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S. Arcangelo



SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

 

 

(Pubblicazione Autorizzata dall'Autore)

A Vennegne - La Vendemmia
Preveticchie - Chierichetto
U Conciliatore - Il Conciliatore
A cunsereve - Concentrato di pomodoro elisir di benessere
A cena da‘Vescjlia - La cena della Vigilia di Natale
A Fera - La fiera
A la Vianova - Passeggiata sulla strada rotabile
A Ricotta - La Ricotta
“O Casciune” - I Cassoni
Figlio della Lupa
A Vigne - La Vigna
O Nuvene - Le Novene
U Metetore - Il Mietitore
O Bandiste - I Bandisti
O Disoccupate - I Disoccupati
Scuola Rurale
U gesumine - Il Gelsomino
U pallone - Il Pallone
U Sapone- Il Sapone Marmorato
U Sattore - L’Esattore
A cucina maritate - Pietanza di legumi assortiti
A Parzione - La Porzione
A Segge - La Sedia
Adacquatura - Irrigazione degli orti
Lavature do’ panne - Come si lavavano i panni
Cacature - Bisogni corporali
Festa di un giorno di mezza estate - Midsummer
U mmite - Il banchetto nuziale
U Cantoniere - Il Cantoniere
Illuminazione
U Postale - Servizio Postale
Mulattiere - I Mulattieri
U Varricchie - Lucia la portatrice d’acqua
Il riscaldamento delle case


PREMESSA

Ricordare e riproporre eventi sepolti nella memoria rappresenta una pratica interessante altrimenti potrebbero scomparire nel profondo dei ricordi.
I protagonisti di questi ricordi sono la mia famiglia, i miei genitori e noi tre fratelli. Alcuni di noi più presenti negli avvenimenti in quanto attori sulla scena, a differenza di mio fratello Francesco, chiamato in casa Ciccio o il grande, che, per l’età (perché aveva qualche anno in più rispetto a noi Giuseppe e Antonio, rispettivamente Geppino e Nino) e perché aveva già iniziato a frequentare le scuole superiori, presso i Salesiani di Cisternino e le scuole di Taranto, in alcuni avvenimenti non è presente ma in altri è il protagonista principale.
Certamente questi ricordi interessano un limitato cerchio di persone, in quanto chi conosceva o conosce i protagonisti può apprezzare gli avvenimenti accaduti oltre 60 anni or sono; per i restanti lettori sono episodi di vita vissuti che si possono rievocare solo in qualche racconto.
Mi riferisco al lavaggio dei panni al fiume, alle notti passate senza dormire perché occupati a fare sì che l’acqua del canale, acquare, fosse diretta nel proprio orto perché necessaria per innaffiare gli ortaggi, ai lavori nella vigna e nelle cantine tutti realizzati con la forza dell’uomo, all’evento matrimonio, a zite, con il relativo ricevimento, u ‘mmite, che attualmente è possibile ascoltare nel racconto di qualche persona molto anziana.
Il volume descrive i vari avvenimenti che scorrono come un film alla moviola e ricorda il patrimonio tradizionale della nostra società rurale in particolare.
Sono avvenimenti che faranno sorridere gli sparuti protagonisti, ma anche coloro che hanno vissuto circostanze simili, avvenimenti naturali della vita vissuta in un paese agricolo, dove l’uomo ed il lavoro erano al centro delle azioni quotidiane.
La breve descrizione degli eventi è stata corredata di foto, difficili da reperire, in quanto anche nei nostri paesi l’usa e getta è diventato di moda. Ci auguriamo che altre persone, come lo scrivente, diano alle stampe ricordi personali, in modo che l’insieme di più documenti possano far rivivere a che ci seguirà la vita vissuta in periodi difficili dai loro congiunti o amici.
“Sono questi gli ultimi echi d’un vecchio mondo, cui noi già diciamo addio per sempre, son gli ultimi ricordi di tempi, ch’eran pure sì belli nella loro semplicità e nelle loro costumanze gioconde e pittoresche.
La vita, sfrondata delle antiche illusioni ed abitudini, si fa seria e monotona, e a noi, figli del secolo delle macchine e del materialismo, non resta che un vuoto, un «desiderio vano di bellezza antica».”, così scriveva lo storico maceratese Domenico Spadoni (1899).
Ernesto De Martino già agli inizi degli anni ’50 scriveva: “L’attuale risveglio di interessi per la vita culturale tradizionale delle classi popolari ha bisogno di essere ancora metodologicamente fondato, e di giustificarsi in modo serio e persuasivo di fronte alla cultura nazionale. Perché, oggi, dobbiamo raccogliere il nostro «folklore», o, come direi meglio, il nostro materiale etnologico nazionale? Perché dobbiamo studiarlo?”.
Dobbiamo raccogliere conservare e tramandare il patrimonio culturale della società rurale agricola e contadina,dal momento che con la scomparsa degli ultimi depositari originarii, non sparisca nel nulla.
Il patrimonio dovrà essere consegnato alla storia dell’uomo, studiato analizzato ed interpetrato perché è l’unico modo per penetrarlo e intenderlo ed è l’unico modo corretto d’approccio per chi non ha vissuto la cultura popolare dal di dentro quand’essa era ancora pienamente vigente. Come scriveva De Martino, “il folklore non è solo tradizione, memoria presente del passato, ma contiene anche motivi progressivi, vivaci riflessi delle aspirazioni attuali del mondo popolare, e accenni e indicazioni verso il futuro”. Se la spinta verso il futuro viene meno, anche la tradizione perde valore e significato.. 

 

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