L'ERA DEGLI ANTIBIOTICI
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L'ILLUSTRAZIONE
Nel 1940, quando Alexander
Fleming, batteriologo inglese che nel 1928 aveva scoperto la
penicillina, seppe che Florey, Chain e la loro 'squadra' avevano
isolato tale antibiotico e che, dopo averlo sperimentato sui topi
alla Sir William Dunn School of Pathology di Oxford, avevano avuto
esiti positivi sulla sua efficacia e tossicità, decise di andarli a
trovare e vedere il loro lavoro. Nel 1945 i tre scienziati
ricevettero ex aequo il Nobel per la medicina. Grazie alla
collaborazione tra gli scienziati, i governi e le istituzioni
inglesi e americane, furono elaborati dei metodi di produzione di
massa della penicillina, vennero soddisfatte le esigenze di guerra e
fu dato il via a nuove ricerche. Gli antibiotici segnarono una
rivoluzione nella pratica della medicina. Nel laboratorio vediamo:
Fleming, Howard W. Florey, Ernst B. Chain, A. G. Sanders, E. P.
Abraham e N. G. Heatley. |
PREMESSA
Una
fortunata coincidenza serve solo a uno spirito preparato.
I primi
provvedimenti medici contro le malattie infettive chiamarono in causa le
difese naturali(1),
fino a quando la scienza prese a prestito, copiato dalla natura e resi
disponibili i mezzi terapeutici attualmente in auge nella lotta contro i
germi patogeni: gli 'antibiotici'. Sebbene siano di produzione sintetica
e industriale, si tratta in fondo di prodotti metabolici di funghi,
batteri o piante.
Mentre la chemioterapia delle malattie infettive era determinata da una
sistematica ricerca, preparazione e sperimentazione, nella scoperta
degli antibiotici un ruolo importante venne attribuito al caso.
L'effetto distruttivo che un essere vivente esercita su un altro nel
caso di stretta convivenza, venne definito, già nel 1889, dal botanico
francese Paul-Jean Vuillemin a Nancy, 'antibiosi': «quando due corpi
viventi si uniscono intimamente e uno di essi esercita una funzione
distruttiva su una parte più o meno estesa dell'altro, si può dire che
c'è antibiosi», in contrasto con la 'simbiosi', necessaria per entrambe
le parti(2).
Il concetto di antibiotico e la stessa parola non erano, dunque,
recenti: che certe specie ostacolassero l'esistenza di altre, era una
osservazione abbastanza comune nel XIX secolo, e già Spallanzani aveva
notato un certo antagonismo tra i microbi della putrefazione e della
fermentazione, così come Lister(3),
Pasteur e Joubert(4)
nel 1877. Vincenzo Tiberio, medico della Marina italiana, batteriologo e
autore di numerose pubblicazioni(5)
con un ampio studio illustrava la preparazione delle colture di
Penicillium glaucum, Aspergillus flavus, Mucor mucido, poi la
separazione dell'estratto, con esame del suo potere battericida e infine
l'azione delle muffe nelle infezioni sperimentali da bacillo del tifo e
vibrione del colera. Si trattava di esperienze e osservazioni che
collimavano in modo sorprendente con quelle moderne, e molti altri studi
seguirono sullo stesso argomento(6).
Questa era dunque la situazione negli anni in cui Alexander Fleming(7)
cominciava a occuparsi del problema 'antibiosi' ed esistenza di sostanze
antibiotiche, ma l'ipotesi di uno sfruttamento terapeutico, avanzata da
Pasteur e da Tiberio, si era arenata. Fleming, come Colebrooke, il
medico che effettuò nel 1936 la prima sperimentazione sistematica dei
sulfamidici, apparteneva alla scuola fisiologica; negli anni subito dopo
la guerra il loro interesse andava ai meccanismi di difesa naturali
dell'organismo, più che alle indiscutibili possibilità della
chemioterapia; a questo indirizzo di ricerca apparteneva anche la
scoperta del 'lisozima'(8).
La scoperta della penicillina avvenne in un giorno del 1928, nel
laboratorio di Fleming al St. Mary's Hospital(9)
e a questa contribuì un incredibile concorso di circostanze favorevoli. La
prima applicazione pratica, pubblicata da Fleming nel 1929, mise in
risalto solo l'utilità della muffa per l'isolamento in laboratorio di un
batterio insensibile alla penicillina, le cui colture potevano essere in
questo modo purificate da altri batteri. La prima comunicazione sulla
penicillina venne letta il 13 febbraio 1929 al Medical Research Club ed
ebbe l'accoglienza che si riserva alle cose di nessuna importanza; lo
stesso successo ebbe la sua nota apparsa nel British Journal
ofExperimental Pathology nel giugno dello stesso anno.
Nel 1935 apparvero i sulfamidici e il mondo scientifico si interessò di
nuovo alla chemioterapia. A riprendere gli studi sulla penicillina
dovevano essere Howard Florey, professore di patologia a Oxford, e il
biochimico Ernst B. Chain. La penicillina risultò efficace contro
infezioni puerperali, ferite e contro la gonorrea e la sifilide. Durante
la Seconda guerra mondiale si affermò in modo eccellente nel servizio
sanitario degli eserciti alleati e dalla fine della guerra è stata di
beneficio a malati e feriti in tutto il mondo.
Il secondo antibiotico della storia, la streptomicina(10),
non fu una pura e semplice conseguenza del primo e fu il risultato di
studi iniziati molti anni prima(11);
allo stesso tempo presero l'avvio una ricerca febbrile di altre sostanze
antibiotiche naturali, nonché uno sforzo continuo volto al loro
isolamento chimico e alla loro produzione industriale.
LA
SCHEDA
Uno dei
progressi più straordinari e significativi della medicina della prima
metà del XX secolo fu l'introduzione e l'uso degli antibiotici (sostanze
prodotte utilizzando microrganismi antagonisti della crescita di altri
organismi).
Forse più di qualunque altra categoria di farmaci, gli antibiotici hanno
rivoluzionato il metodo di cura delle malattie infettive, migliorando e
allungando la vita di milioni e milioni di persone.
L'introduzione degli antibiotici nei primi anni Quaranta fu un evento
davvero mondiale: la scoperta della penicillina fu annunciata a Londra
nel 1929 dal batteriologo scozzese Alexander Fleming. Dieci anni dopo,
l'australiano Howard W. Florey, il tedesco Ernst B. Chain e i loro
colleghi inglesi dell'Università di Oxford estrassero della penicillina
da una coltura di muffe ed effettuarono dei test: prima sugli animali e
poi sugli uomini. Scoprirono che l'estratto di muffa era incredibilmente
efficace contro alcuni organismi infettivi, risultando al tempo stesso
poco tossico per le cellule vive. La penicillina fu scoperta grazie al
lavoro di ricerca svolto a Oxford; tuttavia, furono necessarie tutta
l'esperienza e tutte le risorse delle istituzioni governative e delle
case farmaceutiche statunitensi, le quali collaborarono con gli
scienziati britannici per trasformare i complicati procedimenti di
laboratorio, adatti a produrre solo piccole quantità, in una produzione
di massa che soddisfacesse le esigenze mediche della Seconda guerra
mondiale.
Per quanto improvviso e spettacolare possa essere sembrato l'avvento degli
antibiotici, esso fu preceduto da tutta una serie di sperimentazioni
condotte da numerosi ricercatori in diversi paesi e durate più di
cinquant'anni. In realtà l'introduzione della penicillina, e poi degli
altri antibiotici utili in campo medico, fu resa possibile dalla
confluenza di due correnti di ricerca scientifica che per parecchi
decenni avevano proceduto lentamente e laboriosamente. Una di queste
correnti, la ricerca in ambito chemioterapico (cioè la creazione e
l'impiego di composti chimici per specifici usi terapeutici), aveva
assunto una forma scientifica grazie al medico e chimico tedesco Paul
Ehrlich e ai suoi discepoli tra la fine del XIX e l'inizio del XX
secolo. E altra corrente di osservazione dei fenomeni antibiotici ebbe
inizio con i resoconti del medico scozzese Joseph Lister, nel 1871, e
dei chimici francesi Louis Pasteur e Jules E Joubert, nel 1877.
Fino agli anni Quaranta, quando queste due correnti di ricerca si
incontrarono e confluirono l'una nell'altra, i pazienti non poterono
trarre beneficio dalla nuova classe di agenti terapeutici antibiotici.
[...] La dimostrazione di Pasteur che i microbi possono essere causa di
malattie, la prova effettuata da Lister dell'efficacia degli antisettici
per combatterli e l'elaborazione da parte di Ehrlich di sostanze
chimiche sintetiche che prendono di mira determinati germi e li
uccidono, tutto ciò contribuì ad alimentare grandi speranze sul ruolo
della chemioterapia nella lotta alle malattie. Tuttavia, nei vent'anni
successivi al 1910, non si riuscì a produrre nessun farmaco che avesse
un'efficacia significativa contro la più diffusa classe di microrganismi
patogeni, i batteri. Con grande delusione, sia i medici sia la gente
comune iniziarono a considerare la chemioterapia un sogno
irrealizzabile. Tuttavia, la sintesi del 'Prontosil' in Germania, a
opera di Gerhard Domagk nel 1935 e la dimostrazione dei francesi
Tréfouél, Nitti e Bovet che l'azione antibatterica del 'Prontosil' era
dovuta alla componente di sulfanilammide, mutò la situazione e una nuova
ondata di ottimismo riportò in auge la chemioterapia. Furono
sintetizzati centinaia di composti sulfamidici, di cui si studiarono
l'efficacia e la tossicità, e quelli che si rivelarono sicuri ed
efficaci entrarono a far parte dell'armamentario del medico.
Questo nuovo interesse per le sostanze chimiche portò allora gli
scienziati a ricercare altre fonti da cui ricavare nuovi composti. Essi
iniziarono a passare al setaccio tutti i resoconti e gli scritti dei
ricercatori che li avevano preceduti, allo scopo di trarne delle idee
che, ulteriormente sviluppate ed elaborate, potessero portarli a delle
conclusioni più fortunate. Tra la letteratura scientifica che venne
riesaminata c'era lo studio sulla penicillina, pubblicato nel 1929 dal
dottor Fleming e ormai quasi dimenticato.
In teoria, l'attività antibiotica che Fleming aveva osservato e studiato
non era nuova: da tempo immemorabile in parecchi paesi si utilizzava
come rimedio casalingo il pane ammuffito come cataplasma, e i Maya
usavano la muffa del granoturco per curare i disturbi intestinali. Nel
1871, anno in cui Lister redasse le sue osservazioni, Manassein e
Polotebnow scrivevano di aver curato delle ferite con la muffa.
Metchnikoff, come anche Pasteur, aveva già descritto il processo
dell'antibiosi, così chiamato da Vuillemin nel 1889. Dieci anni dopo,
Emmerich e i suoi collaboratori isolano una sostanza battericida, la
piocianase; mentre Gosio, nel 1896, e Gratia e Dath, nel 1925, studiano
le muffe di tipo Penicillium. E ancora Twort, nel 1915, e d'Herelle, nel
1917, parlano nei loro scritti di batteriofagi. Questi e molti altri
ricercatori contribuiscono nel corso di quegli stessi anni a creare
tutta una letteratura sull'argomento.
Alexander Fleming scoprì la penicillina in modo indipendente e accidentale
nel 1928. Egli osservò che, una volta che la muffa aveva invaso una
coltura di stafilococchi in una capsula di Petri, essa bloccava la
diffusione dei batteri su un'area considerevole. Fleming, che lavorava
al Dipartimento di vaccinazione dell'Ospedale St. Mary di Londra, provò
a coltivare della muffa in un brodo di coltura da cui ricavò un estratto
e lo testò. Con stupore, vide che arrestava lo sviluppo di molti batteri
gram-positivi (stafilococchi, streptococchi, pneumococchi) e dei bacilli
che causano la difterite. Per comodità chiamò quel brodo impuro
'penicillina', e annunciò che era molto più potente dell'acido fenico e
di altri antisettici e che poteva essere applicato non diluito sulla
superficie del corpo. Il brodo, egli scrive, «non è tossico per gli
animali, nemmeno in dosi massicce», non è irritante e non interferisce
con la funzione dei leucociti del sangue, come molti antisettici.
Infine, egli suggerisce che «sia applicandolo direttamente sulla peste,
sia iniettandolo, poteva dimostrarsi un antisettico efficace per le zone
infettate dai microbi sensibili alla penicillina».
Alcuni hanno cercato di screditare la scoperta di Fleming, sostenendo che,
dopo aver pubblicato le proprie scoperte, egli non fece più nulla.
Tuttavia, come scrisse Pasteur, «la fortuna favorisce la mente
preparata» e non c'è dubbio che il medico scozzese fosse preparato. Da
studente, a Londra, ottenne sempre il massimo dei voti; come
batteriologo, nell'affollato laboratorio di Sir Almroth Wright, alla St.
Mary's Medical School, diede un contributo significativo alla ricerca
nel campo dell'immunizzazione; come ufficiale medico, durante la Prima
guerra mondiale, ebbe l'opportunità di osservare il fallimento degli
antisettici noti nel trattamento delle ferite gravi o estese. Subito
dopo la guerra egli fece delle ricerche sul lisozima, una sostanza
protettiva e battericida che si trova in diversi tessuti del corpo,
soprattutto nelle lacrime. [...]
La storia secondo cui, dopo il 1929, Fleming avrebbe abbandonato la
penicillina è del tutto priva di fondamento. Sebbene la relazione
pubblicata nel 1929 avesse suscitato poca attenzione, Fleming continuò a
condurre esperimenti sulla penicillina, a parlarne e a scriverne,
cercando di risvegliare l'interesse dei chimici per la sua estrazione.
Non essendo egli un chimico, non riuscì nei suoi intenti. I chimici
Harnold Raistrick e P. W. Clutterbuck e il batteriologo R. Lovell, della
London School of Hygiene and Tropical Medicine, cercarono di estrarre la
penicillina allo stato puro, ma la sostanza si rivelò instabile. [...]
Poi, l'avvento dei sulfamidici distolse l'attenzione dagli altri settori
di ricerca, fin quando ci si rese conto che anche i sulfamidici avevano
limiti ed effetti collaterali indesiderati. [...]
Il destino, tuttavia, stava scrivendo un'altra pagina della storia degli
antibiotici. Howard Florey, nato ad Adelaide, in Australia, nel 1898,
aveva studiato medicina nella sua terra natia ed era giunto a Oxford
grazie a una borsa di studio.
Nel 1925 la Fondazione Rockefeller lo inviò negli Stati Uniti per
acquisire esperienza in alcuni laboratori. Quando fece ritorno in
Inghilterra, Florey venne a sapere degli esperimenti che Fleming aveva
fatto sul lisozima e ne fu incuriosito. Quando nel 1935 Florey fu
chiamato a ricoprire la cattedra di Patologia alla Sir William Dunn
School di Oxford, ebbe l'opportunità di dirigere e coordinare i vari
gruppi di ricerca, in quanto l'Istituto ospitava sotto lo stesso tetto i
laboratori sia di Patologia sia di Batteriologia e Florey era un esperto
in entrambi i settori.
Poco dopo il suo insediamento, Florey invitò il dottor Ernst B. Chain a
organizzare un Dipartimento di Biochimica. Chain era nato a Berlino nel
1906, da padre russo e madre tedesca. Si era specializzato in biochimica
e in fisiologia all'Università Friedrich Willhelm di Berlino,
laureandosi poco prima che i Nazisti salissero al potere. Essendo di
religione ebraica, nel 1933 Chain emigrò in Inghilterra, dove lavorò
alla Cambridge School of Biochemistry fin quando fu convocato da Florey
nel 1935. [...] Nel corso dei numerosi dibattiti sul lisozima, Florey e
Chain decisero di intraprendere insieme una ricerca sistematica su
alcune delle sostanze antibatteriche prodotte da microrganismi. Nel
novembre 1939 presentarono una richiesta di fondi alla Divisione di
Scienze naturali della Fondazione Rockefeller. «La prima ricerca che
decidemmo di portare a termine a Oxford comprendeva uno studio sulla
penicillina, dato che la sua instabilità relativa faceva ipotizzare
interessanti proprietà chimiche e perché era sicuramente attiva contro
gli stafilococchi, per i quali a quel tempo non era conosciuto alcun
rimedio efficace», così riferisce il gruppo di ricerca di Oxford in
Antibiotics. Nel 1938 Chain e Falk avevano iniziato a lavorare su una
coltura del ceppo Penici llium notaturn, coltivata per la prima
volta da Fleming; tuttavia, solo negli ultimi mesi del 1939 le ricerche
sulla penicillina vennero intraprese in modo intensivo da Florey, Chain
e Heatley.
I rozzi metodi sperimentali impiegati in un primo momento furono
migliorati, vennero testati vari brodi di coltura, allo scopo di
aumentare la produzione di penicillina, mentre la liofilizzazione sotto
vuoto ne rese possibile l'estrazione in piccole quantità e senza perdite
di efficacia. La polvere marrone che conteneva il sale sodico di
penicillina si dimostrò notevolmente attiva, in particolare la
diluizione 1:500.000 si rivelò efficace contro gli stafilococchi (più
tardi si sarebbe scoperto che questo residuo marrone conteneva solo 1'1%
di penicillina). Gradualmente si accumulò una piccola riserva di
penicillina impura, abbastanza da poter essere testata sui topi. Il 25
maggio 1940 fu fatto il primo test. I topi furono infettati con un ceppo
virulento di streptococco emolitico, a due gruppi venne iniettata la
penicillina, mentre un gruppo di controllo fu lasciato senza alcuna
protezione. Tutti i topi del gruppo di controllo morirono entro 16 ore,
mentre quelli a cui era stata iniettata la penicillina sopravvissero.
Altri esperimenti sui topi condotti qualche giorno dopo diedero lo
stesso risultato.
Per quanto fossero imperfetti, gli esperimenti sui topi alimentarono le
speranze dei ricercatori. Heatley si dedicò alla produzione di
penicillina, A. D. Gardner e J. OrrEwing intrapresero le ricerche
batteriologiche, Florey e M. A. Jennings intrapresero gli studi
farmacologici e biologici. Chain, insieme ad A. G. Sanders e a E. P.
Abraham, collaborò per gli aspetti chimici e biochimici. Quando si
giunse alla fase della sperimentazione clinica se ne occuparono H. W.
Florey, la moglie M. E. Florey e C. M. Fletcher. Questo gruppo
costituiva il nucleo di quello che fu poi chiamato la 'squadra di
Oxford', a cui più tardi si unirono altri scienziati. Peraltro
sopraggiunse un'altra complicazione: a causa della guerra era molto più
difficile ottenere i materiali e le apparecchiature necessarie.
Tuttavia, la necessità di farmaci più efficaci per curare i feriti di
guerra spinse i ricercatori al massimo sforzo, anche sotto i
bombardamenti che affliggevano l'Inghilterra quasi ogni notte.
La penicillina come agente chemioterapico è il titolo del primo lavoro
scritto sull'argomento alla Sir William Dunn School of Pathology.
Pubblicato su The Lancet il 24 agosto 1940, fu subito notato dal dottor
Fleming, il quale non aveva mai smesso di sperare che un giorno qualcuno
sarebbe riuscito a concentrare e a purificare la penicillina.
Quell'articolo fu per lui una sorpresa meravigliosa. Egli non sapeva
nulla del lavoro di ricerca in corso a Oxford e decise di andare a
vedere di persona; così il 2 settembre 1940 andò a trovare Florey e
Chain nei loro laboratori. Chain ne fu molto sorpreso, in quanto credeva
che Fleming fosse morto. Da quel momento Fleming mantenne contatti
occasionali con il gruppo di ricercatori di Oxford, ma furono loro a
elaborare un metodo pratico per la produzione di penicillina.
Produrre penicillina in grandi quantità si rivelò problematico, dal
momento che la muffa cresceva solamente in sottili strati di liquido e
in tempo di guerra non era facile procurarsi le attrezzature necessarie.
Inizialmente furono utilizzate delle vecchie padelle per ammalati, poi
dei contenitori piatti di ceramica, mentre gli strumenti per
l'estrazione venivano ingegnosamente ricavati da ogni sorta di oggetto,
non ultime le zangole per il burro.
I primi esperimenti clinici sulla penicillina iniziarono del 1941 e i
primi pazienti a ricevere il trattamento furono dei malati terminali sui
quali tutti i metodi tradizionali di cura erano falliti. Il 12 febbraio,
a un poliziotto di Oxford che stava morendo di setticemia, venne
somministrata a intervalli della penicillina per via endovenosa. Dopo 24
ore il paziente mostrò un notevole miglioramento e continuò a migliorare
per i successivi cinque giorni, fin quando le scorte di penicillina non
si esaurirono. Quindi peggiorò di nuovo e morì. Quando le scorte di
penicillina aumentarono, e furono perfezionati i dosaggi e i tempi del
trattamento, la vita di vari pazienti, ritenuti moribondi, prima che
venisse loro somministrata la penicillina, venne salvata. Per cercare di
sopperire alla scarsa disponibilità, la penicillina veniva riestratta
dall'urina dei pazienti ai quali era stata somministrata.
I laboratori per la produzione di penicillina erano inadeguati anche solo
per i test clinici e, a causa delle esigenze di guerra, le industrie
farmaceutiche inglesi non potevano investire nelle attrezzature e nel
tempo necessari per perfezionare la produzione di massa. Perciò nel 1941
Florey e Heately partirono per gli Stati Uniti, che ancora non erano
entrati in guerra. Arrivati poco prima della festa del 4 luglio, furono
ospiti del dottor F. Fulton, professore di storia della medicina
all'Università di Yale, che li mise in contatto con il dottor Ross
Harrison, Presidente del National Research Council, il quale consigliò
loro di parlare con Charles Thom del Bureau of Plant Industry (che
alcuni anni prima aveva identificato nella muffa scoperta da Fleming il
Penicillium notatum). Thom li condusse dal dottor Percy A. Wells del
Dipartimento dell'Agricoltura, il quale, dopo aver ascoltato le loro
richieste, indirizzò Florey e Heatley al Northern Regional Research
Laboratory del Dipartimento dell'Agricoltura di Peoria, nell'Illinois.
Il 14 luglio il problema di come produrre quantità maggiori di
penicillina venne esposto al Direttore del laboratorio, dottor Orville
E. May, e al direttore del Reparto Fermentazione, dottor Robert D.
Coghill. Quest'ultimo suggerì che il metodo allora utilizzato per la
produzione di acido gluconico poteva probabilmente essere applicato
anche alla produzione di penicillina. Heatley rimase a Peoria diversi
mesi, collaborando all'elaborazione di metodi per migliorare la
produzione, mentre Florey andò a visitare alcune case farmaceutiche
degli Stati Uniti e del Canada, nel tentativo di suscitare l'interesse
per la produzione di penicillina, consultando anche diversi enti
governativi. [...] I laboratori di Peoria ottennero notevoli progressi.
In primo luogo, al brodo di coltura venne aggiunto il liquido di
macerazione del mais, e la produzione di penicillina aumentò di venti
volte, la sostituzione del lattosio con il glucosio servì a migliorarla
ulteriormente. Venne inoltre condotta una ricerca sui migliori tipi di
muffa e da un melone cantalupo marcio trovato in un mercato di Peoria si
ricavò una coltura della specie Penicillium crisogenum che
aumentò ancora di più la produzione di penicillina. Inoltre, alcune
mutazioni artificiali resero la progenie di questo ceppo ancora più
prolifica.
Oltre che i laboratori di ricerca di Peoria, anche le industrie
farmaceutiche statunitensi iniziarono a applicare alla penicillina
l'esperienza micologica acquisita in altri campi, come la fermentazione,
la produzione di acido citrico e di altre sostanze chimiche. L'entrata
in guerra degli Stati Uniti, il 7 dicembre 1941, costituì un ulteriore
stimolo, in quanto furono messe a punto delle tecniche per produrre
enormi quantità di penicillina attraverso la fermentazione. Il governo
assunse il controllo della distribuzione dell'intera produzione di
penicillina, assicurandone la disponibilità per le esigenze belliche e
per le necessità civili più urgenti. [...] Mentre nel 1941 in tutti gli
USA non c'era abbastanza penicillina per curare un solo caso, e nel 1942
le quantità disponibili non bastavano a curarne 100, nel settembre del
1943 ce n'era abbastanza da soddisfare le richieste di tutte le forze
armate del paese e degli Alleati.
Era in atto un costante scambio di informazioni tra gli scienziati
governativi dei due paesi. Non appena furono perfezionati i metodi di
produzione di massa, le industrie inglesi, tra cui la Boots Pure Drug
Company, la British Drug Houses, la Glaxco Laboratories, la May & Baker
e la Burroughs & Wellcome, diedero il via alla produzione su vasta
scala. Ulteriori ricerche rivelarono che esistevano diversi tipi di
penicillina prodotti dalle muffe. Metodi chimici di raffinazione
sostituirono le polveri amorfe e impure con sali puri e cristallini. In
Inghilterra la più popolare era la penicillina F, mentre negli Stati
Uniti la penicillina standard era quella di tipo G.
Quando nel 1921 Fleming aveva comunicato le proprie ricerche sul lisozima,
il pubblico aveva avuto a stento la cortesia di ascoltarlo; quando nel
1929 rese pubbliche le sue scoperte sulla penicillina, non ci furono
dimostrazioni di entusiasmo, né ce ne furono nei successivi dieci anni.
Ma quando Florey e Chain annunciarono i risultati delle loro ricerche, e
la penicillina iniziò a essere disponibile per la popolazione in
generale, furono loro attribuiti innumerevoli onori. Florey venne eletto
membro della Royal Society nel 1941, Fleming nel 1943, ed entrambi
furono nominati cavalieri dal Re d'Inghilterra nel 1944. In seguito
anche Chain fu eletto membro della Royal Society e nel dicembre del 1945
Fleming, Chain e Florey ricevettero ex aequo il premio Nobel per la
medicina, mentre numerose lauree ad honorem furono conferite a tutti e
tre.
Fleming divenne professore di Batteriologia al St. Mary's, fu dapprima
Rettore e poi Presidente onorario dell'Università di Edimburgo e, dopo
che Sir Almroth Wright fu andato in pensione, divenne Presidente
dell'Istituto Wright Fleming. Morì nel 1955 e fu sepolto nella Chiesa di
St. Paul a Londra. Florey si ritirò dall'incarico di professore e
Direttore della Sir William School of Pathology nel 1962. Nel 1949 Chain
divenne Direttore del Centro internazionale di ricerca per la biochimica
generale e la microbiologia chimica dell'Istituto Superiore di Sanità di
Roma e, nel 1961, venne nominato professore di biochimica all'Imperial
College of Science and Technology di Londra.
Durante e dopo la Seconda guerra mondiale, la ricerca di nuovi antibiotici
ricevette un forte impulso e furono analizzati migliaia di organismi e
centinaia di sostanze antimicrobiche. [...] Nel 1943 nei laboratori
dell'Università di Rutgers, sotto la direzione del dottor Selman A.
Waksman, fu isolato per la prima volta un ceppo di Streptomiyces
griseus, in grado di produrre un nuovo antibiotico, la streptomicina. La
sua importanza clinica fu subito evidente e la sua efficacia,
soprattutto contro il microrganismo che provoca la tubercolosi, venne
generalmente riconosciuta. [...]
Uno dei capitoli più importanti della storia degli antibiotici riguarda il
cloramfenicolo, il primo degli antibiotici a largo spettro. [...] Il
cloramfenicolo, scoperto nel 1947, venne ricavato dai liquidi di coltura
della specie degli actinomiceti, isolati per la prima volta in un
campione di terriccio in decomposizione proveniente da un campo nei
pressi di Caracas, nel Venezuela. [...] Un gruppo di ricercatori — che
comprendeva micologi, biochimici, chimici organici e fisici e molti
altri scienziati — coltivò questo microrganismo in varie condizioni
sperimentali e alla fine riuscì a isolare la sostanza pura e
biologicamente attiva. [...] I chimici riuscirono a determinare la
struttura chimica del cloramfenicolo, e di conseguenza individuarono un
metodo per ricreare la stessa molecola a partire da composti chimici
semplici utilizzando mezzi di sintesi. [...] Fu il primo antibiotico a
essere stato prodotto con successo su scala industriale con metodi
chimici. Nel frattempo, il nuovo antibiotico dimostrava di avere delle
notevoli proprietà, essendo il primo a rivelarsi efficace contro una
grande varietà di microrganismi, un vero antibiotico ad ampio spettro.
Il suo spettro d'azione si sovrapponeva in parte a quello della
penicillina e della streptomicina e si dimostrava valido anche contro
alcuni batteri e rickettsie immuni ai farmaci fino ad allora
disponibili. [...] Tra i microrganismi contro i quali il farmaco
mostrava una particolare efficacia vi era quello della febbre tifoidea.
[...]
La sorte volle che il dottor Eugene H. Payne del Dipartimento di Ricerca
clinica della Parke-Davis sperimentasse il nuovo farmaco sull'uomo.
Un'epidemia di tifo dilagava in Bolivia e Payne partì per La Paz
portando con sé tutte le riserve disponibili di cloramfenicolo (meno di
250 grammi), che somministrò in capsule a 22 pazienti malati di tifo.
Tutti e 22 guarirono. [...] Più tardi, nell'inverno tra il 1947 e il
1948, un gruppo di medici dell'Esercito americano, guidato dai dottori
Smadel e Theodore E. Woodward, sperimentò il farmaco contro lo scrub
typhus a Kuala Lumpur, in Malaysia. Stavolta, oltre ai malati di tifo
esso salvò la vita anche ai malati di febbre tifoide. Presto si scoprì
che molte altre patologie erano curabili con il cloramfenicolo. [...]
Ma una volta che gli antibiotici iniziarono a essere ampiamente
utilizzati, sorsero altri problemi, che richiedevano una soluzione da
parte di medici, ospedali e laboratori di ricerca: problemi associati
soprattutto allo sviluppo di ceppi resistenti di organismi patogeni. Si
rese allora necessaria un'analisi più approfondita, finalizzata alla
creazione di nuove varietà di alcune classi di antibiotici. Le nuove
forme di penicillina hanno permesso di superare alcuni dei limiti
riscontrati da quando quest'antibiotico è diventato di uso comune,
mentre nuove varietà di tetracicline si sono dimostrate più efficaci e
con meno effetti indesiderati. Sebbene nessun farmaco antibiotico sia
del tutto privo di effetti collaterali o di reazioni pericolose qualora
venga somministrato a persone particolarmente sensibili a esso, il
numero relativamente esiguo di queste persone non ha confronto con i
milioni e milioni di pazienti la cui vita è stata salvata grazie alla
prescrizione prudente di farmaci antibiotici da parte dei medici
curanti. Il mondo è una miniera biotica quasi inesauribile dalla quale
si possono ricavare delle sostanze antibiotiche. Si conoscono almeno
50.000 varietà di muffe e le potenzialità antibiotiche di questa e di
altre specie naturali sono ben lungi dall'essere esaurite. [...] Nessun
singolo individuo, laboratorio, ramo della scienza, nazione, istituzione
o società può rivendicare il merito esclusivo dello storico sviluppo che
ha reso gli antibiotici un agente terapeutico riconosciuto e accessibile
a tutti.
NOTE
1 - La
vaccinazione preventiva contro il vaiolo e contro la rabbia, come pure
molti altri metodi di vaccinazioni sviluppati da allora, comportano la
formazione di anticorpi tramite i relativi sistemi cellulari del corpo
umano (immunizzazione attiva). Nella sieroterapia della difterite e dei
morsi di serpente vengono, invece, trasmessi direttamente anticorpi
«pronti» (immunizzazione passiva). L'immunizzazione passiva ha effetto
rapido, ma temporaneo; l'immunizzazione attiva non è immediata, ma
determina una resistenza più o meno duratura contro i relativi agenti
patogeni e le loro tossine.
2 -
Già il giovane medico
militare Ernest Duchesne aveva esaminato a Lione, quale laureando di
Emil Roux, discepolo di Pasteur, l'antagonismo tra muffa e batteri,
sottolineando il possibile vantaggio terapeutico delle sue osservazioni;
ma la sua tesi del 1897 fu ignorata. Solo nella tarda estate del 1928
Alexander Fleming (1881-1955), trasse da una simile osservazione casuale
la conclusione essenziale sull'esistenza di una regolarità biologica che
andava sfruttata.
3 - Un
preciso reperto sull'argomento si trova negli appunti di Lister alla
data 25 novembre 1871: esposto all'aria un recipiente con dell'urina,
egli vide formarsi da una parte una colonia di batteri, dall'altra una
di muffe. All'esame microscopico i microbi apparivano scarsamente vitali
e Lister non esitò ad attribuirne la causa alle muffe; le successive
ricerche non giunsero a risultati concreti, ma permisero di concludere
che la muffa in questione, probabilmente una colonia di Penicillium
glaucum, «rendeva i batteri completamente immobili e languidi». Egli
supponeva che il Penicillium sottraesse ossigeno, impedendo ai batteri
di averne a sufficienza.
4 - Il
bacillo del carbonchio appariva del tutto innocuo se veniva iniettato
negli animali assieme a un certo batterio non patogeno.
5 -
Nel 1895 gli «Annali di
Igiene Sperimentale» pubblicavano un esauriente lavoro dal titolo Sugli
estratti di alcune muffe, con il protocollo delle esperienze, numerose
tabelle e le conclusioni: nella sostanza cellulare delle muffe sono
contenuti principi solubili in acqua forniti di azione battericida,
probabilmente non estensibile a tutti i batteri.
6 -
Emmerich nel 1899 isolava dal Bacterium piocianeum la 'piocianasi', che
distruggeva in vitro il vibrione del colera, e il Bacillum anthracis. Si
notò che il vibrione ostacolava lo sviluppo degli streptococchi, mentre
il prodigiosus inibiva il microbo del 'mal rosso', mentre negli anni
1924-25 venne osservato l'inquinamento delle colture da parte della
muffa streptotrix, con il consueto effetto di morte dei batteri.
7 -
Egli fu uno «spirito
preparato» nel senso della dichiarazione di Pasteur: «Le hasard ne
favorise que les esprits préparés».
8 -
Si era nel 1922: una
goccia di secreto nasale caduta in una coltura batterica, aveva
provocato una larga zona chiara, completamente libera da microrganismi.
La prova venne ripetuta con germi diversi, in capsule e in tubi, con
secreto nasale e con le lacrime; si concluse che il lisozima dissolveva
molti microbi, era presente in tutti i liquidi dell'organismo, poteva
essere considerato il vero 'antisettico naturale'. Il suo valore pratico
era scarso, il suo potere sui più comuni germi patogeni era debole,
mentre agiva discretamente bene su quelli banali. Nell'ambiente
scientifico, le cinque pubblicazioni di Fleming e Allison sull'argomento
tra il 1922 e il 1927 vennero accolte con freddezza, lo stesso destino
riservato poi alla penicillina.
9 -
Come sempre, Fleming
osservava una per una le capsule delle vecchie colture prima di buttarle
via; spesso erano coperte di muffa. Una di queste lo incuriosì: attorno
alla muffa le colonie di stafilococchi si erano dissolte. Melvin Pryce,
presente alla storica scena, gli disse: «E così che avete scoperto il
lisozima?». Fleming non attese un istante: raccolse un campione della
muffa e lo trasportò in un brodo di coltura. «Ciò che mi colpì» scrisse
poi Pryce «è il fatto che non si limitò a osservare, ma agì senza
indugio». Da quel primo campione di muffa doveva discendere un ceppo che
dodici anni più tardi avrebbe fornito la prima penicillina pura.
10 -
La streptomicina, isolata
negli Stati Uniti dal fungo Streptomyces griseus e introdotta nel 1944,
era efficace contro i germi gram-negativi e fu il primo farmaco a
efficacia diretta contro la tubercolosi, atto a curare anche la
meningite tubercolare, fino ad allora a esito inesorabilmente letale.
Non era soltanto il secondo antibiotico e la vittoria su una delle più
terribili malattie; era anche una nuova strada aperta su una prospettiva
immensa: lo sterminato regno della flora microscopica avrebbe fornito
sempre nuove sostanze per combattere le malattie infettive. Fino a oggi
sono stati isolati circa trecento antibiotici; ma la riserva contenuta
nel terreno è illimitata: basta saper cercare. A proposito degli enormi
benefici portati dalla streptomicina, riferiamo ancora le parole
dell'internista Wilhelm Ldfler di Zurigo per ricordare un incontro
memorabile: «Un giorno dell'estate 1947, un signore piccolo, gentile,
entrò nella clinica: "My name is Waksman". "Streptomycin?". "Yes, that's
me!". "Arriva proprio al momento giusto. Possiamo presentarle il nostro
primo caso di meningite tubercolare curato con la streptomicina".
Waksman e il paziente guarito si davano la mano, commossi fino alle
lacrime, e tutti coloro, che erano attorno al letto del malato,
avvertirono che l'era antica era conclusa».
11 -
Una serie di ricerche
lunga quanto quella che aveva portato alla penicillina, era iniziata nel
1924, quando il dottor Dubos si era trasferito in America dalla Francia,
per studiare con il microbiologo Selman Waksman all'Università di
Rutgers.
"La Medicina di Oggi e di Domani"
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