[Pubblicato in "The 727th Railway Operating Battalion in World War II",
New York, Simmons-Boardman Publishing Corporation, 1948, pagine 55-60]
[Traduzione di Corrado Cantelmi]
Probabilmente nella storia delle ferrovie non è mai accaduta una
catastrofe simile a quella avvenuta a Balvano, il 5 marzo 1944. Nelle
prime ore del mattino un treno merci con due locomotive lasciava Balvano
dirigendosi verso la costa meridionale dell'Italia. Come sempre, il
treno procedeva
lentamente con circa 500 passeggeri abusivi diretti
verso Bari, Brindisi e Taranto per acquistare cibo, olio, ecc. da
vendere al mercato nero di Salerno, Napoli e numerose altre città del
centro Italia.
A breve distanza a sud di Balvano il treno entrava in una delle numerose
gallerie di quella zona. Quando tutti i vagoni eccetto gli ultimi due si
trovarono all'interno della galleria, le ruote motrici delle locomotive
iniziarono a slittare, apparentemente a causa dell'acqua che gocciolava
dalla volta della galleria sui binari. Quindi le locomotive si
arrestarono del tutto, senza alcun ulteriore preavviso.
La qualità del carbone utilizzato in quella parte d'Italia per
alimentare le locomotive era scadente e conteneva una grande quantità di
cenere. Mentre i macchinisti cercavano disperatamente di far ripartire
il treno, il fumo che usciva dai fumaioli delle locomotive riempì la
galleria con il micidiale monossido di carbonio. Da quel momento in poi
si conosce molto poco di ciò che accadde, in parte a causa dei
pochissimi sopravvissuti e in parte a causa dei loro racconti
contraddittori.
Il numero delle vittime era impressionante. Sulla banchina della
stazione di Balvano erano ammassati i corpi di coloro che si trovavano
sul treno. Il conto finale delle vittime era di 508. Tutti
apparentemente erano morti senza accorgersi di trovarsi in pericolo, in
quanto non vi era traccia di panico o di tentativi di lasciare i vagoni
in cui viaggiavano. Alcuni morirono nel sonno; altri vennero trovati in
piedi, come persi nei loro pensieri.
Le vittime vennero seppellite in fosse comuni, vicino al paese di
Balvano. Molti dei corpi vennero identificati da parenti e amici
affranti dal dolore. Molti non vennero mai identificati.
Non ci fu personale militare americano coinvolto nell'incidente.
L'esercizio delle ferrovie in quella parte d'Italia era già stato
completamente restituito alle Ferrovie dello Stato italiano. Nel
tentativo di determinare i fatti riguardanti la catastrofe, il generale
Gray incaricò una commissione di cinque ufficiali, comandato dal tenente
colonnello Okie, di condurre un'indagine formale. La commissione si
riunì a Salerno. Difficoltà dovute alla lingua rallentarono la procedura
investigativa. Tutte le testimonianze vennero verbalizzate dal sergente
Frovick. In due giorni tutto il personale ferroviario di Salerno, anche
solo lontanamente in relazione con l'incidente, venne interrogato.
Insieme a funzionari delle ferrovie italiane la commissione fu pronta a
iniziare un viaggio per contattare tutte le persone coinvolte e per
visitare la scena dell'incidente.
A Pontecagnano, Balvano, Baragino e molti altri luoghi lungo la strada,
venne interrogato il personale delle ferrovie italiane che aveva
informazioni sull'incidente. La commissione d'inchiesta ispezionò la
galleria e prese appunti, fece domande agli italiani a proposito della
ventilazione, della condizione dei binari con tempo umido, e di
precedenti simili difficoltà con le locomotive. Nel frattempo un
incidente simile si era verificato in una galleria più a sud, vicino a
Baragiano. Sebbene si fosse verificata solo una vittima, alla
commissione venne ordinato di indagare anche su questo incidente. Dopo
aver viaggiato fino a Taranto, all'estremità sud dell'Italia, la
commissione tornò a Napoli. Le registrazioni stenografiche
dell'inchiesta furono trascritte, duplicate e inviate al generale Gray.
(Sinistra) Un tipico treno civile passeggeri italiano durante la guerra.
(Destra) Alcuni dei più di 500 corpi prelevati dal treno passeggeri
italiano fermatosi in una galleria a Balvano sulla linea di Potenza,
quasi tutti soffocati a bordo. L'incidente non venne mai realmente
spiegato.
Sebbene l'inchiesta prese in considerazione le testimonianze di dozzine
di funzionari e dipendenti delle ferrovie italiane, così come di
personale dell'esercito americano, poco venne portato alla luce sulle
cause dell'incidente e sulle conseguenti responsabilità. Dopo un attento
esame da parte del generale Gray e dei suoi collaboratori, l'incidente
venne dichiarato ufficialmente "causa di forza maggiore".
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