Visitare
Abriola è un po’ come attardarsi in una dimensione fuori dal tempo e
a misura d’uomo; strette stradine, vicoli e gradinate si insinuano
in un tessuto edificato dalle chiare connotazioni di antico borgo
medievale di origine araba, in cui sono ancora facilmente
riconoscibili gli elementi tipologici stratificatisi nel tempo;
percorrendo il centro antico di Abriola è possibile godere di
suggestivi scenari, sia laddove gli stretti vicoli chiudono la
prospettiva tra le quinte costruite, sia laddove improvvisi
belvederi aprono ampi squarci sul paesaggio circostante dall’alto
dei 957 di altitudine della cresta montuosa su cui il piccolo paese
e abbarbicato.
Si può visitare il centro di Abriola da nord a sud, imboccando la
strada principale che, giungendo da Potenza, attraversa il centro
urbano per tutta la sua lunghezza prendendo il nome di Via Lacava,
poi di Via Roma ed infine di Via Marinelli e da questa deviare in
più punti per raggiungere gli elementi architettonici e storici di
maggiore interesse.
Giunti all’entrata del paese, dunque, imboccando la scalinata sulla
destra (Via Annunziata) si raggiunge la chiesa dell’Annunziata
ubicata su uno dei punti più alti del paese.
La chiesa, il cui impianto originario è di data incerta, è
costituita da un’aula rettangolare con piccolo abside, tagliata in
senso trasversale da un arco semicircolare a tutto sesto. Il piccolo
altare in muratura recava una magnifica tarsia lignea risalente al
XVII secolo, il Paliotto, oggi in restauro presso la Soprintendenza
ai beni culturali di Potenza. Ma ciò che colpisce di questo piccolo
manufatto e che ne rende interessante la visita è la presenza,
nell’antica abside e sulla parete destra, di ben trentasei metri
quadrati di affreschi di grande interesse, alcuni dei quali
attribuiti a Giovanni e Girolamo Todisco, altri a pittori ignoti.
In prossimità della chiesa un piccolo belvedere consente la vista
della sottostante vallata e, sullo sfondo, del Monteforte.
Imboccando il vicoletto Alianelli si attraversano i quartieri S.
Sebastiano e Torretta con le tipiche case arroccate sulle rocce, i
caratteristici piesc. Ci si immette così su Via Lacava
attraversando, dopo pochi metri, piazzetta S. Sebastiano, dove è
visibile una fontana scavata nella roccia e una piccola nicchia con
una scultura in pietra che, secondo la tradizione, raffigura il
volto di S. Sebastiano. Giunti così in prossimità di un ampio
parcheggio, si devia sulla destra e, attraversato un antico arco in
muratura di fattura medievale — il cosiddetto Arco della Porta — si
raggiunge il quartiere Torretta, dominato dal piesc a tre punte,
probabile resto di una torre dell’antica munita oppida. Da qui,
deviando a destra, si imbocca via S. Gerardo che conduce alla
omonima chiesa.
La chiesetta di S. Gerardo è costituita da due corpi di
fabbrica il più antico dei quali, l’aula di fondo, è provvista di
abside piatta e volta ogivale; l’aula anteriore è probabilmente un
ampliamento di epoca seicentesca. Anche qui l’elemento più
interessante è costituito dagli affreschi il più importante dei
quali, opera di Giovanni Todisco, rappresenta una Madonna con
Bambino affiancata a due profeti e a S. Elena; essa risale al 1566
ed è probabilmente stato eseguito su affreschi medievali. Altro
elemento di un certo interesse è un S. Gerardo in pietra del periodo
medievale collocato sull’altare centrale.
Scendendo per via Passarelli e oltrepassato il Municipio, si
giunge in uno dei quartieri più antichi del paese, comunemente
chiamato “Cammarone , un intrico di vicoli e vicoletti gradinati di
chiaro impianto arabo, dove è possibile scorgere i resti delle
antiche mura medievali e una delle porte, detta “il Portello”.
Un piccolo belvedere apre la prospettiva sul paesaggio circostante e
sul panorama del paese.
Tornati sulla strada principale , che qui prende il nome di Via Roma,
sulla sinistra è il Castello feudale. Edificato sulla più alta delle
tre creste su cui si adagia il paese, fino al 1809, data del noto
eccidio della famiglia Federici per mano della banda del brigante
Scozzettino, il “Castello”, meglio definibile tipologicamente come
Palazzo baronale, è stato il centro della vita sociale e politica
del paese. La struttura interna ed esterna risulta ancor oggi
perfettamente riconoscibile.
Tornati su via Roma si raggiunge piazza Marconi, il centro del paese,
che si prolunga in un belvedere affacciato sull’ampia vallata
sottostante, dal quale lo sguardo si spinge fino ai versanti boscosi
e alle cime del Monte Pierfaone. Nel luglio del 1809 la piazza fu
scenario delle efferate azioni del brigante Scozzettino, che qui
arse i cadaveri di tutti i componenti della famiglia Federici.
Oltrepassata la piazza si prosegue lungo la strada principale che qui
prende il nome di via Marinelli e che fiancheggia un fitto intrico
di stradine, vicoli e gradinate in cui ci si può inoltrare alla
scoperta di scorci pittoreschi connotati da archi e sottopassi,
antiche fontane, piccole gradinate di accesso agli edifici e
portali, veri e propri elementi di arredo urbano.
Questo dedalo di viuzze circonda la chiesa Madre che si raggiunge
proseguendo su via Marinelli e, seguendo le indicazioni, imboccando
sulla destra una stretta gradinata recentemente ripavimentata in
pietra.
La
chiesa Madre di S. Maria Maggiore, anticamente denominata di S.
Maria del Sorbaro, ha origini incerte. Probabilmente esistente già
nel XIII secolo, presenta oggi un sobrio impianto a croce latina,
costituita da due sole navate, la centrale e la laterale sinistra;
della navata destra resta soltanto la Cappella della Madonna del
Rosario. Più volte rimaneggiata, presenta un’interessante portale
con fregi in pietra ed un portone in bronzo, la Porta di S.
Valentino, che nel 1998 ha sostituito il vecchio portone in legno.
Opera dello scultore lucano originario di Calvello Antonio Masini,
il portale, alto 4.60 metri e largo 2, è costituito da venti
formelle bronzee realizzate dai maestri della Fonderia Veneta di
Valentino da Gueggio, dieci delle quali rappresentano scene della
vita e dei miracoli di S. Valentino (il martirio, la visita alle
carceri, il miracolo del grano, la guarigione della cieca ecc.)
veneratissimo patrono di Abriola, martire romano decapitato il 14
febbraio del 269 ai tempi dell’Imperatore Claudio II; altre dieci
raffigurano le grandi coppie del Vecchio e del Nuovo Testamento
quali Adamo ed Eva, Abramo e Sara, Mosè e Miriam. Il grande portone,
realizzato per iniziativa del parroco Antonio Laurita e finanziato
dalla generosità dei fedeli, rappresenta ed interpreta la grande
devozione della comunità di Abriola per il Santo, festeggiato due
volte l’anno, quale patrono del paese e Santo degli innamorati. La
chiesa custodisce altre opere artistiche di rilievo; l’acquasantiera
in pietra a vaschetta sostenuta da una mano di gusto arcaizzante; la
statua lignea policroma della Madonna con Bambino, risalente al XV
secolo; una grande tela del Pietrafesa “La Vergine consegna la stola
a S. Adelfonso”, (1620) considerata l’opera più problematica
dell’artista; l’interessantissima croce in argento, una delle poche
pervenuteci di età aragonese, databile tra il 1465 e il 1505 in cui
si notano le singolari terminazioni a quadrilobi, l’impiego di
figure umane in luogo dei tradizionali simboli degli evangelisti e,
soprattutto, la rarissima decorazione in smalti filigranati. Nel
transetto destro, un altare in marmo africano intarsiato ospita il
busto ligneo di S. Valentino e
un’urna con tre teche contenenti parte delle reliquie del Martire
romano accompagnate da autentica pontificia. Dietro l’altare
centrale spicca un coro ligneo (XV sec.) di ottima fattura.
Attraversato un importante portale ottocentesco in pietra
proveniente dal Convento dei Cappuccini si accede alla sacrestia,
dove in una nicchia sovrastante un altare barocco è
collocata la statua della Madonna di Monteforte, opera lignea
risalente al XIII-XIV secolo.
Ritornando su
via Marinelli si raggiunge il quartiere S. Martino, dove in epoca
settecentesca sorgeva una cappella dedicata al santo. Giunti così
all’estremità sud del paese termina uno dei possibili itinerari di
visita al paese.