U mmite - Il banchetto nuziale
Descrivo quanto avveniva negli anni 50 durante la cerimonia delle nozze
in un paese agricolo della Basilicata, S. Arcangelo, paese dove sono
nato. Generalmente l’amore tra i nubendi sbocciava in chiesa, dal
momento che il giovane adocchiava e poteva ammirare con tranquillità la
probabile compagna durante le feste religiose. Una volta fidanzati, le
famiglie discutevano sulla dote che la ragazza avrebbe portato in panni
ed eventualmente in terreni e case.
Erano panni da letto che potevano andare da due ad un numero infinito
fino a 12 ed oltre; era un corredo che prevedeva lenzuola, coperte,
asciugamani, camicie di notte e tant’altro necessario per mettere su una
casa.
Il banchetto si preparava in tempo e sulla base del menù si ci
approvvigionava di capretti o agnelli, che sarebbero serviti per
preparare il pranzo di nozze. Bisognava prenotare tempestivamente la
casa dove si doveva svolgere il banchetto e per molto tempo si usava un
mulino dismesso, riconvertito a sala per inviti, che si trovava a S.
Antonio
Abate e poi casa Laurenzano, situata vicino alla chiesa madre. Il corteo
partiva dalla casa della sposa, percorreva le strade del paese e dal
numero di coppie, in dialetto” copie”, si intuiva il numero di invitati
presenti al matrimonio; era solito chiudere il corteo un parente stretto
degli sposi. Terminata la cerimonia religiosa il corteo si avviava
lentamente verso la sala dove si doveva tenere il banchetto. A parte il
riso, che si lanciava appena fuori dalla chiesa agli sposi con confetti
e cannellini, durante il passaggio del corteo gli amici del rione erano
soliti per buon augurio lanciare altro riso e confetti; ciò scatenava
torme di ragazzini che immancabilmente precedevano il corteo nuziale e
si azzuffavano per accaparrarsi i cannellini o i confetti. Arrivati gli
sposi sulla porta d’entrata dove si teneva il banchetto, trovavano la
madre dello sposo che per benvenuto dava prima alla sposa e poi al
figlio interiora di pollo in fricassè. Gli invitati prendevano posto su
scanni disposti lungo le pareti delle stanze in attesa che iniziasse la
distribuzione dei dolci, sciù, sospiri, pizzetti ed alla fine paste
secche. Il tutto era accompagnato da liquori, dal rosolio all’alkermes,
dal vermouth al marsala, e quando si distribuivano i biscotti fatti in
casa anche dal vino prodotto generalmente dalle famiglie degli sposi. I
dolci erano dati solo agli adulti, i bambini erano esclusi ad eccezione
di qualche caso e su precisa deroga del papà dello sposo che seguiva la
dispensa “du cumplemente”.
Gli invitati non mangiavano i dolci ma generalmente li riponevano in una
busta, che poi avrebbero portato a casa. Gli uomini bevevano qualche
bicchierino e quindi mangiavano qualche pasta secca.
Accadeva che durante il riempimento dei bicchierini un po’ di liquore
cadeva nel vassoio, per cui dopo un po’ di tempo il liquore sversato
veniva direttamente dal vassoio ingurgitato da qualche sprovveduto.
Costui essendo a digiuno rapidamente mostrava i segni dell’ebrezza
prima, e poi dell’ubriachezza, e diventava lo zimbello dei bambini che
lo ricorrevano per le varie sale. Il banchetto era allietato da
suonatori prima di organetto con tamburo e poi di fisarmonica e
batteria. Questi artisti, quando si sentivano trascurati specie per le
bevande, intonavano un motivetto che cosi suonava “purtate u vine a li
sunature”, portate il vino ai suonatori.
La festa continuava per tutto il pomeriggio, durante il quale si serviva
il pranzo appositamente preparato per gli invitati. Vi era allora un
cuoco e persone di famiglia degli sposi che lo aiutavano nella
preparazione sia della tavola che del pranzo. Alcune volte quando non
bastavano le sedie per far sedere gli invitati si chiedevano in prestito
alle famiglie vicine di strada. Il pranzo consisteva in un primo piatto
di maccheroni, di ziti conditi con ragù di castrato (agnello o capretto
ed alcune volte anche maiale), come secondo piatto veniva servito del
bollito; seguiva un altro piatto costituito da carne in ragù, il tutto
accompagnato da insalata verde. Il vino rosso o bianco era quello della
famiglia degli sposi o comprato sul luogo. Formaggi, dolce con la torta
nuziale e confetti chiudevano il fausto evento.
Dopo un riposo di qualche ora anche degli sposi, iniziava la serata
danzante, che si protraeva fin verso le ore piccole. Tarantelle, mazurke,
onestep, valzer e tango erano i balli in voga sostituiti in seguito
anche da balli più moderni. Ricordo che un matrimonio, mentre era in
piedi la festa, si trasformò in una quasi tragedia, in quanto il papà
della sposa, parlando con il consuocero, non voleva mantenere la
promessa di concedere un pezzo di terreno irriguo che in dialetto era
detto “o ssute”, le uscite. Per far sì che le promesse matrimoniali
fossero mantenute, si era soliti andare dal notaio, il quale raccoglieva
le volontà e stilava i capitoli matrimoniali. La festa fu interrotta per
il fatto che i familiari degli sposi vennero alle mani ed i festeggiati
dovettero interrompere il festino e ritirarsi nella nuova loro casa con
un grande dispiacere per l’increscioso accaduto.
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