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CAPITOLO II

La venuta del Beato Giovanni nella Provincia della Lucania e nella Contea di Chiaromonte; il suo genere di vita.

Fin da fanciullo il Beato Giovanni da Caramola si dedicò a opere pie. Diventato adulto, non si sa per quale motivo sia venuto nella Provincia della Lucania, detta anche di Basilicata. L'occasione per lasciare Tolosa sua patria e tutti i suoi beni, penso che fosse data dal giubileo celebrato a Roma nel 1300 e indetto per quell'anno, come alcuni vogliono (l), dal Papa Bonifacio ottavo (2), suo autore. E, infatti, tanta enorme e indicibile quantità di uomini arrivò a Roma da ogni parte del mondo che anche per le piazze a stento i Romani e i forestieri (anche i più importanti, pure se fregiati di titoli e muniti di seguito) potevano passare, come dicono Giovanni Nauclero (3), Sabellico (4), e altri, e Giacomo Gaetano Stefaneschi (5), romano, che lo stesso Bonifacio creò Cardinale Diacono del titolo di San Giorgio, nel libro sul motivo, l'istituzione e la celebrazione dell'anno del Giubileo, A schiere, dice, folle di popoli entrarono nella città in tanta moltitudine che dovunque andassero sembravano un esercito o uno sciame. E, al capitolo VI, Per quanto riguarda l'ultimo giorno o quelli immediatamente precedenti è più facile tacere che meravigliarsi dell'infinita moltitudine di gente. Questo potè scrivere il Cardinale perché lo vide; come anche Giovanni Villani (6), che scrisse in italiano ciò che, prendendo da lui, S. Antonio (7) scrisse in latino nella parte 3° della storia, titolo 20, capitolo VIII, pgf. 11, che, cioè, non ci fu nessun giorno in cui almeno duecentomila uomini non fossero ospitati in città (8), senza tener conto della innumerevole moltitudine di quelli che erano in viaggio. E l'Abate Giovanni Tritemio (9) nel Chronicon Hirsangense, all'anno 1300, dice: Cosa prima incredibile e nuova che da tutta la Germania andasse a Roma tanta moltitudine da sembrare infinita e innumerevole. Da allora cominciò nella Chiesa Romana l'usanza del Giubileo (10). Fra gli altri personaggi importanti che accrebbero la moltitudine, il più famoso fu Carlo di Valois, fratello di Filippo, re dei Galli (11), che portò con sé un numeroso seguito di Galli e una grande folla di pellegrini; e tra questi che vennero in pellegrinaggio penso che fosse il nostro Giovanni. Con quanta devozione egli abbia visitato quei santissimi luoghi e quanto profitto ne abbia tratto nelle cose dello spirito, è provato dal proposito da lui fatto di non voler ritornare nella sua patria, e dalle cose mirabili che Dio si è degnato di operare per sua intercessione, affinché si manifestasse la sua santità e quanto gli fosse gradita la sua anima.
Venne, dunque, nella provincia di Lucania, nel Regno di Napoli, da non considerare tra le province più oscure dell'Europa,(12) e si fermò nei confini e fra i dintorni della Contea detta di Chiaromonte, della diocesi di Anglona.
La Contea di Chiaromonte era costituita(13), in questo tempo, dai castelli(14) di Chiaromonte, San Chirico, Castronuovo, Senise, Rotonda del Mare(15), Teana, Rubeo, Trisaia(16), Noa, Battifarano(17), Saraceno(18), Latronico, Episcopia, Calvera, Scanzano, Lago Zerfoni, Agromonte, come si può vedere nel Cedolario della Regina Giovanna II, nella pergamena di pg. 87, tergo. Per tutta la Contea era dovuto(19) il servizio di quattro militi e mezzo(20) come abbiamo potuto vedere con i nostri stessi occhi per la gentilezza a noi mostrata dall'eruditissimo, famosissimo e uomo di somma importanza Nicola Toppi, archivista regio.
La città di Chiaromonte è, fra tutte le altre esistenti nella medesima provincia di Lucania, nello stesso tempo antichissima e illustre(21); fondata su un luogo aperto, alto e saluberrimo, molto sicuro e forte baluardo, e, fra tutti, la più insigne per l'eccellenza degli ingegni, per la pratica delle armi, per la vastità e la fertilità del territorio. Ma è tanto più degna di lode per il fatto che conserva ricordi eterni della religione della vita cristiana, e, nel suo territorio, sono conservati i sacratissimi corpi dei santissimi Opo(22) e Giovanni da Caramola, che come due grandi fiaccole allontanano ogni macchia di oscurità dalle menti dei fedeli cristiani che ad essi ricorrono, ricolmando di grazie e di consolazione quelli che con devozione le chiedono.
Chiaromonte è in possesso, come abbiamo detto altrove(23), dell'illustrissima ed eccellentissima famiglia dei Sanseverino, che rifulge come un firmamento: questo, infatti rifulge per gli astri, quella per illustri personaggi ecclesiastici e per principi secolari; ed è arrivata a tale altezza di gloria che a dirne anche una minima parte occorrerebbe un grosso volume e un dottissimo scrittore(24).
Il Beato Giovanni, dunque, vivendo per qualche tempo nella Contea di Chiaromonte tra i secolari, ma non da secolare condusse vita onestissima. E affinché si sappia, con un esempio, di quanta delicatezza d'animo fosse quando ancora viveva tra i pericoli del mondo, bisogna narrare ciò che da molto tempo viene ricordato da tutti. Raccontavano, dunque, che volendo guadagnarsi il pane con il sudore della sua fronte, preso come salariato a Senise, che non è lontano da Chiaromonte, per custodire una vigna, si asteneva, se prima non ne avesse chiesto esplicito permesso dal padrone della vigna, dal prendere anche un solo grappolo di uva, considerandolo un grave peccato(26). O animo ricolmo di puro timore, o mente consapevole di ogni bene! Perché trepidi tanto, quando non c'è da aver timore alcuno? O forse temi di commettere un furto pur sapendo che il padrone te lo permette? Ma è proprio della mente dei Santi, vedere la colpa dove non c'è colpa alcuna(27).
 

Note

1. L'Autore, oltre ai nomi, che subito citerà nel testo, degli scrittori che hanno parlato del primo anno santo, mette, a questo punto, la seguente nota marginale: Alfonso Ciacconio, nella vita di Bonifacio Ottavo, Bartolomeo da San Fausto sulle Indulgenze libro 3, q.5 Ottavio Pancirola, tratt., Palmerio nel Chronicon di Eusebio, Bonifacio Ottavo nella bolla Antiquorum n. 6 e altri con il Platina nella vita dello stesso Pontefice e Panvino nella cronologia e altri.

2. E' Benedetto Caetani, di Anagni, papa dal 1296 al 1303. Il giubileo fu ufficialmente promulgato il 22 febbraio (festa della cattedra di San Pietro) del 1300 con la bolla Antiquorum habet.

3. E' il nome latinizzato di Iohannes Verge o Vergenhan, storico tedesco nato intorno al 1430 nel Württemberg e morto a Tubinga nel 1510; fu tra i fondatori dell'Università di Tubinga, ove insegnò diritto canonico. Scrisse (e a quest'opera si riferisce il De Lauro) Memorabilium omnis aetatis et omnium gentium chronici commentarii.

4. E' lo storico Marcantonio Coccio, che quando frequentava l'Accademia romana di Pomponio Leto volle chiamarsi Sabellico per indicare, con un nome dal suono tipicamente umanistico, la sua origine dalla Sabina; era nato, infatti, a Vicovaro, nel Lazio, verso il 1436. Fu direttore della biblioteca pubblica di Venezia. Scrisse varie opere, tra cui le Enneades sive rapsodiae historiarum.

5. E' una delle figure più importanti della Chiesa romana tra i secoli XIII e XIV. Nacque a Roma da Pietro Stefaneschi e Perna Orsini. Bonifacio VIII il 17 dicembre 1295 lo creò cardinale diacono di San Giorgio al Velabro. Morì il 23 giugno 1343. Scrisse molto e di vari argomenti, ma l'opera cui il De Lauro fa riferimento è il Liber de centesimo sive Iubileo anno.

6. E' il grande cronista fiorentino G. Villani, nato intorno al 1280 e morto nella grande peste del 1348. Fu a Roma per il giubileo, da cui, secondo la sua stessa testimonianza, prese l'ispirazione per la sua opera, che, rimasta incompiuta, al 1348, per la morte dell'Autore, fu prima continuata dal fratello minore Matteo (fino al 1363) poi dal figlio di Matteo, Filippo, fino al 1364.

7. Così nel testo, S. Antonio, ma non so a quale personaggio l'Autore si riferisca.

8. Si ricordi che allora la città aveva da trenta a quarantamila abitanti.

9. E' Giovanni di Heidenberg, detto Tritemio da Trittenheim (Treviri) ove nacque nel 1462. Morì a Würzburg nel 1511. Fu dottissimo monaco benedettino e abate di Sponheim ove, raccogliendo libri e manoscritti, formò una biblioteca rinomata in tutta la Germania e confluita, nel 1623, nella Biblioteca Vaticana. Morì Abate di Würzburg stimato da tutti per la dottrina eccezionale e per la santità della vita. Scrisse molto e sugli argomenti più diversi, ma soprattutto di storia.

10. Circa la moltitudine dei pellegrini a Roma nel giubileo del 1300, si può ricordare anche la testimonianza di Dante, che nota quella specie di senso unico istituito dai Romani per far defluire con ordine la gente che, attraverso Ponte S. Angelo, andava o tornava da San Pietro:

Come i Roman per l'esercito molto
l'anno del giubileo su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto
che da l'un Iato tutti hanno la fronte
verso il castello e vanno a Santo Pietro
dall'altra sponda vanno verso il monte. (Inf. 18, 28-33)

11. Carlo di Valois era figlio di Filippo III l'Ardito (e perciò nipote di Luigi IX il Santo) e fratello di Filippo IV il Bello. Conte di Valois e d'Alençon, divenne, per il suo matrimonio con Margherita, figlia di Carlo II di Napoli, Conte d' Angiò. Nel 1301, mandato da Bonifacio VIII a Firenze per mettere pace tra i Bianchi e i Neri, favorì questi ultimi. Era nato nel 1270, morì presso Rambouillet nel 1325. Di lui parla Dante nel De Vulgari eloquentia (II, VI, V) ove lo dice secondo Totila, come distruttore di Firenze, e nel Purgatorio (XX, 70-78) ove il poeta dice che Carlo venne a Firenze solo con la lancia — con la qual giostrò Giuda, cioè con il tradimento e l'inganno.

12. Nota marginale dell'Autore: Dalla lettura 2°, si intende dell'Ufficio proprio nella festa del Beato.

13. Nota marginale dell'Autore: Grande Archivio del Grande Camera.

14. Si dicevano castelli non solo le fortezze vere e proprie, ma, in genere, i centri abitati, situati, del resto, quasi sempre in posizione elevata e dominati da un vero e proprio castello.

15. Rotunda Maris era un centro abitato presso l'odierna Rotondella.

16. Nome di evidente origine bizantina: Tre volte santo.

17. Nome di probabile origine greca: batheia faranx che alla lettera significa profondo burrone o alta rupe. Su Battifarano cfr. Giovanni Percoco o.c. pag. 58-59.

18. E' Castelsaraceno.

19. Naturalmente al Governo centrale di Napoli.

20. Il servizio di un milite corrispondeva alla spesa necessaria all'armamento e al sostentamento di un cavaliere e del suo scudiero.

21. La zona di Chiaromonte fu certamente abitata, come si può notare dai tanti ritrovamenti archeologici, fin dai tempi più antichi, ma il centro sul colle ove ancora oggi si trova è sorto, con ogni probabilità, nel primo medioevo. Il nome del paese, deriva, forse, più che dalla posizione elevata in cui si trova, dal nome della famiglia di origine francese che ne prese possesso all'inizio della dominazione normanna.

22. E' un santo di culto solo locale; la sua cappella è nelle immediate vicinanze di Chiaromonte. Un documento del 1616, su un miracolo operato dal Santo, è riportato (e analizzato sotto l'aspetto linguistico) da Giovanni Percoco o.c. pag. 85 sg.

23. Nota marginale dell'Autore: Nella Alethia apologetica... cap. 15, pag. 34A. II riferimento del De Lauro è alla sua opera più importante, quella in difesa dell'Abate Gioacchino da Fiore.

24. E' un'adulazione dallo stile tipicamente secentesco; tuttavia la famiglia dei Sanseverino, fu, in realtà (per il numero e la vastità dei feudi posseduti, per lo sfarzo di potenza, per la gloria e l'importanza nella vita politica e militare di molti suoi personaggi e, anche, per terribili e tragiche vicende) tra le più illustri, per secoli, non solo nel Regno di Napoli, ma nell'Europa intera. Divennero Signori di Chiaromonte con il matrimonio (inizio del 1300) di Margherita, figlia di Giacomo di Chiaromonte, con Giacomo Sanseverino conte di Tricarico. Mantennero la signoria di Chiaromonte, spesso attraverso dolorose vicende, ininterrottamente fino all'eversione della feudalità nel regno di Napoli, agli inizi del secolo XIX.

25. Nota marginale dell'Autore: Dalla stessa lettura 2°. Per dire che il Beato Giovanni menava vita santa anche prima di entrare in monastero, il De Lauro dice che, pur vivendo da laico nel mondo (nel secolo), si comportava da religioso, badando non alle cose caduche del mondo, ma alle cose dello spirito.

26. Nota marginale dell'Autore: Ibidem cioè sempre dalla lettura 2° dell'Ufficio del Beato.

27. Sono come si vede, le stesse espressioni incontrate nella narrazione corrispondente dell'Anonimo trecentesco.