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SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

U Conciliatore - Il Conciliatore

Era il conciliatore una persona giuridica ausiliaria del giudice togato, che conciliava controversie che riguardavano le piccole beghe paesane che accadevano in ogni regione. Sottraeva in questo modo alla giustizia molte vertenze giudiziarie che altrimenti sarebbero approdate alla pretura, che ai tempi cui ci riferiamo era carente già allora di personale e di mezzi.
Fino agli anni sessanta, e per trenta anni, mio padre, Eugenio Molfese, medico condotto di S.Arcangelo, ha svolto anche questa mansione con professionalità e competenza.
L’organico era formato dal conciliatore, dal segretario, mansione svolta da un impiegato comunale addetto una volta alla settimana e per una mattinata, e dal messo conciliatore, un impiegato preposto alla notifica degli atti di comparizione, dei provvedimenti e di quanto atteneva a questa istituzione.
Il giovedì era il giorno di udienza che si teneva al mattino con inizio dopo le ore 10,30, dopo che il conciliatore, che era anche medico, aveva sbrigato le visite in ambulatorio ed eseguite almeno le visite urgenti nel paese. La sede per molto tempo fu allocata in un sala annessa alla Chiesa del Convento (era la vecchia sacrestia) e l’ingresso era posto al lato del Giardino di Infanzia G.Cstronuovo, complesso che veniva utilizzato dalle Suore Filippine (appartenenti all’ordine di San Filippo Neri), all’epoca cui ci riferiamo (anni 40-50), come scuola materna.
Dal momento che ho frequentato per qualche anno la scuola materna o poi la scuola elementare, ubicata presso il” Convento”, fino alla classe quinta, mi è rimasta impressa la piccola folla che nel giorno dell’udienza stazionava all’ingresso della sala di conciliazione.
Le liti trattate spaziavano dalla controversia sui fitti delle case al pascolo abusivo, dalle luci e vedute alle servitù di passaggio. Questa era una controversia molto trattata, dal momento che il nostro territorio è prevalentemente agricolo costituito da piccoli fondi alcune volte interclusi e quindi privi di strade di accesso. Mentre non era vietato passare attraverso un fondo avendo l’accortezza di non danneggiare le piantagioni, nei fondi interclusi senza strada nascevano le liti quando il proprietario aveva necessità con l’asino e gli sportoni di recarsi sul proprio fondo per trasportare prodotti e compiere le lavorazioni necessarie alla coltivazione del campo.
Ad ogni seduta si trattavano poche cause, ma le parti, i testimoni ed i curiosi interessati alla vertenza erano numerosi, per cui la sala, specie all’inizio, era piena di persone. Ricordo che mi è capitato una sola volta di assistere ad una intera udienza e sono rimasto impressionato dall’astio che sgorgava dalle parole delle parti nel perorare la propria tesi. La controversia era riferita ad una ristrutturazione di una casa ed il contendere era riferito al fatto che il solaio da abbattere, e poi da rifare, il proprietario del vano soprastante voleva realizzarlo a travi di ferro e doghe di legno, mentre il proprietario del vano sottostante voleva che il pavimento fosse costruito in voltine in mattoni che avrebbero abbellito meglio l’ambiente.
Nel giudicare le liti naturalmente si scontentava una delle parti ed è questo il motivo per cui il conciliatore si creava delle inimicizie legate alle funzioni esplicate.
La conciliazione era il primo grado di giudizio, ma era temuta per il fatto che, a parte il tempo che si perdeva per le udienze, il giudizio poteva essere utilizzato nei gradi successivi, pretura e tribunale, per cui una espressione molto usata per intimorire l’avversario in una disputa verbale era quella: “se non a fernisce te fazze a vertenza” (se non la smetti ti porto davanti al conciliatore).

 

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