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STORIA DELLA MEDICINA PER IMMAGINI

ANTONIO MOLFESE
 

LA MEDICINA NELL'ANTICO EGITTO

L'ILLUSTRAZIONE

In questa tela è raffigurato un momento della vita di un medico egiziano all'epoca della XVIII dinastia (1500-1400 a.C.). Il medico si confronta con un paziente che presenta sintomi simili a quelli menzionati nella terza diagnosi del settimo caso riportato nel Papiro di Smith. Sono presenti i diversi elementi dell'antica medicina egiziana: il medico indossa un abito pulito di lino bianco e una parrucca, che rappresenta la dignità del suo stato; il paziente, probabilmente membro di una casata nobiliare, è sostenuto da una 'sedia di mattoni'. Il trattamento procede sotto le mani sicure e sensibili del medico, il quale segue le istruzioni prescritte nel rotolo, tenuto da un assistente. I riti magico-religiosi vengono officiati da sacerdoti specializzati in queste pratiche adiuvanti. Al paziente viene riservata la migliore assistenza che la scienza e le conoscenze del tempo sono in grado di offrire.

 

PREMESSA

Io sono colui al quale gli dèi hanno confidato il segreto di far fuggire le malattie dal tuo corpo.

Il quadro tratteggiato della medicina babilonese (v. scheda IX), rappresenta un anello importante ed essenziale della storiografia della medicina e può servire come introduzione e passaggio alla più nota storia della medicina dell'antico Egitto; i due centri di civiltà, infatti, ebbero uno sviluppo quasi parallelo in due dei più grandi sistemi fluviali del mondo: in Mesopotamia — tra il Tigri e l'Eufrate(1) — e nella valle del Nilo e nell'Africa nordorientale dove dominava l'Egitto.
È accertato che fin dal 4000 a.C. esisteva in Egitto uno stato fiorente con milioni di persone, ben governato; erano già in uso un sistema di pittografia (da cui si sviluppò poi l'alfabeto moderno) e un calendario (introdotto nell'anno 4236 a.C.) per registrare il tempo, il quale con poche modificazioni costituisce ancora oggi la base del nostro calendario. Queste innovazioni, specialmente la scrittura
(2), hanno avuto un'influenza determinante sul progresso dell'umanità, più di qualsiasi altra scoperta. L:introduzione della scrittura ebbe una importanza decisiva, come è ovvio, anche per il progresso della medicina.
Molto poco ci è noto sulle condizioni in cui si svolgeva l'esercizio della medicina in Egitto in quell'epoca ma vi erano diversi dèi preposti alle arti, alle scienze
(3). L'interesse per la medicina assunse un particolare sviluppo nel periodo della III dinastia (2980-2900 a.C.) quando regnava il Faraone Zoser, al cui seguito come consigliere - ministro era un brillante nobile chiamato Imhotep, il quale, valente anche come architetto, fece costruire per il suo signore la famosa piramide a gradini di Sakkarah, nei pressi di Memphis. Questa piramide-tomba non è soltanto la più antica costruzione in pietra esistente al mondo, ma riveste un notevole interesse architettonico, in quanto segna il passaggio dalle semplici tombe a facciate in pietra alle piramidi convenzionali a superficie liscia dei tempi successivi(4). Imhotep viene descritto anche come bravo medico e gli viene assegnato il ruolo di dio egizio della medicina.
Archiatra di uno dei faraoni regnanti intorno al 3000 a.C., era Sekhetemec, che tra le altre cose riuscì a guarire la malattia delle narici di cui soffriva il re. Come premio, Sekhetemec scelse che il suo ritratto e la descrizione del caso fossero scolpiti su pietra, che essa fosse posta in evidenza nel palazzo e destinata al suo monumento funebre: in questo modo si assicurò il posto tra i medici nella storia.
Con la scoperta del papiro la scrittura ebbe una diffusione enorme nell'antico Egitto; purtroppo, però, i libri-papiri di medicina a noi pervenuti (ricordiamo il Papiro di Smith e il Papiro di Ebers
(5) ) non sono che frammenti di una più vasta letteratura alla cui origine stanno i Libri Ermetici del Dio Thoth(6). A somiglianza di altri papiri di medicina, il Papiro di Ebers contiene una quantità di scongiuri e formule magiche, oltre agli amuleti con immagini di divinità e ad altri oggetti portati al collo o legati al piede (caviglia) o all'alluce, sulla base dell'idea che il malato fosse posseduto da un demone. La maggior parte del testo contiene liste di ricette con il rimedio e la posologia da utilizzare, la malattia per la quale va usata e spesso lo scongiuro o la formula magica adatta; tra i farmaci e i rimedi di cui si parla ci sono l'olio di ricino e i semi di ricino, l'idrato di ammonio (per la cura degli edemi), la bile di diversi animali, sostanze di origine animale (urine, sperma, testicoli, corna), il grasso di diverse bestie, il solfato di rame per la cura degli occhi, l'enteroclisma (tre giorni di seguito al mese). La medicina dell'antico Egitto rientrava nell'ambito della magia e dell'empirismo e il suo livello era piuttosto basso in confronto al livello della cultura in genere(7).
Il Papiro di Smith, lievemente anteriore al Papiro di Ebers anche se incompleto, tratta le cure delle infiammazioni varie
(8), delle ferite(9), delle contusioni, delle lussazioni(10) e delle fratture, per le quali venivano usate le ferule; altri papiri(11) trattano varie specialità tra cui la ginecologia e la pediatria.
L'osservazione di cadaveri sepolti nella sabbia calda e asciutta nel deserto, che si conservano inalterati per anni, avrà fatto nascere l'idea che fosse possibile favorire la conservazione naturale con mezzi artificiali e che questo consentisse quella sopravvivenza fisica dopo la morte, nella quale gli Egizi credevano. L'usanza di conservare, di preservare il corpo umano dopo la morte è stato un campo di ricerca applicato in Egitto, mediante l'uso dell'imbalsamazione
(12), praticata dal 4000 a.C. fino al 600 d.C. e del cui procedimento Erodoto ci dà una vivida descrizione (cfr. Appendice).
Metodi meno costosi per la conservazione del corpo umano erano le iniezioni di olio di cedro nelle cavità toracica e addominale, oppure la salatura dei cadaveri mediante un bagno in soluzione salina; l'incisione era praticata dai paracentai, appartenenti a una categoria quanto mai disprezzata, tanto che dovevano fuggire appena concluso il proprio compito per evitare di essere uccisi, mentre i toracentai, che godevano di maggiore stima, estraevano gli organi, li trattavano con resine preservative e li avvolgevano in bende per poi reinserirli nel corpo (solo il cuore veniva lasciato intatto nella sua sede).
L'usanza dell'imbalsamazione ha avuto il vantaggio di fornire agli studiosi di storia della medicina la possibilità di mettere in evidenza le patologie prevalenti al tempo cui risalgono le mummie. Nelle mummie, inoltre, si sono trovate concrezioni gottose, calcoli urinari e biliari, così come sono stati documentati casi di spondilite tubercolare e cifosi della colonna toracica; sono state riscontrate aderenze della pleure, segni di pregressa appendicite nonché uova di bilarzia in un rene (malattia tuttora diffusa in Egitto). Due altre malattie evidentemente piuttosto diffuse all'epoca, che sono emerse dallo studio delle mummie, sono la periodondite cronica suppurativa (piorrea alveolare) e l'artrosi cronica; e non è da escludere che vi fosse un nesso tra queste due affezioni. La carie dentale era piuttosto rara. Non sono stati trovati segni di rachitismo né di sifilide, anche se un autorevole ricercatore (Ruffer) nel suo libro riproduce statuine e incisioni di nani acondroplastici e rachitici".
Tra le piante medicinali usate in quel tempo figuravano l'alloro (antiemorragico), il biancospino (astringente), la camomilla (calmante), il convolvolo (purgativo), l'edera (disinfettante), il melograno (vermifugo), il papavero (sedativo), la rosa (detergente oculare), la scamonca (anti-itterica), il salice (antireumatico), il tiglio (anticatarrale). Tipica in questo contesto è la mandragora, pianta solanacea antropomorfa, riprodotta in un bassorilievo (oggi al Louvre) proveniente dal palazzo del reassiro Sargon II, vissuto nell'VIII secolo a.C. Essa presenta una grossa radice forcuta che ricorda il corpo umano. La pianta è ricca di sostanze (alcaloidi atropinosimili) attive sia sul corpo sia sulla psiche. Ritenuta sessuata (mandragora maschio, mandragora femmina) e in grado di fortificare il corpo e di favorire la sessualità e la riproduzione, era usata dagli Egizi per stimolare le virtù amatorie e per assicurare numerosa prole. Entrava, con altre sostanze, nella composizione di pozioni soporifere e di filtri magici. Sulla mandragora esistevano molte leggende, tra cui quella del 'grido mortale': «si narrava infatti che la pianta al momento della estirpazione lanciasse un urlo terribile che aveva la proprietà di uccidere chiunque lo udisse», onde le sue radici venivano fatte strappare da un cane «mentre il padrone se ne stava al sicuro, ben lungi e con le orecchie tappate».

 

LA SCHEDA

Le radici della professione medica affondano in un'epoca che precede di molto gli albori della storia. Vecchia quasi quanto lo stesso genere umano, la pratica di una qualche forma di trattamento medico si è sviluppata parallelamente all'uomo, e in non pochi casi la qualità buona o cattiva dei servizi medici ha profondamente influenzato il corso della civiltà. Nel corso dei primi millenni e della storia documentata, la medicina è stata strettamente associata a pratiche magico-religiose, diffuse presso popoli alla ricerca della luce della conoscenza e di una migliore qualità della vita.
La storia documentata più antica che conosciamo indica l'esistenza di due nuclei di civiltà, che ebbero uno sviluppo quasi parallelo in due dei più grandi sistemi fluviali del mondo: in Mesopotamia, tra il Tigri e l'Eufrate, e nella valle del Nilo, nell'Africa Nord-Orientale. Sfruttando le favorevoli condizioni di vita che queste aree geografiche offrivano, in questi luoghi, già circa 6000 anni fa, vivevano e prosperavano popoli costituiti.
I metodi per annotare gli eventi furono inventati una trentina di secoli dopo, all'incirca nel 3000 a.C., e solo da quel momento in poi la storia si basa su fatti attestati. Tuttavia, agli albori della storia documentata, la medicina era già una professione in pieno sviluppo e coloro che la praticavano possedevano già un retaggio di esperienze, conoscenze e credenze, tramandate nel corso dei secoli attraverso precetti o in forma orale da una lunga serie di predecessori.
Nel 3000 a.C. l'Egitto diventò una nazione costituita. L'interesse per la medicina si concentra nel periodo della III Dinastia (2980-2900 a.C.), quando in Egitto regnava un ambizioso faraone di nome Zoser, il cui consigliere e ministro era un brillante nobile chiamato Imhotep (il cui nome significa «colui che viene in pace»). Si dice che Imhotep abbia fatto costruire per il faraone Zoser la famosa piramide a gradoni di Saqqarah, nei pressi di Menfis. Genio versatile, sembra che Imhotep sia stato un sacerdote, un mago e un poeta. Eppure nei documenti egizi del periodo greco-romano (III secolo a.C.) Imhotep viene descritto come medico e gli viene ascritto il ruolo di dio egiziano della medicina. I Greci lo identificavano con Asclepio, al quale si attribuivano le stesse caratteristiche. In quest'ultimo periodo, furono eretti in onore di Imhotep alcuni templi nei quali i pazienti cercavano, e presumibilmente trovavano, sollievo nel sonno.
Nella medicina egizia c'è una stretta connessione tra religione e magia: i medici egizi utilizzavano parecchi farmaci, ma credevano che il loro effetto fosse soprattutto magico. I rotoli di papiro che trattano esclusivamente argomenti di medicina sono pieni di preghiere e formule magiche. «Nei casi in cui l'intervento umano sembrava impossibile» osserva Hermann Ranke
(13) «veniva fatto un ultimo tentativo per procurarsi aiuto da una fonte soprannaturale [...]»: pratica non inconciliabile con quello che oggi farebbe un medico credente che con la preghiera invocasse aiuto e assistenza. Gli dèi degli Egizi non erano meno reali per loro di quanto non lo sia Dio per noi.
I medici dell'antico Egitto venivano probabilmente istruiti nei templi, come anche i sacerdoti-maghi e gli stregoni; tuttavia, essi costituivano una professione ben definita, organizzata in una rigida gerarchia, al cui vertice vi erano i medici di corte. La medicina egizia era suddivisa in diverse specialità: un proctologo, ad esempio, era chiamato con il nome poetico di 'pastore dell'ano' ed era molto richiesto, considerate le attuali teorie patogeniche. La 'specializzazione' egizia, peraltro, sembra essere più un residuo di condizioni primitive che l'antesignana della moderna specializzazione.
La medicina praticata dagli antichi Egizi, tuttavia, non era primitiva. Così come essi avevano superato gli stadi primitivi nell'arte di governare, nell'agricoltura, nella tecnologia e soprattutto nell'architettura e nell'arte, allo stesso modo avevano raggiunto un livello molto elevato anche in medicina. Alcuni papiri di medicina sono prevalentemente religiosi, altri invece sono prevalentemente empirico-razionali. Stranamente, quelli che contengono le osservazioni più razionali risalgono ai periodi più antichi (1600-1500 a.C.). Tra di essi ricordiamo il Papiro di Smith e il Papiro di Ebers. Il primo era rivolto principalmente ai chirurghi, il secondo è una raccolta di preparazioni a uso del medico. Sebbene questi documenti siano già di per sé molto antichi, sembrano rispecchiare, per il linguaggio e per il genere di spiegazioni, tradizioni molto anteriori. Riguardo al Papiro di Smith, Ranke
(14) afferma: «Che il nucleo centrale del testo risalga all'Antico Regno (2500 a.C. circa) è dimostrato da un gran numero di glosse [note esplicative] aggiunte al testo per spiegare parole ormai diventate desuete». Breasted(15) fa risalire il Papiro di Smith al XVII secolo a.C., ma afferma che si tratta di una copia di un documento più antico di almeno mille anni.
Trattando principalmente di ferite, il Papiro di Smith è da ammirare per l'acume diagnostico dimostrato nelle dettagliate anamnesi, nelle quali sintomi come polso debole (2500 anni prima che un riferimento alle pulsazioni appaia nei trattati medici greci), paralisi e sordità vengono annotati e attribuiti a un'unica causa: una ferita alla testa. Oltre a diverse patologie da trattare chirurgicamente, nel papiro vengono menzionate molte malattie interne riconoscibili come i vermi, le malattie degli occhi, il diabete, i reumatismi e la schistosomiasi. La paleopatologia (l'esame delle ossa e dei tessuti delle mummie finalizzato alla ricerca di malattie) conferma l'antica esistenza di alcune di queste malattie che, sfortunatamente, sono ancora oggi molto diffuse in Egitto.
Il Papiro prescrive numerosi metodi di cura razionali, come dieta, fisioterapia e farmaci. Molte delle medicine che vengono menzionate erano senza dubbio inefficaci, ma alcune, come l'acido tannico, la trementina, la genziana, la senna, il piombo e i sali di rame, vengono ancora utilizzate nell'odierna pratica medica. L'olio di ricino, usato sia esternamente sia internamente, era di gran lunga il medicinale preferito dai medici egizi; inoltre, lo stile che si usa oggi nel redigere ricette mediche è simile a quello di allora.
I casi descritti nel Papiro di Smith non sono solo costruiti metodicamente e singolarmente, ma sono dislocati nel testo secondo un ordine sistematico. Prima compare una breve intestazione, dove è indicato il nome della malattia. Segue un'accurata descrizione che inizia sempre con le parole: «Se esamini un uomo che...» ha questa o quella malattia. Segue quindi la diagnosi, che inizia sempre con le parole «Si direbbe» che egli soffra di questo o quel disturbo. La diagnosi termina sempre con le parole: «Un disturbo che...» e seguono poi tre possibilità. Il chirurgo può dire: «Un disturbo che curerò», o «Un disturbo che combatterò», o «Un disturbo che non curerò» (questa ultima opzione è stata utilizzata dai medici in quasi tutti i periodi storici e fino al XVIII secolo è stata considerata etica). Tranne che nei casi del tutto disperati, segue un metodo di cura che inizia con le parole: «Bisogna fare...» questo o quello. Da ultimo vengono elencate le sostanze curative.
Delle 48 dissertazioni chirurgiche contenute nel Papiro di Smith, il caso nr. 7 è particolarmente interessante. Riportiamo di seguito la traduzione di Breasted
(14): «Se hai esaminato un uomo con una ferita aperta sulla testa, che penetra l'osso e perfora le suture del cranio, dovrai palpare la ferita, anche se egli freme in modo eccessivo. Gli farai sollevare il viso: se aprire la bocca è per lui doloroso, e il cuore batte debolmente; se osservi la saliva pendere dalle sue labbra senza cadere, mentre il sangue gli esce sia dalle narici che dalle orecchie; se soffre di rigidità del collo e non riesce a guardarsi né le due spalle né il petto, riguardo a lui dirai: [qui l'anamnesi è ribadita]. "Un disturbo che combatterò"».
Seguono le direttive per la cura: «Ora, non appena scopri che le corde della mandibola di quell'uomo, le mascelle, sono contratte, preparerai per lui qualcosa di caldo, fin quando si sentirà meglio, così che la sua bocca si aprirà. La fascerai [la ferita] con grasso, miele e garza fin quando capirai che egli ha raggiunto uno stadio risolutivo».
Vengono poi descritti altri due possibili casi, il secondo dei quali dice: «la carne di quell'uomo ha sviluppato la febbre [...] il suo viso è freddo e sudaticcio, i legamenti del collo sono tesi, la faccia è rossa e [...] l'odore della cima della testa [calotta cranica] è come quello dell'urina delle pecore, la bocca è bloccata [...]». Questo, ammonisce l'antico autore, è «un disturbo che non va curato».
L'antico maestro fornisce un terzo possibile caso: «Se, tuttavia, trovi che quell'uomo è diventato pallido e ha già mostrato spossatezza [...] dovrai fare per lui un supporto di legno imbottito di lino e metterglielo in bocca. Preparerai per lui una bevanda con il frutto di ... [probabilmente un frutto o un cereale nutriente]. La sua cura è star seduto tra due sostegni di mattoni, fin quando capirai che ha raggiunto uno stadio risolutivo».
Questo antico medico evidentemente si rendeva conto che, se la ferita era stata infettata dal tetano, c'era ben poco da fare; ma, fin quando non ne fosse stato certo, avrebbe provato a migliorare le condizioni del paziente.
Per migliaia di anni i medici egizi furono tenuti in grande considerazione in tutto il mondo antico. Omero li riteneva i migliori del suo tempo. Venivano chiamati alle corti degli imperatori persiani e di altri potentati orientali e solo nel VI secolo a.C. furono sostituiti dai medici greci. Al di là del valore psicoterapeutico della magia e della religione, gli uomini di medicina egizi fecero notevoli progressi nell'osservazione e nella cura scientifiche. I loro contributi meritano un posto accanto agli altri importanti progressi realizzati da questa grande civiltà e la posizione predominante occupata dalla medicina egizia per 2500 anni sembra essere pienamente giustificata.

 

APPENDICE

Si riporta qui di seguito il brano dedicato da Erodoto alle tecniche egizie di imbalsamazione: «Vi sono persone preposte particolarmente a questa arte [l'imbalsamazione], le quali, quando viene portato loro un cadavere, mostrano a coloro che lo portano modelli in legno di cadaveri, dipinti al naturale, e dicono loro che perfetta fra tutte è l'imbalsamazione che riproduce quella cui fu sottoposto colui che stimerei sacrilegio nominare a questo proposito [Erodoto accenna a Osiride, la cui imbalsamazione fu eseguita dal dio Anubi].
Mostrano poi loro un modello del secondo tipo di imbalsamazione, meno perfetto del precedente e di minor prezzo, e infine ne mostrano un terzo, che costa meno dei precedenti. Dopo di che chiedono ai parenti quale vogliono per il loro morto. Questi, accordatisi sul modello e sul prezzo, se ne vanno e gli imbalsamatori nel loro stesso laboratorio procedono all'operazione in modo accuratissimo. Prima con un ferro ricurvo estraggono attraverso le narici il cervello o, meglio, in parte lo estraggono, in parte lo dissolvono, versandovi sopra delle droghe. Poi con una pietra acuminata, fanno un'incisione lungo l'addome, da cui estraggono tutti i visceri; purificano la cavità svuotata con vino di palma e poi ancora con aromi in polvere. Dopo di che lo riempiono di mirra pura tritata, di cannella e di altre spezie, incenso escluso, e infine ricuciono. Fatto questo, impregnano il morto di sodio puro, lasciandovelo immerso per settanta giorni; lavato il cadavere, lo avvolgono in fasce tagliate da un drappo di bisso e spalmate di quella gomma che gli Egiziani usano in luogo della colla. Allora i parenti si riprendono il morto, gli fanno fare una cassa di legno dalla sagoma umana e ve lo ripongono: chiusa la cassa, la collocano nella tomba di famiglia, ritta contro una parete. Questo è il sistema di imbalsamazione più costoso. Con coloro invece che hanno scelto il sistema intermedio [...] si comportano come segue: preparati degli enteroclismi, riempiono il ventre del morto di olio di cedro, senza inciderlo e senza estrargli le viscere, ma iniettando il liquido dal basso e impedendo che esca dall'orificio da cui è entrato. Poi mettono il cadavere nel sale per settanta giorni. L'ultimo giorno estraggono dal ventre l'olio di cedro che vi avevano introdotto ed esso è di tale potenza, che trascina fuori con sé gli intestini e gli altri visceri ormai macerati: le carni, invece, vengono dissolte dall'olio, e del corpo rimangono solo la pelle e le ossa. Fatto questo, riconsegnano il cadavere a quelli che lo avevano affidato loro.
Il terzo sistema, che è praticato coi poveri, consiste nel pulire l'intestino con un enteroclisma e impregnare il corpo di sale per i settanta giorni stabiliti, dopo di che esso viene riconsegnato ai parenti perché se lo portino via».
 

 

NOTE

1 - Il Tigri e l'Eufrate nascono dalle montagne dell'Anatolia (una regione dell'attuale Turchia): dopo un percorso di alcune migliaia di chilometri in una grande pianura arida e sabbiosa, sfociano nel Golfo Persico. La regione compresa fra questi due fiumi prendeva il nome di Mesopotamia, che in greco significa appunto «terra fra i due fiumi», che attualmente fa parte dello stato dell'Iraq.

2 - Dalla scrittura pittografica si passò a quella ideografica o simbolica, alla sillabica e infine alla fonetica. Il primo alfabeto entrò in uso intorno al 3500 a.C.; furono inventati anche gli utensili per scrivere e ci si accorse che il papiro era più comodo delle tavolette di terracotta.

3 - Ra, il dio del sole, con la testa di falco, Thoth, il dio della sapienza, con la testa di Ibis, che era, secondo la tradizione, autore di trattati di medicina, e Sekhmet, dalla testa di leonessa, divinità del parto. Horus, il dio della salute, scese in lotta contro Seth, il demone del male, e vi perse un occhio, che gli fu tuttavia miracolosamente restituito. L:occhio di Horus si trova riprodotto su un grandissimo numero di amuleti e di portafortuna: solo lo scarabeo, il coleottero sacro, era più diffuso come talismano nell'antico Egitto. Dapprima l'occhio di Horus era un segno alquanto elaborato, poi subì varie trasformazioni, fino a diventare talmente stilizzato da somigliare a una R maiuscola. Questo segno veniva tracciato su tutti gli oggetti che in qualche maniera avessero attinenza con il pericolo, come ad esempio navi, carri e ricette mediche.
Sir William Osler ( The evolution ofmodern medicine. A series of lectures delivered at Yale University on the Silliman Foundation in aprii, 1913, New Haven-London 1913) sosteneva che la 'R' maiuscola che ancor oggi si pone in testa alle ricette e che dovrebbe essere l'abbreviazione di Recipe (prendi), in realtà è il simbolo dell'occhio di Horus, adottato dai medici su esempio di Galeno, il quale avrebbe consigliato ai suoi colleghi romani di porre sulle loro prescrizioni simboli egizi per impressionare i clienti.

4 - La grande Piramide di Gizah, iniziata intorno al 2885 a.C., è una massiccia costruzione di oltre due milioni di blocchi, ciascuno del peso di circa due tonnellate e mezzo. La piramide a gradini, costruita da Imhotep, rappresenta dunque un'opera di grandissimo rilievo, alta oltre sessanta metri e formata da sei immensi gradini; l'organizzazione della mano d'opera per una costruzione del genere dev'essere stata un compito gigantesco.

5 - Custodito presso l'Università di Lipsia, non è solo il più antico testo medico completo, ma, sembra, il più antico libro esistente;
esso consta di 110 pagine, contiene 900 ricette ed è in condizioni quasi perfette. Un calendario è annotato sul retro del manoscritto e la data di compilazione può essere fissata con una certa approssimazione intorno al 1500 a.C. Gran parte del contenuto di questo papiro è copiato da altre opere scritte secoli prima e il suo valore è ulteriormente accresciuto da alcune annotazioni, apposte in margine dal suo primo proprietario, come: «ottimo, l'ho adoperato spesso», oppure «rimedio eccellente».

6 - Questi libri erano 32, di cui 6 dedicati alla medicina; essi venivano conservati nei templi, per la consultazione, e portati nelle processioni rituali. Non ne è pervenuto nemmeno un esemplare, ma sembra che i papiri di medicina a noi giunti siano stati compilati a partire da queste opere perdute. I Libri Ermetici godevano una tale reputazione, che nessun rimprovero poteva essere mosso al medico, in caso di morte del paziente, purché egli si fosse attenuto scrupolosamente ai precetti in essi contenuti. Al contrario, se il medico si scostava, anche soltanto di un minimo, dai metodi accreditati e il paziente moriva, la pena era la vita. Le punizioni per cure errate previste dal codice etico-professionale dei medici egizi erano dunque ancora più severe di quelle dei medici babilonesi.

7 - Gli Egizi erano particolarmente interessati, oltre che a una precoce diagnosi di gravidanza, a prevedere il sesso del nascituro. All'uopo disponevano due sacchi, uno di grano e uno d'orzo, che annaffiavano quotidianamente con l'urina della donna in esame. Se né il grano né l'orzo davano segni di germinazione, la diagnosi di gravidanza era negativa. Se i germi spuntavano nel grano, era prevista la nascita di un maschio; se germinava l'orzo, era più probabile una femmina. Tutto ciò può apparire sorprendente, ma a questa antichissima prova biologica la scienza medica ha continuato a credere per secoli: forse portata dagli Arabi e trasmessa attraverso la Scuola Salernitana, la ritroviamo in Europa nel Medio Evo, nel Rinascimento e più tardi, fino sulle soglie del secolo dei lumi. Un'altra prova di gravidanza si basava sulla introduzione di aglio in vagina e sul successivo esame dell'alito. La contraccezione, invece, si praticava con una specie di pessario a base di escrementi di coccodrillo commisti a una sostanza mucillaginosa, oppure a base di miele e natron (un miscuglio di argilla, sale di carbonio, di zolfo e di cloro). Per un effetto contraccettivo a più lunga scadenza si usava succo di acacia, coloquintide e datteri, il tutto amalgamato con il miele, con il quale si impregnava un tampone che si poneva in vagina. La gomma di acacia, fermentando, produceva acido lattico, dotato di potere spermicida. Un altro esempio di rimedio in uso nella pratica medica egizia era costituito da carrube essiccate e ridotte in polvere, che esplicavano effetto sedativo contro il dolore delle emorroidi.

8 - La birra, oltre che come eccipiente di numerosi medicamenti, era usata come medicina nei disturbi intestinali, nelle infiammazioni e nelle ulcere delle gambe (l'azione disinfettante antibatterica era dovuta al lievito e al complesso vitaminico B in essa contenuto). Agli operai che lavoravano alla costruzione delle piramidi veniva somministrata una determinata quantità di rafano, cipolle e aglio per il fatto che il rafano conteneva nel seme e nella radice una sostanza, la 'rafanina', dotata di potere antibiotico verso cocchi e coli, la cipolla l' 'allistatina' e l'aglio l' 'allicina', sostanze attive contro numerosi agenti patogeni (dissenteria, febbre tifoide e colera).

9 - Le ferite venivano trattate, il primo giorno, con carne fresca, tenuta ferma mediante bende, metodo che ha ancor oggi i suoi sostenitori, e in seguito venivano medicate con grasso e miele. La seguente descrizione di un caso di lussazione della mandibola, tratta dal papiro, sorprende per la sua modernità: «Esaminando un paziente con la mandibola slogata si troverà che ha la bocca aperta e che essa non può chiudersi; si porranno allora i pollici sull'estremità dei due rami della mandibola all'interno della bocca e le dita sotto il mento e si faranno scivolare indietro i rami in modo che ritornino in sede».

10 - La seguente descrizione di un caso di lussazione della mandibola, tratta dal Papiro, sorprende per la sua modernità: «Esaminando un paziente con la mandibola slogata, si troverà che ha la bocca aperta e che essa non può chiudersi; si porranno allora i pollici sull'estremità dei due rami della mandibola, all'interno della bocca, e le dita sotto il mento e si faranno scivolare indietro i rami in modo che ritornino in sede».

11- Il Papiro di Hearst, il Papiro di Kahun, il Papiro medico di Londra, il Papiro di Berlino.

12 - Il mito di Osiride spiega l'importanza che la mummificazione assunse tra gli Egizi; essi credevano fermamente nell'aldilà e nella possibilità di conquistare la vita eterna. Quando l'uomo muore, il Ka, lo spirito vitale, si distacca dal corpo; perché il morto possa resuscitare è necessario che il corpo non vada in putrefazione e non si disperda nella terra. Se il corpo resterà intatto il Ka potrà rientrare nelle membra e l'uomo potrà godere della vita eterna entrando nel 'regno dei beati', il regno di Osiride, conducendo per l'eternità una vita di piaceri e di felicità. Ecco allora che vennero inventate tecniche raffinate di imbalsamazione e di conservazione dei cadaveri; il morto era posto nella sua tomba e circondato da oggetti che gli furono cari nella vita, oltre che da cibo per poter affrontare il viaggio nell'aldilà. In molte tombe sono state ritrovate navicelle in legno, simbolo del viaggio che deve essere intrapreso dopo la morte. Quanto alle tecniche di mummificazione, riportiamo nel testo (come Appendice) un brano di Erodoto, lo storico greco che ebbe in merito notizie dirette dai sacerdoti egizi, e che ci dà una vivida descrizione del processo. Warren Dawson (Magician and Leech. A study in the Beginnings of Medicine with Special Refèrence to ancient Egypt, London 1929) ha formulato l'ipotesi che le salme da mummificare venissero disseccate col calore, dato che su molte mummie si riscontrano tracce di bruciature; durante questo processo di essiccazione venivano applicate grandi quantità di resine e anche le bende erano imbevute di resina calda.
La pratica della mummificazione o imbalsamazione non si limitava all'Egitto (pur essendo questo verosimilmente il paese d'origine del metodo); tale pratica era in uso anche presso gli Incas; a differenza di quella egizia, la mummia peruviana ha tutte le giunture forzate in posizione di flessione ed è posta in un cesto. Il corpo è dipinto con balsamo di copaive o con altre sostanze preservatrici e avvolto in molti metri di panno. Il risultato è un involto a forma di pera, alto poco più di un metro. Molte mummie di questo genere sono state rinvenute in Perù, entro caverne sotterranee a forma di bottiglia, che servivano da catacombe.

13 - M. A. Ruffer, Studies in the paleopathology of Egypt, Chicago 1921.

14 - H. Ranke, Medicine and surgeg in ancient Egypt, «Bullettin of the History of Medicin», 1, 1933.

15 - J. H. Breasted, The Edwin Smith surgical papyrus, 2 voli., Chicago 1930.


 

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