PARACELSO: 'LA PROCELLARIA'
DELLA MEDICINA
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L'ILLUSTRAZIONE
Paracelso, la figura più
controversa della storia della medicina, viene mostrato in una delle
sue 'cucine chimiche', mentre si accinge a scrivere uno dei suoi
opuscoli mistici e spesso causticamente offensivi. Il laboratorio,
la scrivania e le pile di manoscritti rispecchiano il suo abituale
disordine. Le sperimentazioni alchemiche, le speculazioni mistiche,
la scrittura prolifica e la pratica empirica della medicina sono
tutti aspetti più o meno confusi della sua vita. Sebbene fosse
un'anima inquieta, che non riusciva a rimanere per molto tempo in
uno stesso luogo, egli promosse l'uso delle sostanze chimiche nella
pratica medica e contribuì a far allontanare la medicina del
Rinascimento dalle nozioni di Galeno. |
PREMESSA
Il
medico deve essere viaggiatore, poiché deve essere curioso di tutte le
cose del mondo.
L'esperienza deve aggiungersi all'esperimento.
I
Rinascimento non si limitò a riscoprire l'antica cultura greco-romana,
ma rivoluzionò tutti i valori propri dell'uomo, rifiutando il dogmatismo
scolastico e le limitazioni tradizionali imposte dalla Chiesa.
L'evoluzione della medicina e della chirurgia rinascimentali, dai giorni
di Ambroise Paré a quelli di Peter Lowe(1),
andò di pari passo con l'affermarsi del movimento culturale. Per primo
ci balza incontro Paracelso, uomo bizzarro, teso alla ricerca di metodi
di cura nuovi e migliori. Non è facile giudicare quale sia stata
l'effettiva influenza di questo personaggio sul progresso della
medicina, dal momento che sia in vita sia dopo la morte molti lo
considerarono un ciarlatano, un medicastro ubriacone, uno spregevole
impostore, mentre i più benevoli gli concessero l'attenuante della
follia(2).
Gli scritti di Paracelso non sono di facile lettura, le sue teorie sono
molto complesse, e ciò, in aggiunta alla mancanza di una traduzione
inglese, ha reso l'autore inaccessibile alla maggior parte degli
studiosi e ha contribuito a perpetuarne l'impopolarità(3).
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, meglio conosciuto
col nome di Paracelso (1493-1541), nacque ad Einsiedeln, nei pressi di
Zurigo, da un medico di campagna. Seguì giovanetto il padre, che fu
chiamato a coprire la carica di medico a Villach, in Carinzia, nelle cui
vicinanze si trovavano le miniere di piombo dei Fugger; fu lì che,
lavorando come aiutante nei laboratori, Paracelso si sentì per la prima
volta affascinato dalla mineralogia e dalla chimica e gettò le basi dei
suoi studi a venire. Si dice che abbia frequentato l'Università di
Basilea, ma non si hanno documenti che lo confermino; sappiamo invece
che iniziò allora quelle peregrinazioni, che per dodici anni dovevano
portarlo a Montpellier e nei centri del sapere d'Italia (Bologna e
Padova), e poi in lungo e in largo per l'Europa. Visitò la Francia, la
Spagna, prestando servizio militare nei Paesi Bassi, si spinse fino alle
miniere di stagno della Cornovaglia ed esplorò le ricchezze minerarie
della Svezia, per giungere infine in Russia e in Turchia.
Furono anni di grande produzione scientifica, pur insegnando egli nel
frattempo, quando gliene si offriva l'occasione, tanto da acquistare
vasta notorietà e da essere nominato, al ritorno nella nativa Svizzera,
'medico cittadino' di Basilea e docente in medicina presso
quell'università. Qui diede pieno sfogo alla sua intolleranza e
scandalizzò le autorità parlando dalla cattedra in tedesco anziché in
latino, componendo da sé le medicine e criticando violentemente non solo
gli scrittori dell'antichità, ma anche i metodi di colleghi e
contemporanei. Come preludio alle sue lezioni, bruciò sulla pubblica
piazza le opere di Galeno e di Avicenna, in quanto riteneva necessario
rompere completamente con il passato, per poter progredire. Contrario ai
medici ammantati di velluto, scelse per sé indumenti semplici, portando
però una spada, che aveva l'abitudine di brandire quand'era solo nel suo
studio, e con la quale è ritratto in diversi quadri. Violento e
impetuoso, si fece molti nemici e, coinvolto in una disputa intorno ai
compensi, dovette lasciare Basilea, a soli due anni dall'arrivo, per
riprendere le sue peregrinazioni. Fu a Colmar, a San Gallo, a Zurigo e
altrove, sempre professionista di grido, tanto che, pur suscitando
ovunque ostilità, acquistò fama europea; nel 1541 approdò infine a
Salisburgo, stremato dall'infaticabile lavoro, non già alla ricerca di
lucro o d'onori, ma solo assetato di sapere e di verità. Era l'ultima
stazione del lungo viaggio: vi mori il 24 settembre 1541.
Paracelso fu una delle figure più interessanti della medicina
rinascimentale; scrittore fecondo — sebbene poche sue opere siano
apparse mentre era in vita — fu lui stesso a vaticinare che anche dopo
la sua morte non sarebbe stato compreso per almeno vent'anni (la prima
edizione delle sue opere usci presso Huser di Basilea, nel 1591). Gli
furono attribuiti molti scritti di cui non era l'autore, spesso dovuti
ai paracelsisti(4).
La sua opera principale fu Paramirum(5).
Non è facile riassumere l'insegnamento di Paracelso, né discutere nei
dettagli le sue idee circa la concezione chimica della vita. È
indispensabile però accennare all'importante dottrina paracelsiana.
Secondo l'autore tutta la medicina riposava su quattro pilastri o
colonne(6):
filosofia, astronomia, alchimia e virtù.
Definendo la filosofia pilastro della medicina, egli intendeva dire — da
vero seguace di Ippocrate, di cui condivideva la fede nell'osservazione,
anziché nella speculazione — che era indispensabile la conoscenza dei
fenomeni naturali; coniò la parola archaeus per indicare il cuore degli
elementi, meccanismo rinnovatore e riparatore naturale dell'organismo
umano. Disprezzava l'anatomia, incapace com'era di vedere quali
conoscenze si sarebbero potute ricavare da un corpo morto; occorre
tuttavia tener conto del fatto che egli esprimeva queste idee alcuni
anni prima che Vesalio cambiasse tutta la concezione dell'anatomia e la
trasformasse in una scienza viva.
L 'astronomia di Paracelso, il secondo pilastro, non si identifica con
l'astrologia dei suoi tempi: pur ammettendo che la vita su questa terra
subisce l'influenza degli astri, egli non accettava l'idea che questi
governassero il destino del singolo, né credeva negli oroscopi.
Il terzo pilastro, quello dell'alchimia, cui egli si dedicò con passione,
non consisteva nella vana ricerca della pietra filosofale, bensì era un
tentativo di spiegare salute e malattie in termini chimici. Compito
dell' alchimista era quello di separare il veleno dal cibo; non
praticandosi questa separazione, il veleno si depositava sui denti e
nelle viscere. Tale veleno, denominato 'tartaro', era considerato da
Paracelso la causa della gotta e delle litiasi.
Quanto al quarto pilastro, la virtù, era il fattore più potente: il medico
doveva essere timorato di Dio, perché la medicina, travalicando il
compito materiale di accostare tra loro fatti disparati, aveva anche un
suo lato spirituale: come il giglio diffonde un profumo invisibile, così
il corpo invisibile emana il suo influsso guaritore. Solo la fede in
Dio, affermava, può far sì che un tale influsso non sia maligno.
Pensiero, questo, da ascrivere a un uomo assai più spirituale che non
l'individuo 'abbrutito dall'alcool' descritto da qualcuno dei suoi
denigratori.
Si dice anche che Paracelso credesse nel medicamento delle armi o 'polvere
simpatica': questa strana pratica, sostenuta più tardi da sir Kenelm
Digby, consisteva nell'applicare certi farmaci all'arma che aveva
causato la ferita, anziché alla ferita stessa. Alcuni dei sostenitori di
tale terapia ebbero a soffrire la prigionia per avere affermato che il
suo meccanismo d'azione era simile a quello di certe guarigioni operate
da reliquie di Santi.
Paracelso accettava anche la credenza nelle concordanze o similitudini: ad
esempio, il ciclamino veniva utilizzato nel trattamento delle malattie
dell'orecchio, perché la sua foglia aveva la forma del padiglione
auricolare, il polmone della volpe serviva per le malattie polmonari e
un rimedio giallo serviva per la cura dell'itterizia. Tali idee, però,
non ebbero peso nel suo sistema terapeutico.
Per primo ebbe il merito d'introdurre nella farmacopea il ferro,
l'antimonio, i sali minerali e altre sostanze inorganiche; egli cercava
le 'quintessenze' o, come diremmo oggi, i 'principi attivi' dei rimedi.
Molto si è discusso del suo 'laudano' — uno dei farmaci da lui
prediletti — senza che fino ad ora se ne sia potuta chiarire esattamente
la composizione, potendosi solo escludere che fosse l'oppiaceo di uso
attuale.
Di chirurgia, Paracelso si occupò molto poco, però le sue idee erano
assennate. Sebbene egli considerasse la litotomia l'unica operazione
giustificabile, fece però osservare come la Natura avesse un suo metodo
per guarire le ferite, chiudendone i margini con un 'balsamo' elaborato
dall'organismo stesso.
La grande e rivoluzionaria personalità di Paracelso, con il suo contributo
al progresso della medicina, fu un vero esempio di indipendenza
speculativa. Non fu un Vesalio e nemmeno un Harvey. Può darsi che fosse
affetto da sifilide congenita, come si è affermato, o che fosse un
beone, certo era vanaglorioso, intollerante, scriteriato — il tipo del
filisteo della medicina — però era sincero e onesto, e, a modo suo,
anche pio, mistico ed enigmatico. Frainteso e incompreso, rimane pur
sempre una delle grandi figure della storia della medicina.
LA
SCHEDA
Nella
lunga storia della medicina nessun personaggio ha lasciato un'eredità
più controversa di Paracelso. Ancora oggi, a più di 400 anni dalla sua
morte, egli viene elogiato e biasimato, venerato e denigrato, posto su
un piedistallo come un Santo e condannato come il peggior impostore. Per
alcuni, i suoi scritti mistici sono da considerarsi il frutto di una
mente all'avanguardia rispetto al suo tempo e capace di pensieri e
intuizioni straordinarie, che andavano ben oltre quanto i suoi
contemporanei fossero in grado di comprendere. Secondo altri, le sue
frasi complicate, scritte con la penna intinta nel vetriolo, non sono
altro che un insieme di grossolanità e di vanità che celano ignoranza e
superstizione. Pare che il termine inglese bombast, che vuol dire
«magniloquenza», derivi dal vero nome di Paracelso, che è Philippus
Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim. Il nome d'arte Paracelso,
lanciato contro gli accademici in segno di sfida, in quanto significa
'migliore di Gelso', riflette perfettamente il suo atteggiamento
megalomane. Pachter scrive che era stato o un Re, o un mendicante, mai
un gentiluomo.
Indubbiamente Paracelso rispecchia le aspirazioni violente e confuse
dell'uomo comune dell'inizio del XVI secolo. Ackerknecht dice di lui:
«Era più moderno di gran parte dei suoi contemporanei, per
l'irriducibile spinta verso il nuovo e per il rifiuto della cieca
obbedienza all'autoritarismo e ai libri; d'altra parte però, era anche
più medievale dei suoi contemporanei, per quella sua religiosità mistica
che tutto pervade». Egli viene infatti ricordato non tanto per ciò che
fece, quanto per la sua lotta contro l'ortodossia.
Paracelso nacque ad Einsiedeln, in Svizzera, nel 1493. Il padre, Wilhelm,
era un discendente illegittimo della nobile famiglia tedesca degli
Hohenheim e praticava la medicina; la madre era una serva(7),
che pare fosse incline alla depressione mentale e che si suicidò quando
il figlio aveva solo nove anni. Il padre si trasferì allora con il
figlio rachitico a Villach, in Carinzia, dove il maggiore dei von
Hohenheim si occupava dei minatori che lavoravano nelle miniere di
proprietà della famosa famiglia di banchieri Fugger. Nelle miniere si
praticava attivamente l'alchimia (la chimica di allora) e le impressioni
che il giovane Paracelso ricevette in quel luogo lo avrebbero
influenzato per tutta la vita.
Condizionato dagli insegnamenti del padre, nel 1507 Paracelso divenne uno
studioso itinerante; ma, insieme alla disposizione per la medicina,
sembra che avesse anche una certa predilezione per le bevande alcoliche,
a causa della quale fu in seguito più volte criticato. I suoi studi lo
portarono nelle Università di Heidelberg, Friburgo, Colonia, Tubinga,
Vienna, Erfurt e, nel 1513, al di là delle Alpi, a Ferrara.
Insoddisfatto delle nozioni galeniche insegnate nelle università che
frequentava, Paracelso iniziò a disprezzare quei riveriti volumi e a
inventare una personale pratica medica. Egli divenne allora un medico
itinerante, che viaggiava da una città all'altra vestito a volte di
stracci sporchi, a volte in abiti sgargianti. La sua unica compagna di
viaggio era una grande spada, nel cui manico teneva nascoste le medicine
più preziose. Andò in giro per tutta l'Europa meridionale, applicando la
sua nuova scienza e, nonostante la sua eterodossia, sembra che i
risultati fossero eccellenti. Dalle locande sul ciglio della strada ai
palazzi nobiliari, la sua arte acquisì una grande fama, gli venne
chiesto di curare pazienti che gli altri medici avevano rinunciato a
curare, e le sue cure furono considerate miracolose. Proprio a causa di
questo successo venne sospettato di praticare la magia nera, reputazione
che rimase associata al suo nome per secoli.
Eppure, malgrado la sua popolarità, Paracelso riuscì a provocare
l'ostilità di persone autorevoli nel campo della medicina,
dell'istruzione e della politica. Una dopo l'altra, le comunità locali
dei paesi che visitava consideravano la sua presenza intollerabile; così
era sempre più spesso costretto a trasferirsi altrove. Sebbene a volte
venisse ospitato dai Re, rimase sempre vicino ai cittadini comuni e ai
servi, e quantunque fosse un uomo religioso, si sentiva più a suo agio
nelle osterie che nei conventi e non di rado il suo modo di vestire
trasandato lo faceva assomigliare più a un carrettiere che a un medico
rinomato.
Le numerose guerre dei primi del Cinquecento fornirono a Paracelso molte
opportunità di praticare la chirurgia. E, anche se i lettori moderni
potrebbero considerare le sue pratiche un insieme di disgustosi rimedi
popolari intrisi di superstizione, dalla sua esperienza di chirurgo
derivano alcuni princìpi fortemente innovativi per il suo tempo, e
fortemente avversati dai suoi contemporanei. Insisteva, ad esempio, che
le ferite dovevano essere tenute sempre pulite, e scriveva: «Se si
previene l'infezione, la Natura guarirà da sola la ferita». Inoltre, fu
tra i primi ad aver cercato di determinare i dosaggi delle sostanze
chimiche in modo scientifico.
Dopo aver prestato servizio nelle campagne di guerra in Italia, Paracelso
si recò in Spagna, a Parigi e in Inghilterra, per poi ritornare alle
guerre in Olanda e in Svezia. Alla fine delle ostilità, viaggiò
attraverso la Russia, si recò a Costantinopoli e in Egitto, e nel
viaggio di ritorno passò dalle isole greche e dai Balcani, visitando le
miniere e incontrando gli alchimisti che vi lavoravano. Agli alchimisti,
che considerava delle anime affini, spesso raccomandava: «Smettete di
cercare l'oro, scoprite piuttosto delle medicine!».
Nel 1524 Paracelso, ricco di esperienza ma povero in canna, ritornò per
qualche tempo a casa del padre nella valle mineraria, e tornò nuovamente
a lavorare nelle miniere e nelle fonderie. Le malattie polmonari, comuni
in quei luoghi, gli diedero parecchie opportunità di aiutare i pazienti
e di studiare i loro mali. Frutto di tale esperienza fu il primo libro
mai scritto su una malattia professionale, dal titolo: Sulla consunzione
nei minatori.
Successivamente Paracelso cercò di stabilirsi nella vicina Salisburgo, ma
sfortunatamente venne coinvolto dalla parte dei contadini in una rivolta
locale e dovette lasciare prontamente la città. Nel 1526 si recò in
Baviera, nel Wiirttemberg, nel Baden e infine cercò di stabilirsi a
Strasburgo, dove sembrò che fosse giunta l'ora del suo trionfo.
Il famoso editore del Rinascimento, Froben, soffriva di una persistente
infezione alla gamba. I medici locali avevano proposto l'amputazione,
che all'epoca era un procedimento molto pericoloso e spesso fatale,
perciò amici comuni suggerirono che l'illustre medico visitasse
l'illustre paziente. Froben mandò a chiamare Paracelso e lo ospitò nella
sua casa di Basilea (oggi sede del Museo della storia della
farmacologia). Con la fortuna dalla sua parte, Paracelso riuscì
rapidamente a curare l'infezione del paziente e fu così che il suo
successo come medico sembrò essere finalmente riconosciuto. L'editore
esortò il Consiglio cittadino di Basilea a offrire a Paracelso gli
incarichi di medico municipale e professore all'Università, e questi
accettò prontamente.
La Facoltà universitaria non era tuttavia disposta ad accettare quel
ribelle, che non era riuscito a fornire nessuna prova del conseguimento
di una laurea in medicina e che teneva le lezioni in dialetto
svizzero-tedesco anziché in dotto latino. Le sue lezioni erano molto
frequentate, ma la Facoltà si riteneva offesa, e Paracelso iniziò subito
ad alimentare il fuoco della propria distruzione: con il suo
autoritarismo rude e dittatoriale irritava i medici del luogo, i
farmacisti e i dirigenti cittadini e insultava pubblicamente i suoi
colleghi professori. Per causa sua il Canone di Avicenna venne gettato
nel falò che gli studenti organizzavano prima delle vacanze.
Infine, sebbene fosse amato da coloro che aveva guarito, con le sue azioni
e i suoi opuscoli Paracelso distrusse ogni briciolo di rispettabilità
che gli era rimasto e il Consiglio cittadino perse la pazienza e
incaricò la Polizia di andare ad arrestare il colpevole, il quale, però,
avvisato da un amico, fuggì dalla città durante la notte. Nessuna
autorità — medica, ecclesiastica o civile che fosse — era abbastanza
potente da salvarsi dagli attacchi della lingua o della penna di
Paracelso, tuttavia il suo prestigio non ebbe mai la possibilità di
elevarsi a un livello tale da proteggerlo dalle ritorsioni; per cui,
ogni volta, l'unica alternativa restava la fuga.
Infine, nel 1540 il Principe e Vescovo di Salisburgo gli offrì asilo ed
egli, esausto, trascorse i suoi ultimi giorni in relativa calma nella
città da cui una volta era stato espulso. Gli anni che aveva vissuto,
sebbene non numerosi, non avevano avuto molti riguardi per il suo
fisico. Si suppone che abbia fatto testamento il giorno del suo
quarantottesimo compleanno e, dopo tre giorni, il 24 settembre 1541,
morì, probabilmente vittima delle fatiche e dello stress di una vita
irrequieta e sventurata.
È difficile formulare un giudizio obbiettivo su una personalità così
contraddittoria. Senza dubbio Paracelso fu uno degli individui più
arroganti e sregolati della storia della medicina e, anche se spesso fu
additato come impostore, non rientra certo in tale categoria. Infatti,
rispetto agli uomini di medicina del suo tempo, Paracelso fu sotto vari
aspetti un antesignano e, se si fosse conformato un po' di più alle
regole, avrebbe potuto diventare un uomo ricco. Il suo straordinario
successo come medico non può essere attribuito solo alla sua
personalità, ma fu dovuto certamente a una effettiva capacità di
guarire.
Dovunque andò Paracelso lasciò dietro di sé una scia di 'cucine chimiche'.
Quando i suoi clienti erano generosi le costruiva appositamente, per
poter esercitare la tanto amata alchimia; nei periodi di povertà,
preparava le sue medicine sulla carbonella, accanto alla zuppa
dell'ostessa. Con i suoi esperimenti e con le relative applicazioni
mediche, Paracelso inaugurò l'era della iatrochimica, che anticipa la
chemioterapia del XX secolo.
Fu Paracelso a introdurre lo stagno in polvere come antelmintico, a
rendere di attualità l'antimonio, ad introdurre in medicina lo zinco e i
sali di zinco, a usare i composti di mercurio anziché il mercurio
metallico per la sifilide e a cercare di stabilire dei dosaggi precisi
per ciascuna di queste sostanze. Utilizzò inoltre composti di piombo,
arsenico, rame e ferro, e conosceva l'acido solforico.
La sua raccomandazione di usare sostanze chimiche pure per curare
determinate malattie fu forse uno dei maggiori contributi da lui dati
alla medicina. Naturalmente i suoi contemporanei si opposero duramente a
questi metodi rivoluzionari, ma le generazioni successive di medici se
ne avvalsero e continuarono a svolgere esperimenti sull'uso delle
sostanze chimiche in medicina.
La teoria di Paracelso che le malattie derivano dalle spore è una versione
ante litteram della teoria dei germi, e le malattie che egli definiva
'tartariche' sono una prima intuizione dei disturbi metabolici. Inoltre,
il suo atteggiamento comprensivo nei confronti dei pazienti con disturbi
mentali rivela una notevole sensibilità nel campo della psichiatria e
della psicosomatica.
Un'altra difficoltà nel valutare la portata del contributo che Paracelso
ha dato alla medicina è l'alterazione che esso ha subito a opera sia dei
detrattori sia dei discepoli. In quanto uomini di medicina, i suoi
discepoli fecero ben poco perché gli fossero ascritti dei meriti: la
chirurgia da essi praticata era rudimentale, l'uso di sostanze chimiche
forti non veniva mitigato da alcuna precauzione nei dosaggi, elemento
che invece era essenziale nel metodo di Paracelso, ma fu a lui che venne
addossata la colpa dei loro errori.
Per inquadrare Paracelso nella giusta prospettiva, bisogna ricordare che
nel primo Rinascimento una personalità così eccentrica come la sua non
era affatto un caso isolato. Erano infatti parecchi gli
'anticonformisti', tutti sostenitori di idee fortemente rivoluzionarie
nei settori della religione, dell'economia, della politica, delle
scienze e della medicina. Ma le rivoluzioni non procedono in modo
ordinato e razionale e le fondamenta del futuro, gettate da tali
rivoluzioni, vengono spesso sommerse dai detriti e dalle rovine delle
vecchie strutture che crollano a causa loro.
Forse Paracelso aveva capito qual era stata per lui la chiave del
successo, nonostante le sue mancanze, quando scrisse: «Mi hanno
scacciato dalla Lituania, e dalla Prussia e dalla Polonia [...] neanche
agli Olandesi piacevo e nemmeno agli atenei [...] ma, grazie al cielo, i
pazienti mi amavano!».
NOTE
1 -
Peter Lowe, di Glasgow (1550-1612), scrisse e pubblicò il primo trattato
di chirurgia in inglese: Disease of the Whole Art of Chirugeria (1597).
2 - Nel
XIX secolo Robert Browning scrisse un poema su Paracelso, celebrandolo
come un grande riformatore incompreso, Osler lo chiama il 'Lutero della
Medicina' e Garrison vede in lui «il pensatore più originale del '500».
Withington, invece, lo considera un semplice imbonitore, «assai
inferiore a Vesalio o a Harvey».
3 -
Le opere di Paracelso
sono state invece molto apprezzate dagli storici della medicina
tedeschi, specialmente da K. Sudhoff (cfr. ad esempio Paracelsus. Ein
deutsches Lebensbild aus den Tagen der Renaissance, Leipzig 1936). A
Sudhoff si deve anche una traduzione in tedesco di tutte le opere di
Paracelso, pubblicata in 12 volumi a Jena tra il 1926 e il 1932..
4 -
I continuatori della sua
opera, specie in Germania e in Inghilterra, per un secolo o più furono
membri di una setta nota col nome di Rosacroce, fondata, così si
credeva, da un monaco di nome Rosenkreuz, la cui fittizia personalità è
ormai accertata. 12esponente principale della setta in Inghilterra era
un alchimista, tale Robert Fludd (1574-1637). Un libro intitolato Il
carro trionfale dell'antimonio (1604), che suscitò la moda di curare
ogni malattia con quel metallo, sarebbe stato scritto nel 1400 da un
monaco, Basilio Valentino, la cui esistenza non è stata mai dimostrata.
Altri attribuiscono il libro all'editore, certo Tholde, mentre altri
ancora lo vorrebbero opera dello stesso Paracelso.
5 -
In quest'opera Paracelso
sostiene essere l'organismo umano composto di tre elementi: zolfo,
mercurio e sale; ciò che arde è zolfo, ciò che fuma è mercurio e le
ceneri sono sale. Ogni manifestazione del corpo dipende dalle
proporzioni e dall' azione di questi tre elementi e le malattie tutte
sono conseguenze di sproporzioni fra essi, da curarsi con uno dei tre o
con un suo derivato; fondamentalmente non v'erano dunque che tre
malattie e tre rimedi.
6 -
La filosofia
rappresentava la via maestra per avvicinarsi alla medicina; chiunque vi
si accostasse per altre strade era ladro o assassino. L'astronomia era
una componente essenziale, essendo il sentiero della vera terapia
segnato nei cieli. Lalchimia era necessaria per allestire i rimedi, e la
virtù infine era la più indispensabile fra le quattro, sebbene soltanto
a pochi medici era dato comprendere le vie della Provvidenza.
7 -
Altre fonti sostengono che la madre era soprintendente di un Ospedale di
Basilea!
"Parè: La Chirurgia Acquista Prestigio"
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