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CAPITOLO IV

Ciò che in questa solitudine soffri il Beato Giovanni

Avendo già raggiunto il servo di Dio Giovanni nel suddetto Eremo un così alto grado di austerità, di preghiera e di contemplazione, ecco che alcuni perversi figli di Belial, sfrontati(1) e dal cuore duro, spinti dalla violenza della loro cupidigia, nella speranza di Poter sottrarre denaro(2), legarono con funi quest'autentico seguace della povertà, che sotto il cielo nient'altro possedeva se non la croce di Cristo, lo coprirono di ingiurie e spietatamente lo tormentarono. Ed egli, imitando il Signore Gesù Cristo mite e paziente e il suo glorioso discepolo Stefano(3), non solo provò compassione per quella combriccola di ladroni che causava tanto male, ma pregò Dio perché non imputasse loro un simile peccato, poiché non sapevano quello che facevano. E, interrogato dal Giudice che intendeva punire severamente questi scatenati figli di Satana, egli non solo al giudice ma a nessuno, sia che vivessero dentro che al di fuori delle mura della città, volle parlare del misfatto; la bontà del suo cuore giunse al punto che si impose presso il giudice a favore degli imputati, tanto che fu riconosciuto e dichiarato da tutti come il liberatore di quei malvagi. Un altro giorno(4), avendo alcuni cacciatori catturato, presso l'eremo del Beato Giovanni, alcuni caprioli vivi, li diedero in custodia al Servo di Dio, affinchè, portandoseli dietro, non fossero loro di impedimento nella caccia. Quando i cacciatori si furono allontanati per cercare selvaggina in altri luoghi, si avvicinò la capriola madre che, chiamando i piccoli con il solito richiamo, li incoraggiava a raggiungerla. Essi, gemendo, per la loro prigionia,dalla cella del Beato Giovanni quasi piangendo rispondevano alla madre. La capriola, dopo aver insistito per un po' di tempo chiamando i suoi figli, non vedendoli ritornare da lei, con atteggiamento molto addolorato si rivolse al Servo di Dio con dei gemiti attraverso cui le era possibile manifestare il dolore del suo cuore, quasi fosse dotata di razionalità, chiedendogli i suoi piccoli. E Giovanni, come un altro Macario(5), appena capì che la bestia supplicava per la libertà dei figli, mosso da compassione, aprì l'uscio della piccola cella, liberò i caprioli e li restituì alla madre che, saltando di gioia, andò via con loro. Quando poi ritornarono i cacciatori che avevano affidato i piccoli caprioli all'eremita Giovanni, glieli chiesero ed egli disse loro la verità pregandoli insistentemente di volerlo perdonare. Ma quelli, fuor di sé più di quanto si possa credere, ricolmi di ira e spinti dalla voglia di vendicarsi, afferrarono quell'uomo di Dio tanto mite e paziente e lo precipitarono dalla cima della rupe su cui sorgeva l'eremo(6). Siccome, però, la mano di Dio era con lui, egli, pur andando a finire nella parte più profonda del burrone, non solo si rese conto che il suo corpo non aveva subito nessuna lesione, ma le acque del fiume Signo, che allora, per la piena non potevano essere attraversate, si fermarono, ed egli, come un altro Elia o Eliseo(7), attraversò la via del torrente, per usare le parole proprie dell'Ufficio divino(8). Inoltre, siccome era andato a sbattere, mentre cadeva, su due sporgenze della rupe che era molto alta, lì dove era andato a sbattere spuntarono miracolosamente due piante di mandorlo, che, quasi fossero genitrici di altre, fecero nascere altri virgulti ai loro piedi e che ancora oggi si vedono, mentre non solo non se ne trovano in alcun altro punto della rupe, ma nemmeno nella zona tutta intorno. I cacciatori, da parte loro, vedendo, dall'alto dell'Eremo, il servo di Dio al di là del fiume Signo, molto ingrossato per la piena, stupiti della sua incolumità, si pentirono della crudeltà commessa e, sostenuti da una devozione che, giorno dopo giorno, cresceva sempre di più, a onore e gloria dell'Onnipotente e a memorabile lode del suo umilissimo servo, con sincerità, ogni qualvolta si presentava l'occasione, ne parlavano dicendo: Veramente colui che precipitammo giù dall'alto dell'Eremo, era un servo di Dio. E Giovanni, sapendo che non bisogna rendere male per male, subito si inginocchiò sulla riva del fiume Signo e pregò il Signore per loro; e, rendendo grazie a Dio che lo aveva salvato, si diresse verso il Monastero del Sagittario. Né questa decisione deve essere considerata poco dignitosa per un uomo di tale portata; egli, infatti, ritenne che dovesse mettere in pratica ciò che il Vangelo afferma; Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra(9). E forse temeva anche che se fosse ritornato nella stessa solitudine sarebbe stato ucciso dai persecutori, senza tener conto del fatto che lavorando con fedeltà e prudenza nel campo del Signore, avrebbe stanato le belve dalle caverne di pietra e dai monti e tratto pesci da un lago di feccia e da fondi di miseria(10). Cosa che lo stesso Cristo insegnò con l'esempio, come attesta S. Atanasio(11) quando dice: Perciò lo stesso Verbo per noi uomini non considerò cosa indegna, quando era ricercato, nascondersi, fuggire ed evitare le insidie, quando subiva persecuzioni, così come facciamo tutti noi. E più giù conclude: Gli uomini santi hanno imparato dal Salvatore anche questo modo di comportarsi : per meglio combattere fuggivano e, ricercati dal nemico, si nascondevano. Allo stesso modo si comportò anche Paolo, come egli stesso dichiara ai Corinti(12): A Damasco, il governatore del re Areta sorvegliava la città di Damasco per catturarmi, ma da una finestra fui calato per il muro in una sporta e così sfuggii dalle sue mani.
Sebbene, infatti, Paolo desiderasse uscire da questa vita per Cristo, tuttavia desiderava la salvezza degli uomini e perciò si conservava per la predicazione. E S. Gregorio, volendo dimostrare, da questo fatto di Paolo, che è lecito, qualche volta, ai servi di Dio fuggire dalle mani dei nemici e dar luogo allo sdegno dice: Che con attento valore dobbiamo a volte ricercare la lotta, a volte evitarla con prudenza, e così Paolo, vedendo che, a Damasco, la volontà dei suoi persecutori era molto ostinata, non volle affrontare la loro ostinazione ed evitò la lotta, sia perché vedeva che lui, che sapeva dover essere di giovamento a molti poteva venire a mancare, sia perché vedeva che lì o a nessuno o solo a pochi poteva essere di utilità; per serbarsi, così, a combattere con più successo altre battaglie. Non mancò, dunque, il valore all'occasione ma l'occasione al valore e perciò, da combattente molto intrepido, alla stretta dell'assedio preferì il campo della battaglia(13).
Da ciò che in seguito sarà detto, chiaramente si vedrà quanto fosse davvero utile, nel campo del Signore, la decisione della fuga presa dal nostro Giovanni, e tanto più degna di un uomo così grande per essersi egli conservato per cose più importanti e più nobili(14) (15)

 

Note

1. Nota marginale dell'Autore: Ezech. 3,7.

2. Nota marginale dell'Autore: Dalla lettura 3".

3. Nota marginale dell'Aurore: Antif. 4 e 5 del primo notturno. Si intende sempre dell'Ufficio nella festa del Beato. Si ricordi che allora l' Ufficio liturgico era più lungo di quello odierno: aveva tre notturni, le lodi, la recita di tutte le ore, cioè prima, terza, sesta, nona, del Vespro e di Compieta.

4. Nota marginale dell'Autore: Dalla tradizione degli antichi. Comincia qui uno degli episodi più noti nella vita del Beato. Il racconto, che ha, in qualche particolare, il dolce sapore dei fioretti francescani, ci rivela, fra l'altro, la selvaggia bellezza e l'abbondanza della flora e fauna che avevano queste contrade della Basilicata in tempi ormai lontani.

5. Non si può dire a quale dei tanti Santi di nome Macario (solo la già citata Storia Lausiaca ne nomina quattro) l'Autore si riferisca; più probabilmente a Macario detto il Grande o l'Egiziano o il Vecchio, di cui il testo citato parla al capitolo 17.

6. Per questo celebre fatto, quando era usanza comune ovunque, non solo nell'Italia Meridionale, tra i paesi vicini, affibbiarsi vicendevolmente e scherzosamente epiteti non sempre piacevoli, i Chiaromomtesi (dice il Bastanzio, o.c. pg. 8) furono gratificati del titolo di dirupasanti.

7. Loro due (Elia ed Eliseo) si fermarono sul Giordano. Elia prese il mantello, l'avvolse e percosse con esso le acque, che si divisero di qua e di là; i due passarono sull'asciutto (2 Re, 2,7). (Eliseo) prese il mantello, che era caduto ad Elia, e con esso colpì le acque, dicendo: "Dov'è il Signore, Dio di Elia? Quando ebbe percosso le acque, queste si separarono di quà e di là; così Eliseo passò dall'altra parte. (2 Re, 2,14).

8. Viam graditus est torrentis: sono, nel testo originale latino, le parole tolte, secondo una nota marginale dell'Autore, dall'antifona 1 del primo notturno dell'Ufficio del Beato recitato al Sagittario nel giorno della sua festa; e questo ha una certa suggestione. Si noti, tuttavia, a questo proposito, che non sempre il latino liturgico della Chiesa e dei vari monasteri era secondo le regole dei così detti Classici, cosa del tutto naturale se si pensa che nella Chiesa il latino era, allora, non solo lingua ufficiale, ma lingua viva. Perciò può dirsi spiegabile e accettabile anche la forma graditus est, che non esiste nel latino classico, sia perché essendo certamente, come si vede dal significato, un perfetto di gradior, avrebbe dovuto essere gressus est, sia perché il verbo da intransitivo è stato fatto transitivo.

9. Nota marginale dell'Autore: Mt. 10,23.

10. Sono espressioni bibliche per dire che lavorando nel campo del Signore si può fare bene ovunque e si può trarre il bene anche dal male.

11. Nota marginale dell'Autore: S. Atanasio nell'apologia della fuga di Cristo. Si tratta di S. Atanasio detto il Grande, Vescovo e Dottore della Chiesa. Nacque ad Alessandria d'Egitto nel 295. Vescovo della sua città, combatté con ardore contro gli Ariani. Subì per cinque volte l'esilio. Morì nel 373. Scrisse moltissimo.

12. Nota marginale dell'Autore: 2 Cor. 11,32.

13. Nota marginale dell'Autore: S. Gregorio, 3, Moral, cap. 14, f. 23,24.

14. Il testo latino di S. Gregorio è molto bello ed efficace, e proprio dei grandi scrittori.

15. Ma perché sforzarsi tanto per scusare e giustificare una scelta non solo lecita, ma lodevolissima? Il Beato non fuggiva, decideva solo di poter vivere in un ambiente più umano e più adatto al suo desiderio di preghiera e di contemplazione.