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SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

U pallone - Il Pallone

Fu questa una conquista di mio fratello Giuseppe, chiamato Geppino, mentre eravamo a Taranto per suoi motivi di salute; infatti egli accusava verso l’età dei 14 anni un dolore continuo alla colonna vertebrale, tratto dorsale, nonostante le terapie praticate da mio padre medico.
Dal momento che la sintomatologia dolorosa nonostante le cure non recedeva, mio padre pensò di farlo sottoporre ad una radiografia, che fu eseguita in una clinica di Taranto e che mise in evidenza una grave decalcificazione di una vertebra dorsale, forse da pregressa frattura non curata, così grave che fu consigliato un busto gessato per evitare eventuali più gravi conseguenze. Il busto gessato immobilizzava tutta la colonna vertebrale, per cui avvolgeva il tronco e mezzo corpo del paziente: iniziava sopra le anche, avvolgeva il torace il collo e limitava il movimento del capo. L’estate era iniziata ed immaginate quale sconforto doveva provare mio fratello con quel gesso sul corpo. Ricordo che Geppino era molto triste e depresso e per rincuorarlo un poco mia madre acconsentì a comprare un pallone vero di cuoio, che era stato richiesto in precedenza. A quei tempi si giocava con qualche palla di pezza e poi di gomma, ma un pallone vero l’avevamo visto a S. Arcangelo quando un ragazzo di Milano l’aveva portato ed avevamo giocato tutti insieme.
Era un piacere giocare con un pallone di cuoio per cui Geppino, anche se non poteva partecipare al gioco, dato il busto che portava, ebbe il suo dono che immortalò con una foto sul lungomare di Taranto.
Dopo molte traversie e visite alla clinica Ortopedica di Napoli e poi al Rizzoli di Bologna, mio fratello risolse il problema definitivamente, anche se quella malattia sofferta in giovane età aveva lasciato un segno profondo, soprattutto nel suo carattere già scontroso .Da allora continuò a fare una vita molto attiva, specie con il suo amico Geppino Scardaccione, con il quale era solito improvvisare lunghe cavalcate per strade impervie e piene di pericoli.
Non ricordo il pallone che fine fece, dal momento che lo abbiamo usato per poco tempo per giocare e per il fatto che impegni più impellenti di studio obbligavano ad andare in collegio lo scrivente al Convitto Scoppetta di Amalfi e Geppino al Convitto Cagnazzi di Altamura.
Il pallone allietò poco la nostra esistenza ma dette a mio fratello Giuseppe un sorriso e la gioia di avere una cosa sua in un momento così difficile della sua vita .La sua scomparsa prematura ed improvvisa ci ha lasciato un vuoto che cerchiamo di colmare con questi lieti ricordi.

 

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