vaccinazione si possono somministrare delle tetracicline per os a scopo profilattico.
 

REGOLAMENTO SANITARIO INTERNAZIONALE

Elementi di prevenzione e vaccinazioni internazionali
Il Regolamento Sanitario Internazionale, adottato dalla XXII Assemblea Mondiale della Sanità il 25 Giugno 1969, ed entrato in vigore il 1° gennaio 1971, a cui aderisce la maggior parte delle nazioni, fissa i criteri di definizione, compilazione ed aggiornamento della « lista delle zone infette », per quanto si riferisce alle malattie di interesse epidemiologico internazionale: peste, colera, febbre gialla.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità trasmette, a mezzo dell'emittente principale di Radio Suisse-Geneve-Prangins, un bollettino epidemiologico radiotelegrafico quotidiano di informazioni ufficiali sui casi di malattie sottoposte al Regolamento Sanitario Internazionale riscontrati nel mondo. Tale bollettino integra la pubblicazione di Weekly Epidemiological Record (Relevé Lpidémiologique Hebdomadaire).
La « lista delle zone infette » è quotidianamente aggiornata ed una barriera internazionale può venire tempestivamente approntata al primo manifestarsi di focolai epidemici in qualsiasi parte del mondo.
A termini del Regolamento Sanitario (1969) l'Autorità Sanitaria ha il diritto di richiedere ai viaggiatori che sbarcano nel territorio nazionale la scheda gialla del Certificato internazionale di vaccinazione contro il colera e la febbre gialla.
Il certificato internazionale di vaccinazione è in tutti i casi — anche per i minori —individuale e non può essere collettivo; esso può essere esibito unicamente in forma di originale e non di duplicato.
Il certificato è stampato e redatto in lingua inglese e francese, oltre che eventualmente nella lingua del Paese dove viene rilasciato, e deve recare la firma autografa di un medico qualificato a redigerlo.
Requisiti di validità sono altresì la firma autografa del richiedente .(o del genitore o del tutore in caso di fanciulli) e l'apposizione del timbro dell'autorità che rilascia il certificato a fianco della data di vaccinazione indicata nell'ordine: giorno, mese, anno.
Limitatamente ad alcuni Paesi è ammessa l'esenzione dall'obbligo di vaccinazione per i neonati (ragioni d'età) e per motivi di salute: in tal caso il medico addetto rilascia all'interessato una dichiarazione autografa, indicante le cause di controindicazione alla vaccinazione, da esibire alle autorità sanitarie del Paese di destinazione.
In casi speciali (rifiuto della vaccinazione) i passeggeri sprovvisti del Certificato Internazionale di vaccinazione possono ottenere il nullaosta al viaggio compilando il modulo di un « Certificato di viaggio irregolare », che esime la Compagnia di viaggi da ogni responsabilità, qualora insorgano inconvenienti.
Tuttavia il viaggiatore deve essere informato dei provvedimenti che le autorità sanitarie del Paese di destinazione possono prendere nei confronti di chi sia sprovvisto di certificato: quarantena o vaccinazione o espulsione senza rimborso delle spese; infine può non essere concesso il permesso di atterraggio o di sbarco con grave nocumento per tutti i compagni di viaggio.

— Personale e centri autorizzati ad eseguire le vaccinazioni —
I certificati internazionali di vaccinazione contro il colera vengono rilasciati di regola dall'Ufficio sanitario delle U.S.L. o dall'Ufficio comunale di igiene. Tali vaccinazioni possono essere eseguite da un infermiere o assistente sanitario, comunque sotto il controllo diretto di un medico che deve apporre la propria firma autografa.
Il timbro ufficiale che convalida tali certificati, a fianco della data della vaccinazione e della firma autografa, ha Io scopo di dimostrare che il vaccinatore è autorizzato dall'Amministrazione Sanitaria Nazionale e rende valido il certificato a tutti gli effetti internazionali.
Per il rilascio dei certificati di vaccinazione contro la febbre gialla esistono invece solo nei principali porti e aeroporti centri abilitati per la somministrazione di vaccini approvati dalla WHO.
In Italia tali centri esistono in numerose città, sedi di Sanità Marittima ed Aerea, dove viene praticata la vaccinazione contro la febbre gialla.

 

 

 

 

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