Avigliano e le sue chiese
Con la
parola CHIESA - è superfluo ricordarlo - vogliamo qui indicare un edificio
sacro, dedicato al culto divino, dove -più e meglio che altrove - Dio viene
onorato, invocato, ascoltato come in casa sua; ma dove anche i figli di Dio
si radunano, convocati dallo Spirito, partecipano alle azioni liturgiche,
ascoltano l'annunzio della parola divina, ricevono i sacramenti e si
raccolgono in preghiera, anche individualmente, alla presenza di
Gesù-eucaristia, come in casa propria.
Ora, nella misura in cui questi luoghi sono voluti e di fatto vengono
costruiti con il concorso determinante del popolo di Dio, possono ben essere
ritenuti segni autentici della vitalità religiosa di una comunità.
Non così se sono il frutto, magari generoso, anche autentico, della
devozione di questo o quel signore.
Per fugare ogni dubbio, dirò subito che le CHIESE dl AVIGLIANO, nella loro
quasi totalità, ci parlano di questa vitalità.
Non sono dei gioielli d'arte, intesi nel senso corrente della parola; non
hanno dipinti o sculture di nomi prestigiosi, almeno per la massima parte;
né sono stati progettati da architetti di gran fama: sono - però - degli
autentici monumenti di fede!
Intanto vediamole nella loro origine storica e nella loro struttura
artistica, incominciando da quelle che sono oggi sedi di comunità
parrocchiali.
CHIESE PARROCCHIALI
Prima di inoltrarci in questa descrizione, giova ricordare che la cura
religiosa di tutto il vasto territorio aviglianese per lunghissimo tempo fu
affidata ad un'unica parrocchia, quella che attualmente porta il nome di
Santa Maria del Carmine, se si eccettua il periodo che va dal 1814 al 1831,
in cui - sulla carta esisteva un'altra parrocchia, quella del SS. Rosario,
con sede nella Chiesa dell'Annunziata.
Solo in seguito, Mons. Ignazio Monterisi, "volendo provvedere nel miglior
modo possibile al bene e alle necessità delle anime a lui affidate" della
zona rurale di Avigliano, con due distinti decreti che portano entrambi la
data del 2 febbraio 1905, eresse una nuova parrocchia, quella della SS.
Trinità in Lagopesole e due Vicarie perpetue con sede rispettivamente a
Sant'Angelo e a Filiano. La Vicaria di Filiano divenne poi parrocchia il 1°
gennaio 1949 e quella di Sant'Angelo, ma con sede a Possidente, il 1°
gennaio 1956.
1) CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMINE, meglio conosciuta con il nome di
CHIESA MADRE.
Sorge nella parte più antica del paese.
La prima costruzione, non certo nella forma attuale di fattura e di
grandezza, dovette essere già iniziata - come abbiamo avuto modo di riferire
nella prima parte del presente libretto - nel sec. IX.
Con certezza, però, non possiamo determinarne la data precisa, anche perché
ampliamenti e modifiche successive, non ci consentono di risalire all'epoca
dell'originaria costruzione, almeno allo stato attuale delle ricerche.
Nel rifacimento ultimo del tetto, che rimonda appena a qualche anno fa, sono
state rinvenute due pietre da taglio. Sulla prima sono appena leggibili
queste lettere: "Silv... Sindico"; sull'altra: "factum 1614 restauravit".
Se, come sembra, il 1614 si riferisce al restauro, possiamo tenere per certa
la data del 1583, ricavata da altre fonti, come quella presumibile della sua
prima costruzione, almeno nella forma attuale di grandezza e di stile.
Da ricerche effettuate presso l'archivio parrocchiale di Avigliano, le prime
notizie di restauro risalgono al 1661: "il sindaco restaurerà il campanile e
farà biancheggiare la Chiesa" - si legge in un documento che porta quella
data; e ancora: "incominci - il discorso è rivolto al capo mastro - il
soffitto della Chiesa il lunedì".
La pianta del tempio è a croce latina, a tre navate; lo stile ad imitazione
romanico con ornamento di tipo barocco e volta a cassettonato con fiore.
L'abside è molto profonda: in essa, ad ulteriore conferma delle origini
lontane della Chiesa, risalenti all'epoca in cui la funzione corale doveva
essere in auge, si può osservare un grande coro in legno, chiuso sul davanti
da un pregevole altare in marmi policromi, ad imitazione barocco.
La relazione gaudioso sulla Basilicata del 1736 ci fa sapere che all'epoca
la chiesa era ufficiata da due dignità e 30 sacerdoti partecipanti con la
rendita d'annui ducati 40 per ciascuno di essi.
Nel 1950, anno santo, a cura dell'Arciprete, Mons. Nicola Loffredo, fu
eretto sull'altare maggiore un artistico trono marmoreo, opera dei maestri
d'arte aviglianesi, Michele ed Andrea Manfredi, per dare una decorosa
sistemazione alla venerata immagine della Beata Vergine del Carmine,
titolare della Chiesa.
Il coro è sovrastato dai resti di un antico organo con fregi originali che
lo fanno risalire al settecento.
Alla sommità della crociera, sotto la cupola, una gradinata immette sul
presbiterio, chiuso da un'artistica balaustra in marmo.
La chiesa, complessivamente ospita ben undici altari, tutti rivestiti in
marmo, risalenti - stando ad alcune date che vi si leggono e ad alcuni nomi
di devoti a cura dei quali furono edificati - per la maggior parte alla fine
dell'ottocento.
Entrando, da destra, nella Chiesa, si incontra l'altare, detto dal popolo,
dell'ABBANDONATA, forse a motivo del luogo dove si trova quella MADONNA, non
tanto adatto alla venerazione dei fedeli, perché nascosto.
Seguono SAN SEBASTIANO, l'ADDOLORATA e - nella crociera - SAN Rocco.
Entrando, dal lato sinistro, s'incontrano SAN LEONARDO, SAN VINCENZO, la
MADONNA DEL ROSARIO, e - nella crociera - SANT'ANTONIO ABATE.
Il battistero, sistemato all'ingresso del tempio, dal lato sinistro,
presenta alcuni elementi di rilievo. In una nicchia, posta in alto, nella
cappella, si venera la MADONNA DELLE GRAZIE.
Degne di particolare menzione sono invece le DUE ACQUASANTIERE, fatte in
epoche diverse e con diverso materiale (marmo grigio, l'una; e marmo rosso,
l'altra) ma da mano esperta di artigiani locali. Quella a destra, entrando,
porta una scritta in latino, che - tradotta - suona così: "Questa fonte -
Salvatore Manfredi e figli - fecero e donarono - alla SS. Vergine, Madre di
Dio - 1935". Fu fatta in occasione dell'Incoronazione della statua della
Madonna, avvenuta il 26 maggio 1935.
A destra e a sinistra dell'Altare maggiore, dedicato - come abbiamo già
ricordato - alla Beata Vergine del Carmine, sono collocati rispettivamente
l'altare di SAN VITO, ora compatrono della chiesa, e quello del SS.
SACRAMENTO, sul quale troneggia una statua del Sacro Cuore di Gesù.
A questo punto giova ricordare che prima del 1811, data in cui mons.
Bartolomeo De Cesare proclamò la Madonna del Carmine protettrice principale
di Avigliano, titolari della parrocchia di Avigliano furono prima san
Bartolomeo, poi San Leonardo ed infine con decreto del 4-5-1748 a firma del
Card. Tamburrini, San Vito, divenuto in seguito compatrono.
In fondo, a destra, entrando, vi è la sacrestia, bella ed ampia, con una
parete tutta rivestita di armadi di legno, alla cui sommità è sistemata una
grande tela del tardo seicento, di autore ignoto, che rappresenta
l'incoronazione della Madonna da parte della SS. Trinità, con
tutt'all'intorno simboli delle litanie lauretale.
Altra pregevole tela della Madonna con il Bambino trovasi, a sinistra, nei
locali dell'Ufficio parrocchiale, dove pure è possibile ammirare un
crocifisso intagliato in legno da un artigiano locale.
In una stanzetta, accanto alla porta che immette sull'organo, un tempo erano
custoditi dei dipinti votivi, una raccolta di ex-voto, non eccessivamente
ricca, ma bastante per costituire intanto una discreta manifestazione di
arte popolare e di documentazione folkloristica dei costumi lungo i secoli,
ma soprattutto ed in modo particolare, direi, una testimonianza
inequivocabile di una fede semplice, profonda e sincera. Ogni dipinto,
infatti, raccontava per lo più una storia di lacrime, confortate dalla fede
e dall'amore alla Beata Vergine del Carmine.
A questi si aggiungevano formette di argento di bassa lega, raffiguranti
parti del corpo umano, come cuori, arti, occhi, teste etc. , trecce di
chiome femminili, abiti da sposa o votivi e tanti altri oggetti che la pietà
semplice e schietta del popolo aveva creduto di offrire alla Madonna quale
segno tangibile della propria riconoscenza per grazie ricevute.
I dipinti, soprattutto, rievocando storie di dolori e di ansie, risolte
grazie all'intervento amoroso della cara Mamma del cielo, lo facevano con
tanta fedeltà, con pochi colori vivi, con chiari disegni e scarse sfumature
tali da farle rivivere in modo naturale nella mente dell'osservatore. E ,se
tale era e rimane l'intento del donatore, al di là del segno tangibile, pure
importante, della propria gratitudine, per la grazia ricevuta, è logico,
giusto e doveroso rinvenirli, restaurarli e sistemarli in maniera decorosa,
in qualche parte della Chiesa o, magari e ancora meglio, in uno dei locali
già quasi pronti, lassù, sul Monte Carmine, sotto il Santuario.
Così il visitatore può rimanerne edificato e può lodare Dio per i prodigi
compiuti, mediante la potente intercessione materna di Maria.
Oltre ai dipinti e alle varie formette di argento di bassa lega,
testimoniano la gratitudine della nostra gente alla Beata Vergine del
Carmine, per grazie ricevute, in un modo del tutto particolare, per il
numero e la fattura, numerosi caratteristici oggetti d'oro (catenine
orecchini - collane - bracciali - brillantini - anelli e quanto di più caro
e prezioso poteva possedere il nostro popolo) con i quali viene
letteralmente coperta, come da una veste tutta d'oro, la Statua, nel giorno
della festa, sia di luglio che di settembre e due belle corone d'oro
gemmate, offerte dai fedeli in occasione della solenne incoronazione,
avvenuta il 26 maggio 1935. -
La facciata attuale che risale al 1854,e completata, sul lato destro, da un
campanile a quattro piani, sull'ultimo dei quali un concerto di quattro
grosse campane (elettrificate nel 1978) fa risuonare lungo le ore del giorno
la voce di Dio.
L'unione tra la Chiesa ed il vecchio abitato, sotto il campanile, è
realizzata da una pregevole volta a botte, fatta con conci di mattoni, di
buona fattura artigianale.
Uno spiazzo davanti alla Chiesa agevola la entrata e l'uscita della gente,
dando anche risalto alla facciata, ma è stato mortificato dalla caparbia di
voler arrivare, a tutti i costi, innanzi alla casa del Signore, con mezzi
motorizzati, deturpando un ambiente caratteristico, nato per essere
raggiunto a piedi. Si spera in un ravvedimento da parte di chi è preposto
alla tutela dell'ambiente, perché le cose siano portate alla loro forma
originaria naturale.
La festa principale della parrocchia è quella del 16 luglio, in cui in un
crescendo sempre più impressionante di popolo, tra canti e preghiere,
attraverso le strade del paese addobbate a festa, come un solo grandioso
arco di trionfo, la venerata Statua della Beata Vergine del Carmine viene
portata a spalla sul Monte, processionalmente, per poi essere riportata in
paese la terza domenica di settembre, rifacendo la lunga strada dell'andata,
cantando e pregando insieme.
Si festeggia anche, il 15 giugno, il compatrono San Vito, con una
processione all'antica sua cappella, fuori dell'abitato.
E' ricordato pure Sant'Antonio di Padova con una festa che si svolgeva per
lo più al monastero, dove sotto l'ombra dei pioppi secolari, messi a dimora
dai frati dal 1820 al 1830, si consumava il tradizionale "cauzone" una
specie di focaccia imbottita di salame e di ricotta.
2) CHIESA DELLA SS. TRINITA' in LAGOPESOLE.
Sorge a ridosso dell'altura sulla cui cima si erge il turrito antico
castello, il più grande degli edifici militari fatti costruire da Federico
II, al centro delle bianche casette, che il castello - con la sua mole alta
ed imponente - pare voglia ancora proteggere.
E' opera dell'architetto Marconi di Roma.
I lavori, incominciati all'inizio del 1959 a cura dell'Ente di Sviluppo per
la Riforma Fondiaria in Puglia e Lucania; furono completati ai primi di
marzo del 1961.
Il 25 marzo, festa dell'Annunciazione di Maria SS., S.E. Mons. Augusto
Bertazzoní, ordinario diocesano, procedeva alla solenne benedizione delle
pareti interne ed esterne dell'edificio sacro e alla consacrazione
dell'altare maggiore, alla presenza di autorità religiose, civili e militari
e di un pubblico numeroso, degno delle grandi occasioni, convenuto anche
dalle parrocchie limitrofe e dalle varie frazioni che compongono la comunità
parrocchiale.
Lo aveva preparato con un triduo di predicazione il compianto Mons. Alfredo
Caselle, già padre spirituale del Pontificio Seminario Regionale di Potenza,
parroco della Chiesa Madre di Rionero in Vulture, in seguito promosso alla
dignità episcopale, che però non poté mai esercitare, perché colto da malore
il 16 settembre 1965, faceva ritorno alla Casa del Padre il 23 settembre
1965, senza aver potuto ricevere la consacrazione episcopale, fissata per il
24 ottobre 1965.
La Chiesa ha una facciata moderna, che rivela uno stile sobrio, anche nel
suo portico, dietro il quale il corpo dell'edificio conduce ad un altare di
una evidenza composta e devota.
Si compone di due navate di complessivi 350 mq., che terminano ciascuna con
un altare in marmo di Carrara, con la base in pietra di Trani bucciardata.
L'altare maggiore - come del resto tutta la parrocchia - è dedicata alla SS.
Trinità; quello laterale, dove si conserva il SS. Sacramento, è dedicato al
Sacro Cuore di Gesù.
L'abside è tutta rivestita in tranciato di Trani: a destra e a sinistra
dell'altare maggiore, su piedistalli realizzati in marmo analogo a quello
dell'altare, sono collocate le statue di Sant'Antonio di Padova e della
Beata Vergine del Carmine.
Una bella "via Crucis" composta di quattordici croci greche in legno, sul
centro delle quali spiccano altrettante teste di Cristo in diversi
atteggiamenti, a basso rilievo, in bronzo fuso - arricchisce le pareti
laterali.
Su ambo i lati del presbiterio (una volta chiuso da una balaustra in ferro
battuto, con ripiano superiore in legno, ora aperto) due diverse entrate
immettono l'una nel vano sacrestia, l'altra nella casa canonica.
A sinistra, entrando, una porta immette sulla cantoria e - tramite una scala
a chiocciola - sul campanile, alto circa 30 metri, a forma di
parallelepipedo, aperto ai quattro lati della cella campanaria e sovrastato
da una croce su di un tetto spiovente ed esagomato.
Ospita un concerto di tre campane di media grandezza, elettrificato nel 1978
dalla Ditta OES brevetti Scarselli di Firenze ed un orologio da torre,
istallato anche con il contributo dei fedeli.
La zoccolatura dell'intera facciata è in travertino di Tivoli.
Alla Chiesa è annessa anche una canonica, piccola, ma accogliente.
La Chiesa si affaccia su di uno spiazzo ricavato .dalla demolizione
dell'antica modesta Chiesa Parrocchiale, fatta costruire dai fedeli il 1886,
.su suolo ceduto dalla famiglia Gagliardi, a mezzo strumento di cui si
ignora la data.
Ampliata nel 1935, fu ricavato un vano sacrestia_ nella base del campanile,
costruito exnovo dalla generosa munificenza del Principe Filippo Andrea
Doria Pamphjli, il cui padre Alfonso, fin dall'inizio del secolo, perché non
mancasse ai suoi coloni una assistenza religiosa continua ed efficace, si
accollò l'onere del sostentamento del sacerdote, ancora prima che si
costituisse la parrocchia.
Questa fu eretta il 2 febbraio del 1905 ed ebbe l'approvazione della Sacra.
Congregazione il 21 giugno .dello stesso anno, avendo lo stesso principe
pensato pure a costituire la dote necessaria.
Fu chiamato a dirigerla il sac. Donato Santasiero, del clero recettizio di
Avigliano, il quale già dal 1903 aveva iniziato, giovanissimo, il suo
ministero sacerdotale tra questa buona gente dei campi e - primo tra tutti i
sacerdoti del Capitolo recettizio della Chiesa di Santa Maria del Carmine di
Avigliano - a quel tempo, scelse di risiedere in mezzo a quel popolo, di cui
poi divenne pastore, con tutti i limiti e le privazioni che il vivere in una
frazione a quei tempi comportava: vero pioniere della pastorale rurale.
Venuto a mancare il Principe, si pensò bene di chiedere il riconoscimento
civile alla parrocchia, che si ottenne il 22 ottobre 1954.
Guardando alla mole possente del Castello, nella cui cappella per tanti anni
si erano recati a sciogliere le lodi a Dio, gli avi - artefici di quel
modesto tempio di cui abbiamo parlato - dalle loro capanne fumose, per altri
lunghissimi anni attesero invano l'erezione di unnuovo tempio, maturando
così nella penombra di quella chiesetta da essi stessi costruita, un culto
fatto di fede e di tradizioni immemorabili in onore della SS. Trinità - alla
quale anche la Cappella del Castello era dedicata lasciatoci in prezioso
retaggio.
E ancora oggi, la rinnovata Casa di Dio, che pure ha per sfondo il Castello,
sembra ricollegarsi a quelle speranze, s'innesta in quel cammino di questa
laboriosa popolazione che nel ricordo di Dio e nel giusto rispetto dei suoi
simili, segna un traguardo di rinnovato progresso.
E' ormai lontano il ricordo del tempo in cui, per attendere alle lodi di
Dio, il popolo doveva - perché privo di un suo luogo di culto - recarsi
nella casa del padrone, dove la religione, a volte, veniva strumentalizzata
a fine di potere.
La costruzione del nuovo tempio segna così anche un riscatto dall'antica
servitù ed una riconquistata autonomia della propria personalità.
Nel 1971, la parrocchia si è arricchita di nuovi locali per il ministero
pastorale, sorti - come ci ricorda una lapide, posta sullo scalone
d'ingresso - a cura del parroco Antonio Verrastro - essendo Vescovo Mons.
Aurelio Sorrentino -con il contributo dello Stato e dei fedeli - su suolo
generosamente donato dagli eredi fratelli Gagliardi fu Girolamo.
L'edificio si estende su di un suolo di 800 mq., circondato da verde.
Comprende un salone per conferenze e cineteatro; cinque aule catechistiche;
due locali per gli iscritti all'A.C.; due sale giuoco con servizi annessi;
oltre ad altri locali adibiti ad Ufficio Parrocchiale e a sala attesa.
I lavori, appaltati a fine ottobre 1969, ebbero termine nel mese di
settembre del 1971.
Furono aggiudicati alla Ditta Pomarico di Potenza per un importo di 30
milioni (legge n. 168 del 18 aprile 1962), che a fine lavoro, con
l'aggiornamento dei prezzi, raggiunse la cifra complessiva di lire
33.000.000, senza contare le spese per l'arredamento, alle quali si è fatto
fronte con generose offerte di alcuni benefattori, i cui nomi risultano da
speciali targhe affisse nelle stanze da loro arredate.
La parrocchia - come abbiamo già ricordato - è dedicata alla SS. Trinità, la
cui festa - perché la più antica della zona -è molto sentita non solo dalla
gente di Lagopesole, ma anche dagli abitanti delle altre borgate del Comune
di Avigliano, quale risultava prima del passaggio a Potenza di alcuni borghi
e prima dell'erezione di Filiano a Comune autonomo, nonché dalla gente di
Sant'Ilario di Atella e di San Cataldo di Bella.
Comprende ben 12 frazioni con una popolazione di 2.309 anime.
3) CHIESA DI SANTA MARIA DEL ROSARIO in FILIANO.
Si hanno ricordi di un'antica cappella, già dal 1830, situata in una
località, nei pressi della vecchia Chiesa, che ancora oggi il popolo indica
con il nome di chiesa vecchia, dedicata fin d'allora alla Madonna del
Rosario.
Ne era proprietario don Andrea Pace, il primo sacerdote del luogo di cui si
hanno notizie, nato ai primi dell'ottocento e morto ad Avigliano circa
l'anno 1880.
A quanto si legge in un "diario ed appunti di cronaca della parrocchia di
Maria SS. del Rosario in Filiano" redatto dal sac. Alessandro Santoro e
conservato nell'archivio parrocchiale, "ci è dato sapere che fu lo stesso
sacerdote ad interessarsi della costruzione della... (nuova - n.d.r.)
chiesa, obbligando tutti i fedeli che andavano ad ascoltare la Messa di
portare una pietra".
"Fu costruita in parecchie riprese" - è sempre il sac. Alessandro Santoro
che scrive "e fu portata a termine dopo molti anni... non prima del 1885".
Il due febbraio del 1905, mons. Ignazio Monterisi, Ordinario diocesano, la
elevava a dignità di Vicaria perpetua con giurisdizione sulle seguenti
frazioni: Filiano - Vaccaro - Montecaruso - Meccadinardo - Iscalunga - Latti
Luponio -Inforchia - Gnucco - Sterpeto - Sant'Antonio, con retribuzione
annua di lire trecento da parte dell'Arciprete di Avigliano, dalla cui
giurisdizione parrocchiale dipendeva e di offerte spontanee in grano da
parte del popolo, nella misura minima di quaranta tomoli.
In quello stesso anno fu eretto il fonte battesimale a spese della società
Daziaria di Filiano.
Primo Vicario fu il sacerdote Donato Carnevale, proveniente da Ruvo del
Monte. Sotto la sua cura si ebbe un ulteriore ampliamento della Chiesa, il
rivestimento in marmo dell'altare maggiore e la costruzione della sacrestia.
Nel 1922, Pace Giuseppe, procuratore della Festa del tempo, separò il
presbiterio dalla navata con una ringhiera in ferro, come si ricava da una
scritta fatta sulla stessa balaustra.
Il campanile fu costruito nel 1930 con offerte del popolo ed una cospicua
somma elargita dalla munificenza del Principe Filippo Andrea Doria Pamphjli,
signore & Lagopesole: vi furono pure istallate due nuove campane ed un
orologio pubblico.
Nel terremoto del 23 luglio del 1930, che interessò in un modo tutto
particolare la zona del Vulture, con epicentro a Melfi, dove si ebbero ben
trecento morti, la Chiesa subì una ampia apertura al centro della volta, che
non si riuscì mai a riparare in modo definitivo, non ostante i contributi
ricevuti.
Il 1 gennaio del 1949, con bolla di S.E. Mons. Augusto Bertazzoni, vescovo
del tempo, la Vicaria fu elevata a parrocchia e nell'ottobre seguente ebbe
anche il riconoscimento civile, con concreta attuazione dal 1 gennaio 1951.
In quella occasione fu rifatta la pavimentazione del presbiterio, come
risulta da una apposita scritta, ivi collocata.
Primo parroco fu don Alessandro Santoro, proveniente dal clero di Brienza,
il quale aveva speso tutte le sue migliori energie per catechizzare quel
popolo, anticipando in più settori il Concilio Vaticano secondo e
percorrendo a piedi le varie borgate, per portare a tutti la buona novella,
prima come vicario, e, poi, come parroco, in un arco di tempo di oltre
trent'anni, dal 1934 al 1965.
La Chiesa, ad un'unica navata, con il soffitto a volte, sorretto da
pilastri, ed un vano sacrestia molto angusto, è di fattura artigianale, non
della migliore specie e per di più piccola ed in cattive condizioni di
staticità.
Nel 1978 fu riattata alla meglio a spese del Comune e si provvide - da parte
dei fedeli anche all'acquisto di una statua di San Giuseppe.
L'altare maggiore, già dedicata alla Madonna del Rosario, è rivestita in
marmo comune; gli altri altari, dedicati rispettivamente all'Addolorata,
all'Incoronata e a San Giuseppe, sono in muratura.
Con il passar del tempo, si sentì la necessità - anche perché non più capace
di contenere la popolazione, che, dopo l'autonomia ecclesiastica, aveva
ottenuta anche quella civile, erigendosi in Comune autonomo da Avigliano
(D.P. del 10-3-'51 n. 768) - di una nuova Chiesa.
Questa venne consacrata solennemente l'11 settembre 1960.
Fu la prima che si ebbe in diocesi con l'attuazione della legge n. 2522 del
18-12-1952 con annessi locali per il ministero pastorale.
Il progetto fu redatto dalla Curia stessa, che curò anche la direzione dei
lavori, aggiudicati alla Ditta Montenegro Nunzio per un importo di lire
35.912.240.
Dalla facciata ampia e slanciata, tutta in pietra da taglio bucciardata, la
Chiesa non ha grandi pretese artistiche e né uno stile originale, però è
molto funzionale.
E' ad un'unica navata, molto ampia, con il tetto a finta incapriata.
In fondo, il presbiterio, chiuso da una balaustra, in marmo policromo,
aggiunta in seguito, termina con un altare, in marmo analogo, eretto su tre
gradini.
A destra e a sinistra dell'altare, fanno ala, rispettivamente, una bella
statua lignea della Madonna del Rosario - alla quale è dedicata la
parrocchia - con il bambino in braccio, custodita in una cona finemente
lavorata da Vito Telesca, un artigiano di Lagopesole, ed una comune statua
del Sacro Cuore di Gesù.
Con offerte del popolo, nel 1965, si pensò di mettere nelle mani della
Madonna e del Bambino due corone del rosario finemente lavorate in filigrana
d'oro.
Sul presbiterio si affacciano, a destra e a sinistra, due porte che
immettono l'una nel vano sacrestia e - tramite questa - in canonica e
l'altra nei locali delle opere parrocchiali.
Nel 1978 si è anche provveduto all'impianto di riscaldamento che funziona ad
aria calda con griglie a pavimento e nel 1981 è stato elettrificato il
concerto delle campane; il tutto a cura del parroco don Mariano Spera,
coadiuvato dai fedeli e dalle autorità cittadine.
Nelle Opere parrocchiali è custodita una discreta biblioteca con 1.500
volumi ed una pinacoteca di copie antiche di opere d'arte.
Il campanile, poi, posto sul lato destro, in fondo alla Chiesa, è tutto in
pietra bianca lavorata e svetta imponente dall'alto della VALLE di VITALBA
sulle numerose borgate del Comune, che fanno capo alla Parrocchia.
La festa religiosa cade la prima domenica di ottobre; quella civile, dal 31
maggio - data in cui è stata celebrata fino al 1978 - recentemente è stata
portata alla seconda domenica di agosto per dar modo ai tanti figli emigrati
da questa terra, di parteciparvi, coincidendo essa con le ferie di mezzo
agosto.
A causa dell'evento sismico del 23-11-1980, la Chiesa è stata dichiarata
inagibile: evidenti segni di dissesto si notano lungo le pareti laterali e
sulle travi.
Ci si augura un pronto intervento del Provveditorato alle Opere Pubbliche,
perché il popolo abbia dove celebrare i suoi riti sacri.
4) CHIESA DEL SACRO CUORE DI GESU' in POSSIDENTE
Coloro che viaggiano sulla statale n. 93, appulo-lucana, in direzione di
Potenza, subito dopo lo scalo ferroviario di Castellagopesole, a meno di un
chilometro, s'imbattono, a destra, su di una duplice caratteristica rampa di
scalini in pietra arenaria, in bugnato, annerita per le reazioni
atmosferiche, che immette su di un pianerottolo dove si affaccia una
Cappella: è la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù della parrocchia di
Possidente, una delle cento frazioni del Comune di Avigliano.
I suoi buoni villiggiani, molto attaccati ai sacri riti della loro santa
religione, stanchi di doversi recare a piedi ad Avigliano o a Lagopesole,
per assistere alle sacre funzioni, specie nei giorni "ricordati", decisero,
perdurante il primo conflitto mondiale, di costruirsi una loro chiesetta.
Dovettero affrontare non pochi sacrifici economici ed anche il dileggio di
alcune borgate viciniori, prima di arrivare alla costruzione definitiva
della Cappella, opera dei maestri Samela di Avigliano.
Siccome, però, il suolo dove venne ubicata era costituito da terreno
riportato e non ritenendo, d'altra parte - anche perché sarebbe risultato
troppo costoso - dover andare con le fondamenta molto in basso, a livello di
strada, la cappella ben presto minacciò di crollare.
Si resero perciò necessarie delle opere di sostegno, effettuate dopo il
1916, che consistettero in due rampe di scala, messe a puntello della
facciata con la costruzione del campanile e in sei contrafforti alle pareti
laterali con sottomurazione alle fondamenta, portate fino a livello di
strada.
La Chiesa, ad un'unica navata, non aveva alcuna pretesa artistica.
Dei cinque altari in muratura esistenti, quello centrale, era dedicato al
Sacro Cuore di Gesù; gli altri quattro, sistemati a due a due lungo le
pareti laterali, divise in due dai contrafforti esterni, che apparivano
anche all'interno, erano rispettivamente dedicati, incominciando da destra,
entrando, a San Pietro e a San Vito; a San Donato e alla Madonna del
Carmine.
Una inferiata in ferro battuto, divideva la unica navata dal piccolo
presbiterio. La facciata era molto tozza e il campanile alquanto basso,
anche se in proporzione ad essa.
Onde evitare conflitti di competenza con l'Arcivescovo di Acerenza che
pretendeva il diritto di giurisdizione sulla Vicaria di Sant'Angelo, portata
come sede alla Cappelluccia, si pensò bene di trasferirne la sede a
Possidente, nella cappella appena costruita, in zona fuori contesa.
Come Vicario, nel 1916, troviamo don Pietro Rosa, uscito dal Capitolo
recettizio di Avigliano per contrasti con il Parroco e che si stabilisce in
campagna, come già aveva fatto don Donato Santarsiero, portandosi a
Lagopesole, cosa nuova, questa, nelle abitudini del clero di Avigliano, il
quale - pur servendo tutte le sue campagne nei giorni festivi - rimaneva
però sempre legato giuridicamente al Capitolo e risiedeva nel centro
parrocchiale.
Nel 1956, con bolla del 1° gennaio, l'antica Vicaria Perpetua, eretta da
Mons. Ignazio Monterisi nel 1905, dietro le insistenze degli abitanti della
zona rurale della parrocchia di Avigliano, residenti nelle borgate di
Possidente, Frusci e Sant'Angelo, fu elevata da Mons. Augusto Bertazzoni a
parrocchia con sede nella Chiesa di Possidente, avendo come titolare il
Sacro Cuore di Gesù, con giurisdizione sulle seguenti frazioni: Possidente -
Bufalaria Sarnelli Casello -Torretta - Canarra - Canestrelle - Marciello -
Masciangelo - Paoladoce Tuoppo - Sant'Angelo - Badia Sant'Angelo Giardiniera
Superiore ed Inferiore - Lazzi e Spilli - Limitone - Mezzo Miero - Nardella
Patacca - Pilonzo, con una popolazione pari a 2.437 abitanti.
Furono addotte le seguenti motivazioni:
1) la troppa distanza dalla chiesa parrocchiale, le difficoltà e le asprezze
delle vie d'accesso, impedivano ai fedeli la recezione della grazia dei
sacramenti, privandoli quasi del tutto, in fin di vita, dell'assistenza
spirituale;
2) l'incremento registrato nei fedeli di detta Vicaria, non soltanto per
naturale processo, quanto in forza dei lavori portati avanti nella zona
dell'Ente di Sviluppo per la Riforma fondiaria in Puglia e Lucania.
Primo parroco fu il sac. Antonio Verrastro, che già dal 1954 lavorava come
cappellano, pur essendo incardinato al capitolo recettizio della Chiesa di
Avigliano.
Fu lo stesso Ente a costituirne la dote, consistente in lire 420.000 con
cartelle del Prestito Ricostruzione al 15% .
Nel 1958 la Chiesa fu ampliata ed allungata: nella parte superiore furono
ricavati un presbiterio più ampio con altare in marmo e due vani adibiti
rispettivamente a sacrestia e ad Ufficio parrocchiale con servizi annessi,
con entrata all'esterno della Chiesa.
Furono pure demoliti gli altari laterali allo scopo di creare più spazio
nella navata sistemando le relative Statue, due: San Vito e la Madonna del
Carmine, a destra e a sinistra dell'altare maggiore, in nicchie singole e
due: San Pietro e San Donato, su piedistalli ricavati negli angoli dei primi
pilastri laterali.
Nello stesso anno furono anche costruiti, attigui alla Chiesa, altri locali
per l'alloggio del parroco e per le opere di ministero pastorale, con il
contributo dello Stato.
Nel 1959 - con una grande Missione che durò quindici giorni - tre Padri
della POA si incaricarono, di concerto con il parroco, di avvicinare i
fedeli della nuova parrocchia sparsi nel raggio di una diecina di chilometri
in ventidue frazioni, nel tentativo di incominciare un discorso sull'unità
parrocchiale, portato avanti per un certo tempo.
La festa liturgica che cade il venerdì dopo la seconda settimana di
Pentecoste, viene generalmente celebrata, anche con manifestazioni esterne,
la domenica successiva con grande concorso di popolo, a riprova della
religiosità di questa magnifica gente, che - non ostante tutto - rimane
ancora tutt'ora particolarmente legata ai principi e alla pratica della
fede.
Con la costituzione della parrocchia, anche civilmente, la zona ha fatto
registrare un notevole progresso.
E' stata dotata di un Ufficio postale; hanno installati i telefoni pubblici
e privati; ha avuto la stazione ferroviaria; sono sorti molti negozi, case e
botteghe artigianali; é stata istituita una Direzione Didattica - la terza
nell'ambito del Comune - e si avvia ad un ulteriore sviluppo, anche perché
molto vicino passa l'arteria a scorrimento veloce che ben presto unirà
l'autostrada Bari-Napoli all'autosole, tramite la Basentana.
Perché queste realizzazioni non segnino il passo e perché allo sviluppo
civile ed economico non sia disgiunto anche quello morale e religioso, si
sente impellente la necessità che vi sia sul posto un parroco residenziale a
rendersi conto di persona delle necessità e dei bisogni di tanta gente,
sparsa in così vasto raggio e le dia una mano per risolvere i suoi problemi
alla luce dell'insegnamento della parola di Dio.
Infatti con la morte di don Diodato Pisanti, ultimo parroco residenziale, la
parrocchia é stata affidata ad un sacerdote che vi si reca solo la domenica
per la messa festiva ed in occasione di funerali e di matrimoni: ben poca
cosa, se si tien conto delle legittime attese di quel popolo e della cura
pastorale che una parrocchia oggi richiede.
L'eventuale affidamento della parrocchia ad una congregazione religiosa (i
"Giuseppini"? ! ) potrebbe soddisfare le attese di quel popolo e... non solo
di esso!
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