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Don Antonio Verrastro
- Avigliano, città di Maria
 

UN POPOLO IN FESTA: 26 MAGGIO 1935

Fallito il tentativo di Mons. Ignazio Monterisi gli aviglianesi non si diedero per vinti.
L'antico pressante bisogno di dare un pubblico attestato di gratitudine alla Beata Vergine Maria, particolarmente venerata sotto il titolo di S. Maria del Carmine, per la continua protezione che da secoli si degnava loro concedere e l'impegno solenne di voler conservare la fede cattolica e la devozione filiale alla Mamma del cielo, li spinsero ad insistere perché il venerando Simulacro venisse incoronato.
L'uso di incoronare solennemente le immagini mariane risale al tardo cinquecento . Trae origine dall'antica usanza di rappresentare le croci e le immagini sacre sormontate da corone e dal pio costume di far omaggio ai simulacri dei santi di oggetti preziosi e di corone con cui venivano adornati in segno di particolare venerazione.
Si ha notizia infatti di una corona di gemme, donata alla venerata immagine della Basilica di Santa Maria Maggiore, già da Clemente VIII (1592-1605).
Colui, però, che diede incremento a questa manifestazione cultuale in onore delle immagini di Maria, stimolando i suoi uditori a raccogliere all'uopo oro, argento e pietre preziose, fu il cappuccino Gerolamo Paolucci di Calboli, da Forlì, morto nel 1620, emulato nello zelo dal confratello Fedele da San Germano Vercellese, morto qualche anno dopo, nel 1623.
Al conte di Borgogna (Piacenza), Alessandro Sforza Pallavicino, si deve poi il merito di aver favorito questa forma di culto, dando l'oro necessario per confezionare la corona con cui il Capitolo Vaticano adornò con solenne rito il 27-8-1631 - l'Immagine di Santa Maria della febbre, nella sagrestia dei beneficiati della Basilica di San Pietro e di averne dato stabilità, lasciando nel testamento del 3 luglio 1636 un legato al suddetto Capitolo per l'invio di corone alle Immagini di Maria, particolarmente venerata in Roma o in altri Santuari.
Così la concessione di tali incoronazioni divenne privilegio del Capitolo di San Pietro, il quale lo concedeva per quelle immagini che si erano rese celebri per antichità di culto e per non dubbie prove di costante patrocinio.
Riconosciuti validi i motivi per cui Mons. A. Bertazzoni, Ordinario del luogo, sollecitato dal clero e dal popolo di Avigliano, aveva promosso di bel nuovo istanza per incoronare solennemente la Statua della Madonna, nella seduta del 15 luglio 1934, il Rev.mo Capitolo di San Pietro in Vaticano, nella persona del Cardinal Pacelli Eugenio, all'epoca Arciprete della Basilica, diede finalmente l'autorizzazione a procedere alla solenne incoronazione della Miracolosa Immagine.
Il decreto porta la data del 22 luglio 1934 ma solo l'anno successivo e precisamente il 26 maggio 1935, dopo una missione di preparazione predicata dai padri passionisti, tra l'esultanza di un popolo numeroso e devoto, ebbe luogo la solenne cerimonia.
Pioveva a dirotto quella sera del 25 maggio 1935, tanto che fino all'ultimo momento, a sera già inoltrata, si ebbe timore che la manifestazione di fede e di gratitudine, tanto attesa, non si sarebbe potuto svolgere, all'indomani, come previsto, in piazza.
Ma, con sorpresa di tutti, il 26 maggio 1935 preannunciava, con un cielo terso e cristallino, una bellissima giornata, piena di sole, come infatti si dimostrò.
Mons. Bertazzoni, delegato dal Capitolo-Vaticano, cedette l'onore di compiere il sacro rito al Metropolita della Lucania, Mons. Anselmo Pecci, Arcivescovo di Acerenza e Matera.
Alla presenza dell'Episcopato lucano, delle autorità civili e politiche, - cittadine e della provincia - dell'Arciprete Mons. Nicola Loffredo, della rappresentanza del Capitolo Cattedrale di Potenza, del Clero della Chiesa recettizia di Avigliano al completo e delle parrocchie limitrofe; con la partecipazione degli alunni del Pontificio Seminario Regionale lucano e delle altre associazioni cittadine, davanti ad oltre diecimila pellegrini, sopra un palco altissimo, magnificamente addobbato con drappi sontuosi, eretto nella piazza principale, furono deposte, tra le acclamazioni dei fedeli, sul capo della Madonna e del suo Figlio Gesù, che porta in grembo, due corone d'oro gemmate, offerte dalla religiosa pietà del popolo aviglianese.
Si diede così compimento ad un bisogno che da oltre un secolo gli aviglianesi desideravano soddisfare: la piazza, il corso e le vie adiacenti non riuscivano a contenere le persone che erano giunte per la circostanza, da ogni luogo, ad Avigliano, tanto che alcune di esse per seguire la cerimonia furono costrette a salire sui tetti delle case prospicienti la piazza.
La processione parti dalla Chiesa Madre con i Vescovi, le autorità ed il clero, preceduti da due paggetti che reggevano le corone su dei cuscini, e seguiti dalla Statua della Madonna, velata, con tutto il popolo.
Arrivati in piazza e deposta la Statua sull'apposito trono preparato, fu celebrato un solenne pontificale, alla fine del quale, tra canti e melodie festose, si procedette alla cerimonia dell'Incoronazione, salutata da un fragoroso e prolungato applauso della folla. Al termine, dopo la processione per le vie cittadine, la Madonna fu riportata trionfalmente in Chiesa.
E così, deponendo sul capo di Maria il regale diadema, il popolo di Avigliano, mentre da una parte ha inteso ricordare l'efficace patrocinio di Maria nei suoi riguardi, dall'altra ha sentito il dovere di manifestarLe pubblicamente la sua perenne gratitudine.
In altre parole, la manifestazione culturale dell'incoronazione di Maria volle essere un patto d'amore tra il popolo di Avigliano e la Beata Vergine del Carmine: il popolo sceglie Maria a speciale sua Regina, s'impegna a non trascurare i suoi doveri di suddito devoto, ad amarla con tutto l'ardore del suo cuore di figlio a difenderLa anche a costo della vita e a tributarLe ogni onore possibile, mentre Maria, dal canto suo, nel gradire l'aureo serto regale, si obbliga ad amare, beneficare e proteggere in modo del tutto speciale il suo popolo, anche per l'avvenire, cos? come ha sempre fatto per il passato.
Nel rapporto teologico dunque il rito rappresenta uno slancio di fede, nel rapporto storico un atto di gratitudine, nel rapporto morale un sicuro segno di grande speranza.
I vari titoli della regalità di Maria SS. come Madre di Gesù Cristo, come partecipe della sua opera di Redentore e come Regina per eccellenza delle varie categorie di Santi e la fase finale della sua Assunzione corporea in cielo, rappresentata dalla sua incoronazione per le mani di Gesù Cristo o della SS. Trinità, conferiscono un fondamento dottrinale alla suddetta manifestazione cultuale.
I fatti indiscussi della continua protezione di cui ha goduto e gode attualmente il popolo di Avigliano ne danno un supporto storico.
La sicura speranza che anche per l'avvenire la Vergine del Carmelo si mostrerà Madre amorosa per i suoi figli devoti, ne costituisce un presupposto morale.

LA MADONNA PELLEGRINA: 1949

La guerra, il secondo tremendo conflitto mondiale, conclusosi con lo scoppio della tragica bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto del 1945, assieme a lutti e rovine disseminate dappertutto e specialmente nella nostra Italia in campo materiale, fu apportatrice anche di elementi disgregatori e distruggitori della fede e della morale cristiana negli individui, nelle famiglie e nella società.
Molti cristiani, specie tra la classe operaia e contadina, erano spinti ad allontanarsi da Dio, dalla Chiesa e dalla pratica religiosa della vita, dall'esempio di taluni che già vivevano da apostati e da pagani.
Altri, pur rimanendo cristiani, conducevano una vita di tiepidezza, di indifferenza, di critica, di dubbio nei riguardi del credo religioso, della pratica dei sacramenti e soprattutto in riferimento agli insegnamenti del Papa e della Chiesa più in generale.
Ciò che destava maggiore preoccupazione, però, era l'insensibilità di taluni, verso il male morale, il peccato, e quindi la noncuranza della grazia di Dio, della salvezza eterna e della vita futura: metro di misura della propria appartenenza a Cristo non era l'accettazione della sua persona con tutto ciò che da questa ne derivava di conseguenza, bensì l'opportunità, l'interesse, il piacere.
In simile .stato di cose, mentre da una parte le forze anticristiane erano attivissime, concordi, decise ad usare qualsiasi mezzo pur di portare avanti il proprio piano, anche se in forma graduale, ma accanita e violenta, dall'altra parte, tra le file cristiane, serpeggiava un profondo scoraggiamento: erano timide, paurose del sacrificio, disperse in tante iniziative ed opere buone, mancanti però di una forza coordinatrice.
Si sentiva perciò il bisogno, la necessità, l'urgenza di trovare un mezzo; un modo per uscire da questa crisi e riportare il popolo ad un cristianesimo attivo, conquistatore come auspicava il Santo Padre - e non passivo, rassegnato.
La sola azione politica di ispirazione cristiana che pure nel '48 aveva portato i suoi buoni frutti e l'azione sindacale non si reputavano sufficienti. Non sembravano idonee allo scopo le iniziative periferiche dello sport, del cinema, del teatro, che pure potevano dando una sia pur indiretta formazione cristiana - preservare la gioventù dalla corruzione morale in atto.
La sola Azione Cattolica, rivolta com'era ai migliori, alla formazione dei dirigenti, soprattutto, non era in grado di ottenere una generale riscossa delle masse.
E neppure le Missioni, le funzioni liturgiche, la stessa parola del Santo Padre si ritenne che in quel momento fossero capaci di scuotere tutto il popolo di Dio.
Nelle regioni, nelle diocesi, nelle parrocchie andava prendendo piede, con efficacia sempre più crescente, un mezzo squisitamente religioso, di massa, che dava al popolo la gioia di scoprire la presenza di Maria nella storia della salvezza e di rispondervi con atteggiamento di ammirazione, di lode e di comunione, in continuità con la parola di Dio e con la tradizione ecclesiale: IL GRANDE PASSAGGIO DELLA MADONNA!
Proprio quello che ci voleva.
Ancora una volta la voce di Maria era l'unica che riusciva gradita al popolo, la sola che riusciva ad esercitare su di esso il fascino più sicuro.
"Ad Jesum per Mariam", l'antico assioma, resta sempre valido: il ritorno a Gesù Cristo trova la sua migliore strada nella devozione a Maria, la Mediatrice di tutte le grazie. Basta interrogare la storia per averne larga conferma: l'avanzata degli albigesi fermata. il tentativo di penetrazione dei turchi nell'Europa cristiana stroncato, ogni battaglia cristiana ha avuto sempre per condottiera Maria, per bandiera il suo nome, la Regina delle vittorie!
Era logico attendersi che anche il trionfo della Chiesa sui nemici del nostro tempo - come era stato profetizzato dalla Madonna stessa a LOURDES e a FATIMA - avrebbe avuto per protagonista Maria.
IL GRANDE PASSAGGIO DELLA MADONNA,
caratterizzato dalla consacrazione personale e collettiva al Cuore Immacolato di Maria o - per essere più precisi - dalla consacrazione a Cristo, mediante Maria, come aiuto e stimolo a vivere l'opzione cristiana fondamentale e ad esercitare la funzione sacerdotale, profetica e regale, derivante dal proprio battesimo, ben presto divenne un movimento di mobilitazione generale di tutti i cristiani per vincere Satana e ricondurre le anime a Dio.
Dall'Alpi al mare ci fu un composto pellegrinar di Immagini di Maria, cui non poté sottrarsi la nostra bella Effige della Madonna del Carmine, la quale visitò le nostre numerose frazioni e vari paesi della diocesi di Potenza, sostando anche qualche giorno nel centro diocesi, tra l'entusiasmo, il fervore e la gioia delle migliaia di persone che si accalcavano lunghe le strade dove doveva passare, riversandosi poi nelle chiese dove sostava, per pregare, meditare sui grandi esempi di vita cristiana tramandatici, ascoltare la parola di Dio, effondere nelle lacrime le proprie ambasce, le proprie gioie, i propri dolori, sicuri di essere esauditi nelle proprie richieste da Colei che Gesù sulla croce ci aveva data per Madre.
Ma il grande passaggio di Maria fu soprattutto un passaggio di perdono, un passaggio di riconciliazione: dovrebbero poter parlare i molti confessionali presi quasi d'assalto in quei giorni per dirci i drammi risolti, le gioie ritrovate, i propositi fatti.
Dovunque l'accoglienza fu festosa ed un vivo risveglio di sincera pietà accompagnava dappertutto il grande passaggio della Madonna Pellegrina.
E' sempre vero: il popolo cristiano non si accontenta solo di venerare ed esaltare Maria come il frutto più eccelso della redenzione, ma la contempla come un ideale cui tendere.
La persona della Vergine, infatti, suscita in chi la venera il desiderio di vedere realizzato nella propria esistenza quanto si è compiuto in Lei: così l'aspetto ascetico-mistico della vita di consacrazione a Maria, si compone con quello sociale-apostolico. La serva del Signore invita a cooperare alla salvezza del mondo e ad animarlo di spirito evangelico.
Questo perché la vita di comunione con Maria esige anzitutto il distacco dal proprio egoismo, radice di ogni peccato personale e strutturale ed attrae i fedeli nel solco della sua santità, portandoli ad assimilare le solide virtù evangeliche, da lei praticate, nel contesto di una spiritualità biblica di ascolto e di adorazione di Dio, di lettura profetica della storia e di impegno attivo per la salvezza dei fratelli.
E provoca così i cristiani ad onorare in se stessi lo stato di grazia proprio di Maria, cioè l'amicizia con Dio, la comunione con Lui, l'inabitazione dello Spirito per essere artefici, con Cristo, uomo nuovo, della nuova umanità.
Proprio quello che ci voleva... come dicevamo all'inizio!
Richiamandoci a quella esperienza di risveglio spirituale popolare che ebbe a guida Maria nel lontano 1949 e che portò dieci anni dopo, il 13 settembre 1959, a conclusione del 16° Congresso Eucaristico Nazionale di Catania e dopo il pellegrinaggio, così detto delle meraviglie, della Statua della Madonna di Fatima, alla Consacrazione dell'Italia al Cuore Immacolato di Maria, come era negli intenti della C.E.I. e, sapendoci essere situati nel tempo, abbiamo bisogno di ripetere ed approfondire le nostre scelte.
La situazione religiosa attuale, pur presentando tanti sintomi di risveglio ed altrettanti segni di speranza, per altri versi rimane tuttora minacciata, dalla desacralizzazione che tende - come affiora - ad espellere Dio dalla vita personale ed associata.
Anche oggi - come allora - per riaffermare il senso di Dio e dell'appartenenza a Lui dei cristiani si presenta molto efficace il ricorso a Maria, con l'atto di consacrazione che - rettamente inteso - è tutto orientato a Cristo ed ha per fine il far rivivere con impegno, la consacrazione battesimale.
In questo c'è una perfetta coincidenza di vedute tra profezia e magistero, tra intervento celeste di Maria ed invito pressante del Sommo Pontefice e dei Vescovi di tutto il mondo.
E' estremamente necessario, però, prepararsi a quest'atto così impegnativo, perché non perda nulla del suo valore in ordine alla conversione degli uomini del nostro secolo: certe cose non si improvvisano e né vanno prese a cuor leggero, pena la loro inefficacia.
Ecco perché, ad incominciare da quest'anno per aiutarci vicendevolmente in questo continuo impegno di conversione, dedicheremo in modo particolare la giornata del mercoledì all'incontro con la Madonna sul Monte Carmine per ascoltare da Lei nella Celebrazione Eucaristica quanto intende dire a tutti quelli che si riconoscono suoi figli.
Ogni incontro sarà animato da un pellegrinaggio autonomamente organizzato da una zona dell'aviglianese.
Si è pensato così - la proposta è venuta fuori in occasione dell'ultimo evento sismico nel quale ancora una volta ci siamo sentiti particolarmente protetti da Maria - di mantenerci in atteggiamento di risposta a quanto la Madonna negli ultimi tempi va continuamente chiedendo agli uomini: la conversione!
Operare tale scelta significa essere certi di compiere quanto è davvero gradito alla Madonna e non già ciò che potrebbe essere rispondente al nostro modo di volere; significa impegnarsi seriamente a riconoscersi peccatori, disponibili a ricevere il dono di Dio che risana; ad assecondare la grazia che ci mette sulla via del ritorno alla casa del Padre; a credere che siamo resi capaci di amare di nuovo Dio con un rapporto intimo e filiale; a sentirci in comunione gioiosa con Cristo per attuare insieme la volontà del Padre; a partecipare al mistero pasquale che introduce nella vita nuova dei figli di Dio; ad impegnarsi, in altre parole, a rinascere continuamente ad una vita risorta con il Signore risorto.

 

 

 

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