L’immediatezza
e la semplicità sono due qualità umane ed artistiche che non si possono
assolutamente apprendere, imparare da alcuno, nascono da un delicato, assai
complesso e continuo lavoro interiore, dentro se stessi, dentro il proprio
essere, fino ad arrivare al fondo della propria personalità e quindi
dell’Assoluto che si rispecchia in noi. L’immediatezza e la semplicità sono,
in realtà, due qualità che sono strettamente connaturate alla natura e al
temperamento dell’individuo. C’è chi le possiede e chi no. Secondo quanto
affermava Lo storico dell’arte Ernst Gombrich - nel volume “The story of
art” - tutto questo lo sa bene, molto bene, l’artista: alle prese con il suo
impegnativo lavoro di comunicatore, che tanto più si avvicina all’ideale
assoluto di perfezione, tanto più deve essere in grado di far apparire la
sua opera solenne, naturale, maestosa, spontanea, esclusiva, originale,
unica nel suo genere ed irripetibile nella sua formulazione. Peculiarità
queste che sono contenute - una sola e tutte assieme - nella metodica
lavorativa dell’artista Marco Santoro: non nuovo, per la verità, a tradurre
in grandi opere, in elementi monumentali, i progetti e le idee che gli
vengono, di volta in volta, assegnati in omaggio a qualcosa di ben preciso.
In questo caso è stato il circolo “il Portale” di Pignola ad avergli chiesto
un ricordo, una testimonianza, una traccia indelebile, ossia duratura e
perenne, da collocare - in modo definitivo -sulla porta d’ingresso della
Chiesa di San Rocco, in paese. L’omaggio, nello specifico è stato reso,
questa volta, a Sua Santità Giovanni Paolo II: il moderno pontefice
cattolico, d’origine polacca, che con il Santo Padre italiano Giovanni XXIII
— di cui ricordiamo la sua Enciclica “Pacem in terris” — ha cambiato il
volto mondiale della storia del Novecento.
L’opera di Marco Santoro tratteggia, nelle sue linee essenziali, i puliti
salienti dell’impegno e della vita — affascinante ed eroica — di questo Papa
del nord dell’Europa. assai umano e vicino ai giovani, scomparso da appena
un anno, che nel lungo periodo del Suo ricco, ed intenso, ministero
religioso è stato in grado da solo — con le sue uniche forze — di avvicinare
— nel segno della pace, della concordia e del riconoscimento dell’unico,
vero, Dio — cui tutti i credenti si richiamano — le diverse Fedi monoteiste
del pianeta. Marco Santoro ha raccontato per immagini, per segni, per
precise voluttà plastiche (attraverso questa scultura che risulta essere ben
strutturata sul piano composito generale) i tratti più indicativi della vita
di Karol Wojtyla. Ovverosia egli ha documentato di questo Papa: il suo
essere stato pellegrino mariano in ogni parte del mondo; l’avere baciato —
con profonda devozione ed immensa carità cristiana — la terra d’ogni
continente; l’essersi mischiato alle folle oceaniche che ovunque lo
acclamavano; l’avere incontrato i maggiori statisti del pianeta e l’avere
favorito un definitivo processo di “disgregazione”, etica e morale, delle
ideologie materialiste che imperversavano nel pianeta. Quel che n’è venuto
fuori — dall’azione, precisa e costane, svolta nel tempo da Karol Wojtyla —
è la rinascita dello spirito: una sorta di risveglio umano collettivo cui
pochi, davvero pochi, sono rimasti esenti sulla terra; tanto che l’artista
Marco Santoro, suggestionato da questa visione di resurrezione etica e di
ricchezza morale, ha voluto arricchire ciascuna formella che compone la
porta di bronzo della Chiesa di San Rocco, a Pignola, d’elementi simbolici
di valenza positiva: il seme, la conchiglia, l’uovo, la noce e i legumi.
Simboli, ovverosia, d'abbondanza, ricchezza, generosità, prosperità e
ricchezza. Si tratta d’immagini, di figure, d'allegorie mimetiche e di
metafore visuali - spesso presenti, per la verità, nel consueto lavoro di
quest'artista — che si richiamano alla buona tradizione classica
rinascimentale, ma che vanno anche oltre: riuscendo a collocarsi, in maniera
perfetta ed assai apprezzabile, in quella sorta di post modernità corrente
che palpita di eccedenze espressive e di profusioni stilistiche.
Con
grande equilibrio e con perfetta padronanza di mestiere, Marco Santoro
cavalca questa modernità artistica con buon rigore estetico: concedendo una
forte carica espressiva ai suoi soggetti. La rappresentazione che ne deriva
è avvincente e stimolante, specie nei segni dei visi (minuti e profondi che
sembrano scavare l'anima per provare a raccontarla nella sua complessità) e
nelle linee delle mani: che quando sono aperte danno un senso di perfetta e
tranquilla accoglienza e quando sono chiuse in se stesse esprimono, invece,
secondo le diverse situazioni: lo stupore, lo smarrimento, la riflessione,
l'apertura amicale verso lo sconosciuto, la comunione di Fede, il cammino di
speranza e l'eterna peregrinazione dei cuori, in cerca dell’Assoluto e
dell'Imprescindibile. In queste forme, svolte perlopiù in altorilievo ed a
mezzotondo, l'autore opera sostanzialmente su due piani differenti e
raramente su un fronte omogeneo, con relativo sfondamento d'asse. Il primo
piano è assegnato normalmente a Giovanni Paolo II, con un'unica eccezione
per Madre Teresa di Calcutta che risulta distaccarsi un pò di più dal fondo
ed uscire oltre l'immagine del Papa. L'incotro tra Giovanni Paolo II ed il
presidente cubano Fidel Castro si svolge,
invece,
nella rappresentazione plastica che gli ha voluto dare Marco Santoro, lungo
una sorta di contorno unico: lungo vale a dire uno stesso profilo. Si tratta
di veri e propri espedienti stilistici adottati dallo scultore per
movimentare l'opera e per non farla "sedere" nelle sue diverse parti
plastiche e congiunzioni geometriche. Il tentativo complessivo è in buona
sostanza quello di "raccontare" - per piccoli inserti di vita - alcuni
momenti essenziali della vita di Karol Wojtyla: innanzi tutto l'incontro con
le masse, con il popolo di fedeli e poi con gli statisti, i religiosi e gli
uomini di cultura che sono stati protagonisti del XX secolo. L'invito che
rivolgo a chi si accinge a fruire di quest'opera di Marco Santoro è di
guardare con la giusta attenzione le espressioni del viso del Papa polacco e
dei suoi interlocutori. In esse vi si coglie il tormento, la gioia e i
diversi stati d'animo che caratterizzano i mutamenti della storia: che non
sempre si accompagnano ad eventi del tutto non dolorosi, ma dal cui
travaglio generale viene fuori - a poco a poco, con molta lentezza -
l'immagine dell'individuo nuovo: dell'individuo di domani che sarà
certamente in grado - come avrebbe voluto Giovanni Paolo II - di coniugare
le sue istanze individuali, di pace e di libertà, con gli interessi politici
ed economici della collettività intera.
Laddove, in ogni caso, Marco Santoro ha superato se
stesso, in perfetta abilità estetica e stilistica ed in buona maestria
tecnica, è nella rappresentazione centrale della porta della Chiesa di San
Rocco: laddove egli ha rappresentato la figura , per intero, dell'apprezzato
Pontefice cattolico. E lo ha fatto curando non solo l'espressione -
sofferente e serena allo stesso tempo - del viso di Karol Wojtyla, ma anche
i particolari, a partire ad esempio dalla piega degli abiti e dalla cura dei
panni: arricchiti - in quest'ultimo caso - di elementi simbolici e
fantastici che danno maggiore forza ed enfasi al racconto della vita di
Giovanni Paolo II, proiettando la narrazione dei fatti dal piano informativo
(quasi di taglio giornalistico) all'estrapolazione immaginifica dove la
realtà si percepisce meglio, tanto più e tanto meglio, quanto più essa si
avvicina alla dimensione del sogno, della creatività e della fantasia.
Qualità queste che non mancano a Marco Santoro: un artista che conosce ed
ama il suo lavoro a partire da quella fattualità artigianale che egli ha
appreso, sin da fanciullo, frequentando le botteghe dei falegnami e poi
compiendo studi artistici approfonditi - ed assai appropriati - che lo hanno
portato ad apprezzare ed a comprendere i diversi linguaggi e le diverse
tecniche che costituiscono il patrimonio fondante della scultura e della
pittura, oggi dominanti nel mondo.
Piace,
inoltre, porre l'accento sulla maniera in cui Marco Santoro ha inscritto,
ovverosia ha inserito, ciascuna formella, ogni scena dedicata a particolari
aspetti della vita sociale, politica e religiosa di Giovanni Paolo II. In
ciascuna di esse c’è un cordone che chiude e guarnisce l'impianto narrativo,
quasi a voler rimarcare che i fili sottili dei fatti, delle azioni e delle
vicende d'ogni giorno, s'intrecciano tra loro magicamente, come fossero la
trama e l'ordito di quel grande progetto della storia, che è il tappeto
della vita. La complessa - e assai articolata - scultura bronzea di
quest'artista, prende le ali assolute dell'afflato lirico, romantico,
tenero, appassionato e sentimentale specie laddove il simbolo (a partire, ad
esempio, dalla rappresentazione della colonna) prende il sopravvento sulla
riproduzione degli eventi. Questo accade tanto nella formella in cui è
ritratto un Giovanni Paolo II assorto nelle sue meditazioni spirituali, nei
suoi pensieri sociali e nelle sue ampie riflessioni culturali, quanto
nell'immagine di una Madonna, racchiuso in un coro di angeli, in cui le
colombe fanno da contorno ad una nuvola che fa da tramite elegiaco ed
immaginario tra la terra e il cielo: evocando, con questo, quei tratti della
memoria, che sono esternamente divisi tra sentimenti di gioia e di
rimpianto.
Rino Cardone
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