PREMESSA
Ricordare e riproporre eventi sepolti nella memoria rappresenta una
pratica interessante altrimenti potrebbero scomparire nel profondo dei
ricordi.
I protagonisti di questi ricordi sono la mia famiglia, i miei genitori e
noi tre fratelli. Alcuni di noi più presenti negli avvenimenti in quanto
attori sulla scena, a differenza di mio fratello Francesco, chiamato in
casa Ciccio o il grande, che, per l’età (perché aveva qualche anno in
più rispetto a noi Giuseppe e Antonio, rispettivamente Geppino e Nino) e
perché aveva già iniziato a frequentare le scuole superiori, presso i
Salesiani di Cisternino e le scuole di Taranto, in alcuni avvenimenti
non è presente ma in altri è il protagonista principale.
Certamente questi ricordi interessano un limitato cerchio di persone, in
quanto chi conosceva o conosce i protagonisti può apprezzare gli
avvenimenti accaduti oltre 60 anni or sono; per i restanti lettori sono
episodi di vita vissuti che si possono rievocare solo in qualche
racconto.
Mi riferisco al lavaggio dei panni al fiume, alle notti passate senza
dormire perché occupati a fare sì che l’acqua del canale, acquare, fosse
diretta nel proprio orto perché necessaria per innaffiare gli ortaggi,
ai lavori nella vigna e nelle cantine tutti realizzati con la forza
dell’uomo, all’evento matrimonio, a zite, con il relativo ricevimento, u
‘mmite, che attualmente è possibile ascoltare nel racconto di qualche
persona molto anziana.
Il volume descrive i vari avvenimenti che scorrono come un film alla
moviola e ricorda il patrimonio tradizionale della nostra società rurale
in particolare.
Sono avvenimenti che faranno sorridere gli sparuti protagonisti, ma
anche coloro che hanno vissuto circostanze simili, avvenimenti naturali
della vita vissuta in un paese agricolo, dove l’uomo ed il lavoro erano
al centro delle azioni quotidiane.
La breve descrizione degli eventi è stata corredata di foto, difficili
da reperire, in quanto anche nei nostri paesi l’usa e getta è diventato
di moda. Ci auguriamo che altre persone, come lo scrivente, diano alle
stampe ricordi personali, in modo che l’insieme di più documenti possano
far rivivere a che ci seguirà la vita vissuta in periodi difficili dai
loro congiunti o amici.
“Sono questi gli ultimi echi d’un vecchio mondo, cui noi già diciamo
addio per sempre, son gli ultimi ricordi di tempi, ch’eran pure sì belli
nella loro semplicità e nelle loro costumanze gioconde e pittoresche.
La vita, sfrondata delle antiche illusioni ed abitudini, si fa seria e
monotona, e a noi, figli del secolo delle macchine e del materialismo,
non resta che un vuoto, un «desiderio vano di bellezza antica».”, così
scriveva lo storico maceratese Domenico Spadoni (1899).
Ernesto De Martino già agli inizi degli anni ’50 scriveva: “L’attuale
risveglio di interessi per la vita culturale tradizionale delle classi
popolari ha bisogno di essere ancora metodologicamente fondato, e di
giustificarsi in modo serio e persuasivo di fronte alla cultura
nazionale. Perché, oggi, dobbiamo raccogliere il nostro «folklore», o,
come direi meglio, il nostro materiale etnologico nazionale? Perché
dobbiamo studiarlo?”.
Dobbiamo raccogliere conservare e tramandare il patrimonio culturale
della società rurale agricola e contadina,dal momento che con la
scomparsa degli ultimi depositari originarii, non sparisca nel nulla.
Il patrimonio dovrà essere consegnato alla storia dell’uomo, studiato
analizzato ed interpetrato perché è l’unico modo per penetrarlo e
intenderlo ed è l’unico modo corretto d’approccio per chi non ha vissuto
la cultura popolare dal di dentro quand’essa era ancora pienamente
vigente. Come scriveva De Martino, “il folklore non è solo tradizione,
memoria presente del passato, ma contiene anche motivi progressivi,
vivaci riflessi delle aspirazioni attuali del mondo popolare, e accenni
e indicazioni verso il futuro”. Se la spinta verso il futuro viene meno,
anche la tradizione perde valore e significato..
"Schegge di Memoria"
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