Home Page

Artisti Lucani

Guest Book

Collaborazione

Torre Molfese

le OPERE

S. Arcangelo


<< INDIETRO

H  O  M  E

AVANTI >>


STORIA DELLA MEDICINA PER IMMAGINI

ANTONIO MOLFESE
 

PARACELSO: 'LA PROCELLARIA' DELLA MEDICINA

L'ILLUSTRAZIONE

Paracelso, la figura più controversa della storia della medicina, viene mostrato in una delle sue 'cucine chimiche', mentre si accinge a scrivere uno dei suoi opuscoli mistici e spesso causticamente offensivi. Il laboratorio, la scrivania e le pile di manoscritti rispecchiano il suo abituale disordine. Le sperimentazioni alchemiche, le speculazioni mistiche, la scrittura prolifica e la pratica empirica della medicina sono tutti aspetti più o meno confusi della sua vita. Sebbene fosse un'anima inquieta, che non riusciva a rimanere per molto tempo in uno stesso luogo, egli promosse l'uso delle sostanze chimiche nella pratica medica e contribuì a far allontanare la medicina del Rinascimento dalle nozioni di Galeno.

 

PREMESSA

Il medico deve essere viaggiatore, poiché deve essere curioso di tutte le cose del mondo.
L'esperienza deve aggiungersi all'esperimento.

I Rinascimento non si limitò a riscoprire l'antica cultura greco-romana, ma rivoluzionò tutti i valori propri dell'uomo, rifiutando il dogmatismo scolastico e le limitazioni tradizionali imposte dalla Chiesa. L'evoluzione della medicina e della chirurgia rinascimentali, dai giorni di Ambroise Paré a quelli di Peter Lowe(1), andò di pari passo con l'affermarsi del movimento culturale. Per primo ci balza incontro Paracelso, uomo bizzarro, teso alla ricerca di metodi di cura nuovi e migliori. Non è facile giudicare quale sia stata l'effettiva influenza di questo personaggio sul progresso della medicina, dal momento che sia in vita sia dopo la morte molti lo considerarono un ciarlatano, un medicastro ubriacone, uno spregevole impostore, mentre i più benevoli gli concessero l'attenuante della follia(2).
Gli scritti di Paracelso non sono di facile lettura, le sue teorie sono molto complesse, e ciò, in aggiunta alla mancanza di una traduzione inglese, ha reso l'autore inaccessibile alla maggior parte degli studiosi e ha contribuito a perpetuarne l'impopolarità
(3).
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, meglio conosciuto col nome di Paracelso (1493-1541), nacque ad Einsiedeln, nei pressi di Zurigo, da un medico di campagna. Seguì giovanetto il padre, che fu chiamato a coprire la carica di medico a Villach, in Carinzia, nelle cui vicinanze si trovavano le miniere di piombo dei Fugger; fu lì che, lavorando come aiutante nei laboratori, Paracelso si sentì per la prima volta affascinato dalla mineralogia e dalla chimica e gettò le basi dei suoi studi a venire. Si dice che abbia frequentato l'Università di Basilea, ma non si hanno documenti che lo confermino; sappiamo invece che iniziò allora quelle peregrinazioni, che per dodici anni dovevano portarlo a Montpellier e nei centri del sapere d'Italia (Bologna e Padova), e poi in lungo e in largo per l'Europa. Visitò la Francia, la Spagna, prestando servizio militare nei Paesi Bassi, si spinse fino alle miniere di stagno della Cornovaglia ed esplorò le ricchezze minerarie della Svezia, per giungere infine in Russia e in Turchia.
Furono anni di grande produzione scientifica, pur insegnando egli nel frattempo, quando gliene si offriva l'occasione, tanto da acquistare vasta notorietà e da essere nominato, al ritorno nella nativa Svizzera, 'medico cittadino' di Basilea e docente in medicina presso quell'università. Qui diede pieno sfogo alla sua intolleranza e scandalizzò le autorità parlando dalla cattedra in tedesco anziché in latino, componendo da sé le medicine e criticando violentemente non solo gli scrittori dell'antichità, ma anche i metodi di colleghi e contemporanei. Come preludio alle sue lezioni, bruciò sulla pubblica piazza le opere di Galeno e di Avicenna, in quanto riteneva necessario rompere completamente con il passato, per poter progredire. Contrario ai medici ammantati di velluto, scelse per sé indumenti semplici, portando però una spada, che aveva l'abitudine di brandire quand'era solo nel suo studio, e con la quale è ritratto in diversi quadri. Violento e impetuoso, si fece molti nemici e, coinvolto in una disputa intorno ai compensi, dovette lasciare Basilea, a soli due anni dall'arrivo, per riprendere le sue peregrinazioni. Fu a Colmar, a San Gallo, a Zurigo e altrove, sempre professionista di grido, tanto che, pur suscitando ovunque ostilità, acquistò fama europea; nel 1541 approdò infine a Salisburgo, stremato dall'infaticabile lavoro, non già alla ricerca di lucro o d'onori, ma solo assetato di sapere e di verità. Era l'ultima stazione del lungo viaggio: vi mori il 24 settembre 1541.
Paracelso fu una delle figure più interessanti della medicina rinascimentale; scrittore fecondo — sebbene poche sue opere siano apparse mentre era in vita — fu lui stesso a vaticinare che anche dopo la sua morte non sarebbe stato compreso per almeno vent'anni (la prima edizione delle sue opere usci presso Huser di Basilea, nel 1591). Gli furono attribuiti molti scritti di cui non era l'autore, spesso dovuti ai paracelsisti
(4). La sua opera principale fu Paramirum(5).
Non è facile riassumere l'insegnamento di Paracelso, né discutere nei dettagli le sue idee circa la concezione chimica della vita. È indispensabile però accennare all'importante dottrina paracelsiana. Secondo l'autore tutta la medicina riposava su quattro pilastri o colonne
(6): filosofia, astronomia, alchimia e virtù.
Definendo la filosofia pilastro della medicina, egli intendeva dire — da vero seguace di Ippocrate, di cui condivideva la fede nell'osservazione, anziché nella speculazione — che era indispensabile la conoscenza dei fenomeni naturali; coniò la parola archaeus per indicare il cuore degli elementi, meccanismo rinnovatore e riparatore naturale dell'organismo umano. Disprezzava l'anatomia, incapace com'era di vedere quali conoscenze si sarebbero potute ricavare da un corpo morto; occorre tuttavia tener conto del fatto che egli esprimeva queste idee alcuni anni prima che Vesalio cambiasse tutta la concezione dell'anatomia e la trasformasse in una scienza viva.
L 'astronomia di Paracelso, il secondo pilastro, non si identifica con l'astrologia dei suoi tempi: pur ammettendo che la vita su questa terra subisce l'influenza degli astri, egli non accettava l'idea che questi governassero il destino del singolo, né credeva negli oroscopi.
Il terzo pilastro, quello dell'alchimia, cui egli si dedicò con passione, non consisteva nella vana ricerca della pietra filosofale, bensì era un tentativo di spiegare salute e malattie in termini chimici. Compito dell' alchimista era quello di separare il veleno dal cibo; non praticandosi questa separazione, il veleno si depositava sui denti e nelle viscere. Tale veleno, denominato 'tartaro', era considerato da Paracelso la causa della gotta e delle litiasi.
Quanto al quarto pilastro, la virtù, era il fattore più potente: il medico doveva essere timorato di Dio, perché la medicina, travalicando il compito materiale di accostare tra loro fatti disparati, aveva anche un suo lato spirituale: come il giglio diffonde un profumo invisibile, così il corpo invisibile emana il suo influsso guaritore. Solo la fede in Dio, affermava, può far sì che un tale influsso non sia maligno. Pensiero, questo, da ascrivere a un uomo assai più spirituale che non l'individuo 'abbrutito dall'alcool' descritto da qualcuno dei suoi denigratori.
Si dice anche che Paracelso credesse nel medicamento delle armi o 'polvere simpatica': questa strana pratica, sostenuta più tardi da sir Kenelm Digby, consisteva nell'applicare certi farmaci all'arma che aveva causato la ferita, anziché alla ferita stessa. Alcuni dei sostenitori di tale terapia ebbero a soffrire la prigionia per avere affermato che il suo meccanismo d'azione era simile a quello di certe guarigioni operate da reliquie di Santi.
Paracelso accettava anche la credenza nelle concordanze o similitudini: ad esempio, il ciclamino veniva utilizzato nel trattamento delle malattie dell'orecchio, perché la sua foglia aveva la forma del padiglione auricolare, il polmone della volpe serviva per le malattie polmonari e un rimedio giallo serviva per la cura dell'itterizia. Tali idee, però, non ebbero peso nel suo sistema terapeutico.
Per primo ebbe il merito d'introdurre nella farmacopea il ferro, l'antimonio, i sali minerali e altre sostanze inorganiche; egli cercava le 'quintessenze' o, come diremmo oggi, i 'principi attivi' dei rimedi. Molto si è discusso del suo 'laudano' — uno dei farmaci da lui prediletti — senza che fino ad ora se ne sia potuta chiarire esattamente la composizione, potendosi solo escludere che fosse l'oppiaceo di uso attuale.
Di chirurgia, Paracelso si occupò molto poco, però le sue idee erano assennate. Sebbene egli considerasse la litotomia l'unica operazione giustificabile, fece però osservare come la Natura avesse un suo metodo per guarire le ferite, chiudendone i margini con un 'balsamo' elaborato dall'organismo stesso.
La grande e rivoluzionaria personalità di Paracelso, con il suo contributo al progresso della medicina, fu un vero esempio di indipendenza speculativa. Non fu un Vesalio e nemmeno un Harvey. Può darsi che fosse affetto da sifilide congenita, come si è affermato, o che fosse un beone, certo era vanaglorioso, intollerante, scriteriato — il tipo del filisteo della medicina — però era sincero e onesto, e, a modo suo, anche pio, mistico ed enigmatico. Frainteso e incompreso, rimane pur sempre una delle grandi figure della storia della medicina.

 

LA SCHEDA

Nella lunga storia della medicina nessun personaggio ha lasciato un'eredità più controversa di Paracelso. Ancora oggi, a più di 400 anni dalla sua morte, egli viene elogiato e biasimato, venerato e denigrato, posto su un piedistallo come un Santo e condannato come il peggior impostore. Per alcuni, i suoi scritti mistici sono da considerarsi il frutto di una mente all'avanguardia rispetto al suo tempo e capace di pensieri e intuizioni straordinarie, che andavano ben oltre quanto i suoi contemporanei fossero in grado di comprendere. Secondo altri, le sue frasi complicate, scritte con la penna intinta nel vetriolo, non sono altro che un insieme di grossolanità e di vanità che celano ignoranza e superstizione. Pare che il termine inglese bombast, che vuol dire «magniloquenza», derivi dal vero nome di Paracelso, che è Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim. Il nome d'arte Paracelso, lanciato contro gli accademici in segno di sfida, in quanto significa 'migliore di Gelso', riflette perfettamente il suo atteggiamento megalomane. Pachter scrive che era stato o un Re, o un mendicante, mai un gentiluomo.
Indubbiamente Paracelso rispecchia le aspirazioni violente e confuse dell'uomo comune dell'inizio del XVI secolo. Ackerknecht dice di lui: «Era più moderno di gran parte dei suoi contemporanei, per l'irriducibile spinta verso il nuovo e per il rifiuto della cieca obbedienza all'autoritarismo e ai libri; d'altra parte però, era anche più medievale dei suoi contemporanei, per quella sua religiosità mistica che tutto pervade». Egli viene infatti ricordato non tanto per ciò che fece, quanto per la sua lotta contro l'ortodossia.
Paracelso nacque ad Einsiedeln, in Svizzera, nel 1493. Il padre, Wilhelm, era un discendente illegittimo della nobile famiglia tedesca degli Hohenheim e praticava la medicina; la madre era una serva
(7), che pare fosse incline alla depressione mentale e che si suicidò quando il figlio aveva solo nove anni. Il padre si trasferì allora con il figlio rachitico a Villach, in Carinzia, dove il maggiore dei von Hohenheim si occupava dei minatori che lavoravano nelle miniere di proprietà della famosa famiglia di banchieri Fugger. Nelle miniere si praticava attivamente l'alchimia (la chimica di allora) e le impressioni che il giovane Paracelso ricevette in quel luogo lo avrebbero influenzato per tutta la vita.
Condizionato dagli insegnamenti del padre, nel 1507 Paracelso divenne uno studioso itinerante; ma, insieme alla disposizione per la medicina, sembra che avesse anche una certa predilezione per le bevande alcoliche, a causa della quale fu in seguito più volte criticato. I suoi studi lo portarono nelle Università di Heidelberg, Friburgo, Colonia, Tubinga, Vienna, Erfurt e, nel 1513, al di là delle Alpi, a Ferrara.
Insoddisfatto delle nozioni galeniche insegnate nelle università che frequentava, Paracelso iniziò a disprezzare quei riveriti volumi e a inventare una personale pratica medica. Egli divenne allora un medico itinerante, che viaggiava da una città all'altra vestito a volte di stracci sporchi, a volte in abiti sgargianti. La sua unica compagna di viaggio era una grande spada, nel cui manico teneva nascoste le medicine più preziose. Andò in giro per tutta l'Europa meridionale, applicando la sua nuova scienza e, nonostante la sua eterodossia, sembra che i risultati fossero eccellenti. Dalle locande sul ciglio della strada ai palazzi nobiliari, la sua arte acquisì una grande fama, gli venne chiesto di curare pazienti che gli altri medici avevano rinunciato a curare, e le sue cure furono considerate miracolose. Proprio a causa di questo successo venne sospettato di praticare la magia nera, reputazione che rimase associata al suo nome per secoli.
Eppure, malgrado la sua popolarità, Paracelso riuscì a provocare l'ostilità di persone autorevoli nel campo della medicina, dell'istruzione e della politica. Una dopo l'altra, le comunità locali dei paesi che visitava consideravano la sua presenza intollerabile; così era sempre più spesso costretto a trasferirsi altrove. Sebbene a volte venisse ospitato dai Re, rimase sempre vicino ai cittadini comuni e ai servi, e quantunque fosse un uomo religioso, si sentiva più a suo agio nelle osterie che nei conventi e non di rado il suo modo di vestire trasandato lo faceva assomigliare più a un carrettiere che a un medico rinomato.
Le numerose guerre dei primi del Cinquecento fornirono a Paracelso molte opportunità di praticare la chirurgia. E, anche se i lettori moderni potrebbero considerare le sue pratiche un insieme di disgustosi rimedi popolari intrisi di superstizione, dalla sua esperienza di chirurgo derivano alcuni princìpi fortemente innovativi per il suo tempo, e fortemente avversati dai suoi contemporanei. Insisteva, ad esempio, che le ferite dovevano essere tenute sempre pulite, e scriveva: «Se si previene l'infezione, la Natura guarirà da sola la ferita». Inoltre, fu tra i primi ad aver cercato di determinare i dosaggi delle sostanze chimiche in modo scientifico.
Dopo aver prestato servizio nelle campagne di guerra in Italia, Paracelso si recò in Spagna, a Parigi e in Inghilterra, per poi ritornare alle guerre in Olanda e in Svezia. Alla fine delle ostilità, viaggiò attraverso la Russia, si recò a Costantinopoli e in Egitto, e nel viaggio di ritorno passò dalle isole greche e dai Balcani, visitando le miniere e incontrando gli alchimisti che vi lavoravano. Agli alchimisti, che considerava delle anime affini, spesso raccomandava: «Smettete di cercare l'oro, scoprite piuttosto delle medicine!».
Nel 1524 Paracelso, ricco di esperienza ma povero in canna, ritornò per qualche tempo a casa del padre nella valle mineraria, e tornò nuovamente a lavorare nelle miniere e nelle fonderie. Le malattie polmonari, comuni in quei luoghi, gli diedero parecchie opportunità di aiutare i pazienti e di studiare i loro mali. Frutto di tale esperienza fu il primo libro mai scritto su una malattia professionale, dal titolo: Sulla consunzione nei minatori.
Successivamente Paracelso cercò di stabilirsi nella vicina Salisburgo, ma sfortunatamente venne coinvolto dalla parte dei contadini in una rivolta locale e dovette lasciare prontamente la città. Nel 1526 si recò in Baviera, nel Wiirttemberg, nel Baden e infine cercò di stabilirsi a Strasburgo, dove sembrò che fosse giunta l'ora del suo trionfo.
Il famoso editore del Rinascimento, Froben, soffriva di una persistente infezione alla gamba. I medici locali avevano proposto l'amputazione, che all'epoca era un procedimento molto pericoloso e spesso fatale, perciò amici comuni suggerirono che l'illustre medico visitasse l'illustre paziente. Froben mandò a chiamare Paracelso e lo ospitò nella sua casa di Basilea (oggi sede del Museo della storia della farmacologia). Con la fortuna dalla sua parte, Paracelso riuscì rapidamente a curare l'infezione del paziente e fu così che il suo successo come medico sembrò essere finalmente riconosciuto. L'editore esortò il Consiglio cittadino di Basilea a offrire a Paracelso gli incarichi di medico municipale e professore all'Università, e questi accettò prontamente.
La Facoltà universitaria non era tuttavia disposta ad accettare quel ribelle, che non era riuscito a fornire nessuna prova del conseguimento di una laurea in medicina e che teneva le lezioni in dialetto svizzero-tedesco anziché in dotto latino. Le sue lezioni erano molto frequentate, ma la Facoltà si riteneva offesa, e Paracelso iniziò subito ad alimentare il fuoco della propria distruzione: con il suo autoritarismo rude e dittatoriale irritava i medici del luogo, i farmacisti e i dirigenti cittadini e insultava pubblicamente i suoi colleghi professori. Per causa sua il Canone di Avicenna venne gettato nel falò che gli studenti organizzavano prima delle vacanze.
Infine, sebbene fosse amato da coloro che aveva guarito, con le sue azioni e i suoi opuscoli Paracelso distrusse ogni briciolo di rispettabilità che gli era rimasto e il Consiglio cittadino perse la pazienza e incaricò la Polizia di andare ad arrestare il colpevole, il quale, però, avvisato da un amico, fuggì dalla città durante la notte. Nessuna autorità — medica, ecclesiastica o civile che fosse — era abbastanza potente da salvarsi dagli attacchi della lingua o della penna di Paracelso, tuttavia il suo prestigio non ebbe mai la possibilità di elevarsi a un livello tale da proteggerlo dalle ritorsioni; per cui, ogni volta, l'unica alternativa restava la fuga.
Infine, nel 1540 il Principe e Vescovo di Salisburgo gli offrì asilo ed egli, esausto, trascorse i suoi ultimi giorni in relativa calma nella città da cui una volta era stato espulso. Gli anni che aveva vissuto, sebbene non numerosi, non avevano avuto molti riguardi per il suo fisico. Si suppone che abbia fatto testamento il giorno del suo quarantottesimo compleanno e, dopo tre giorni, il 24 settembre 1541, morì, probabilmente vittima delle fatiche e dello stress di una vita irrequieta e sventurata.
È difficile formulare un giudizio obbiettivo su una personalità così contraddittoria. Senza dubbio Paracelso fu uno degli individui più arroganti e sregolati della storia della medicina e, anche se spesso fu additato come impostore, non rientra certo in tale categoria. Infatti, rispetto agli uomini di medicina del suo tempo, Paracelso fu sotto vari aspetti un antesignano e, se si fosse conformato un po' di più alle regole, avrebbe potuto diventare un uomo ricco. Il suo straordinario successo come medico non può essere attribuito solo alla sua personalità, ma fu dovuto certamente a una effettiva capacità di guarire.
Dovunque andò Paracelso lasciò dietro di sé una scia di 'cucine chimiche'. Quando i suoi clienti erano generosi le costruiva appositamente, per poter esercitare la tanto amata alchimia; nei periodi di povertà, preparava le sue medicine sulla carbonella, accanto alla zuppa dell'ostessa. Con i suoi esperimenti e con le relative applicazioni mediche, Paracelso inaugurò l'era della iatrochimica, che anticipa la chemioterapia del XX secolo.
Fu Paracelso a introdurre lo stagno in polvere come antelmintico, a rendere di attualità l'antimonio, ad introdurre in medicina lo zinco e i sali di zinco, a usare i composti di mercurio anziché il mercurio metallico per la sifilide e a cercare di stabilire dei dosaggi precisi per ciascuna di queste sostanze. Utilizzò inoltre composti di piombo, arsenico, rame e ferro, e conosceva l'acido solforico.
La sua raccomandazione di usare sostanze chimiche pure per curare determinate malattie fu forse uno dei maggiori contributi da lui dati alla medicina. Naturalmente i suoi contemporanei si opposero duramente a questi metodi rivoluzionari, ma le generazioni successive di medici se ne avvalsero e continuarono a svolgere esperimenti sull'uso delle sostanze chimiche in medicina.
La teoria di Paracelso che le malattie derivano dalle spore è una versione ante litteram della teoria dei germi, e le malattie che egli definiva 'tartariche' sono una prima intuizione dei disturbi metabolici. Inoltre, il suo atteggiamento comprensivo nei confronti dei pazienti con disturbi mentali rivela una notevole sensibilità nel campo della psichiatria e della psicosomatica.
Un'altra difficoltà nel valutare la portata del contributo che Paracelso ha dato alla medicina è l'alterazione che esso ha subito a opera sia dei detrattori sia dei discepoli. In quanto uomini di medicina, i suoi discepoli fecero ben poco perché gli fossero ascritti dei meriti: la chirurgia da essi praticata era rudimentale, l'uso di sostanze chimiche forti non veniva mitigato da alcuna precauzione nei dosaggi, elemento che invece era essenziale nel metodo di Paracelso, ma fu a lui che venne addossata la colpa dei loro errori.
Per inquadrare Paracelso nella giusta prospettiva, bisogna ricordare che nel primo Rinascimento una personalità così eccentrica come la sua non era affatto un caso isolato. Erano infatti parecchi gli 'anticonformisti', tutti sostenitori di idee fortemente rivoluzionarie nei settori della religione, dell'economia, della politica, delle scienze e della medicina. Ma le rivoluzioni non procedono in modo ordinato e razionale e le fondamenta del futuro, gettate da tali rivoluzioni, vengono spesso sommerse dai detriti e dalle rovine delle vecchie strutture che crollano a causa loro.
Forse Paracelso aveva capito qual era stata per lui la chiave del successo, nonostante le sue mancanze, quando scrisse: «Mi hanno scacciato dalla Lituania, e dalla Prussia e dalla Polonia [...] neanche agli Olandesi piacevo e nemmeno agli atenei [...] ma, grazie al cielo, i pazienti mi amavano!».

 

NOTE

1 - Peter Lowe, di Glasgow (1550-1612), scrisse e pubblicò il primo trattato di chirurgia in inglese: Disease of the Whole Art of Chirugeria (1597).

2 - Nel XIX secolo Robert Browning scrisse un poema su Paracelso, celebrandolo come un grande riformatore incompreso, Osler lo chiama il 'Lutero della Medicina' e Garrison vede in lui «il pensatore più originale del '500». Withington, invece, lo considera un semplice imbonitore, «assai inferiore a Vesalio o a Harvey».

3 - Le opere di Paracelso sono state invece molto apprezzate dagli storici della medicina tedeschi, specialmente da K. Sudhoff (cfr. ad esempio Paracelsus. Ein deutsches Lebensbild aus den Tagen der Renaissance, Leipzig 1936). A Sudhoff si deve anche una traduzione in tedesco di tutte le opere di Paracelso, pubblicata in 12 volumi a Jena tra il 1926 e il 1932..

4 - I continuatori della sua opera, specie in Germania e in Inghilterra, per un secolo o più furono membri di una setta nota col nome di Rosacroce, fondata, così si credeva, da un monaco di nome Rosenkreuz, la cui fittizia personalità è ormai accertata. 12esponente principale della setta in Inghilterra era un alchimista, tale Robert Fludd (1574-1637). Un libro intitolato Il carro trionfale dell'antimonio (1604), che suscitò la moda di curare ogni malattia con quel metallo, sarebbe stato scritto nel 1400 da un monaco, Basilio Valentino, la cui esistenza non è stata mai dimostrata. Altri attribuiscono il libro all'editore, certo Tholde, mentre altri ancora lo vorrebbero opera dello stesso Paracelso.

5 - In quest'opera Paracelso sostiene essere l'organismo umano composto di tre elementi: zolfo, mercurio e sale; ciò che arde è zolfo, ciò che fuma è mercurio e le ceneri sono sale. Ogni manifestazione del corpo dipende dalle proporzioni e dall' azione di questi tre elementi e le malattie tutte sono conseguenze di sproporzioni fra essi, da curarsi con uno dei tre o con un suo derivato; fondamentalmente non v'erano dunque che tre malattie e tre rimedi.

6 - La filosofia rappresentava la via maestra per avvicinarsi alla medicina; chiunque vi si accostasse per altre strade era ladro o assassino. L'astronomia era una componente essenziale, essendo il sentiero della vera terapia segnato nei cieli. Lalchimia era necessaria per allestire i rimedi, e la virtù infine era la più indispensabile fra le quattro, sebbene soltanto a pochi medici era dato comprendere le vie della Provvidenza.

7 - Altre fonti sostengono che la madre era soprintendente di un Ospedale di Basilea!


 

"Parè: La Chirurgia Acquista Prestigio"  SEGUE >>       

 

 

 

[ Mailing List ] [ Home ] [ Scrivimi ]