Eremita a San Saba. L'asperrima vita ivi condotta. Quanto sia forte l'amore di Dio lo si può capire da tutti i
segni della pietà cristiana. fedeli di Cristo, accesi dall'amore
divino, non poterono essere scossi, abbattuti e allontanati dalla
fede di Cristo Signore né dalle minacce, né dai terrori, né dai
supplizi, né dalla furia del nemico sempiterno, né da tutte le
altre cose, anche le più terribili. Disprezzavano le spade, si gettavano nel fuoco, desideravano le torture, volevano finire nei
tormenti e rinunziare alla vita. Infiammati da questo medesimo
ardore di amore celeste di Dio, dopo che, per beneficio divino,
finì ogni turbamento di persecuzioni(1), alcuni uomini, lontani da
ogni contatto umano, non ebbero timore di passare la vita in
immensi deserti, ma vi andarono volontariamente. Così Paolo(2),
Antonio(3), Macario(4), Isidoro(5), un altro Macario, Eraclide(6) e
Pambo(7), discepoli di Antonio nell'Egitto, e, soprattutto nelle
parti della Nitria(8), Ilarione(9), nella Siria, Pacomio(10)
e, man mano,
altri. E in questi luoghi, seguendo una vita lontana da tutti i piaceri di questo mondo, abbracciarono tanto la croce, in un modo
di vivere più severo di ogni altro, che la loro mente, tutta fissa
nell'imitazione di Cristo Signore, meditava solo le cose del cielo.
Note 1. Le persecuzioni contro il cristianesimo delle origini finirono, ufficialmente, con l'editto di Milano, nel 313, con cui l'Imperatore Costantino legalizzava la nuova Religione. C'è da notare, in questa apertura di capitolo, una quasi esaltazione della sofferenza come tale, cosa comune in molti scrittori antichi, i quali vedevano nei Santi una specie di gioia nella sofferenza. 2. Paolo, di Tebe in Egitto, è considerato il primo degli Eremiti. S. Girolamo ne scrisse la vita, Vita Pauli, che è un piccolo gioiello letterario. Secondo questo racconto, in gran parte leggendario, Paolo, durante la persecuzione di Decio, sarebbe vissuto per quasi cento anni in una spelonca. Qui, all'età di 113 anni, ricevette la visita di S. Antonio, che allora aveva 90 anni. Poco dopo, verso il 341, quando Paolo morì, Antonio venne a seppellirlo avvolgendolo nel mantello che gli aveva donato S. Atanasio, mentre lui stesso si prese in ricordo la vecchia tunica di Paolo, che indossava nei giorni solenni di Pasqua e di Pentecoste. 3. E' il popolarissimo santo di cui si celebra la festa il 17 di gennaio. S. Atanasio, che ne ha scritto in modo stupendo la vita, lo dice il fondatore dell'ascetismo. Nacque a Coma, nel Medio Egitto, verso il 250; a 18 anni, dopo la morte dei genitori, si ritirò nel deserto dove visse fino a 106 anni; ma spesso, per aiutare chi era nel bisogno, era capace di ritornare nella confusione del mondo. 4. Sono molti gli antichi eremiti che hanno portato questo nome. Di alcuni di essi si parla nella Storia Lausiaca di Palladio, di cui c'é una bella edizione italiana (Fondazione L. Valla, Mondadori) del 1974. I due Macari di cui qui si parla sono, forse, Macario di Alessandria, detto il Politico o il Giovane, e Macario il Vecchio, detto, anche, l'Egiziano o il Grande. 5. E' certamente Isidoro di Alessandria, discepolo di Antonio e compagno di Macario. Venne a Roma con S. Atanasio. Visse dal 319 al 404. Era ammirato soprattutto per la dolcezza del carattere. 6. Deve trattarsi di un altro discepolo di S. Antonio, ma non è conosciuto altrimenti. 7. Anche lui discepolo di S. Antonio, fu compagno di Isidoro e famoso per il distacco dal denaro e per l'umiltà. Di lui si parla nel cap. 10 della Storia Lausiaca. 8. La Valle di Nitria si trova a sud-est di Alessandria. E' lunga una trentina di Km e larga circa dieci. E' chiusa tra due sistemi di monti, uno dei quali è il monte Nitria. Vi si trovavano molte celle di eremiti, anche perché, nonostante la vicinanza di un lago salato, vi erano molte sorgenti di acqua. 9. Era nato presso Gaza, in Palestina, nel 291; morì a Cipro nel 371. Dopo essere stato due anni con S. Antonio, fondò un monastero in Palestina (329) ma poi ritornò in Egitto. Monaco itinerante, come saranno, poi, molti monaci greci, fu in Sicilia, in Dalmazia e, finalmente, a Cipro ove morì. 10. E', insieme con S. Antonio, il più grande dei monaci egiziani, considerato il vero fondatore della vita cenobitica. Nato da genitori pagani verso il 290, fu prima soldato: convertitosi, ricevette il battesimo e si mise alla scuola del monaco Palamone. Separatosi dal maestro, costruì sulla riva destra del Nilo, un primo monastero, cui seguirono molti altri, retti da una regola da lui dettata. Enorme fu la sua importanza nell'organizzazione della vita religiosa in comune. Morì di peste il 9 di maggio del 346. 11. Dato il nome, deve trattarsi, con ogni probabilità, di una qualche grotta con elementi in muratura, come solevano fare gli antichi monaci italo-greci. In questo caso dovrebbe trattarsi dei santi Saba e Macario, suo fratello, che con il loro padre, Cristoforo, provenienti dalla Sicilia, nei primi anni del sec. X, si erano prima fermati al Mercurion (la celebre regione monastica ai confini calabro-lucani) poi erano passati al Latinianon (nella media valle del Sinni) ove fondarono, nei pressi di Episcopia, un cenobio con una chiesa dedicata a S. Lorenzo; questo cenobio fu, in seguito, prima (sec. XIII) trasformato in un monastero cistercense, poi (sec. XIV) in un convento francescano; corrisponde, più o meno, all'attuale santuario di S. Maria del Piano. Sul monastero di S. Lorenzo cfr. B. Cappelli, II Monachesimo basiliano ai confini calabro-lucani, Napoli 1963, pag. 264 sg. E L. Branco, Ricordi bizantini in un dialetto di Basilicata, Moliterno 1985, pg. 33 sg. 12. La descrizione, soprattutto nell'originale latino, è abbastanza efficace per indicare l'asprezza e la solitudine del luogo. La ricerca di luoghi orridi e belli era nel gusto dei monaci bizantini, com'è provato dalle tante chiese rupestri in Asia Minore e in Grecia, in Sicilia e nell'Italia Meridionale; ma fu, in genere, una nota tipica di tutti gli eremiti. 13. Spiegherà, subito, l'Autore, perché preferisca questo nome a quello, più comune, di Sinni. 14. Citato con il nome di Siris, anche dagli scrittori classici; si può, fra gli altri, ricordare Archiloco (VII sec. A.C.) il quale, nel frammento XIII, lo ricorda per la bellezza dei campi che irriga, in opposizione alla selvatichezza dell'isola di Taso, nell'Egeo, ove il poeta stesso viveva: ... questa, invece, come una schiena d'asino si eleva, tutta piena di selve selvagge... non è bello il luogo, infatti, né piacevole né amabile, come i campi del Siris. 15. Si tratta, naturalmente, del Mare Ionio, che confonde le sue acque con l'Adriatico. 16. E' Gabriele Barrio, di Francica in provincia di Catanzaro; nel 1571 aveva pubblicato un De antiquitate et situ Calabriae, che per secoli è stato letto e citato da tutti gli scrittori di cose calabresi, nonostante le ovvie incertezze e i tanti errori di cui è pieno. 17. Pietro Antonio Sanseverino, Principe di Bisignano e Conte di Chiaromonte (che ebbe sempre particolare inclinazione per Senise ove abitava volentieri) aveva sposato in prime nozze Giulia Orsini, nipote di Papa Giulio II; rimasto vedovo e senza figli, sposò Irene (Erina) figlia del Duca di S. Pietro in Galatina, discendente da Giorgio Castriota detto Scanderbeg (14041468) eroe della resistenza dell'Albania cristiana contro i Turchi musulmani invasori. Dal matrimonio di Pietro Antonio con Irene, nacque nel 1551 Nicola Bernardino. In una nota marginale l'autore dice di prendere la notizia dal cap. III della vita di Fra Bernardino da Roblano scritta da Giovanni Leonardo Tufarelli di Morano. 18. In proposito cfr. F. Bastanzio Senise nella luce della storia, Palo del Colle, 1950, pg. 29 e L. Branco, La storia del monastero di Carbone, Venosa, 1998, pg. 159-160. 19. In una nota marginale l'Autore cita anche qualche capitolo specifico di riferimento: Sulla posizione della Calabria; Il litorale e l'interno della Magna Grecia. 20. Carlo Sigonio fu uno dei più dotti e seri storici del periodo umanistico, tanto da essere considerato precursore del Muratori. Nacque a Modena nel 1520 e morì nel 1584. Oltre che storico e umanista, fu studioso di diritto; ed è certamente ad un'opera di diritto insieme e di storia, De antiquo iure (civium romanorum, Italiae, Provinciarum), e precisamente al cap.l. cap. 12, che si riferisce il De Lauro. Ma è un po' strano che su un argomento che, tutto sommato, è secondario e non veramente significativo per la biografia del Beato, l'Autore si soffermi tanto e con tante citazioni. 21. Ma a Senise, a quanto si sa, l'hanno sempre detto Sinni. 22. In una nota marginale l'Autore cita la sua opera più importante: Hergesiarum alethia apologetica, al cap. 15.pg.35. Il Beato Gioacchino di cui qui si parla, è Gioacchino da Fiore, una delle figure più straordinarie e più fascinose di tutto il medioevo cristiano. Era nato a Celico (Cosenza) intorno al 1130, morì a S. Giovanni in Fiore il 30 marzo 1202. Teologo originale e molto discusso, ebbe una grandissima influenza sulla cultura e sulla vita religiosa e sociale del suo tempo, soprattutto per la sua concezione teologica e biblica della storia, distinta in tre età corrispondenti all'instaurazione dei regni delle tre Persone divine. Egli profetizzava il prossimo avvento della terza età, quella dello Spirito Santo, dopo l'età del Padre (prima della venuta di Gesù) e l'età del Figlio (la Chiesa con tutte le sue imperfezioni umane). La terza età sarebbe stata dei Santi e, quindi, della Chiesa perfetta. Condannato dalla Chiesa nel 1215, per alcune proposizioni considerate eterodosse, continuò ad esercitare grande influsso su molti teologi e mistici. Il suo corpo, portato nell'arcicenobio di S. Giovanni in Fiore, ebbe culto spontaneo dal popolo, ma mai dalla Chiesa ufficiale. Dante che lo ammirava molto e pare ne sentisse il fascino tramite l'insegnamento del francescano Pietro di Giovanni Olivi, Io colloca in Paradiso tra i luminari del sapere fra S. Tommaso e S. Bonaventura che lo presenta: . .. e lucemi da lato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato (Par. XII, 139-141). Gioacchino scrisse moltissimo, ma, come a tutti i grandi imgegni, gli sono state attribuite anche opere non sue. Tra le opere più certe si possono ricordare: Concordia Veteris et Novi Testamenti; Expositio in Apocalypsim; Psalterium decem cordarum; e tra i libri di attribuzione incerta, il difficile e interessantissimo Liber figurarum. 23. L'Ordine Florense era una diramazione dell'Ordine Cistercense. Fu
fondato da
Gioacchino da Fiore che nel 1189 lasciò il monastero di Corazzo, di cui
era abate,
e si ritirò, con il monaco Ranieri, prima a Pietralata poi a S. Giovanni
in Fiore
(donde il nome specifico Florense) sulla Sila. Il nuovo Ordine,
approvato da Papa
Celestino III, ebbe larga diffusione non solo nell'Italia Meridionale,
ma anche nel
Lazio e nella Toscana. Ebbe il suo massimo splendore nel sec. XIII,
arricchito dai
principi e prediletto dai Papi, soprattutto da Onorio III, Gregorio IX,
Alessandro 24. Nota marginale dell'Autore: Ufficio del Beato Giovanni da Caramola, antif. Al Magnificat e Responsorio IX. 25. Il grande monastero certosino di S. Nicola in Valle fu costruito nel 1395 per i donativi di Venceslao Sanseverino, Duca di Venosa, Conte di Tricarico e di Chiaromonte. Sorgeva alle pendici del Caramola sulla destra del Sinni, ed ebbe in tutta la zona grandissima importanza non solo religiosa ma anche economica e politica. Fu soppresso nel 1809. Le sue rovine si trovano a meno di un chilometro a sud-ovest di Francavilla sul Sinni, centro che ha avuto origine, nel sec. XV, proprio da un gruppo di vassalli del Monastero stesso. 26. Si diceva indizione un periodo di 15 anni in uso, nel medioevo, nella rogazione degli atti pubblici. 27. Il lunghissimo documento di cui qui si parla è riportato per intero, e con una lunga spiegazione introduttiva, nel volume di A. Giganti - Le pergamene del Monastero di S. Nicola in Valle di Chiaromomte, Potenza 1978, alle pag. 27-56, ove il fiume Sinni è chiamato, come vuol dimostrare il nostro Autore, Signo. 28. Nel doc. citato (pag.55) è scritto Scalensis. Cioè di Scala (SA). 29. In Giganti è riportato comestabile, termine (più comune conestabile) che indicava un alto funzionario di corte. 30. Nel documento sopra riferito è riportato Accaro. 31. Giganti, o.c.,pag 55, riporta siniscalco. 32. Giganti, pg. 56, riporta Aversana. 33. Giganti, o.c. pg. 56 riporta Acconzaioco. 34. Giganti, o.c. pg. 56 riporta Acconzaioco. 35. E' Luigi II d'Angiò, nato a Tolosa nel 1377, morto ad Angers nel 1417. Fu re di Napoli e conte di Provenza; da ragazzo governò sotto la reggenza della madre Maria di Blois. Fu incoronato re ad Avignone nel 1389 da Clemente VII. Dopo aver pacificato la Provenza, pensò di impossessarsi del Regno di Napoli, che era in mano ai d'Angiò-Durazzo. Diresse, nel 1409 e 1411, due operazioni per la riconquista, che, tuttavia, malgrado qualche successo, fallirono. Dopo la morte di Ladislao (1414) si preparava a tornare in Italia, ma morì ad Angers prima che potesse riuscirvi. 36. Nota marginale dell'Autore: Strumento di ratifica di Venceslao Sanseverino del contratto di permuta del territorio di S. Filippo con il territorio di Sant'Elania mediante il suo procuratore, il Vescovo di Tricarico con frate Matteo da Tito, certosino. Nel registro della Certosa della Valle di Chiaromonte. 37. E', forse, una distrazione del De Lauro: Nel documento, che è riportato da Giganti (o.c, pg. 65 sg.) non si parla di Ruggiero, che è figlio di Venceslao Sanseverino, bensì di Ugo, che fu Conte di Potenza ed ebbe cariche importanti nel Regno e svolse delicate incombenze al tempo di Giovanna II. 38. Dunque Luigi aveva cominciato a regnare nel 1384, quando aveva solo sette anni, naturalmente, come già accennato, sotto la reggenza della madre Maria di Blois. 39. Il testo non è del tutto chiaro nei singoli termini. L'Autore continua a parlare di monastero di S. Nicola in Valle, sia perché molto importante e noto nella zona, sia perché vicinissimo al Sagittario, tanto che il contratto definitivo di S. Nicola in Valle, stipulato il 22 luglio 1403, fu sottoscritto, fra gli altri, anche dall'Abate del Sagittario. 40. E' il bellissimo monastero di S. Martino, sulla collina del Vomero, vero capolavoro dell'arte barocca. Quando Napoli non era una città molto grande e si stendeva lungo la costa e nella parte pianeggiante del retroterra, la bianca sagoma del Monastero dominava dall'alto della collina, allora quasi tutta coperta di boschi e di vigneti, il bellissimo panorama, e poteva veramente dirsi presso Napoli, perché la città non arrivava fin lassù. 41. E' la grande Chartreuse, casa madre dei Certosini, fondata da S. Brunone di Colonia, fra il Rodano e l'Isère, nel 1084. La delega di cui parla il testo fu data a Padre Matteo da Tito con una lettera spedita dalla Grande Chartreuse il 12 giugno del 1395, di cui si ha notizia in un documento del 16 giugno 1395 (cfr. A. Giganti, o.c. pg. 26, n 8). Ma nel 1393 il generale dei Certosini non era questo Don Camillo, di cui parla il testo, bensì Fra Guglielmo Rainaud. 42. Nel 1392 il superiore del Monastero di Carbone era, probabilmente, un certo Basilio, successore di Geronimo Continanza. 43. E' la Certosa di Capri, che sorge proprio di fronte ai Faraglioni, destinata, ormai, come è avvenuto per tanti altri monasteri e, in particolar modo per le Certose, ad usi profani. 44. Nel documento di donazione, il Vicario Generale è chiamato Giovanni de Oviliano, non di Olivario. Cfr. Giganti o.c. pg. 19. In una lunga nota marginale l'Autore accenna al documento di permuta del territorio di S. Filippo con quello di S. Elania conclusa tra il Vescovo di Tricarico, procuratore di Venceslao Sanseverino e P. Matteo da Tito, rogato dal notaio Cecio di Senise di Montesion, il 4 dicembre 1394, e a un altro documento non meglio specificato di conferma della detta permuta. 45. Stando all'UgheIIi (o.c. 95) ne11394 vescovo di Anglona era Filippo eletto da Urbano V nel 1364. E lo stesso Ughelli esplicitamente aggiunge: sotto questo presule fu fondato nella Contea di Chiaromonte il nobile Cenobio di S. Nicola dell'Ordine dei Certosini. ... Il Ruggiero di cui si parla nel testo, sempre secondo l'UgheIIi, dovrebbe essere Ruggiero dei Morescalli, che divenne vescovo di Anglona nel 1400. "Essendo lui vescovo, continua l'Ughelli (o.c. 97) il Re Ladislao nel 1406 ratificò ciò che il Conte Venceslao aveva donato al Cenobio certosino". 46. Chi benedisse la prima pietra del nuovo monastero? Stando al testo sembrerebbe trattarsi del Vicario dell'Ordine Don Giovanni di Oviliano; pare, invece, che a dare inizio ai lavori fosse il Vescovo di Tricarico Vito (che il De Lauro non cita esplicitamente nel testo) il giorno 4 dicembre del 1394, con l'assenso, ovviamente, del Vescovo di Anglona. (Giganti o.c. pg. XXV). 47. Pietro Tomacelli, papa dal 1389 al 1494. 48. Nella storia del Monastero del Sagittario. Finisce qui un brano che, oltre che inverosimilmente prolisso, è, nel testo originale, confuso e oscuro, e anche, tutto sommato, inutile ai fini della narrazione. Si è cercato, per quanto possibile, di chiarificarlo spezzettandolo in periodi più brevi, più espliciti e più comprensibili. E' che l' Autore, data la vicinanza di S. Nicola in Valle, ha voluto parlarne diffusamente, anche se, come lui stesso confessa, si allontanava, così, dal suo argomento specifico, la vita del Beato Giovanni. 49. Ritorna, qui, un motivo tipico della concezione della santità nel Medioevo, legata, soprattutto nel popolo, all'idea di una vita severa e ascetica, oltre che, come si vedrà, all'attesa del miracolo e, in genere, del soprannaturale. 50. Nota marginale dell'Autore: Terzo dei Re (ma nella forma attuale è da leggere I) cap. II; che comincia dicendo che "il re Salomone amò donne straniere, moabite, ammonite, idumee, di Sidone e hittite... ". 51. Sono due aggettivi che gli antichi Romani applicavano a Giove, soprattutto nelle iscrizioni. Gli Umanisti, con gusto piuttosto discutibile, li avevano applicati a Dio; il nostro Autore vuol continuare quest'uso. 52. Il testo latino originale è qui conciso e fortemente realistico, senza che questa crudezza fosse, dato l'argomento, veramente necessaria. Nella traduzione il testo è stato volutamente raddolcito. L' Autore si rifà, come nota al margine, al profeta Ezechiele, 16,25: Ad ogni crocicchio ti sei fatta un altare, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo ad ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni. 53. E' una forma di malaria che provoca eccessi febbrili ogni settantadue ore, intervallati da due giorni senza febbre. Fino agli anni '40 del secolo XX la malaria è stata una delle piaghe più terribili delle valli della Basilicata e di tante altre regioni. |