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Don Antonio Verrastro
- Avigliano, città di Maria
 

SANTA MARIA DI AVIGLIANO


Parlando delle origini di AVIGLIANO, avremmo dovuto accennare ad un'antica, breve scrittura, incavata nella colonna di pietra attigua all'altare di Santa Maria di Avigliano, che si venera in Campagna (SA) fin dal lontano 1240, per dire che in quel periodo AVIGLIANO non solo esisteva, ma era già una comunità ben organizzata e pure di una certa importanza.
Non lo abbiamo fatto e, a ragion veduta: intanto perché ne avremmo voluto parlare adesso e poi perché - a nostro modesto giudizio la suaccennata antica breve scrittura, al di là del valore storico in conferma dell'esistenza di AVIGLIANO, già dal 1240, come comunità organizzata e pure di una certa importanza, ci parla di AVIGLIANO, come CITTA' di MARIA, fin dai primordi del suo nascere.
Questo il testo della scrittura:

QUEST' IMMAG.E 
DELLA MRE D NRO S. 
FU RITRTA DA GO 
GLIELMO CEDRUOLO 
L'ANNO 1240. E SE DICE 
S.M. D'AVIG.NO PCHE' 
MIRACU.SE VENNE 
D'AVIG.NO NON SOLO 
UNA VOLTA MA DUE

Dunque, il testo parla del ritrovamento dell'immagine della Madre di Nostro Signore da parte di Goglielmo Cedruolo nell'anno 1240; del nome con cui viene chiamata: Santa Maria di Avigliano; e del perché di tal nome: perché venne miracolosamente da Avigliano non solo una volta, ma due.
Già prima del 1240, allora, anno in cui fu ritrovata a Campagna, la statua della Madonna sul sambuco - come è raffigurata - era venerata dagli aviglianesi e custodita in una chiesetta, la più antica esistente fuori dell'abitato, posta a qualche centinaia di metri dalla fiumara, sulla strada che porta a Ruoti.
La cappella, denominata SANTA MARIA DE CORNU BONU, è meglio conosciuta con il nome di Madonna delle Grazie.
Assai vivo, ancor oggi, è tra il popolo di Avigliano il culto della Madonna, venerata sotto il titolo di Madonna delle Grazie, ma allora, quasi tutti i sabati e le domeniche, gli aviglianesi, incuranti del tempo, e quindi anche nella cattiva stagione, si recavano in pellegrinaggio alla Cappella, recitando il santo Rosario e, in periodi di siccità o di cattivo tempo, organizzavano processioni di penitenza per implorare dalla bella Madonna la pioggia o il sereno.
Fu appunto in una di queste visite che si accorsero della scomparsa dalla Cappella della venerata statua e non si dettero pace finché non seppero da un vecchio contadino della zona che qualche giorno prima, sorpresi da un furioso temporale, alcuni mercanti di Campagna si erano ivi rifugiati.
Bastò questo per far pensare ad un trafugamento: "la tempesta infuriava" si dissero "un fulmine, penetrato dalla finestra, miracolosamente avrebbe lasciati illesi là statua e i commercianti che, impauriti, si erano stretti attorno".
"E' una statua prodigiosa" avrebbero detto "portiamocela!".
Così pensando, gli aviglianesi si recarono a Campagna e qui trovarono la Statua della loro bella Madonna delle Grazie.
Questo fatto avvalorò il loro sospetto.
Però solo un giudizio, affrontato presso il tribunale ecclesiastico metropolitano di Salerno e ratificato dalla suprema corte di Roma, diede loro pienamente ragione e valse a far riportare il venerato simulacro nella primitiva Cappella.
"Il fatto" - scrive il guardiano del monastero dei riformati di Campagna, fra Michele da Calitri, in una lettera inviata al Provinciale dei riformati di Basilicata il 21 febbraio 1844 - "si rileva pure dal gran quadro che vedesi sotto il soffitto della Chiesa, in dove osservasi uomini e donne di Avigliano che chiedono al Vescovo e popolo di Campagna la loro immagine, credendosi di essere stata rubata ed avendone fatto ricorso a Salerno e quindi a Roma, fu loro restituita".
"Ma, non appena giunta in Avigliano" continua la lettera - "la mattina seguente, di bel nuovo fu ritrovata nel luogo primiero detto Ruoccolo, ora monte di Serre".
A dir dei Campagnesi, dunque, la statua della Madonna "non fu trasportata, ma bensì venne... miracolosamente da Avigliano e non solo una volta, ma due".
Comunque siano andati i fatti, la statua della Madonna sul sambuco ora si trova a Campagna, venerata sotto il titolo di SANTA MARIA DI AVIGLIANO, e questo fu deciso in un secondo giudizio dal Metropolita di Salerno e confermato dall'allora regnante Sommo Pontefice Gregorio XI, per ovviare alle continue liti che, furiose, insorgevano tra le due popolazioni.
Gli aviglianesi la sostituirono con un'altra statua, del tutto somigliante alla prima, che rimase in detta Cappella fino al 1785: era raffigurata seduta su di un sambuco, con il bambino sulle ginocchia e con un globo in mano.
Fu poi sostituita, perché annerita e resa irriconoscibile, con un'altra statua, questa volta raffigurata in piedi, sul cui capo e su quello del Bambino nel 1843, Maria Giuseppina De Carlo fece deporre due corone d'argento del valore di 38 ducati, comprate con le offerte dei fedeli.
Questa immagine rimase fino alla sera del 16 luglio 1934, data in cui, non sappiamo se con dolo o per caso, un grande incendio scoppiò nella Chiesetta.
Mentre tutta la popolazione assisteva in piazza al gran finale dello spettacolo di fuochi d'artificio, allestito in occasione della festa della Madonna del Carmine, della Cappella delle Grazie non rimanevano che poveri muri anneriti: la statua, gli altari, un Crocifisso di grandezza naturale ed una pregevole tela raffigurante san Francesco, tutto andò distrutto!
Appena quattro anni dopo, però, accompagnata da una folla implorante e festosa, una nuova statua fu collocata al posto di quella distrutta dall'incendio nell'antica dimora della Madonna delle Grazie, riattata alla meglio a cura della Famiglia LACERENZA.
Era il 13 dicembre 1938: si riprendeva così per gli aviglianesi, gente fortissima ed ancorata tenacemente alle sue antiche tradizioni, un culto al quale erano rimasti fedeli per secoli!
A ragion veduta - dunque - abbiamo detto che Avigliano può ben chiamarsi CITTA' di MARIA, ma questo, non solamente in rapporto al tempo del suo nascere, che quasi si confonde con il nascere in essa del culto alla Madonna, venerata sotto il titolo di Madonna delle Grazie, ma anche in riferimento al suo crescere, come vedremo qui di seguito.

 

 

 

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